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La disciplina della TARES

1. Premessa

Tra le novità che sono state introdotte dal D.l. 6 dicembre 2011 n. 201 (c.d. decreto Monti o decreto salva Italia) [1] l’art. 14 ha istituito in tutti i comuni del territorio nazionale, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (c.d. TARES) il quale ha trovato applicazione a partire dal 1° gennaio 2013[2].

L’entrata in vigore della TARES ha determinato la soppressione di tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani (TARSU[3]; TIA 1[4], TIA 2[5]) sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza (ECA e MECA)[6].

Tuttavia, nonostante la soppressione dei previgenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, la disciplina della TARES contenuta nell’art. 14 D.l. n. 201 del 2011, richiama espressamente il D.P.R. n. 158 del 1999 - Regolamento recante disposizioni per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani- facendo in tal senso presupporre una piena compatibilità tra il metodo applicato dalla previgente disposizione e quello previsto nella attuale disciplina[7].

Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) è stato disposto a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani[8] e dei rifiuti assimilati agli urbani[9] avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni[10].

2. Soggetti: attivo e passivo

Il comma 2 dell’art. 14 D.l. n. 201 del 2011, dispone che soggetto attivo dell’obbligazione tributaria è il comune nel cui territorio è ubicato, interamente o prevalentemente, l’immobile assoggettabile al tributo.

Il Ministero dell’economia e delle finanze (c.d. MEF) nel prototipo di regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi[11], ha chiarito che la prevalenza si determina in base all’intera superficie dell’immobile (fabbricato, area fabbricabile, terreno agricolo) anche se parte di essa sia esclusa o esente dal tributo; per cui, al fine di stabilire ove è collocato l’immobile non deve essere considerata solo la superficie imponibile dello stesso[12].

Inoltre, in merito alla determinazione del soggetto attivo, il MEF ha disposto una regola (non vincolante) per i comuni, da applicarsi nell’eventualità in cui sopravvenga una variazione delle circoscrizioni territoriali, ritenendo piu’ semplice rilevare la situazione territoriale al 1° gennaio dell’anno di riferimento, e considerando soggetto attivo del tributo il comune sul cui territorio l’immobile era ubicato in predetta data, salvo diversa intesa tra gli enti interessati.

Tuttavia, non trattandosi di regola vincolante per i comuni, è fatta salva la discrezionalità degli stessi nella scelta della soluzione da adottare in tali casi, in particolare attribuendo il tributo tenendo conto del periodo di ubicazione dell’immobile nel territorio del soggetto attivo[13].

Per quanto riguarda la soggettività tributaria passiva, il comma 3 art. 14 D.l. n. 201 del 2011, sancisce che è tenuto al pagamento del tributo chiunque possieda, occupi o detenga a qualunque titolo, locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti e suscettibili di produrre rifiuti urbani (e assimilati).

Sono soggetti all’obbligazione tutti i componenti della famiglia anagrafica o coloro che usano in comune i locali o le aree tassabili[14].

Tuttavia, la legge dispone una disciplina particolare laddove si faccia un uso solo temporaneo dei locali o di tali aree, ossia un uso non protratto per oltre sei mensilità all’anno[15].

In tali casi, obbligato al pagamento del tributo non sarà l’utilizzatore dei locali o delle aree, ma bensì il possessore inteso quale proprietario o titolare di diritti reali di godimento sull’immobile (usufrutto, uso, abitazione, superficie).

Se invece si tratta di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati, è il soggetto che gestisce i servizi comuni ad avere la responsabilità del versamento del tributo dovuto per i locali e le aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo[16].

La soggettività passiva determina, in capo al contribuente, l’insorgenza di una serie di obblighi sia di natura formale (presentazione della dichiarazione, invio del materiale istruttorio richiesto dal comune ecc.) sia di natura sostanziale (effettuazione dei versamenti dovuti)[17].

3. Presupposto del tributo

Il presupposto che determina l’insorgenza dell’obbligazione tributaria è individuato, sulla scorta dei commi 2 e 3 art. 14, D.l. n. 201 del 2011, nel possesso, nell’occupazione o nella detenzione, a qualsiasi titolo, anche di fatto, di locali o aree scoperte [18], a prescindere dall’uso a cui tali spazi sono preposti e sempre che gli stessi siano suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.

Pare opportuno sottolineare che il termine “suscettibili” a cui la norma fa riferimento, in relazione alla mera idoneità degli immobili di produrre rifiuti, lascia spazio ad interpretazioni diverse.

A tal proposito il Ministero dell'economia e delle finanze, nel prototipo di regolamento con cui ha fornito ai comuni la corretta applicazione della disciplina sulla TARES, ha preso una posizione netta precisando che, può considerarsi presunzione semplice[19], quale attitudine degli immobili a produrre i rifiuti, l’eventuale presenza di arredo o l’attuazione anche di uno solo dei pubblici servizi di erogazione idrica, elettrica, di calore, di gas, di telefonia o di informatica.

Resta fermo il contribuente può fornire prova contraria.[20]

Mentre, per le utenze non domestiche la medesima presunzione è integrata dal rilascio di atti assertivi o autorizzativi per l’esercizio di attività nell’immobile o da dichiarazione rilasciata dal titolare a pubbliche autorità.

Dunque, stando a quanto affermato, secondo il MEF non si potrebbe ritenere idoneo a produrre i rifiuti, l’immobile che, seppur potenzialmente utilizzabile, non sia fornito di arredo o non sia dotato di servizi utili ( in tal caso si parla di immobili soggettivamente inutilizzati).

Questa tesi, però, si discosta con quanto è stato sostenuto nella relazione ministeriale al D.l. n. 201 del 2011 in cui, invece, si è fatto riferimento al consolidato orientamento della Cassazione[21] secondo cui sono esclusi dal prelievo soltanto i locali e le aree oggettivamente inutilizzabili, vale a dire gli immobili inagibili, inabitabili, diroccati, interclusi, in stato di abbandono.

Per cui, per la Suprema Corte, un immobile che il proprietario lasci inabitato e non arredato si rivela soggettivamente inutilizzato ma non oggettivamente inutilizzabile e per questo non dovrebbe escludersi dalla tassazione.

Per cui, laddove i comuni si allineino alla tesi della Cassazione, richiamata nella relazione governativa al D.l. n. 201 del 2011, ai contribuenti viene imposto di pagare la Tares, salvo prova contraria, anche nel caso in cui non producano rifiuti, per il solo fatto che gli immobili posseduti siano agibili o abitabili o comunque non in stato di abbandono[22].

Il contribuente che fornisca prova contraria può dimostrare che l'immobile sia effettivamente inidoneo a produrre rifiuti e quindi non soggetto al pagamento.

 4. Base imponibile

Come i precedenti tributi relativi alla gestione dei rifiuti, anche la Tares prende come base imponibile la superficie degli immobili.

Il calcolo verrà fatto sull'80% della superficie catastale delle unità immobiliari a destinazione ordinaria[23] iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano.

Tuttavia questo criterio non è applicabile fin dall’entrata in vigore dell’art. 14 D.l. n. 201 del 2001 atteso che la superficie così calcolata non è ancora un dato disponibile per i comuni.

Per cui, fino all’attuazione delle disposizioni contenute nel comma 9 bis art. 14 D.l. 201 del 2011[24], ossia fino all’allineamento dei dati catastali degli immobili con la toponomastica comunale[25], il calcolo della Tares si basa sulla superficie calpestabile delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, dichiarate o accertate ai fini Tarsu (d.l. n. 507 del 1993), TIA 1 (d.l. n. 22 del 1997) o TIA 2 (d.l. n. 152 del 2002), poiché tale dato è già in possesso dei Comuni.

Una volta avvenuto l’allineamento dei dati catastali, spetterà ai comuni il compito di comunicare ai contribuenti le nuove superfici imponibili adottando le piu’ idonee forme di comunicazione e nel rispetto dell’art. 6 l. 27 luglio 2000 n. 212 (statuto del contribuente).

Invece, per le restanti unità immobiliari[26], la superficie calcolata assoggettabile al tributo è sempre pari a quella calpestabile.

E’ comunque disposta l’esclusione dal calcolo della superficie imponibile di quella parte di superficie in cui si formano di regola rifiuti speciali[27], sempre che il produttore provveda a dimostrarne l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente[28] .

Il comma 4 art. 14 d.l. n. 201 del 2011[29] esclude dalla tassazione anche le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili[30] (es. giardini, verande, balconi) e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 c.c., sempre che queste non siano detenute o occupate in via esclusiva[31].

 5. Determinazione della tariffa

Il tributo è corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare (1 gennaio – 31 dicembre) a cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria.

La tariffa viene calcolata sulla base delle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti che vengono prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività che sono svolte, facendo riferimento ai criteri determinati con il regolamento di cui al D.P.R. 158 del 1999, i quali si fondano su un “sistema presuntivo”che stabilisce i parametri del tributo senza tener conto dei rifiuti che vengono effettivamente conferiti.

Il comma 11 art. 14 D.l. n. 201 del 2011, afferma il principio secondo cui la tariffa è calcolata in modo da assicurare l’integrale copertura dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati[32].

In particolare la tariffa deve essere composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti (quota fissa), nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione[33](quota variabile).

I costi vengono ripartiti tra le due macrocategorie di utenze: domestiche e non domestiche.

Le utenze domestiche sono soltanto le abitazioni familiari, suddistinte in sei categorie in relazione al numero degli occupanti[34].

Le utenze non domestiche, invece, comprendono tutte le restanti utenze le quali vengono differenziate in relazione all’attività svolta (attività artigianali tipo botteghe, edicola, supermercati, scuole, luoghi di culto, teatri, alberghi, case di cura, uffici, studi professionali ecc….)[35].

Le categorie di attività vengono individuate tenendo conto della popolazione dei comuni, per cui, nei comuni con oltre 5.000 abitanti si individuano 30 categorie di attività, mentre nei comuni con un numero di popolazione inferiore a 5.000 abitanti, si individuano 21 categorie di attività, ferma restando la facoltà per il comune con meno di 5.000 abitanti, di introdurre categorie che sono previste solo per i comuni con numero di popolazione superiore (quali ad esempio, cinematografi, ospedali, magazzini ecc.).

Come prevede l’art. 4, D.P.R. 158/1999[36] i costi devono essere ripartiti sulla base di criteri razionali, tenendo conto delle agevolazioni previste per le abitazioni domestiche[37].

In particolare, per quanto riguarda le utenze domestiche, le tariffe sono differenziate in relazione al numero di occupanti[38].

Nello specifico, la quota fissa della tariffa viene determinata applicando alla superficie dell’alloggio e dei locali che ne costituiscono pertinenza[39] le tariffe per unità di superficie parametrate al numero degli occupanti[40].

La quota variabile è invece determinata solo in relazione al numero degli occupanti[41].

Per quanto riguarda le utenze non domestiche, le quote sono determinate applicando alla superficie imponibile le tariffe per unità di superficie riferite alla tipologia di attività svolta e calcolate sulla base di coefficienti di potenziale produzione, senza tenere conto del numero degli occupanti[42].

Alla tariffa, determinata secondo i criteri summenzionati, il comma 13, art. 14, d.l. n. 201 del 2011, prevede anche l’applicazione di una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato, per far fronte alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili.

E’ data anche la facoltà al Consiglio comunale di deliberare una modifica in aumento della misura della maggiorazione standard.

Tale aumento non potrà essere superiore a 0,10 euro[43] e potrà essere anche graduato in ragione della tipologia dell’immobile [44] e della zona ove l’immobile è ubicato.

La maggiorazione ha natura di imposta addizionale rispetto al tributo sui rifiuti di cui però assume il medesimo presupposto.

Occorre precisare che per il solo anno 2013, l’art. 10 comma 2, lett. c) ed f) d.l. n. 35 del 2010, ha disposto una disciplina derogatoria dell’art. 14 d.l. n. 201 del 2011.

Per cui è disposto che per il solo anno 2013, il gettito relativo alla maggiorazione standard pari 0,30 euro per metro quadrato è riservato allo Stato, e non ai comuni, ai quali è anche preclusa la possibilità di aumentare tale importo.

L’attribuzione esclusiva del gettito della maggiorazione allo Stato, comporta, inoltre, solo per il suddetto anno, la disapplicazione del comma 13 bis  D.l. n. 201 del 2011, il quale stabilisce che, a decorrere dall’anno 2013, il fondo sperimentale di riequilibrio[45] – ora fondo di solidarietà comunale, ai sensi del comma 380, lett. b) dell’art. 1, l. 228 del 2012 – il fondo perequativo[46] e i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Sicilia e della Regione Sardegna sono ridotti in misura corrispondente al gettito derivante dalla maggiorazione standard[47].

Per l’anno 2013, il pagamento della maggiorazione è effettuato in un’unica soluzione unitamente all’ultima rata del tributo.

Il comma 24 art. 14 d.l. n. 201 del 2011 invece disciplina la determinazione della tariffa relativa al servizio di gestione dei rifiuti assimilati, laddove vi sia occupazione o detenzione di locali o aree pubbliche o di uso pubblico per un periodo inferiore a 183 giorni nel corso dello stesso anno solare (occupazione o detenzione temporanea). In tali casi il tributo deve essere stabilito da regolamento comunale, in base a tariffa giornaliera, determinata in base alla tariffa annuale del tributo, rapportata a giorno, maggiorata di un importo percentuale non superiore al 100 per cento.

Per quanto riguarda la disciplina del tributo dovuto per il servizio di gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche, il comma 14 art. 14, d.l. n. 201 del 2011 fa salva la disciplina dell’art. 33 bis d.l. n. 248 del 2007[48], convertito con modificazioni dalla L. 31 del 2008, in virtù del quale le istituzioni scolastiche non sono tenute al pagamento del tributo poiché è direttamente il Ministero della Pubblica istruzione (MIUR) a corrispondere ai comuni la somma concordata in sede di accordo raggiunto in Conferenza Stato-città e autonomie locali.

L’importo che viene versato è forfetario ed è complessivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti.

Il costo relativo alla gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche è sottratto dal costo che deve essere coperto con il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi.

In tal modo, la quota degli oneri che non sono coperti dall’importo versato dallo Stato ai comuni resta a carico del bilancio comunale.

E’ anche previsto che ai soggetti passivi del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, compresi i soggetti tenuti a versare il tributo giornaliero, venga applicato il tributo provinciale per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell’ambiente di cui all’art. 19 D.l. n. 502 del 1992.

L’importo viene commisurato alla superficie dei locali e delle aree soggette al tributo comunale ed è applicato nella misura, deliberata dalla giunta provinciale, non inferiore all’1 per cento e non superiore al 5 per cento delle tariffe per unità di superficie stabilite ai fini del tributo comunale, esclusa la maggiorazione di cui al comma. 13 d.l. n. 201 del 2011

Inoltre il comma 29 art. 14, D.l. n. 201 del 2011 prevede che, laddove i comuni abbiano realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo del tributo.

Questa tariffa viene applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani[49].

In tali casi, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi si applicherà limitatamente alla componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni determinata ai sensi del comma 13 (maggiorazione).


[1] Convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, l. 22 dicembre 2011 n. 214, successivamente modificato dall’art. 1, comma 387, L. 228 del 2012 (c.d. Legge di stabilità) e dall’art. 10 d.l. 35 del 2013.

[2] A tal proposito è opportuno precisare che per il solo anno 2013 la L. n. 11 del 2013, che ha convertito il D.l. n. 1 del 2013, all’articolo 1-bis ha disposto che il pagamento della prima rata della TARES è posticipato a luglio, fatta salva la facoltà dei comuni di modificare il numero e la scadenza delle rate.

[3] Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, disciplinata dal D.Lgs. 507 del 1993.

[4] Tariffa di igiene ambientale, disciplinata dal D.Lgs. 22 del 1997.

[5] Tariffa integrata ambientale, disciplinata dal D.Lgs. 152 del 2006 - Norma in materia ambientale-  c.d. T.U dell’Ambiente.

[6]. V. art. 14, comma 46, D.l. 201 del 2011

[7] Tale compatibilità è altresì supportata dal fatto che le disposizioni contenute nell’art. 14. d.l. 201/2011 sono in linea, per ciò che attiene agli aspetti tariffari, con le disposizioni in materia di TIA 1 e TIA 2. Precisamente nella disciplina della TARES:

a) vige un criterio presuntivo di commisurazione della tariffa rispetto alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte in conformità al criterio previsto dal D.P.R. 158 del 1999 per gli enti locali che non abbiano organizzato sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti conferiti dalle singole utenze, domestiche o non domestiche;

b) la tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, al fine di garantire la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, compresi i costi di smaltimento in conformità a quanto già disposto dal comma 4 dell’art. 49 D.lgs. 22 del 1997 (TIA 1) e il comma 4 dell’art. 238 D.lgs. 152 del 2006 (TIA 2);

c) sono assicurate riduzioni per la raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche, come già disposto all’art. 4, comma 1 e 7, D.P.R. 158 del 1999;

d) è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero, in conformità a quanto già disposto dall’art. 49, comma 14, D.lgs. 22 del 1997 (TIA 1) e all’art. 238, comma 10, D.lgs. 152 del 2006 (TIA 2)

[8] L’elenco dei rifiuti urbani è rinvenibile nell’art. 184, comma 2, D.lgs. 152 del 2006, T.U dell’Ambiente

[9] Il prototipo di regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi emesso dal MEF in data 07 febbraio 2013, all’art. 3 individua i rifiuti assimilati agli urbani per qualità e quantità. Sotto il profilo qualitativo, le sostanze sono identificate per tipologia merceologica, rinviando all’allegato A del predetto regolamento il quale richiama:

a) le sostanze elencante al punto 1.1. della Delibera del Comitato interministeriale 27 luglio 1984, che tuttora disciplina la materia; b) i rifiuti sanitari assimilati agli urbani individuati dal D.P.R. n. 254 del 2003. Sono considerati rifiuti assimilati agli urbani, ad es. rifiuti di carta, cartone e similari; rifiuti di vetro, contenitori vuoti, sacchi e sacchetti di carta o plastica, paglia e prodotti di paglia; pelle e simil – pelle, cavi e materiale elettrico in generale; rifiuti delle cucine; indumenti e lenzuola mono uso, pannolini pediatrici e i pannoloni; ecc. Viene fatta salva la facoltà del comune di escludere una o piu’ sostanze indicate nel regolamento, laddove ne risulti problematica la gestione.

[10] Tra i servizi indivisibili del comune rientrano: l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade, la polizia locale, l’anagrafe, i servizi cimiteriali e in generale le attività comunali che non sono erogate a domanda individuale. Ai sensi del comma 13 art. 14, D.l. 201 del 2011, per finanziare i servizi indivisibili viene applicata una maggiorazione standard alla tariffa pari a 30 centesimi di euro al metro quadrato dell’immobile. Il comune, con apposita deliberazioni comunale, può modificare tale maggiorazione in aumento fino a 40 centesimi di euro al metro quadrato, anche graduandola in ragione della tipologia dell’immobile e della zona ove questo è ubicato.

Tuttavia la potestà che viene riconosciuta ai comuni dal comma 13 D.lgs. 201/2011 viene derogata, dall’art. 10, comma 1, lett. c) ed f) secondo cui per il solo anno 2013,la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato è riservata allo Stato e non può essere aumentata dai comuni.

[11] Emesso in data 07 febbraio 2013.

[12] Il concetto è stato chiarito dall’art. 5 del prototipo di regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, emesso dal Ministero dell’Economia e delle  Finanze , pubblicato il 7 febbraio 2013. Ad esempio, se un immobile è ubicato sul territorio di due comuni (la casistica relativa ai casi di immobili ubicati in due o piu’ comuni diversi non risulta molto diffusa) per determinare il comune sul cui territorio la superficie dell’immobile è prevalentemente ubicata, si deve tenere conto dell’intera superficie dello stesso, comprese le aree che, ai sensi del comma 4, art. 14, D.l. n. 201 del 2011, sono tassativamente escluse dalla tassazione, ossia le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del c.c., sempre che queste ultime non siano detenute o occupate in via esclusiva.

[13]La facoltà di determinare i soggetti attivi non rientra, ordinariamente, tra le potestà che sono riconosciute al comune (e alle province) dall’art. 52, comma 1, D.lgs. 446 del 1997, a cui la disciplina della TARES fa espressamente rinvio (art 14, comma 45, d.l. 201 del 2011). In particolare, ai sensi dell’art. 52, “Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti”.

[14] Si tratta di obbligazione solidale per cui tutti i soggetti responsabili con vincolo di solidarietà passiva sono tenuti alla medesima prestazione. L'adempimento da parte di uno dei debitori libera gli altri debitori. Con tale previsione si intende rafforzare il credito del soggetto attivo, in quanto il creditore ha la facoltà di chiedere l'adempimento dell'esatta prestazione ad uno qualunque dei debitori essendo tutti soggetti alla medesima obbligazione.

[15] In tal senso v. art. 14, comma 6, D.l. n. 201 del 2011.

[16] In tal senso v., art. 14, comma 7, D.l. n. 201 del 2011.

[17] All’inadempimento delle obbligazioni da parte del soggetto passivo, consegue l’applicazione delle sanzioni disposte dai commi 39 a 42, art. 14, D.l. 201 del 2011.

[18] Per chiarezza espositiva si intendono per:

- locali, le strutture infisse al suolo e chiuse da ogni lato (o su tre lati) verso l’esterno, seppur non conformi alle disposizioni urbanistico – edilizie.

- Aree scoperte, sia le superfici prive di edifici o di strutture edilizie, sia gli spazi circoscritti che non costituiscono locali (tettoie, balconi, terrazze, campeggi, dancing e cinema all’aperto, parcheggi)

- Utenze domestiche, le superfici adibite a civile abitazione

- Utenze non domestiche, le restanti superfici.

[19] Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato. Le presunzioni semplici, ai sensi dell’art. 2729 c.c. sono quelle che vengono lasciate al libero convincimento del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi precise e concordanti

[20] Mediante la prova contraria il contribuente può dimostrare che, nonostante possieda un immobile arredato o dotato di servizi, non ne usufruisca in alcun modo e non produca di fatto alcuna quantità di rifiuti. Si deve evidenziare che è sostenibile tesi avversa: il presupposto del tributo è costituito dalla “potenziale”, e non dalla “effettiva”, produzione di rifiuti. Pertanto, anche la dimostrazione circa la mancata produzione di rifiuti non esclude la tassazione in presenza di immobile “potenzialmente idoneo” a produrre rifiuti.

[21] In tal senso v. Corte di Cassazione, sent. n. 16785 del 2002; sent. n.  9920 del 2003; sent. n. 22770 del 2009; sent.. n. 1850 del 2010.

[22] In questo modo si potrebbe sostenere che il tributo diventerebbe una vera e propria imposta, a cui il soggetto passivo sarebbe obbligato a prescindere dalla fruizione del servizio di smaltimento dei rifiuti prodotti.

[23] Rientrano tra gli immobili a destinazione ordinaria le categorie catastali del gruppo A, B, e C. Tra gli immobili a destinazione ordinaria troviamo, ad esempio, le abitazioni, gli uffici pubblici, le scuole, le botteghe, i negozi, i fabbricati destinati ad attività sportive senza scopo di lucro.

[24] Comma inserito dall’art. 1, comma 387, lett. d) L. 24 dicembre 2012, n. 228.

[25] Questa attività si attua nell’ambito della cooperazione tra i comuni e l’Agenzia del territorio (ora assorbita sotto l’Agenzia delle Entrate). L’Agenzia delle Entrate ha emanato, in data 10 aprile 2013, le Regole tecniche relative alle modalità di interscambio tra l’Agenzia delle Entrate e i Comuni dei dati inerenti la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte nel catasto edilizio urbano, ai sensi dell’articolo 14, comma 9, d.l. 201 del 2011.

[26] Ossia per le unità immobiliari diverse da quelle a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano alle categorie D ed E. Tra le unità immobiliari a destinazione speciale rientrano i fabbricati o locali per l’esercizio di attività sportive con fini di lucro, teatri, cinema, case di cura, ospedali, ecc.

[27] Si intendono per rifiuti speciali, ai sensi dell’art. 184, comma 3, D.lgs. 152 del 2006:

a) i rifiuti di attività agricole e agro – industriali;

b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 186;

c) i rifiuti da lavorazioni industriali; fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, comma 1, lettera i);

d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e) i rifiuti da attività commerciali;

f) i rifiuti da attività di servizio;

g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimenti di fumi;

h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;

i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;

l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;

m) il combustibile derivato da rifiuti;

n) i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi.

[28]Allo smaltimento dei rifiuti speciali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori.

[29]Il comma 4 art. 14 d.l. n. 201 del 2011 è stato modificato dal comma 3 d.l. 35 del 2013. In origine la disposizione non prevedeva nulla in relazione alle aree scoperte pertinenziali e accessorie di locali diversi da quelli delle civili abitazioni.

[30]Fatta salva la disciplina relativa alle aree scoperte operative, poiché queste saranno soggette a tassazione. Ad esempio, il parcheggio adiacente ad un centro commerciale sarà calcolato come superficie tassabile.

[31] Nei casi in cui le aree condominiali siano detenute in via esclusiva sono soggette a tassazione e il tributo è dovuto, in via solidale, dagli occupanti o conduttori delle medesime.

[32] La tariffa è determinata ricomprendendo anche i costi di cui all’art. 15, d.l. 13 gennaio 2003, n. 36, ossia i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.

[33] Quanto detto serve a chiarire la bipartizione che determina l’importo poi addebitato al singolo utente, il quale è composto da due categorie di costi:

- costi fissi: tra i quali rientrano i costi di spazzamento e di lavaggio delle strade ed aree pubbliche; costi per attività di accertamento, riscossione e contenzioso; costi generali di gestione, tra cui almeno la metà del costo del personale; costi diversi; altri costi; costi d’uso del capitale;

- costi variabili: costi di raccolta e trasporto relativi ai rifiuti indifferenziati; costi di trattamento e smaltimento dei rifiuti indifferenziati; costi di raccolta differenziata per materiale; costi di trattamento e riciclo, al netto delle entrate dal recupero di materiali ed energia dai rifiuti.

I costi del servizio vengono definiti annualmente sulla scorta del Piano finanziario, degli interventi e della relazione illustrativa i quali vengono redatti dall’affidatario della gestione dei rifiuti urbani e poi approvati da specifica deliberazione del Consiglio comunale da adottare entro la data di approvazione del bilancio di previsione relativo alla stessa annualità[33].

[34] V., all. 1, tab. 1a e 1b, D.P.R. 158/1999 in cui si individuano sei categorie di utenze domestiche distinte in relazione al numero dei componenti del nucleo familiare. La prima categoria comprende le utenze domestiche con un solo componente, la seconda quelle con due componenti, la terza quelle con tre componenti, la quarta quelle con quattro componenti, la quinta quelle con cinque componenti e la sesta quelle con sei o più componenti. La tabella individua inoltre i coefficienti di adattamento (distinti tra NORD, CENTRO e SUD) determinati per superficie e numero di componenti del nucleo familiare , i quali sono applicati alle categorie di utenze domestiche.

[35] V., All. B del prototipo di Regolamento del MEF del 7 febbraio 2013, che riprende l’all. 1, tab. 3a e 3b, D.P.R. 158/1999 in cui, rispettivamente, si individuano le categorie di attività svolte nei comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti e quelle svolte nei comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti, nonché i coefficienti di potenziale produzione,(distinti tra NORD, CENTRO e SUD) i quali sono applicati alle categorie di utenze non domestiche, differenziate in relazione all’attività svolta.

[36] L’art. 4, D.P.R. 158/1999 disciplina “l’articolazione della tariffa” e dispone che:

“1. La tariffa, determinata ai sensi dell'articolo 3, è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica.

2. L'ente locale ripartisce tra le categorie di utenza domestica e non domestica l'insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa secondo criteri razionali, assicurando l'agevolazione per l'utenza domestica di cui all'articolo 49, comma 10, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

3. A livello territoriale la tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale, ed in particolare alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e qualità dei servizi da fornire, secondo modalità stabilite dal comune”..

[37] Il comma 17, art. 14, D.l. 201/2011 assicura solo alle utenze domestiche, la riduzione per la raccolta differenziata. Questa riduzione, secondo quanto dispone l’art. 7, D.P.R. 158/1999, deve essere applicata riducendo la parte variabile della tariffa per una quota determinata dall’ente locale, proporzionale ai risultati, singoli o collettivi, che vengono raggiunti dalle utenze in base alla raccolta differenziata conferita.

[38] L’ art.17 del prototipo di regolamento emesso dal MEF, individua la composizione del nucleo familiare che occupa le utenze domestiche il quale viene rapportato:

a) per le utenze condotte da soggetti che hanno nel comune la residenza anagrafica, di regola alle risultanze anagrafiche, eventualmente integrate da altre persone ivi dimoranti con una presenza significativa, che si ritiene non debba essere inferiore a sei mesi nell’anno solare, in analogia a quanto dispone l’art. 14, comma 6, D.l. 201/2011;

b) Per le altre utenze domestiche (seconde case), al dato indicato in sede di dichiarazione, o in difetto di questo, ad un numero stabilito forfettariamente ( eventualmente anche graduato in funzione della superficie) con possibilità di accertare un numero maggiore sulla base dei dati che vengono forniti dal comune di residenza;

c) Per le tipologie residuali, costituite da luoghi di deposito non pertinenziali ad abitazioni, stabilendo che in tal caso il numero degli occupanti è posto uguale a uno ( tuttavia sono possibili anche altre opzioni);

d) Per le ex abitazioni dei soggetti che hanno trasferito la propria residenza in strutture sanitarie o di ricovero, le quali risultano non locate o comunque utilizzate, fissando il numero degli occupanti in una unità;

e) Per le abitazioni occupate da più nuclei familiari, computando il numero complessivo degli occupanti.

Inoltre l’art. 17 prevede due alternative per i Comuni, i quali possono stabilire il numero degli occupanti delle utenze domestiche tenendo conto o del dato risultante al primo gennaio dell’anno di riferimento e per le nuove utenze, alla data di apertura delle stesse, oppure tenendo conto del dato risultante alla data di emissione dell’invito di pagamento.

[39] Salvo che non si tratti di aree scoperte pertinenziali o accessorie, le quali, ai sensi del comma 4, art. 14, D.l. 201 del 2011,  sono espressamente escluse dalla tassazione

[40] V., all. 1, punto 4.1. D.P.R. 158/1999, ove sono individuati i criteri di calcolo della parte fissa della tariffa per le utenze domestiche.

[41] V., all. 1, punto 4.2. D.P.R. 158/1999, ove sono individuati i criteri di calcolo della parte variabile della tariffa per le utenze domestiche.

[42] V., all. 1, punti 4.3 e 4.4., D.P.R. 158/1999, ove sono individuati i criteri di calcolo della parte fissa e della parte variabile della tariffa per le utenze non domestiche.

[43] La soglia massima della maggiorazione e’ di 0,40 euro per metro quadrato

[44] In particolare diversificando tra utenze domestiche e non domestiche o in relazione alle categorie di utilizzazione o alla tipologia catastale.

[45] Come determinato ai sensi dell’art. 2 D.lgs. n. 23 del 2011

[46] Come determinato ai sensi dell’art. 13 D.lgs. n. 23 del 2011

[47] Il taglio sui fondi statali come disposto dal comma 13 bis. D.l. n. 201 del 2011 ha natura compensativa in quanto a fronte di tale riduzioni vi è un aumento della TARES (il contribuente è tenuto a pagare una maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato).

[48] L’art. 33 bis, d.l. 248 del 2007  disciplina il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nei confronti delle istituzioni scolastiche, per cui “A decorrere dall'anno 2008, il Ministero della pubblica istruzione provvede a corrispondere direttamente ai comuni la somma concordata in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali nelle sedute del 22 marzo 2001 e del 6 settembre 2001, valutata in euro 38,734 milioni, quale importo forfetario complessivo per lo svolgimento, nei confronti delle istituzioni scolastiche statali, del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. I criteri e le modalità di corresponsione delle somme dovute ai singoli comuni, in proporzione alla consistenza della popolazione scolastica, sono concordati nell'ambito della predetta Conferenza. Al relativo onere si provvede nell'ambito della dotazione finanziaria del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. A decorrere dal medesimo anno 2008, le istituzioni scolastiche statali non sono più tenute a corrispondere ai comuni il corrispettivo del servizio di cui al citato articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Il Ministero della pubblica istruzione provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente comma, informando tempestivamente il Ministero dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi, di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati, ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della citata legge n. 468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al precedente periodo, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati di apposite relazioni illustrative”.

[49] Il tributo e la maggiorazione sono invece versati esclusivamente al comune. V. comma 35, art. 14 D.l. 201 del 2011, salvo quanto disposto, per la maggiorazione, per l’anno 2013 dall’art. 10, comma 2, D.l. n., 35 del 2013.

1. Premessa

Tra le novità che sono state introdotte dal D.l. 6 dicembre 2011 n. 201 (c.d. decreto Monti o decreto salva Italia) [1] l’art. 14 ha istituito in tutti i comuni del territorio nazionale, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (c.d. TARES) il quale ha trovato applicazione a partire dal 1° gennaio 2013[2].

L’entrata in vigore della TARES ha determinato la soppressione di tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani (TARSU[3]; TIA 1[4], TIA 2[5]) sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza (ECA e MECA)[6].

Tuttavia, nonostante la soppressione dei previgenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, la disciplina della TARES contenuta nell’art. 14 D.l. n. 201 del 2011, richiama espressamente il D.P.R. n. 158 del 1999 - Regolamento recante disposizioni per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani- facendo in tal senso presupporre una piena compatibilità tra il metodo applicato dalla previgente disposizione e quello previsto nella attuale disciplina[7].

Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) è stato disposto a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani[8] e dei rifiuti assimilati agli urbani[9] avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni[10].

2. Soggetti: attivo e passivo

Il comma 2 dell’art. 14 D.l. n. 201 del 2011, dispone che soggetto attivo dell’obbligazione tributaria è il comune nel cui territorio è ubicato, interamente o prevalentemente, l’immobile assoggettabile al tributo.

Il Ministero dell’economia e delle finanze (c.d. MEF) nel prototipo di regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi[11], ha chiarito che la prevalenza si determina in base all’intera superficie dell’immobile (fabbricato, area fabbricabile, terreno agricolo) anche se parte di essa sia esclusa o esente dal tributo; per cui, al fine di stabilire ove è collocato l’immobile non deve essere considerata solo la superficie imponibile dello stesso[12].

Inoltre, in merito alla determinazione del soggetto attivo, il MEF ha disposto una regola (non vincolante) per i comuni, da applicarsi nell’eventualità in cui sopravvenga una variazione delle circoscrizioni territoriali, ritenendo piu’ semplice rilevare la situazione territoriale al 1° gennaio dell’anno di riferimento, e considerando soggetto attivo del tributo il comune sul cui territorio l’immobile era ubicato in predetta data, salvo diversa intesa tra gli enti interessati.

Tuttavia, non trattandosi di regola vincolante per i comuni, è fatta salva la discrezionalità degli stessi nella scelta della soluzione da adottare in tali casi, in particolare attribuendo il tributo tenendo conto del periodo di ubicazione dell’immobile nel territorio del soggetto attivo[13].

Per quanto riguarda la soggettività tributaria passiva, il comma 3 art. 14 D.l. n. 201 del 2011, sancisce che è tenuto al pagamento del tributo chiunque possieda, occupi o detenga a qualunque titolo, locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti e suscettibili di produrre rifiuti urbani (e assimilati).

Sono soggetti all’obbligazione tutti i componenti della famiglia anagrafica o coloro che usano in comune i locali o le aree tassabili[14].

Tuttavia, la legge dispone una disciplina particolare laddove si faccia un uso solo temporaneo dei locali o di tali aree, ossia un uso non protratto per oltre sei mensilità all’anno[15].

In tali casi, obbligato al pagamento del tributo non sarà l’utilizzatore dei locali o delle aree, ma bensì il possessore inteso quale proprietario o titolare di diritti reali di godimento sull’immobile (usufrutto, uso, abitazione, superficie).

Se invece si tratta di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati, è il soggetto che gestisce i servizi comuni ad avere la responsabilità del versamento del tributo dovuto per i locali e le aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo[16].

La soggettività passiva determina, in capo al contribuente, l’insorgenza di una serie di obblighi sia di natura formale (presentazione della dichiarazione, invio del materiale istruttorio richiesto dal comune ecc.) sia di natura sostanziale (effettuazione dei versamenti dovuti)[17].

3. Presupposto del tributo

Il presupposto che determina l’insorgenza dell’obbligazione tributaria è individuato, sulla scorta dei commi 2 e 3 art. 14, D.l. n. 201 del 2011, nel possesso, nell’occupazione o nella detenzione, a qualsiasi titolo, anche di fatto, di locali o aree scoperte [18], a prescindere dall’uso a cui tali spazi sono preposti e sempre che gli stessi siano suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati.

Pare opportuno sottolineare che il termine “suscettibili” a cui la norma fa riferimento, in relazione alla mera idoneità degli immobili di produrre rifiuti, lascia spazio ad interpretazioni diverse.

A tal proposito il Ministero dell'economia e delle finanze, nel prototipo di regolamento con cui ha fornito ai comuni la corretta applicazione della disciplina sulla TARES, ha preso una posizione netta precisando che, può considerarsi presunzione semplice[19], quale attitudine degli immobili a produrre i rifiuti, l’eventuale presenza di arredo o l’attuazione anche di uno solo dei pubblici servizi di erogazione idrica, elettrica, di calore, di gas, di telefonia o di informatica.

Resta fermo il contribuente può fornire prova contraria.[20]

Mentre, per le utenze non domestiche la medesima presunzione è integrata dal rilascio di atti assertivi o autorizzativi per l’esercizio di attività nell’immobile o da dichiarazione rilasciata dal titolare a pubbliche autorità.

Dunque, stando a quanto affermato, secondo il MEF non si potrebbe ritenere idoneo a produrre i rifiuti, l’immobile che, seppur potenzialmente utilizzabile, non sia fornito di arredo o non sia dotato di servizi utili ( in tal caso si parla di immobili soggettivamente inutilizzati).

Questa tesi, però, si discosta con quanto è stato sostenuto nella relazione ministeriale al D.l. n. 201 del 2011 in cui, invece, si è fatto riferimento al consolidato orientamento della Cassazione[21] secondo cui sono esclusi dal prelievo soltanto i locali e le aree oggettivamente inutilizzabili, vale a dire gli immobili inagibili, inabitabili, diroccati, interclusi, in stato di abbandono.

Per cui, per la Suprema Corte, un immobile che il proprietario lasci inabitato e non arredato si rivela soggettivamente inutilizzato ma non oggettivamente inutilizzabile e per questo non dovrebbe escludersi dalla tassazione.

Per cui, laddove i comuni si allineino alla tesi della Cassazione, richiamata nella relazione governativa al D.l. n. 201 del 2011, ai contribuenti viene imposto di pagare la Tares, salvo prova contraria, anche nel caso in cui non producano rifiuti, per il solo fatto che gli immobili posseduti siano agibili o abitabili o comunque non in stato di abbandono[22].

Il contribuente che fornisca prova contraria può dimostrare che l'immobile sia effettivamente inidoneo a produrre rifiuti e quindi non soggetto al pagamento.

 4. Base imponibile

Come i precedenti tributi relativi alla gestione dei rifiuti, anche la Tares prende come base imponibile la superficie degli immobili.

Il calcolo verrà fatto sull'80% della superficie catastale delle unità immobiliari a destinazione ordinaria[23] iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano.

Tuttavia questo criterio non è applicabile fin dall’entrata in vigore dell’art. 14 D.l. n. 201 del 2001 atteso che la superficie così calcolata non è ancora un dato disponibile per i comuni.

Per cui, fino all’attuazione delle disposizioni contenute nel comma 9 bis art. 14 D.l. 201 del 2011[24], ossia fino all’allineamento dei dati catastali degli immobili con la toponomastica comunale[25], il calcolo della Tares si basa sulla superficie calpestabile delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano, dichiarate o accertate ai fini Tarsu (d.l. n. 507 del 1993), TIA 1 (d.l. n. 22 del 1997) o TIA 2 (d.l. n. 152 del 2002), poiché tale dato è già in possesso dei Comuni.

Una volta avvenuto l’allineamento dei dati catastali, spetterà ai comuni il compito di comunicare ai contribuenti le nuove superfici imponibili adottando le piu’ idonee forme di comunicazione e nel rispetto dell’art. 6 l. 27 luglio 2000 n. 212 (statuto del contribuente).

Invece, per le restanti unità immobiliari[26], la superficie calcolata assoggettabile al tributo è sempre pari a quella calpestabile.

E’ comunque disposta l’esclusione dal calcolo della superficie imponibile di quella parte di superficie in cui si formano di regola rifiuti speciali[27], sempre che il produttore provveda a dimostrarne l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente[28] .

Il comma 4 art. 14 d.l. n. 201 del 2011[29] esclude dalla tassazione anche le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili[30] (es. giardini, verande, balconi) e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 c.c., sempre che queste non siano detenute o occupate in via esclusiva[31].

 5. Determinazione della tariffa

Il tributo è corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare (1 gennaio – 31 dicembre) a cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria.

La tariffa viene calcolata sulla base delle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti che vengono prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività che sono svolte, facendo riferimento ai criteri determinati con il regolamento di cui al D.P.R. 158 del 1999, i quali si fondano su un “sistema presuntivo”che stabilisce i parametri del tributo senza tener conto dei rifiuti che vengono effettivamente conferiti.

Il comma 11 art. 14 D.l. n. 201 del 2011, afferma il principio secondo cui la tariffa è calcolata in modo da assicurare l’integrale copertura dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati[32].

In particolare la tariffa deve essere composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti (quota fissa), nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione[33](quota variabile).

I costi vengono ripartiti tra le due macrocategorie di utenze: domestiche e non domestiche.

Le utenze domestiche sono soltanto le abitazioni familiari, suddistinte in sei categorie in relazione al numero degli occupanti[34].

Le utenze non domestiche, invece, comprendono tutte le restanti utenze le quali vengono differenziate in relazione all’attività svolta (attività artigianali tipo botteghe, edicola, supermercati, scuole, luoghi di culto, teatri, alberghi, case di cura, uffici, studi professionali ecc….)[35].

Le categorie di attività vengono individuate tenendo conto della popolazione dei comuni, per cui, nei comuni con oltre 5.000 abitanti si individuano 30 categorie di attività, mentre nei comuni con un numero di popolazione inferiore a 5.000 abitanti, si individuano 21 categorie di attività, ferma restando la facoltà per il comune con meno di 5.000 abitanti, di introdurre categorie che sono previste solo per i comuni con numero di popolazione superiore (quali ad esempio, cinematografi, ospedali, magazzini ecc.).

Come prevede l’art. 4, D.P.R. 158/1999[36] i costi devono essere ripartiti sulla base di criteri razionali, tenendo conto delle agevolazioni previste per le abitazioni domestiche[37].

In particolare, per quanto riguarda le utenze domestiche, le tariffe sono differenziate in relazione al numero di occupanti[38].

Nello specifico, la quota fissa della tariffa viene determinata applicando alla superficie dell’alloggio e dei locali che ne costituiscono pertinenza[39] le tariffe per unità di superficie parametrate al numero degli occupanti[40].

La quota variabile è invece determinata solo in relazione al numero degli occupanti[41].

Per quanto riguarda le utenze non domestiche, le quote sono determinate applicando alla superficie imponibile le tariffe per unità di superficie riferite alla tipologia di attività svolta e calcolate sulla base di coefficienti di potenziale produzione, senza tenere conto del numero degli occupanti[42].

Alla tariffa, determinata secondo i criteri summenzionati, il comma 13, art. 14, d.l. n. 201 del 2011, prevede anche l’applicazione di una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato, per far fronte alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili.

E’ data anche la facoltà al Consiglio comunale di deliberare una modifica in aumento della misura della maggiorazione standard.

Tale aumento non potrà essere superiore a 0,10 euro[43] e potrà essere anche graduato in ragione della tipologia dell’immobile [44] e della zona ove l’immobile è ubicato.

La maggiorazione ha natura di imposta addizionale rispetto al tributo sui rifiuti di cui però assume il medesimo presupposto.

Occorre precisare che per il solo anno 2013, l’art. 10 comma 2, lett. c) ed f) d.l. n. 35 del 2010, ha disposto una disciplina derogatoria dell’art. 14 d.l. n. 201 del 2011.

Per cui è disposto che per il solo anno 2013, il gettito relativo alla maggiorazione standard pari 0,30 euro per metro quadrato è riservato allo Stato, e non ai comuni, ai quali è anche preclusa la possibilità di aumentare tale importo.

L’attribuzione esclusiva del gettito della maggiorazione allo Stato, comporta, inoltre, solo per il suddetto anno, la disapplicazione del comma 13 bis  D.l. n. 201 del 2011, il quale stabilisce che, a decorrere dall’anno 2013, il fondo sperimentale di riequilibrio[45] – ora fondo di solidarietà comunale, ai sensi del comma 380, lett. b) dell’art. 1, l. 228 del 2012 – il fondo perequativo[46] e i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Sicilia e della Regione Sardegna sono ridotti in misura corrispondente al gettito derivante dalla maggiorazione standard[47].

Per l’anno 2013, il pagamento della maggiorazione è effettuato in un’unica soluzione unitamente all’ultima rata del tributo.

Il comma 24 art. 14 d.l. n. 201 del 2011 invece disciplina la determinazione della tariffa relativa al servizio di gestione dei rifiuti assimilati, laddove vi sia occupazione o detenzione di locali o aree pubbliche o di uso pubblico per un periodo inferiore a 183 giorni nel corso dello stesso anno solare (occupazione o detenzione temporanea). In tali casi il tributo deve essere stabilito da regolamento comunale, in base a tariffa giornaliera, determinata in base alla tariffa annuale del tributo, rapportata a giorno, maggiorata di un importo percentuale non superiore al 100 per cento.

Per quanto riguarda la disciplina del tributo dovuto per il servizio di gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche, il comma 14 art. 14, d.l. n. 201 del 2011 fa salva la disciplina dell’art. 33 bis d.l. n. 248 del 2007[48], convertito con modificazioni dalla L. 31 del 2008, in virtù del quale le istituzioni scolastiche non sono tenute al pagamento del tributo poiché è direttamente il Ministero della Pubblica istruzione (MIUR) a corrispondere ai comuni la somma concordata in sede di accordo raggiunto in Conferenza Stato-città e autonomie locali.

L’importo che viene versato è forfetario ed è complessivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti.

Il costo relativo alla gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche è sottratto dal costo che deve essere coperto con il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi.

In tal modo, la quota degli oneri che non sono coperti dall’importo versato dallo Stato ai comuni resta a carico del bilancio comunale.

E’ anche previsto che ai soggetti passivi del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, compresi i soggetti tenuti a versare il tributo giornaliero, venga applicato il tributo provinciale per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell’ambiente di cui all’art. 19 D.l. n. 502 del 1992.

L’importo viene commisurato alla superficie dei locali e delle aree soggette al tributo comunale ed è applicato nella misura, deliberata dalla giunta provinciale, non inferiore all’1 per cento e non superiore al 5 per cento delle tariffe per unità di superficie stabilite ai fini del tributo comunale, esclusa la maggiorazione di cui al comma. 13 d.l. n. 201 del 2011

Inoltre il comma 29 art. 14, D.l. n. 201 del 2011 prevede che, laddove i comuni abbiano realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo del tributo.

Questa tariffa viene applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani[49].

In tali casi, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi si applicherà limitatamente alla componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni determinata ai sensi del comma 13 (maggiorazione).


[1] Convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, l. 22 dicembre 2011 n. 214, successivamente modificato dall’art. 1, comma 387, L. 228 del 2012 (c.d. Legge di stabilità) e dall’art. 10 d.l. 35 del 2013.

[2] A tal proposito è opportuno precisare che per il solo anno 2013 la L. n. 11 del 2013, che ha convertito il D.l. n. 1 del 2013, all’articolo 1-bis ha disposto che il pagamento della prima rata della TARES è posticipato a luglio, fatta salva la facoltà dei comuni di modificare il numero e la scadenza delle rate.

[3] Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, disciplinata dal D.Lgs. 507 del 1993.

[4] Tariffa di igiene ambientale, disciplinata dal D.Lgs. 22 del 1997.

[5] Tariffa integrata ambientale, disciplinata dal D.Lgs. 152 del 2006 - Norma in materia ambientale-  c.d. T.U dell’Ambiente.

[6]. V. art. 14, comma 46, D.l. 201 del 2011

[7] Tale compatibilità è altresì supportata dal fatto che le disposizioni contenute nell’art. 14. d.l. 201/2011 sono in linea, per ciò che attiene agli aspetti tariffari, con le disposizioni in materia di TIA 1 e TIA 2. Precisamente nella disciplina della TARES:

a) vige un criterio presuntivo di commisurazione della tariffa rispetto alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte in conformità al criterio previsto dal D.P.R. 158 del 1999 per gli enti locali che non abbiano organizzato sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti conferiti dalle singole utenze, domestiche o non domestiche;

b) la tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, al fine di garantire la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, compresi i costi di smaltimento in conformità a quanto già disposto dal comma 4 dell’art. 49 D.lgs. 22 del 1997 (TIA 1) e il comma 4 dell’art. 238 D.lgs. 152 del 2006 (TIA 2);

c) sono assicurate riduzioni per la raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche, come già disposto all’art. 4, comma 1 e 7, D.P.R. 158 del 1999;

d) è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero, in conformità a quanto già disposto dall’art. 49, comma 14, D.lgs. 22 del 1997 (TIA 1) e all’art. 238, comma 10, D.lgs. 152 del 2006 (TIA 2)

[8] L’elenco dei rifiuti urbani è rinvenibile nell’art. 184, comma 2, D.lgs. 152 del 2006, T.U dell’Ambiente

[9] Il prototipo di regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi emesso dal MEF in data 07 febbraio 2013, all’art. 3 individua i rifiuti assimilati agli urbani per qualità e quantità. Sotto il profilo qualitativo, le sostanze sono identificate per tipologia merceologica, rinviando all’allegato A del predetto regolamento il quale richiama:

a) le sostanze elencante al punto 1.1. della Delibera del Comitato interministeriale 27 luglio 1984, che tuttora disciplina la materia; b) i rifiuti sanitari assimilati agli urbani individuati dal D.P.R. n. 254 del 2003. Sono considerati rifiuti assimilati agli urbani, ad es. rifiuti di carta, cartone e similari; rifiuti di vetro, contenitori vuoti, sacchi e sacchetti di carta o plastica, paglia e prodotti di paglia; pelle e simil – pelle, cavi e materiale elettrico in generale; rifiuti delle cucine; indumenti e lenzuola mono uso, pannolini pediatrici e i pannoloni; ecc. Viene fatta salva la facoltà del comune di escludere una o piu’ sostanze indicate nel regolamento, laddove ne risulti problematica la gestione.

[10] Tra i servizi indivisibili del comune rientrano: l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade, la polizia locale, l’anagrafe, i servizi cimiteriali e in generale le attività comunali che non sono erogate a domanda individuale. Ai sensi del comma 13 art. 14, D.l. 201 del 2011, per finanziare i servizi indivisibili viene applicata una maggiorazione standard alla tariffa pari a 30 centesimi di euro al metro quadrato dell’immobile. Il comune, con apposita deliberazioni comunale, può modificare tale maggiorazione in aumento fino a 40 centesimi di euro al metro quadrato, anche graduandola in ragione della tipologia dell’immobile e della zona ove questo è ubicato.

Tuttavia la potestà che viene riconosciuta ai comuni dal comma 13 D.lgs. 201/2011 viene derogata, dall’art. 10, comma 1, lett. c) ed f) secondo cui per il solo anno 2013,la maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato è riservata allo Stato e non può essere aumentata dai comuni.

[11] Emesso in data 07 febbraio 2013.

[12] Il concetto è stato chiarito dall’art. 5 del prototipo di regolamento per l’istituzione e l’applicazione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, emesso dal Ministero dell’Economia e delle  Finanze , pubblicato il 7 febbraio 2013. Ad esempio, se un immobile è ubicato sul territorio di due comuni (la casistica relativa ai casi di immobili ubicati in due o piu’ comuni diversi non risulta molto diffusa) per determinare il comune sul cui territorio la superficie dell’immobile è prevalentemente ubicata, si deve tenere conto dell’intera superficie dello stesso, comprese le aree che, ai sensi del comma 4, art. 14, D.l. n. 201 del 2011, sono tassativamente escluse dalla tassazione, ossia le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili e le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del c.c., sempre che queste ultime non siano detenute o occupate in via esclusiva.

[13]La facoltà di determinare i soggetti attivi non rientra, ordinariamente, tra le potestà che sono riconosciute al comune (e alle province) dall’art. 52, comma 1, D.lgs. 446 del 1997, a cui la disciplina della TARES fa espressamente rinvio (art 14, comma 45, d.l. 201 del 2011). In particolare, ai sensi dell’art. 52, “Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti”.

[14] Si tratta di obbligazione solidale per cui tutti i soggetti responsabili con vincolo di solidarietà passiva sono tenuti alla medesima prestazione. L'adempimento da parte di uno dei debitori libera gli altri debitori. Con tale previsione si intende rafforzare il credito del soggetto attivo, in quanto il creditore ha la facoltà di chiedere l'adempimento dell'esatta prestazione ad uno qualunque dei debitori essendo tutti soggetti alla medesima obbligazione.

[15] In tal senso v. art. 14, comma 6, D.l. n. 201 del 2011.

[16] In tal senso v., art. 14, comma 7, D.l. n. 201 del 2011.

[17] All’inadempimento delle obbligazioni da parte del soggetto passivo, consegue l’applicazione delle sanzioni disposte dai commi 39 a 42, art. 14, D.l. 201 del 2011.

[18] Per chiarezza espositiva si intendono per:

- locali, le strutture infisse al suolo e chiuse da ogni lato (o su tre lati) verso l’esterno, seppur non conformi alle disposizioni urbanistico – edilizie.

- Aree scoperte, sia le superfici prive di edifici o di strutture edilizie, sia gli spazi circoscritti che non costituiscono locali (tettoie, balconi, terrazze, campeggi, dancing e cinema all’aperto, parcheggi)

- Utenze domestiche, le superfici adibite a civile abitazione

- Utenze non domestiche, le restanti superfici.

[19] Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato. Le presunzioni semplici, ai sensi dell’art. 2729 c.c. sono quelle che vengono lasciate al libero convincimento del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi precise e concordanti

[20] Mediante la prova contraria il contribuente può dimostrare che, nonostante possieda un immobile arredato o dotato di servizi, non ne usufruisca in alcun modo e non produca di fatto alcuna quantità di rifiuti. Si deve evidenziare che è sostenibile tesi avversa: il presupposto del tributo è costituito dalla “potenziale”, e non dalla “effettiva”, produzione di rifiuti. Pertanto, anche la dimostrazione circa la mancata produzione di rifiuti non esclude la tassazione in presenza di immobile “potenzialmente idoneo” a produrre rifiuti.

[21] In tal senso v. Corte di Cassazione, sent. n. 16785 del 2002; sent. n.  9920 del 2003; sent. n. 22770 del 2009; sent.. n. 1850 del 2010.

[22] In questo modo si potrebbe sostenere che il tributo diventerebbe una vera e propria imposta, a cui il soggetto passivo sarebbe obbligato a prescindere dalla fruizione del servizio di smaltimento dei rifiuti prodotti.

[23] Rientrano tra gli immobili a destinazione ordinaria le categorie catastali del gruppo A, B, e C. Tra gli immobili a destinazione ordinaria troviamo, ad esempio, le abitazioni, gli uffici pubblici, le scuole, le botteghe, i negozi, i fabbricati destinati ad attività sportive senza scopo di lucro.

[24] Comma inserito dall’art. 1, comma 387, lett. d) L. 24 dicembre 2012, n. 228.

[25] Questa attività si attua nell’ambito della cooperazione tra i comuni e l’Agenzia del territorio (ora assorbita sotto l’Agenzia delle Entrate). L’Agenzia delle Entrate ha emanato, in data 10 aprile 2013, le Regole tecniche relative alle modalità di interscambio tra l’Agenzia delle Entrate e i Comuni dei dati inerenti la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte nel catasto edilizio urbano, ai sensi dell’articolo 14, comma 9, d.l. 201 del 2011.

[26] Ossia per le unità immobiliari diverse da quelle a destinazione ordinaria iscritte o iscrivibili nel catasto edilizio urbano alle categorie D ed E. Tra le unità immobiliari a destinazione speciale rientrano i fabbricati o locali per l’esercizio di attività sportive con fini di lucro, teatri, cinema, case di cura, ospedali, ecc.

[27] Si intendono per rifiuti speciali, ai sensi dell’art. 184, comma 3, D.lgs. 152 del 2006:

a) i rifiuti di attività agricole e agro – industriali;

b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 186;

c) i rifiuti da lavorazioni industriali; fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, comma 1, lettera i);

d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e) i rifiuti da attività commerciali;

f) i rifiuti da attività di servizio;

g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimenti di fumi;

h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;

i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;

l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;

m) il combustibile derivato da rifiuti;

n) i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi.

[28]Allo smaltimento dei rifiuti speciali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori.

[29]Il comma 4 art. 14 d.l. n. 201 del 2011 è stato modificato dal comma 3 d.l. 35 del 2013. In origine la disposizione non prevedeva nulla in relazione alle aree scoperte pertinenziali e accessorie di locali diversi da quelli delle civili abitazioni.

[30]Fatta salva la disciplina relativa alle aree scoperte operative, poiché queste saranno soggette a tassazione. Ad esempio, il parcheggio adiacente ad un centro commerciale sarà calcolato come superficie tassabile.

[31] Nei casi in cui le aree condominiali siano detenute in via esclusiva sono soggette a tassazione e il tributo è dovuto, in via solidale, dagli occupanti o conduttori delle medesime.

[32] La tariffa è determinata ricomprendendo anche i costi di cui all’art. 15, d.l. 13 gennaio 2003, n. 36, ossia i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.

[33] Quanto detto serve a chiarire la bipartizione che determina l’importo poi addebitato al singolo utente, il quale è composto da due categorie di costi:

- costi fissi: tra i quali rientrano i costi di spazzamento e di lavaggio delle strade ed aree pubbliche; costi per attività di accertamento, riscossione e contenzioso; costi generali di gestione, tra cui almeno la metà del costo del personale; costi diversi; altri costi; costi d’uso del capitale;

- costi variabili: costi di raccolta e trasporto relativi ai rifiuti indifferenziati; costi di trattamento e smaltimento dei rifiuti indifferenziati; costi di raccolta differenziata per materiale; costi di trattamento e riciclo, al netto delle entrate dal recupero di materiali ed energia dai rifiuti.

I costi del servizio vengono definiti annualmente sulla scorta del Piano finanziario, degli interventi e della relazione illustrativa i quali vengono redatti dall’affidatario della gestione dei rifiuti urbani e poi approvati da specifica deliberazione del Consiglio comunale da adottare entro la data di approvazione del bilancio di previsione relativo alla stessa annualità[33].

[34] V., all. 1, tab. 1a e 1b, D.P.R. 158/1999 in cui si individuano sei categorie di utenze domestiche distinte in relazione al numero dei componenti del nucleo familiare. La prima categoria comprende le utenze domestiche con un solo componente, la seconda quelle con due componenti, la terza quelle con tre componenti, la quarta quelle con quattro componenti, la quinta quelle con cinque componenti e la sesta quelle con sei o più componenti. La tabella individua inoltre i coefficienti di adattamento (distinti tra NORD, CENTRO e SUD) determinati per superficie e numero di componenti del nucleo familiare , i quali sono applicati alle categorie di utenze domestiche.

[35] V., All. B del prototipo di Regolamento del MEF del 7 febbraio 2013, che riprende l’all. 1, tab. 3a e 3b, D.P.R. 158/1999 in cui, rispettivamente, si individuano le categorie di attività svolte nei comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti e quelle svolte nei comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti, nonché i coefficienti di potenziale produzione,(distinti tra NORD, CENTRO e SUD) i quali sono applicati alle categorie di utenze non domestiche, differenziate in relazione all’attività svolta.

[36] L’art. 4, D.P.R. 158/1999 disciplina “l’articolazione della tariffa” e dispone che:

“1. La tariffa, determinata ai sensi dell'articolo 3, è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica.

2. L'ente locale ripartisce tra le categorie di utenza domestica e non domestica l'insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa secondo criteri razionali, assicurando l'agevolazione per l'utenza domestica di cui all'articolo 49, comma 10, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

3. A livello territoriale la tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale, ed in particolare alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e qualità dei servizi da fornire, secondo modalità stabilite dal comune”..

[37] Il comma 17, art. 14, D.l. 201/2011 assicura solo alle utenze domestiche, la riduzione per la raccolta differenziata. Questa riduzione, secondo quanto dispone l’art. 7, D.P.R. 158/1999, deve essere applicata riducendo la parte variabile della tariffa per una quota determinata dall’ente locale, proporzionale ai risultati, singoli o collettivi, che vengono raggiunti dalle utenze in base alla raccolta differenziata conferita.

[38] L’ art.17 del prototipo di regolamento emesso dal MEF, individua la composizione del nucleo familiare che occupa le utenze domestiche il quale viene rapportato:

a) per le utenze condotte da soggetti che hanno nel comune la residenza anagrafica, di regola alle risultanze anagrafiche, eventualmente integrate da altre persone ivi dimoranti con una presenza significativa, che si ritiene non debba essere inferiore a sei mesi nell’anno solare, in analogia a quanto dispone l’art. 14, comma 6, D.l. 201/2011;

b) Per le altre utenze domestiche (seconde case), al dato indicato in sede di dichiarazione, o in difetto di questo, ad un numero stabilito forfettariamente ( eventualmente anche graduato in funzione della superficie) con possibilità di accertare un numero maggiore sulla base dei dati che vengono forniti dal comune di residenza;

c) Per le tipologie residuali, costituite da luoghi di deposito non pertinenziali ad abitazioni, stabilendo che in tal caso il numero degli occupanti è posto uguale a uno ( tuttavia sono possibili anche altre opzioni);

d) Per le ex abitazioni dei soggetti che hanno trasferito la propria residenza in strutture sanitarie o di ricovero, le quali risultano non locate o comunque utilizzate, fissando il numero degli occupanti in una unità;

e) Per le abitazioni occupate da più nuclei familiari, computando il numero complessivo degli occupanti.

Inoltre l’art. 17 prevede due alternative per i Comuni, i quali possono stabilire il numero degli occupanti delle utenze domestiche tenendo conto o del dato risultante al primo gennaio dell’anno di riferimento e per le nuove utenze, alla data di apertura delle stesse, oppure tenendo conto del dato risultante alla data di emissione dell’invito di pagamento.

[39] Salvo che non si tratti di aree scoperte pertinenziali o accessorie, le quali, ai sensi del comma 4, art. 14, D.l. 201 del 2011,  sono espressamente escluse dalla tassazione

[40] V., all. 1, punto 4.1. D.P.R. 158/1999, ove sono individuati i criteri di calcolo della parte fissa della tariffa per le utenze domestiche.

[41] V., all. 1, punto 4.2. D.P.R. 158/1999, ove sono individuati i criteri di calcolo della parte variabile della tariffa per le utenze domestiche.

[42] V., all. 1, punti 4.3 e 4.4., D.P.R. 158/1999, ove sono individuati i criteri di calcolo della parte fissa e della parte variabile della tariffa per le utenze non domestiche.

[43] La soglia massima della maggiorazione e’ di 0,40 euro per metro quadrato

[44] In particolare diversificando tra utenze domestiche e non domestiche o in relazione alle categorie di utilizzazione o alla tipologia catastale.

[45] Come determinato ai sensi dell’art. 2 D.lgs. n. 23 del 2011

[46] Come determinato ai sensi dell’art. 13 D.lgs. n. 23 del 2011

[47] Il taglio sui fondi statali come disposto dal comma 13 bis. D.l. n. 201 del 2011 ha natura compensativa in quanto a fronte di tale riduzioni vi è un aumento della TARES (il contribuente è tenuto a pagare una maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato).

[48] L’art. 33 bis, d.l. 248 del 2007  disciplina il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nei confronti delle istituzioni scolastiche, per cui “A decorrere dall'anno 2008, il Ministero della pubblica istruzione provvede a corrispondere direttamente ai comuni la somma concordata in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali nelle sedute del 22 marzo 2001 e del 6 settembre 2001, valutata in euro 38,734 milioni, quale importo forfetario complessivo per lo svolgimento, nei confronti delle istituzioni scolastiche statali, del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. I criteri e le modalità di corresponsione delle somme dovute ai singoli comuni, in proporzione alla consistenza della popolazione scolastica, sono concordati nell'ambito della predetta Conferenza. Al relativo onere si provvede nell'ambito della dotazione finanziaria del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. A decorrere dal medesimo anno 2008, le istituzioni scolastiche statali non sono più tenute a corrispondere ai comuni il corrispettivo del servizio di cui al citato articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Il Ministero della pubblica istruzione provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente comma, informando tempestivamente il Ministero dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi, di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati, ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della citata legge n. 468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al precedente periodo, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati di apposite relazioni illustrative”.

[49] Il tributo e la maggiorazione sono invece versati esclusivamente al comune. V. comma 35, art. 14 D.l. 201 del 2011, salvo quanto disposto, per la maggiorazione, per l’anno 2013 dall’art. 10, comma 2, D.l. n., 35 del 2013.