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IRAP non prevista per i professionisti senza autonoma organizzazione

Premessa

Con la Sentenza n. 197 del 26 luglio 2013 la Commissione Tributaria Regionale di Bari – sez. staccata di Lecce, presieduta dal Dottor Tommaso Marrese, ha ribaltato la decisione precedentemente assunta della Commissione Tributaria Provinciale nel giudizio di primo grado.

Secondo l’articolo 2 del Decreto Legislativo  n. 446/1997  “presupposto dell'imposta è l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.

Come è noto, la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 156/2001 ha escluso dall’IRAP i professionisti, ossia i contribuenti individuali esercenti arti e professioni, che svolgono la loro attività senza organizzazione di capitali o lavoro altrui.

Nella fattispecie, un geometra, avanzava all’Agenzia delle Entrate: Ufficio di Lecce, n. 2 istanze di rimborso delle somme indebitamente versate, aventi ad oggetto l’IRAP per gli anni 2000, 2001, 2002, 2003, 2004. Istanze presentate poiché soggetto non tenuto al pagamento dell’IRAP, secondo quanto stabilito dall’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 446/1997, e alla luce della sentenza della Corte Costituzionale 21 maggio 2001, n. 156, nonché di copiosa e pregevole giurisprudenza. Non avendo ricevuto alcuna comunicazione da parte dell’Ufficio richiesto, il contribuente presentava ricorso avverso il relativo silenzio – rifiuto, al quale ricorso l’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Lecce resisteva chiedendone il rigetto.

La Commissione Tributaria Provinciale di Lecce confermava la legittimità della cartella di pagamento e rigettava il ricorso proposto. Al contrario, la Commissione Tributaria Regionale di Bari - sezione staccata di Lecce, ha accolto il ricorso del contribuente confermando la giurisprudenza in materia di presupposto dell’IRAP con riguardo ai lavoratori autonomi.

Il professionista ricorreva deducendo la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, sul punto concernente la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 446/1997.

Sentenza di rigetto

La Commissione di primo grado aveva osservato che quanto affermato dal ricorrente (aver svolto l’attività professionale esclusivamente con il proprio lavoro senza autonoma organizzazione − l’ausilio di dipendenti o collaboratori − né di beni strumentali ulteriori rispetto al minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività) “non risulta provato giacchè, per quanto attiene ai beni strumentali, risulta che il professionista ha utilizzato attrezzature per un valore pari a circa € 50.000,00 (come media nei cinque anni di che trattasi). La rilevante entità dei beni strumentali dichiarati lascia desumere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che essi non costituivano il minimo indispensabile per lo svolgimento dell’attività professionale”.

Sentenza di accoglimento

In appello, riconoscendo pacificamente che l’assenza di autonoma organizzazione costituisca un onere probatorio dell’esercente l’attività professionale, emerge che, nel caso di specie, sono rilevabili (per tutti gli anni oggetto del ricorso, eccetto il 2001) elementi concreti che affermano l’inesistenza del presupposto impositivo.

La Commissione Regionale ha, tra l’altro rilevato:

- l’incontrovertibilità del valore dei beni strumentali che non ha mai raggiunto la media – dichiarata in sentenza di primo grado - di € 50.000,00 fermandosi, invece, al valore di € 45.123,00;

- la non contestazione in fase controdeduttiva, da parte dell’ufficio tributario, della descrizione della dotazione di computer e della collaborazione del professionista con studi tecnici senza essere inserito nel contesto di struttura di cui sia il responsabile.

In virtù del progresso tecnico, il Collegio segnala come la dotazione strumentale non debba essere totalmente assente per escludere il presupposto impositivo “che altrimenti sarebbe rinvenibile, al limite, nello svolgimento di ogni attività lavorativa autonoma, salvo quella che non si avvalesse – è perfino difficile immaginarla – di null’altro che del lavoro personale. Ne discenderebbe la sua identificazione con l’attività professionale autonoma e che – per fermarsi al precedente giurisprudenziale citato nell’atto d’appello a sostegno della pretesa fiscale – la sentenza della Corte Costituzionale del 2001(26.5.2001 n. 156), col definire l’IRAP un’imposta, non sul reddito (dunque, personale) ma reale che “colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate”, avrebbe ritenuto aggiunto – alias, ulteriore ed estraneo rispetto a quello normalmente discendente da prestazioni professionali – ciò che tale non è, sostanzialmente duplicando l’imposta sul reddito.” Viene, dunque, sottolineato come, per giustificare l’imposizione, sia necessario che l’elemento organizzativo vada oltre il “naturale e minimo indispensabile” per svolgere adeguatamente l’attività.

Tutto quanto affermato risulta pacificamente riconosciuto in principio di diritto nella giurisprudenza di legittimità: Cassazione n. 3672/07, 3862/07, 5228/07, 8834/09, 19515/09 e Sezioni Unite n. 12108/09.

L’appello è accolto risultando la domanda fondata “in ragione della modestia, in termini assoluti, prima che relativi, delle quota d’ammortamento e delle spese per immobili del 2000 e per ammortamenti nel 2002, 2003, 2004”.

                                                        

Premessa

Con la Sentenza n. 197 del 26 luglio 2013 la Commissione Tributaria Regionale di Bari – sez. staccata di Lecce, presieduta dal Dottor Tommaso Marrese, ha ribaltato la decisione precedentemente assunta della Commissione Tributaria Provinciale nel giudizio di primo grado.

Secondo l’articolo 2 del Decreto Legislativo  n. 446/1997  “presupposto dell'imposta è l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.

Come è noto, la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 156/2001 ha escluso dall’IRAP i professionisti, ossia i contribuenti individuali esercenti arti e professioni, che svolgono la loro attività senza organizzazione di capitali o lavoro altrui.

Nella fattispecie, un geometra, avanzava all’Agenzia delle Entrate: Ufficio di Lecce, n. 2 istanze di rimborso delle somme indebitamente versate, aventi ad oggetto l’IRAP per gli anni 2000, 2001, 2002, 2003, 2004. Istanze presentate poiché soggetto non tenuto al pagamento dell’IRAP, secondo quanto stabilito dall’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 446/1997, e alla luce della sentenza della Corte Costituzionale 21 maggio 2001, n. 156, nonché di copiosa e pregevole giurisprudenza. Non avendo ricevuto alcuna comunicazione da parte dell’Ufficio richiesto, il contribuente presentava ricorso avverso il relativo silenzio – rifiuto, al quale ricorso l’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Lecce resisteva chiedendone il rigetto.

La Commissione Tributaria Provinciale di Lecce confermava la legittimità della cartella di pagamento e rigettava il ricorso proposto. Al contrario, la Commissione Tributaria Regionale di Bari - sezione staccata di Lecce, ha accolto il ricorso del contribuente confermando la giurisprudenza in materia di presupposto dell’IRAP con riguardo ai lavoratori autonomi.

Il professionista ricorreva deducendo la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, sul punto concernente la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 446/1997.

Sentenza di rigetto

La Commissione di primo grado aveva osservato che quanto affermato dal ricorrente (aver svolto l’attività professionale esclusivamente con il proprio lavoro senza autonoma organizzazione − l’ausilio di dipendenti o collaboratori − né di beni strumentali ulteriori rispetto al minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività) “non risulta provato giacchè, per quanto attiene ai beni strumentali, risulta che il professionista ha utilizzato attrezzature per un valore pari a circa € 50.000,00 (come media nei cinque anni di che trattasi). La rilevante entità dei beni strumentali dichiarati lascia desumere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che essi non costituivano il minimo indispensabile per lo svolgimento dell’attività professionale”.

Sentenza di accoglimento

In appello, riconoscendo pacificamente che l’assenza di autonoma organizzazione costituisca un onere probatorio dell’esercente l’attività professionale, emerge che, nel caso di specie, sono rilevabili (per tutti gli anni oggetto del ricorso, eccetto il 2001) elementi concreti che affermano l’inesistenza del presupposto impositivo.

La Commissione Regionale ha, tra l’altro rilevato:

- l’incontrovertibilità del valore dei beni strumentali che non ha mai raggiunto la media – dichiarata in sentenza di primo grado - di € 50.000,00 fermandosi, invece, al valore di € 45.123,00;

- la non contestazione in fase controdeduttiva, da parte dell’ufficio tributario, della descrizione della dotazione di computer e della collaborazione del professionista con studi tecnici senza essere inserito nel contesto di struttura di cui sia il responsabile.

In virtù del progresso tecnico, il Collegio segnala come la dotazione strumentale non debba essere totalmente assente per escludere il presupposto impositivo “che altrimenti sarebbe rinvenibile, al limite, nello svolgimento di ogni attività lavorativa autonoma, salvo quella che non si avvalesse – è perfino difficile immaginarla – di null’altro che del lavoro personale. Ne discenderebbe la sua identificazione con l’attività professionale autonoma e che – per fermarsi al precedente giurisprudenziale citato nell’atto d’appello a sostegno della pretesa fiscale – la sentenza della Corte Costituzionale del 2001(26.5.2001 n. 156), col definire l’IRAP un’imposta, non sul reddito (dunque, personale) ma reale che “colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate”, avrebbe ritenuto aggiunto – alias, ulteriore ed estraneo rispetto a quello normalmente discendente da prestazioni professionali – ciò che tale non è, sostanzialmente duplicando l’imposta sul reddito.” Viene, dunque, sottolineato come, per giustificare l’imposizione, sia necessario che l’elemento organizzativo vada oltre il “naturale e minimo indispensabile” per svolgere adeguatamente l’attività.

Tutto quanto affermato risulta pacificamente riconosciuto in principio di diritto nella giurisprudenza di legittimità: Cassazione n. 3672/07, 3862/07, 5228/07, 8834/09, 19515/09 e Sezioni Unite n. 12108/09.

L’appello è accolto risultando la domanda fondata “in ragione della modestia, in termini assoluti, prima che relativi, delle quota d’ammortamento e delle spese per immobili del 2000 e per ammortamenti nel 2002, 2003, 2004”.