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Dure a morire: le “Varie ed eventuali”

Trasparenza
Trasparenza

La trasparenza amministrativa ha due facce: una formale e una sostanziale.

Quella formale rappresenta in molti casi un palliativo. Essa, infatti, si esaurisce nella diffusione sui siti web di valanghe di dati sostanzialmente inutili, pubblicati in formati inidonei all’aggregazione e alla consultazione (tipicamente in file immagine, nella migliore delle ipotesi un pdf/a-1b), ma anche incompatibili con l’accessibilità prevista dalla legge 4/2004 e recentemente richiamata dalla Circolare dell’Agenzia per l’Italia Digitale n.1/2016 (https://www.agid.gov.it/it/Circolare-n1-2016-Agenzia-Italia-Digitale). Inoltre, spesso risultano di difficile analisi, proprio perché il numero eccessivo di informazioni disaggregate rende difficoltosa una contestualizzazione reale ed efficace. Falsa trasparenza dunque.

Di contro, la trasparenza sostanziale si esplica nella diffusione di dati pertinenti e non eccedenti, nella permeabilità al controllo sociale, ma anche nella redazione di testi privi di linguaggio burocratese.

Infatti, la scarsa chiarezza e l’opacità della scrittura possono facilmente determinare un costo sociale, non soltanto in contenziosi giudiziali, ma anche in ricadute negative nella percezione dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche e, perfino, nella percezione della corruzione, come confermato dal Corruption Perceptions Index, un indicatore statistico curato da Transparency International.

Anche la collegialità amministrativa non si sottrae ai principi della trasparenza sotto molteplici aspetti: dalla disponibilità con un anticipo predeterminato dai regolamenti interni dei documenti oggetto di proposta di deliberazione, ma anche alla redazione di un avviso di convocazione con un ordine del giorno chiaro e inequivocabile.

L’ordine del giorno, infatti, ha il compito di informare preventivamente i singoli componenti delle proposte di deliberazione, affinché ciascuno possa partecipare adeguatamente preparato ma anche, di converso, possa decidere scientemente di disertare l’adunanza.

Da questa funzione fondamentale discende il fatto che è illegittima, nella fattispecie annullabile – come confermato da giurisprudenza consolidata e conforme – una deliberazione assunta su una proposta non inserita all’ordine del giorno, a meno che non siano presenti tutti i membri del collegio e accettino unanimi di porre l’argomento in discussione.

Sembra oggi universalmente assodato che la voce Varie ed eventuali non soltanto non risponde ai principi di trasparenza, ma nemmeno soddisfi alcun obbligo di informazione preventiva in capo al Presidente di un collegio nei confronti di tutti i consiglieri.

In alcuni consessi, nella piena consapevolezza della inadeguatezza di questa formulazione in endiadi e a parità di significato, l’italico boiardo ha coniato numerosi sintagmi o significanti in grado di sostituire in forma più aulica, ma concettualmente identica, le Varie ed eventuali.

In numerosi corsi di formazione, ho avuto modo di verificare direttamente sul campo come, per evitare la cesoia giuridica, si siano utilizzate alcune espressioni equivalenti:

  • Affari generali
  • Miscellanea
  • Pratiche diverse
  • Pratiche istituzionali non preventivate
  • Ultim’ora

In questo modo è stato istituzionalizzato non soltanto il ricorso alle Varie ed eventuali sotto falso nome, ma anche alle deliberazioni cosiddette “fuori sacco”: le più pericolose, in quanto intrinsecamente adottate senza una ponderazione e, soprattutto, senza istruttoria preliminare da parte delle unità organizzative responsabili.

Giova ribadire che ogni consigliere deve ricevere, unitamente all’avviso di convocazione, anche l’ordine del giorno come requisito essenziale del medesimo avviso. Infatti, ogni componente deve essere puntualmente edotto dei temi oggetto della seduta.

Il giudice amministrativo oramai da mezzo secolo, con una pronuncia antesignana della trasparenza, principio generale da sempre esistito come declinazione della “buona amministrazione”, ha statuito che «Nella specificazione dell’ordine del giorno [...] non deve essere usata né una formulazione così vaga da non permettere di comprendere quali problemi dovranno essere trattati, né una terminologia volutamente ambigua» (Consiglio di Stato, sez. V, 5 dicembre 1964, n. 1564).

Esiste, tuttavia, un ulteriore motivo per ricorrere a questa dicitura.

In alcune collegialità è utilizzata con lo scopo di anticipare surrettiziamente proposte inerenti alla seduta successiva o per accogliere proposte o mozioni da esaminare successivamente o in altri organi, ma anche – ecco un aspetto delicato dell’opacità – per non esporre esplicitamente il contenuto deliberativo. E l’esempio in commento infra arriva da uno dei massimi consessi della Repubblica.

A questo non deve aver pensato il Presidente del Consiglio dei ministri, quando ha predisposto la convocazione dei ministri ad horas il 30 aprile 2019 con un solo punto all’ordine del giorno: Varie ed eventuali. Forse, possiamo immaginare trattarsi di una questione urgente e spinosa, magari relativa alla revoca di qualche incarico, atteso che risulta difficile pensare a tale redazione ambigua come a un frutto di “sciatteria istituzionale”.

Ebbene, la nota dell’Ufficio di Segreteria del Consiglio dei ministri 30 aprile 2019, n. 6078/10.1 (http://www.procedamus.it/8-eventi/254-varieventuali2019.html) merita ulteriore attenzione.

Dopo le Varie ed eventuali, risulta in difetto di applicazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 novembre 2014, pur sospeso, dal momento che il documento è stato prodotto in ambiente tradizionale e non digitale. La lettera, inoltre, è indirizzata “A tutti i ministri”, con un pleonasmo caro al linguaggio burocratese, forse mutuato dal molto diffuso in ambito anglosassone To whom it may concern. Pleonasmo inutile, atteso che sarebbe stato sufficiente scrivere “Ai ministri”, non escludendo in tale formulazione certamente alcuno dal consesso.

Infine, la lettera è stata protocollata prima della sottoscrizione.

Il numero appare già stampato in alto a sinistra e non scritto a penna o con etichetta riportante la segnatura prevista dal DPR 28 dicembre 2000, n. 445. Pertanto, da un punto di vista giuridico e diplomatistico, è stato registrato un documento imperfetto, quando di contro sono soggetti a registrazione obbligatoria in partenza esclusivamente documenti perfetti. E non ce ne sarebbe stato bisogno, visto che la sottoscrizione della convocazione è avvenuta per delega, come testimonia la “p.” davanti alla funzione indicativa del sottoscrittore. Pertanto, formalmente, tre errori in tre righe e, sostanzialmente, poca trasparenza.

Con tali premesse, non si può che concludere confermando l’assoluta irritualità del ricorso alle Varie ed eventuali.

 

Per approfondire:

Procedamus, Punto delibere, Le varie ed eventuali http://www.procedamus.it/8-eventi/161-puntodelibere-quesitierisposte006.html