L’arbitro bancario finanziario nell’ambito dei sistemi A.D.R. a contenuto decisorio
Indice
1. Tesi della natura pubblicistica dell’A.B.F.
2. Tesi della natura privatistica
3. Minitrial o early nautral avalution?
4. Natura giuridica dei suoi responsi
5. L’A.B.F. può considerarsi organo di giurisdizione competente a sollevare conflitti di attribuzione tra poteri dello stato?
Con l’acronimo A.D.R, riconducibile all’espressione anglosassone alternative dispute resolution, si intende l’insieme dei metodi di risoluzione delle controversie alternative al processo giurisdizionale italiano.
La legge sulla tutela del risparmio, legge n. 262 del 2005, nel quadro delle iniziative promosse dall’UE in materia di sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, ha introdotto nel TUB l’articolo 128 bis che prevede un obbligo, in capo agli intermediari, di aderire ai sistemi di risoluzione alternativi delle controversie.
L’A.B.F.:
- Quale sistema alternativo di risoluzione delle controversie deve garantire la sua imparzialità, la rapidità, l’economicità nonché la rappresentatività dei vari interessi e l’effettività della tutela.
- La sua collocazione sistematica nel titolo VI del TUB è indice che l’adesione ai sistemi di risoluzione delle controversie incentiva il rispetto dei principi di trasparenza e di correttezza nelle relazioni con la clientela: soggetto debole nei rapporti con la Banca.
1. Tesi della natura pubblicistica dell’A.B.F.
Secondo una parte della dottrina:
- l’A.B.F. è un sistema di risoluzione delle controversie che si affianca alla struttura pubblicistica tipica della supervisione, per assicurare l’erfocement delle regole di natura privatistica
La natura pubblicistica deriverebbe: dall’obbligo di adesione degli intermediari, la regolazione e l’organizzazione sarebbe rimessa esclusivamente alla normativa secondaria, la composizione del collegio rilevato che tre componenti su cinque sono di nomina di BI.
2. Tesi della natura privatistica
Più condivisibile è la tesi privatistica:
- la natura giuridica dell’A.B.F. è quella di indirizzare i comportamenti degli intermediari verso prassi professionali corrette. Inoltre i suoi responsi, non vincolanti per le parti, sono assunti in piena autonomia senza alcuna ingerenza della BI.
- L’A.B.F. non è una articolazione interna della BI né tanto meno si può affermare che vi sia una sommatoria di ruoli in capo all’Autorità (regolatore, controllore e giudice) in relazione al comportamento degli istituti di credito nei confronti della clientela.
- Inoltre la regolamentazione dell’A.B.F. esclude la commistione dei ruoli tra i componenti del collegio e la Banca D’Italia.
Oltre ad una natura pubblicistica o privatistica di detto istituto si è, altresì, tentato di incasellarlo in forme di A.D.R. già esistenti.
3. Minitrial o early nautral avalution?
Secondo alcuni autori l’A.B.F. è rapportabile alla procedura del minitrial ovvero mini processo che ha natura privata.
- In siffatta procedura le parti presentano le loro regioni e le loro prove davanti ad un terzo esperto e neutrale che dirige un breve ed informale processo emettendo un provvedimento non vincolante per le parti. Si è fatto notare tuttavia che nel procedimento innanzi all’A.B.F. non sono ammesse consulenze tecniche, prove orali, né tanto meno è prevista la comparizione personale delle parti.
Secondo altra parte della dottrina l’A.B.F. corrisponderebbe alla procedura early neutral evalution (E.N.E.).
- In questo caso ci si rivolge ad un terzo neutrale per analizzare gli aspetti di fatto e di diritto della potenziale controversia, al fine di ridurre i tempi del contenzioso e le relative spese. Si tratterebbe di una combinazione tra una mediazione facilitativa La procedura si caratterizza per una valutazione preventiva della fondatezza in diritto della domanda, all’esito di una valutazione prognostica. Si è fatto notare, tuttavia, che l’A.B.F. non ha un ruolo meramente prognostico, ma decide secondo diritto, basandosi su elementi probatori di tipo documentale; inoltre il giudice di un eventuale giudizio non è vincolato al responso del Collegio inoltre non è prevista la comparizione personale delle parti e la loro audizione.
Possiamo concludere pertanto che l’A.B.F. non è riconducibile ad una figura di ADR già esistente dato che esso rappresenta una nuova figura di A.D.R. di tipo decisorio.
4. Natura giuridica dei suoi responsi
A differenza del Regolamento dell’ombudsman – giurì bancario, il quale prevedeva che la decisione dell’organismo era vincolante per la banca o per l’intermediario, i responsi dell’A.B.F. non producono effetti giuridici per le parti della controversia, né portano ad una definizione della lite, le pronunce non hanno l’effetto tipico di una sentenza.
La sua decisione può essere considerata alla stregua di un parere pro veritate, essendo l’A.B.F. investito dalla banca d’Italia dell’incarico di esprimere una valutazione della controversia tra l’intermediario ed il cliente.
Siamo di fronte ad un’opinione qualificata espressa da esperti della materia, i quali seguendo i principi del diritto manifestano la loro posizione in relazione al caso sottoposto alla loro attenzione.
Diversi sono stati i tentativi di ricostruire la natura delle decisioni dell’A.B.F.
a. Tesi del negozio di accertamento
Con questo le parti accertano una situazione giuridica preesistente al fine di eliminare lo stato di incertezza sulla effettiva consistenza fissandone definitivamente l’ambito e gli effetti. Effetto del negozio di accertamento è quello di vincolare le parti a non rimettere in discussione il rapporto che con tale negozio è stato definito. L’effetto dell’accertamento crea un vincolo per il giudice a non discostarsi nella valutazione della realtà sottoposta al suo giudizio, dalla ricostruzione contenuta nell’accertamento.
Nella disciplina dell’A.B.F. non vi è nessuna disposizione che richiami il negozio di accertamento né tanto meno la decisione è vincolante per le parti le quali potranno sempre adire la giurisdizione in quanto la decisione dell’arbitro non determina la preclusione che si determina effetto della conclusione di un contratto di accertamento rappresentato dal vincolo di legge tra le parti ex articolo 1372 del Codice Civile.
b. Tesi della natura delle pronunce dell’A.B.F. con funzione e natura transattiva
Il responso dell’A.B.F. non porta ad una definizione della lite tra banca e cliente che come tale resta inalterata e può in qualsiasi momento essere sottoposta alla cognizione di un giudice o di un arbitro e del pari può essere risolta con una transazione, un negozio di accertamento o una conciliazione stragiudiziale.
c. Tesi dell’arbitrato
L’arbitrato tuttavia presuppone un accordo delle parti (precedente o successivo all’insorgere della controversia) volto a sottoporre la lite al giudizio vincolante, inoltre la decisione dell’A.B.F. non può costituire modificare o estinguere rapporti giuridici né pronunciare condanne a carico dell’intermediario. Infine la decisione non può essere eseguita coattivamente come avviene per il lodo. L’unica sanzione è quella reputazionale per l’intermediario. Non si rinviene alcuna norma che dispone sugli effetti della decisione dell’A.B.F., infatti non si rinviene alcuna norma analoga all’articolo 824-bis del Codice di procedura civile in tema di arbitrato rituale.
d. Tesi del procedimento avente i caratteri propri della determinazione del terzo ex articolo 1349 del Codice Civile
L’A.B.F. non determina e non integra nessun elemento del contratto che intercorre tra cliente e banca con l’arbitrium boni viri, né tanto meno con il mero arbitrio, ma applica norme di diritto positivo ad una fattispecie oggetto di controversia che, certamente non si presenta indeterminata nei suoi elementi costitutivi. Va inoltre precisato che l’arbitratore fissa un elemento dell’accordo che le parti non hanno voluto o non hanno potuto determinare ex ante che va dunque ad integrare il voluto negoziale dei contraenti, pertanto, acquista la medesima efficacia vincolante del contratto. L’A.B.F. non ha il compito di determinare o riempire il contenuto dei contratti, ma ha la funzione di risolvere le controversie che hanno ad oggetto l’accertamento di diritti obblighi e facoltà delle parti nell’ambito del settore bancario.
I responsi non costituiscono presupposti per l’emanazione di un decreto ingiuntivo e non possono essere considerati quali elementi di prova o principio di prova al fine dell’emanazione della pronuncia favorevole.
Il responso infatti non è di per sé idoneo a dar vita ad un documento rappresentativo di uno o più fatti costitutivi di un diritto di credito né tanto meno a far presumere l’esistenza di un diritto.
I responsi dei collegi non hanno nemmeno natura di titoli esecutivi ostandovi il numerus clausus stabilito in materia ex art 474 del Codice di procedura civile e ciò differenzia tale procedimento dalla mediazione ove prevede che l’omologazione del verbale da parte del presidente del tribunale su istanza di parte o il verbale di accordo sottoscritto dalle parti e dai loro legali che devono attestare la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico e dal mediatore è titolo idoneo all’esecuzione forzata, l’esecuzione in forma specifica e l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Inoltre non si possono attribuire ai responsi la natura di prova privilegiata.
Detta espressione è mutuata dalle decisioni assunte dalle autorità indipendenti che costituiscono in relazione all’autorevolezza dell’organo da cui promanano e agli strumenti e modalità di indagine poste in atto dall’autorità una prova particolarmente qualificata.
L’A.B.F. non è investito dei poteri di vigilanza né tanto meno sanzionatori che permettono di qualificare i collegi delle autorità indipendenti.
I responsi non avendo valore vincolante non possono prevedere l’applicazione di sanzioni che si manifestano attraverso l’adozione di atti amministrativi aventi discrezionalità tecnica, nei confronti dell’intermediario inadempiente, l’unica sanzione è di tipo reputazionale, ossia la pubblicazione sul sito istituzionale dell’A.B.F. del nome dell’intermediario che non ha osservato quanto disposto nel responso.
La funzione della sanzione reputazionale va ricercata nell’intento di dar vita ad un sistema creditizio virtuoso.
L’informazione quindi diventa un bene giuridicamente che consente ai risparmiatori di assumere scelte consapevoli e gli inadempimenti degli intermediari danno la possibilità ai clienti/risparmiatori di valutare consapevolmente qual è la condotta della banca.
Inoltre il mancato adempimento da parte dell’intermediario lo espone anche alle sanzioni che Bi può infliggere nell’esercizio delle proprie attività di vigilanza sulla conformità dei comportamenti degli intermediari alle prescrizioni in tema di trasparenza del TUB.
Quindi di fatto ciò permette la vincolatività delle decisioni.
In questo senso il responso viene ad essere inquadrato come una sotto-fase del procedimento di vigilanza di competenza della BI.
Secondo questa impostazione il ricorso del cliente avrebbe la funzione di far concretizzare la condizione per l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’autorità di vigilanza.
5. L’A.B.F. può considerarsi organo di giurisdizione competente a sollevare conflitti di attribuzione tra poteri dello stato?
Ci si è chiesti se l’A.B.F. debba essere considerato autorità giurisdizionale ai sensi e per gli effetti dell’articolo 23 legge 87 del 1953.
Questo perché per costante giurisprudenza del giudice delle leggi, la natura di organo giurisdizionale può essere attribuita anche a organi estranei all’organizzazione della giurisdizione ed istituzionalmente adibiti a compiti di diversa natura, a patto che siano investiti anche in via eccezionale di funzioni giudicanti, per l’obiettiva applicazione della legge e all’uopo posti in posizione super partes.
Un primo orientamento propende per la tesi positiva atteso che:
a. l’Arbitro Bancario Finanziario, nell’ambito dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, avrebbe un ruolo «autenticamente decisorio», e le sue decisioni risulterebbero per vari aspetti vincolanti, specie per gli intermediari, la cui “reputazione” sarebbe messa in gioco in caso di inottemperanza;
b. il ruolo dell’Arbitro Bancario Finanziario risulterebbe, pertanto, «in qualche modo contiguo» a quello degli arbitri, oggi abilitati a promuovere questioni di legittimità costituzionale in forza dell’articolo 819-bis del codice di procedura civile, apparendo essenziale, in forza anche della giurisprudenza costituzionale, che l’organo rimettente sia chiamato a risolvere una controversia nel rispetto delle garanzie del contraddittorio e facendo applicazione obiettiva del diritto;
La Corte Costituzionale intervenuta sul punto con ordinanza n. 218 del 2011 sul rilievo che per gli intermediari, così come per i clienti, quale che sia l’esito della procedura, resta ferma la facoltà di ricorrere all’autorità giudiziaria ovvero ad ogni altro mezzo previsto dall’ordinamento per la tutela dei propri diritti e interessi», e sulla circostanza che «le decisioni dell’A.B.F., non incidono sulle situazioni giuridiche delle parti».
Ha chiarito che:
- i caratteri della giurisdizione si rivelano inesistenti con riguardo al profilo relativo alla decisione, posto che la stessa non assume, in realtà, alcun valore cogente per nessuna delle parti “in causa”, svolgendo essa solo una funzione destinata ad incidere sulla immagine e sulla reputazione dell’intermediario, in particolare se non ottemperante, secondo connotazioni che possono riecheggiare gli interventi di organi amministrativi in autotutela;
- per altro verso, la circostanza secondo cui il “responso” dell’Arbitro Bancario Finanziario debba essere adottato “secondo diritto” non può ritenersi in sé argomento probante, giacché è tipico di qualsiasi funzione giustiziale procedere e adottare le proprie determinazioni secundum ius, al pari di qualsiasi organismo della pubblica amministrazione;
Infine va aggiunto che nel procedimento innanzi all’ A.B.F. diversamente da quanto avviene nei giudizi innanzi all’autorità giudiziaria l’accertamento contenuto nella decisione del Collegio non fa stato tra le parti né impedisce alle parti di ricorrere ad ogni altro mezzo previsto dall’ordinamento per la tutela dei propri diritti ed interessi. Non vige quindi il principio del ne bis in idem anche se ciò non autorizza a ritenere che, dopo la decisione, il ricorso possa essere riproposto per un nuovo esame davanti allo stesso collegio decidente o ad altro collegio dell’A.B.F.
In questo caso il ricorso sarebbe irricevibile.
Bibliografia
Finocchiaro, L'arbitro bancario finanziario tra funzioni di tutela e di vigilanza, Giuffrè 2016
Gazzoni, Manuale di diritto privato, Edizioni Scientifiche Editoriali, 2017
Liace, L'arbitro bancario finanziario, Giappichelli, 2018
Sitografia
Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, in www.bancaditalia.it
Convegno “I metodi alternativi di risoluzione delle controversie (ADR). L’ Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF): primi passi e prospettive”, in www.bancaditalia.it