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Le clausole limitative della responsabilità nel contratto d’appalto

Si premettono alcuni cenni generali sulla responsabilità del debitore per inadempimento delle obbligazioni al fine di evidenziare l’ambito di incidenza delle clausole limitative della responsabilità medesima.

Dall’art. 1218 all’art. 1229 il codice civile disciplina la materia dell’inadempimento delle obbligazioni, prevedendo norme specifiche in relazione alla identificazione delle ipotesi di responsabilità e della conseguente necessità di risarcimento del danno da parte del debitore inadempiente.

A norma dell’art. 1218 è responsabile il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, incorrendo quindi nell’obbligo del risarcimento del danno, sempre che l’inadempimento non sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Il criterio della non imputabilità della causa dell’inadempimento rappresenta quindi il primo criterio di esclusione della responsabilità, sul quale è di conseguenza possibile modellare una clausola contrattuale di limitazione della responsabilità (identificazione dell’ambito delle cause non imputabili nell’esecuzione del contratto di specie ed allargamento di tale ambito). Tale primo criterio rinvia necessariamente al principio della colpevolezza nella causazione dell’inadempimento ossia alla volontà del debitore di sottrarsi ingiustamente alla prestazione dovuta, che nelle obbligazioni che prevedono un facere specifico si traduce nel non aver adempiuto usando la diligenza del buon padre di famiglia, comportando tale requisito una conseguente graduazione della colpa in relazione alla natura della prestazione.

Il secondo criterio che troviamo nel codice civile in relazione alla limitazione della responsabilità del debitore è quello contenuto nell’art. 1225 c.c, secondo il quale, se l’inadempimento non dipende da dolo, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione. Quindi il criterio della prevedibilità, è da intendersi riferito anche in questo caso alla serie causale collegata all’inadempimento ma, a differenza della serie causale della imputabilità, non è quella che ha originato l’inadempimento ma, quella posteriore, originata dall’inadempimento, come si evince da Cass. 23/5/1972 n. 1600.

I due criteri si pongono su piani differenti anche in relazione all’ambito sul quale incidono: quello della imputabilità incide sulla valutazione di generica possibilità di ottenimento del risarcimento, quello di prevedibilità su di una valutazione di proporzionalità della sanzione risarcitoria alla lesione subita (Cass. 11/10/1983 n. 5896).

Il terzo criterio è un criterio misto in quanto non enunciato espressamente ma facendo riferimento ad una condizione: l’art. 1227 enuncia, infatti, che se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Il criterio trova comunque un’espressa enunciazione in quanto la norma detta un principio generale nella considerazione di una regola di causalità per cui la esistenza di una responsabilità nella provocazione del danno, e l’obbligo di risarcimento, sono valutati in relazione alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

La differenza che tale criterio presenta con gli altri due prima enunciati consiste principalmente nel fatto che, in relazione a tale criterio, il giudizio, la valutazione della colpa e dei danni sono postumi ed inoltre non prevede una esclusione ma una diminuzione del risarcimento.

Ciascuno dei criteri può essere utilizzato per configurare una limitazione di responsabilità del debitore, limitando l’ambito degli eventi imputabili, di ciò che è prevedibile, della classificazione di ciò che rappresenta effetto negativo del comportamento del debitore, con il rispetto della norma di cui all’art. 1341 c.c., per quanto attiene alla forma contrattuale.

Applicando questi criteri al contratto d’appalto, tuttavia, l’ambito delle limitazioni di responsabilità che sono ammesse in relazione ad un comportamento secondo buona fede del contratto, è limitato dalla natura medesima del contratto d’appalto, avente ad oggetto solitamente l’esecuzione della prestazione mediante l’esercizio di un’attività d’impresa.

Vi sono tre ordini di motivi, di natura giuridica, per cui le limitazioni della responsabilità contrattuale in un contratto d’appalto seguono un regime maggiormente restrittivo:

1) la considerazione del fatto che l’attività d’impresa comporta l’assunzione di un rischio a carico dell’appaltatore, elemento, questo, che dilata l’ambito della prevedibilità del danno; anche per Cass. Civ. Sez.I 5/4/2005 n. 7081 la prevedibilità dell’evento deve essere valutata in relazione alla natura della prestazione e con riferimento alla natura ed all’ambito della sfera di controllo del debitore. La considerazione della natura di professionista di una parte del contratto viene considerata in senso restrittivo per l’autonomia contrattuale anche dall’art. 1469 bis (clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore). Il motivo dell’allargamento dell’ambito dei danni prevedibili risiede nel fatto che grava sull’appaltatore imprenditore non soltanto il rischio connesso alla semplice esecuzione della prestazione, ma anche i rischi riguardanti l’esercizio di una determinatà attività necessaria al fine di eseguire la prestazione

2) il fatto che l’attività necessaria all’esecuzione della prestazione richieda l’impiego di ausiliari, incide sulla valutazione del criterio della imputabilità; il criterio della imputazione soggettiva viene modificato in conseguenza del fatto che possono imputarsi all’appaltatore i fatti compiuti da coloro che sono inseriti nella sua organizzazione, della quale l’appaltatore medesimo si serve per svolgere la prestazione.

3)infine l’applicabilità del terzo criterio passa attraverso la considerazione della valutazione della gravità, indiscutibile, di un comportamento contrattuale che interrompe l’esecuzione di una prestazione continuata, valutazione in conseguenza della quale l’entità del risarcimento non può essere al di sotto di una certa soglia.

L’art. 1223 c.c. indica il contenuto del risarcimento del danno (perdita subita e mancato guadagno): l’entità del risarcimento che risulta essere risarcibile è quella che risulta essere conseguenza immediata e diretta dell’inadempienza.

Il principio espresso nel codice è quello per cui al creditore deve essere restituita la situazione economica nella quale si sarebbe trovato se il fatto illecito non si fosse verificato (Cass. 16/6/1969 n. 2145); nel contratto d’appalto gli effetti della inadempienza, in relazione ai quali è necessario ristabilire tale equilibrio, non si intendono estesi solo a quello che costituisce “effetto normale” dell’inadempienza, ossia l’effetto che rientra nelle ordinarie conseguenze dell’illecito secondo il criterio della regolarità causale, ma anche a quanto è ricompreso nell’alèa a carico dell’appaltatore. Nel caso di un contratto d’appalto per la prestazione di servizi di pulizia, la funzione riparatrice del risarcimento, per il caso di mancata pulizia, non si estende solo alla valutazione del danno derivante direttamente dall’omissione, ma a tutti quei danni che sono conseguenza immediata e diretta del cattivo funzionamento dell’attività imprenditoriale (organizzazione aziendale, gestione dei dipendenti), che doveva servire alla diligente esecuzione della prestazione.

Quanto affermato comporta, nel contratto d’appalto, una dilatazione dell’ambito dei danni diretti risarcibili in virtù del criterio della risarcibilità dell’intero pregiudizio.

L’art. 1228 c.c. indica un altro motivo di inapplicabilità della limitazione di responsabilità a favore dell’appaltatore collegato al fatto che l’appaltatore, nell’adempimento dell’obbligazione, si avvale sempre dell’opera di terzi.

Ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’appaltatore è sufficiente che venga accertato il nesso di causalità tra l’opera dell’ausiliario e l’obbligo del soggetto tenuto alla prestazione nel senso di una riconducibilità, nell’ambito dell’esecuzione della prestazione, dell’opera svolta dall’ausiliario (Cass. 11/5/1995 n. 5150), allargando e modificando, in questo modo, l’ambito di imputabilità del fatto illecito dell’ausiliario in capo all’appaltatore.

Riferimenti giurisprudenziali:

1.Cassazione 23.5.1972 n.1600: contratto di comodato, restituzione con ritardo, causa del ritardo (incidente) giudicata assolutamente imprevedibile

2.Cassazione 11.1.1983 n. 5896: danno sofferto da agenti di commercio sotto forma di riduzione del trattamento pensionistico, omesso versamento di contributi per il periodo antecedente al D.M. istitutivo del trattamento, esclusa la risarcibilità

3.Cassazione Civile Sezione I 5.4.2005 n. 7081

4.Cassazione 16.6.1969 n. 2145: ne consegue che la somma liquidata a titolo di risarcimento deve essere equivalente all’effettivo valore dell’utilità perduta.

5.Cassazione 11.5.1995 n. 5150: dipendente dimissionario di una società, agisce in nome e per conto della società per cui lavorava, effettuando alcune operazioni commerciali, causa perdita della merce, la società è ritenuta responsabile del fatto.

Si premettono alcuni cenni generali sulla responsabilità del debitore per inadempimento delle obbligazioni al fine di evidenziare l’ambito di incidenza delle clausole limitative della responsabilità medesima.

Dall’art. 1218 all’art. 1229 il codice civile disciplina la materia dell’inadempimento delle obbligazioni, prevedendo norme specifiche in relazione alla identificazione delle ipotesi di responsabilità e della conseguente necessità di risarcimento del danno da parte del debitore inadempiente.

A norma dell’art. 1218 è responsabile il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, incorrendo quindi nell’obbligo del risarcimento del danno, sempre che l’inadempimento non sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Il criterio della non imputabilità della causa dell’inadempimento rappresenta quindi il primo criterio di esclusione della responsabilità, sul quale è di conseguenza possibile modellare una clausola contrattuale di limitazione della responsabilità (identificazione dell’ambito delle cause non imputabili nell’esecuzione del contratto di specie ed allargamento di tale ambito). Tale primo criterio rinvia necessariamente al principio della colpevolezza nella causazione dell’inadempimento ossia alla volontà del debitore di sottrarsi ingiustamente alla prestazione dovuta, che nelle obbligazioni che prevedono un facere specifico si traduce nel non aver adempiuto usando la diligenza del buon padre di famiglia, comportando tale requisito una conseguente graduazione della colpa in relazione alla natura della prestazione.

Il secondo criterio che troviamo nel codice civile in relazione alla limitazione della responsabilità del debitore è quello contenuto nell’art. 1225 c.c, secondo il quale, se l’inadempimento non dipende da dolo, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione. Quindi il criterio della prevedibilità, è da intendersi riferito anche in questo caso alla serie causale collegata all’inadempimento ma, a differenza della serie causale della imputabilità, non è quella che ha originato l’inadempimento ma, quella posteriore, originata dall’inadempimento, come si evince da Cass. 23/5/1972 n. 1600.

I due criteri si pongono su piani differenti anche in relazione all’ambito sul quale incidono: quello della imputabilità incide sulla valutazione di generica possibilità di ottenimento del risarcimento, quello di prevedibilità su di una valutazione di proporzionalità della sanzione risarcitoria alla lesione subita (Cass. 11/10/1983 n. 5896).

Il terzo criterio è un criterio misto in quanto non enunciato espressamente ma facendo riferimento ad una condizione: l’art. 1227 enuncia, infatti, che se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Il criterio trova comunque un’espressa enunciazione in quanto la norma detta un principio generale nella considerazione di una regola di causalità per cui la esistenza di una responsabilità nella provocazione del danno, e l’obbligo di risarcimento, sono valutati in relazione alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

La differenza che tale criterio presenta con gli altri due prima enunciati consiste principalmente nel fatto che, in relazione a tale criterio, il giudizio, la valutazione della colpa e dei danni sono postumi ed inoltre non prevede una esclusione ma una diminuzione del risarcimento.

Ciascuno dei criteri può essere utilizzato per configurare una limitazione di responsabilità del debitore, limitando l’ambito degli eventi imputabili, di ciò che è prevedibile, della classificazione di ciò che rappresenta effetto negativo del comportamento del debitore, con il rispetto della norma di cui all’art. 1341 c.c., per quanto attiene alla forma contrattuale.

Applicando questi criteri al contratto d’appalto, tuttavia, l’ambito delle limitazioni di responsabilità che sono ammesse in relazione ad un comportamento secondo buona fede del contratto, è limitato dalla natura medesima del contratto d’appalto, avente ad oggetto solitamente l’esecuzione della prestazione mediante l’esercizio di un’attività d’impresa.

Vi sono tre ordini di motivi, di natura giuridica, per cui le limitazioni della responsabilità contrattuale in un contratto d’appalto seguono un regime maggiormente restrittivo:

1) la considerazione del fatto che l’attività d’impresa comporta l’assunzione di un rischio a carico dell’appaltatore, elemento, questo, che dilata l’ambito della prevedibilità del danno; anche per Cass. Civ. Sez.I 5/4/2005 n. 7081 la prevedibilità dell’evento deve essere valutata in relazione alla natura della prestazione e con riferimento alla natura ed all’ambito della sfera di controllo del debitore. La considerazione della natura di professionista di una parte del contratto viene considerata in senso restrittivo per l’autonomia contrattuale anche dall’art. 1469 bis (clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore). Il motivo dell’allargamento dell’ambito dei danni prevedibili risiede nel fatto che grava sull’appaltatore imprenditore non soltanto il rischio connesso alla semplice esecuzione della prestazione, ma anche i rischi riguardanti l’esercizio di una determinatà attività necessaria al fine di eseguire la prestazione

2) il fatto che l’attività necessaria all’esecuzione della prestazione richieda l’impiego di ausiliari, incide sulla valutazione del criterio della imputabilità; il criterio della imputazione soggettiva viene modificato in conseguenza del fatto che possono imputarsi all’appaltatore i fatti compiuti da coloro che sono inseriti nella sua organizzazione, della quale l’appaltatore medesimo si serve per svolgere la prestazione.

3)infine l’applicabilità del terzo criterio passa attraverso la considerazione della valutazione della gravità, indiscutibile, di un comportamento contrattuale che interrompe l’esecuzione di una prestazione continuata, valutazione in conseguenza della quale l’entità del risarcimento non può essere al di sotto di una certa soglia.

L’art. 1223 c.c. indica il contenuto del risarcimento del danno (perdita subita e mancato guadagno): l’entità del risarcimento che risulta essere risarcibile è quella che risulta essere conseguenza immediata e diretta dell’inadempienza.

Il principio espresso nel codice è quello per cui al creditore deve essere restituita la situazione economica nella quale si sarebbe trovato se il fatto illecito non si fosse verificato (Cass. 16/6/1969 n. 2145); nel contratto d’appalto gli effetti della inadempienza, in relazione ai quali è necessario ristabilire tale equilibrio, non si intendono estesi solo a quello che costituisce “effetto normale” dell’inadempienza, ossia l’effetto che rientra nelle ordinarie conseguenze dell’illecito secondo il criterio della regolarità causale, ma anche a quanto è ricompreso nell’alèa a carico dell’appaltatore. Nel caso di un contratto d’appalto per la prestazione di servizi di pulizia, la funzione riparatrice del risarcimento, per il caso di mancata pulizia, non si estende solo alla valutazione del danno derivante direttamente dall’omissione, ma a tutti quei danni che sono conseguenza immediata e diretta del cattivo funzionamento dell’attività imprenditoriale (organizzazione aziendale, gestione dei dipendenti), che doveva servire alla diligente esecuzione della prestazione.

Quanto affermato comporta, nel contratto d’appalto, una dilatazione dell’ambito dei danni diretti risarcibili in virtù del criterio della risarcibilità dell’intero pregiudizio.

L’art. 1228 c.c. indica un altro motivo di inapplicabilità della limitazione di responsabilità a favore dell’appaltatore collegato al fatto che l’appaltatore, nell’adempimento dell’obbligazione, si avvale sempre dell’opera di terzi.

Ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’appaltatore è sufficiente che venga accertato il nesso di causalità tra l’opera dell’ausiliario e l’obbligo del soggetto tenuto alla prestazione nel senso di una riconducibilità, nell’ambito dell’esecuzione della prestazione, dell’opera svolta dall’ausiliario (Cass. 11/5/1995 n. 5150), allargando e modificando, in questo modo, l’ambito di imputabilità del fatto illecito dell’ausiliario in capo all’appaltatore.

Riferimenti giurisprudenziali:

1.Cassazione 23.5.1972 n.1600: contratto di comodato, restituzione con ritardo, causa del ritardo (incidente) giudicata assolutamente imprevedibile

2.Cassazione 11.1.1983 n. 5896: danno sofferto da agenti di commercio sotto forma di riduzione del trattamento pensionistico, omesso versamento di contributi per il periodo antecedente al D.M. istitutivo del trattamento, esclusa la risarcibilità

3.Cassazione Civile Sezione I 5.4.2005 n. 7081

4.Cassazione 16.6.1969 n. 2145: ne consegue che la somma liquidata a titolo di risarcimento deve essere equivalente all’effettivo valore dell’utilità perduta.

5.Cassazione 11.5.1995 n. 5150: dipendente dimissionario di una società, agisce in nome e per conto della società per cui lavorava, effettuando alcune operazioni commerciali, causa perdita della merce, la società è ritenuta responsabile del fatto.