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La disciplina delle invenzioni nel rapporto di lavoro

Il tema delle invenzioni nel rapporto di lavoro sta assumendo sempre maggiore interesse, considerato il continuo riferimento alla ricerca della qualità e dell’innovazione quale strumento scelto dalle aziende per superare le crisi e sviluppare la competitività.

 

Il ricorso a dette scelte pone, di conseguenza, le parti del rapporto di lavoro di fronte alla necessità di individuare la titolarità dei diritti riferiti alle eventuali invenzioni.

 

L’invenzione per sua definizione è un originale concepimento (per lo più raggiunto con escogitazioni, studi, esperienze) di un oggetto, di un modello, di un sistema, d’interesse e utilità per la vita pratica. Lideazione di cose nuove e originali.

 

Nell’ambito del diritto del lavoro quindi l’interesse e l’utilità della “cosa nuova e originale” dovrà riferirsi alla specifica attività lavorativa del soggetto.

 

QUADRO NORMATIVO

 

Il nostro diritto oggettivo, in merito al tema trattato in queste righe, ha subito un’evoluzione dal R. D. 1939 n. 1127 passando per il D.p.r. 10/01/1957 n.3, che per troppo tempo ha retto l’onere regolatorio integrato solamente dalla giurisprudenza, fino al Codice della proprietà industriale introdotto dal D. Lgs. del 10 febbraio 2005, d’ora in poi CPI.

Quest’ultimo ha recepito ed ordinato la materia, a fronte di una sempre più marcata importanza del fenomeno “innovazione” e delle sfumature colte dai tribunali investiti dalle questioni.

 

IL VINCOLO DEL BREVETTO

 

Un’importante chiarimento è pervenuto dal CPI, relativamente alle invenzioni che possono essere prese in considerazione ai fini del riconoscimento dei diritti soggettivi alle parti. Ha infatti assunto importanza determinante il “brevetto”, il deposito del quale risulta conditio sine qua non per l’ottenimento della tutela da parte dell’attuale normativa.

 

Considerato infatti che molte attività dei lavoratori rischiavano di essere rivendicate quali invenzioni, pur non presentando alcun elemento innovativo, si è quindi reso necessario circoscrivere le stesse in modo da segnalare solamente quelle meritevoli di tutela.

 

LE TIPOLOGIE DI INVENZIONE MERITEVOLI DI TUTELA

 

Posto in ogni caso il brevetto quale requisito principe, si possono suddividere le tipologie di innovazione a seconda del momento della loro manifestazione e della loro attinenza alle mansioni svolte dal lavoratore dipendente in azienda.

 

  • Invenzioni di servizio art. 64 c.1 del CPI: Tali si verificano in quanto rientranti nella regolare attività del lavoratore, cioè nell’insieme delle mansioni ad esso affidate. La casistica, peraltro, non pare sempre di agevole definizione visti i mansionari dei CCNL che raramente includono le invenzioni tra le competenze. Pare utile quindi analizzare anche le eventuali clausole inserite nei contratti di livello inferiore, al fine di comprendere l’insieme delle attività rientranti nella sfera di competenza del lavoratore.  Tale valutazione potrebbe comunque non essere sufficiente, soprattutto nel caso in cui l’insieme delle mansioni affidate al lavoratore non trovi il proprio limite nelle clausole del contratto scritto. Le invenzioni di servizio non danno diritto ad alcun compenso supplettivo rispetto alla retribuzione corrente, posto che rientrando nelle mansioni sono comprese nel normale rapporto sinallagmatico lavoro/retribuzione. Lo sfruttamento di tali invenzioni, nonché i diritti patrimoniali connessi, spettano al datore di lavoro. Il lavoratore mantiene comunque il diritto soggettivo, in questo caso meramente morale, di vedersi attribuita la paternità dell’invenzione

  • Invenzioni aziendali ed equo indennizzo art. 64 c.2 del CPI: Le invenzioni aziendali sono quelle che non rientrano nelle mansioni contrattualmente previste dal lavoratore, ma che assumono valore qualora si manifestino nel corso della regolare attività svolta presso il datore di lavoro. Dobbiamo considerare inoltre come ricadano in questa casistica anche i brevetti richiesti entro un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro. Dette invenzioni risultano essere di proprietà del datore di lavoro, salvo l’obbligo dello stesso a corrispondere un equo indennizzo (o specifica retribuzione) per lo sfruttamento dei diritti relativi alle stesse. Nel periodo disciplinato dal R. D. 1127/1939, la difficoltà di determinare l’equo indennizzo aveva provocato un dibattito dottrinale relativamente all’organo competente a determinarne la misura in caso di disaccordo tra le parti. Tale dibattito è stato risolto in via principale dalla Corte Cost. (sentenza 177/1977) e successivamente dal CPI all’art.64, commi 4-5, ove è stato avocato ad un collegio di “arbitratori” il quantum debeatur, mentre per ciò che riguarda l’an debeatur ed il quantum debeatur in caso di impugnazione, la competenza spetta all’autorità giudiziaria ordinaria. Chiaramente al fine di una corretta determinazione dello stesso, risulta necessario detrarre gli eventuali contributi ricevuti dal datore di lavoro per la realizzazione del quid novi.

  • Invenzioni occasionali art. 64 c.3 del CPI: tale categoria residuale comprende tutte le invenzioni del lavoratore in ambito extralavorativo ma ricompresse sempre “nel campo di attività” del datore di lavoro. Di fronte a tali invenzioni la nuova normativa rafforza il diritto del datore di lavoro, il quale vede trasformarsi il precedente diritto di prelazione in diritto di opzione. Resta inteso che in questo caso il lavoratore, destinatario di tutti i diritti sulla scoperta, si troverà obbligato a contrarre con il datore di lavoro, anche se questi offra un compenso inferiore a quello eventualmente ricavabile dal libero mercato, inteso comunque che ci si debba riferire almeno all’equo indennizzo come sopra descritto. Tale obbligo è integrato dai vincoli in materia di concorrenza, rientranti nell’ampia accezione di fedeltà nei confronti del datore di lavoro (non quindi il divieto di concorrenza specifica richiedibile solo a fronte di quanto previsto dall’art. 2125 c.c.). La criticità di tale previsione si estrinseca semmai nella ardua definizione di alcune invenzioni che, essendo estranee al rapporto di lavoro, non sempre risulta agevole identificare quali rientranti o meno nell’attività tipica. Qualche dubbio permane in caso di lavoratore occupato presso più datori nel medesimo ambito di attività (ove possibile), quale di questi risulterà destinatario dell’obbligo di contrarre?

 

LE INVENZIONI IN CAMPO UNIVERSITARIO

 

Estranee alla disciplina generale sopra descritta, risultano essere le invenzioni in ambito universitario, siano queste svolte da professori o ricercatori.

Tali rapporti di lavoro presentano caratteristiche particolari, proprio in quanto legati ad un’attività tipicamente rivolta alla ricerca ed all’innovazione. In questo caso la disciplina si pone come obiettivo quello di incentivare la ricerca scientifica, sviluppando due tipologie di tutela.

In via principale per mezzo del riconoscimento della titolarità dell’invenzione brevettabile al ricercatore/professore, oltre alla fruizione da parte dello stesso dei relativi diritti che ne conseguono.

In questa situazione l’università conserva il diritto, nel termine di cinque anni dalla concessione del brevetto, di sfruttare gratuitamente l’invenzione e i diritti connessi, considerati però in via non esclusiva. Questo sarà possibile atteso l’obbligo “morale” in carico al ricercatore/professore, di avvisare l’università dell’avviamento della procedura di brevettazione.

In via secondaria nell’ipotesi di “ricerca vincolata” innescata cioè da finanziamenti, da parte di soggetti pubblici o privati, saranno gli stessi a conservare il diritto allo sfruttamento ed alla titolarità dei brevetti scaturenti.

 

IL REGIME FISCALE E CONTRIBUTIVO APPLICABILE AI COMPENSI LEGATI ALLE INVENZIONI DEL LAVORATORE

 

Per valutare l’imponibilità fiscale delle somme corrisposte a titolo di sfruttamento del brevetto, dobbiamo necessariamente riprendere i concetti sopra descritti, ricordando che possono verificarsi diverse situazioni qualificate, sotto il profilo fiscale, in modo differente.

  • Invenzioni di servizio art. 64 c.1 del CPI: in questo caso l’invenzione rientra in toto nell’obbligazione legata al rapporto sinallagmatico. Non risulta individuabile la parte di retribuzione dedicata all’invenzione, in quanto il compenso globale erogato dal datore di lavoro si relaziona all’insieme delle mansioni a questo affidate. Pertanto non si presenta il problema di imponibilità di somma alcuna.

  • Invenzioni aziendali ed il tema dell’equo indennizzo art. 64 c.2 del CPI: in questa situazione viene erogato un equo premio o una retribuzione dedicata. La particolarità di dette somme, non esime le stesse dall’imponibilità sia fiscale che contributiva quali reddito da lavoro dipendente. Si verifica infatti la corresponsione di un importo straordinario in forza di una controprestazione straordinaria, legata comunque al rapporto di lavoro in essere.

  • Invenzioni occasionali art. 64 c.3 del CPI: Anche in tale situazione al momento dell’esercizio dell’opzione si verifica la corresponsione di una somma. Tale erogazione sembra potersi assimilare all’equo premio sopra descritto, con la relativa imponibilità prevista.



Il tema delle invenzioni nel rapporto di lavoro sta assumendo sempre maggiore interesse, considerato il continuo riferimento alla ricerca della qualità e dell’innovazione quale strumento scelto dalle aziende per superare le crisi e sviluppare la competitività.

 

Il ricorso a dette scelte pone, di conseguenza, le parti del rapporto di lavoro di fronte alla necessità di individuare la titolarità dei diritti riferiti alle eventuali invenzioni.

 

L’invenzione per sua definizione è un originale concepimento (per lo più raggiunto con escogitazioni, studi, esperienze) di un oggetto, di un modello, di un sistema, d’interesse e utilità per la vita pratica. Lideazione di cose nuove e originali.

 

Nell’ambito del diritto del lavoro quindi l’interesse e l’utilità della “cosa nuova e originale” dovrà riferirsi alla specifica attività lavorativa del soggetto.

 

QUADRO NORMATIVO

 

Il nostro diritto oggettivo, in merito al tema trattato in queste righe, ha subito un’evoluzione dal R. D. 1939 n. 1127 passando per il D.p.r. 10/01/1957 n.3, che per troppo tempo ha retto l’onere regolatorio integrato solamente dalla giurisprudenza, fino al Codice della proprietà industriale introdotto dal D. Lgs. del 10 febbraio 2005, d’ora in poi CPI.

Quest’ultimo ha recepito ed ordinato la materia, a fronte di una sempre più marcata importanza del fenomeno “innovazione” e delle sfumature colte dai tribunali investiti dalle questioni.

 

IL VINCOLO DEL BREVETTO

 

Un’importante chiarimento è pervenuto dal CPI, relativamente alle invenzioni che possono essere prese in considerazione ai fini del riconoscimento dei diritti soggettivi alle parti. Ha infatti assunto importanza determinante il “brevetto”, il deposito del quale risulta conditio sine qua non per l’ottenimento della tutela da parte dell’attuale normativa.

 

Considerato infatti che molte attività dei lavoratori rischiavano di essere rivendicate quali invenzioni, pur non presentando alcun elemento innovativo, si è quindi reso necessario circoscrivere le stesse in modo da segnalare solamente quelle meritevoli di tutela.

 

LE TIPOLOGIE DI INVENZIONE MERITEVOLI DI TUTELA

 

Posto in ogni caso il brevetto quale requisito principe, si possono suddividere le tipologie di innovazione a seconda del momento della loro manifestazione e della loro attinenza alle mansioni svolte dal lavoratore dipendente in azienda.

 

  • Invenzioni di servizio art. 64 c.1 del CPI: Tali si verificano in quanto rientranti nella regolare attività del lavoratore, cioè nell’insieme delle mansioni ad esso affidate. La casistica, peraltro, non pare sempre di agevole definizione visti i mansionari dei CCNL che raramente includono le invenzioni tra le competenze. Pare utile quindi analizzare anche le eventuali clausole inserite nei contratti di livello inferiore, al fine di comprendere l’insieme delle attività rientranti nella sfera di competenza del lavoratore.  Tale valutazione potrebbe comunque non essere sufficiente, soprattutto nel caso in cui l’insieme delle mansioni affidate al lavoratore non trovi il proprio limite nelle clausole del contratto scritto. Le invenzioni di servizio non danno diritto ad alcun compenso supplettivo rispetto alla retribuzione corrente, posto che rientrando nelle mansioni sono comprese nel normale rapporto sinallagmatico lavoro/retribuzione. Lo sfruttamento di tali invenzioni, nonché i diritti patrimoniali connessi, spettano al datore di lavoro. Il lavoratore mantiene comunque il diritto soggettivo, in questo caso meramente morale, di vedersi attribuita la paternità dell’invenzione

  • Invenzioni aziendali ed equo indennizzo art. 64 c.2 del CPI: Le invenzioni aziendali sono quelle che non rientrano nelle mansioni contrattualmente previste dal lavoratore, ma che assumono valore qualora si manifestino nel corso della regolare attività svolta presso il datore di lavoro. Dobbiamo considerare inoltre come ricadano in questa casistica anche i brevetti richiesti entro un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro. Dette invenzioni risultano essere di proprietà del datore di lavoro, salvo l’obbligo dello stesso a corrispondere un equo indennizzo (o specifica retribuzione) per lo sfruttamento dei diritti relativi alle stesse. Nel periodo disciplinato dal R. D. 1127/1939, la difficoltà di determinare l’equo indennizzo aveva provocato un dibattito dottrinale relativamente all’organo competente a determinarne la misura in caso di disaccordo tra le parti. Tale dibattito è stato risolto in via principale dalla Corte Cost. (sentenza 177/1977) e successivamente dal CPI all’art.64, commi 4-5, ove è stato avocato ad un collegio di “arbitratori” il quantum debeatur, mentre per ciò che riguarda l’an debeatur ed il quantum debeatur in caso di impugnazione, la competenza spetta all’autorità giudiziaria ordinaria. Chiaramente al fine di una corretta determinazione dello stesso, risulta necessario detrarre gli eventuali contributi ricevuti dal datore di lavoro per la realizzazione del quid novi.

  • Invenzioni occasionali art. 64 c.3 del CPI: tale categoria residuale comprende tutte le invenzioni del lavoratore in ambito extralavorativo ma ricompresse sempre “nel campo di attività” del datore di lavoro. Di fronte a tali invenzioni la nuova normativa rafforza il diritto del datore di lavoro, il quale vede trasformarsi il precedente diritto di prelazione in diritto di opzione. Resta inteso che in questo caso il lavoratore, destinatario di tutti i diritti sulla scoperta, si troverà obbligato a contrarre con il datore di lavoro, anche se questi offra un compenso inferiore a quello eventualmente ricavabile dal libero mercato, inteso comunque che ci si debba riferire almeno all’equo indennizzo come sopra descritto. Tale obbligo è integrato dai vincoli in materia di concorrenza, rientranti nell’ampia accezione di fedeltà nei confronti del datore di lavoro (non quindi il divieto di concorrenza specifica richiedibile solo a fronte di quanto previsto dall’art. 2125 c.c.). La criticità di tale previsione si estrinseca semmai nella ardua definizione di alcune invenzioni che, essendo estranee al rapporto di lavoro, non sempre risulta agevole identificare quali rientranti o meno nell’attività tipica. Qualche dubbio permane in caso di lavoratore occupato presso più datori nel medesimo ambito di attività (ove possibile), quale di questi risulterà destinatario dell’obbligo di contrarre?

 

LE INVENZIONI IN CAMPO UNIVERSITARIO

 

Estranee alla disciplina generale sopra descritta, risultano essere le invenzioni in ambito universitario, siano queste svolte da professori o ricercatori.

Tali rapporti di lavoro presentano caratteristiche particolari, proprio in quanto legati ad un’attività tipicamente rivolta alla ricerca ed all’innovazione. In questo caso la disciplina si pone come obiettivo quello di incentivare la ricerca scientifica, sviluppando due tipologie di tutela.

In via principale per mezzo del riconoscimento della titolarità dell’invenzione brevettabile al ricercatore/professore, oltre alla fruizione da parte dello stesso dei relativi diritti che ne conseguono.

In questa situazione l’università conserva il diritto, nel termine di cinque anni dalla concessione del brevetto, di sfruttare gratuitamente l’invenzione e i diritti connessi, considerati però in via non esclusiva. Questo sarà possibile atteso l’obbligo “morale” in carico al ricercatore/professore, di avvisare l’università dell’avviamento della procedura di brevettazione.

In via secondaria nell’ipotesi di “ricerca vincolata” innescata cioè da finanziamenti, da parte di soggetti pubblici o privati, saranno gli stessi a conservare il diritto allo sfruttamento ed alla titolarità dei brevetti scaturenti.

 

IL REGIME FISCALE E CONTRIBUTIVO APPLICABILE AI COMPENSI LEGATI ALLE INVENZIONI DEL LAVORATORE

 

Per valutare l’imponibilità fiscale delle somme corrisposte a titolo di sfruttamento del brevetto, dobbiamo necessariamente riprendere i concetti sopra descritti, ricordando che possono verificarsi diverse situazioni qualificate, sotto il profilo fiscale, in modo differente.

  • Invenzioni di servizio art. 64 c.1 del CPI: in questo caso l’invenzione rientra in toto nell’obbligazione legata al rapporto sinallagmatico. Non risulta individuabile la parte di retribuzione dedicata all’invenzione, in quanto il compenso globale erogato dal datore di lavoro si relaziona all’insieme delle mansioni a questo affidate. Pertanto non si presenta il problema di imponibilità di somma alcuna.

  • Invenzioni aziendali ed il tema dell’equo indennizzo art. 64 c.2 del CPI: in questa situazione viene erogato un equo premio o una retribuzione dedicata. La particolarità di dette somme, non esime le stesse dall’imponibilità sia fiscale che contributiva quali reddito da lavoro dipendente. Si verifica infatti la corresponsione di un importo straordinario in forza di una controprestazione straordinaria, legata comunque al rapporto di lavoro in essere.

  • Invenzioni occasionali art. 64 c.3 del CPI: Anche in tale situazione al momento dell’esercizio dell’opzione si verifica la corresponsione di una somma. Tale erogazione sembra potersi assimilare all’equo premio sopra descritto, con la relativa imponibilità prevista.