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Lavorare all’estero da dipendente: l’erario italiano bussa alla porta

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Abstract

Per evitare che l’Amministrazione finanziaria bussi alla porta di un contribuente residente in Italia che presta l’attività da dipendente all’estero occorre prestare le dovute attenzioni sia alla fiscalità domestica che a quella convenzionale internazionale: accade che, pur in presenza di norme convenzionali contro la doppia imposizione che prevalgono sulle  disposizioni fiscali interne, il reddito imponibile derivante da attività di lavoro subordinato svolta stabilmente al di fuori del territorio dello Stato, da un soggetto residente nello Stato, subisca una tassazione concorrente e venga determinato, in deroga ai criteri ordinari-analitici e in via definitiva, sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con apposito decreto a prescindere dal reddito effettivamente erogato dal datore di lavoro.

 

Indice:

1. Reddito di lavoro dipendente svolto all’estero

2. Tassazione concorrente e tassazione esclusiva

3. L’erario italiano bussa alla porta

4. Spunti conclusivi

 

1. Reddito di lavoro dipendente svolto all’estero

Approcciando alla normativa domestica ci si imbatte nell’articolo 51, comma 8-bis) del TUIR che prevede, in deroga alle disposizioni che impongono la determinazione analitica dei redditi di  lavoro  dipendente, che il reddito derivante dall'attività prestata all'estero, in via continuativa e come  oggetto esclusivo del rapporto di  lavoro, da dipendenti fiscalmente residenti in Italia che nell'arco  di dodici mesi soggiornano in un Paese straniero per un periodo superiore a 183 giorni, debba essere determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali: ciò avviene pure in presenza di accordi tra Stati per evitare le doppie imposizioni che non stabiliscano una tassazione esclusiva bensì una imposizione concorrente.

La tassazione domestica sulla base delle retribuzioni convenzionali può essere applicata solamente in presenza di specifiche condizioni:

  • il lavoratore dipendente è fiscalmente residente in Italia e, quindi, per la maggior parte del periodo d’imposta è iscritto nelle anagrafi della popolazione residente, ha nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile;
  • l’attività di lavoro prestata è svolta all’estero in via continuativa, e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, in base ad uno specifico contratto per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi. Il periodo da considerare non necessariamente deve risultare continuativo essendo sufficiente che il lavoratore presti la propria opera all'estero per un minimo di 183 giorni nell'arco di dodici mesi che possono differire rispetto al periodo d’imposta.

Per chiarire, un lavoratore che ha prestato la propria attività all’estero dall’agosto 2018 al febbraio 2020 può determinare il proprio reddito di fonte estera sulla base delle retribuzioni convenzionali sia per il periodo d’imposta 2019 che per il periodo 2020 precisando che il conteggio dei 183 giorni di permanenza del lavoratore all'estero include il periodo di ferie, le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi.

Per quanto fin qui scritto, ai fini della determinazione della base imponibile relativa all'attività prestata all'estero, si deve fare riferimento alla retribuzione convenzionale prescindendo dall’emolumento effettivamente corrisposto dal datore di lavoro e da eventuali benefits riconosciuti al dipendente.

 

2. Tassazione concorrente e tassazione esclusiva

Questa determinazione convenzionale “in deroga” del reddito tassabile da lavoro dipendente all’estero non trova applicazione qualora il contribuente presti la propria attività lavorativa in uno Stato con il quale l'Italia ha stipulato un accordo per evitare le doppie imposizioni, e lo stesso preveda per il reddito di lavoro dipendente la tassazione esclusiva nel Paese estero (“soltanto in detto Stato”): in questo caso, la normativa della convenzione prevale sulle disposizioni fiscali interne favorendo una tassazione esclusiva in un solo Stato (di produzione del reddito) e l’avverbio che connota la tassazione esclusiva convenzionale è “soltanto”.

Diversamente, se il residente fiscale italiano presta la propria attività lavorativa in uno Stato il cui accordo per evitare le doppie imposizioni stipulato con l’Italia preveda, per il reddito di lavoro dipendente, la tassazione concorrente si avrà, una prima tassazione dello Stato di produzione del reddito (ad esempio: Austria, Germania, Danimarca, Federazione Russa) e una tassazione definitiva nello Stato di residenza del lavoratore dipendente (Italia).

 

3. L’Erario italiano bussa alla porta

Il regime della tassazione concorrente altro non è che la doppia imposizione fiscale sui redditi prodotti in altro Stato estero da un lavoratore residente nello Stato (e quindi nel nostro caso in Italia) mitigata dal foreign tax credit e prevale in quasi tutti gli accordi convenzionali stipulati con l’Italia mentre la tassazione esclusiva rappresenta un’eccezione nel sistema convenzionale internazionale: nel modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni l’Italia ha scelto il metodo del credito d’imposta (alternativo a quello dell’esenzione) al fine di sanare la doppia imposizione che tipicamente si verifica tra Stato di produzione del reddito estero e Stato della residenza del soggetto che lo percepisce e tale credito potrà essere utilizzato solamente quando le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo e, quindi, irripetibili

Per meglio chiarire la contrapposizione tra tassazione concorrente o esclusiva, caliamo l’attenzione sull’articolo 15 della Convenzione OCSE ove si stabilisce che le retribuzioni percepite da una persona residente in uno Stato (Italia) per il lavoro svolto in un altro Stato (UK), sono sottoposte a tassazione “anche” in quest'ultimo, a condizione che il datore di lavoro sia residente in questo Stato e che l'interessato soggiorni per più di 183 giorni durante il periodo d’imposta considerato: questa fattispecie è rappresentativa del regime della tassazione concorrente sulla base del quale il reddito estero subirà una prima tassazione nello Stato di produzione (UK) e successivamente verrà tassato definitivamente nello Stato di residenza del lavoratore (Italia) con il recapture delle imposte pagate all’estero ai sensi dell’articolo 165 del TUIR e l’Erario italiano busserà alla porta del contribuente italiano pretendendo la tassazione definitiva del reddito di fonte estera.

 

4. Spunti conclusivi

Per evitare questa posizione debitoria erariale il residente fiscale italiano che, presta o ha prestato attività di lavoro dipendente all’estero per più di 183 giorni (Francia) in un sistema convenzionale ove vige il regime di tassazione concorrente, deve verificare la sussistenza di determinati requisiti e seguire una precisa procedura:

  • possesso della residenza fiscale italiana
  • attività da lavoro dipendente svolta all’estero con soggiorno superiore a 183 giorni
  • tassazione del reddito nello Stato di produzione (Francia) con assoggettamento ad imposte sui redditi
  • tassazione del reddito di fonte estera nello Stato di residenza (Italia) con la compilazione del quadro RC del modello REDDITI PF sulla base delle retribuzioni convenzionali
  • recapture delle imposte estere definitive mediante credit tax articolo 165 del TUIR compilando il quadro CR del modello REDDITI PF