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Le valutazioni di impatto ambientale regionali: iter procedurale, disciplina, profili di danno ambientale

Sommario: 1. L’ambito applicativo della VIA regionale; 2. L’iter procedurale della VIA regionale; 3. Alcune significative esperienze regionali

 

1. L’ambito applicativo della VIA regionale

La valutazione di impatto ambientale costituisce indubbiamente una materia “intrinsecamente trasversale”[1], che investe ed intreccia molteplici interessi, materie e livelli di competenza. Essendo la VIA correlata in modo più che rilevante al governo del territorio e alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, entrambi aspetti affidati alla competenza concorrente di Stato e Regioni, si assiste, anche nel procedimento ambientale, alla manifestazione di competenze diverse, spettando all’Ente centrale le determinazioni in risposta a esigenze di uniformità di disciplina sul territorio nazionale, ma considerando che tale prerogativa esclusiva dello Stato non è incompatibile con gli interventi più specifici e mirati del legislatore regionale.

Già il Decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile del 1996, recante “Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’articolo 40, comma 1, della Legge n. 146 del 1994, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale”, stabiliva criteri e norme tecniche per l’applicazione della procedura di VIA a livello regionale[2] e prevedeva che le Regioni stesse, attraverso l’emanazione di proprie leggi e regolamenti, implementassero e integrassero la normativa nazionale della valutazione di impatto ambientale. Inoltre, ex articolo 71 del Decreto Legislativo n. 112 del 1999, molte categorie di progetti rientrarono nella neo competenza regionale, a condizione che queste ultime provvedessero all’adozione di una mirata e specifica normativa in materia di VIA. Successivamente all’entrata in vigore del Codice dell’ambiente e, in particolare, del correttivo del 2008, muta il contesto normativo (pur ereditando, dagli interventi legislativi precedenti, l’esigenza di coordinamento e sussidiarietà tra azione statale e regionale): viene eliminato il capo inerente alle procedure di valutazione di impatto ambientale di competenza regionale e provinciale, ab origine introdotto per differenziare queste ultime da quelle pertinenti allo Stato.

Il precedente gruppo di norme, dall’articolo 42 al 47 del Capo III, descrivevano, dunque, la procedura di VIA non statale: la nuova formulazione, invece, delinea un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale senza alcuna differenziazione in merito alla diversa competenza soggettiva in materia. La conseguenza diretta della nuova formulazione prevista dal Codice si sostanzia nel fatto che le Regioni, pur potendo stabilire una propria disciplina di VIA, dovranno comunque attenersi alle regole di procedura previste in via generale dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006.

A tal proposito, l’articolo 35 del Codice prevede espressamente che “le Regioni adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro 12 mesi dall’entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili”. Come si evince dalla Sentenza n. 186 del 2010 della Corte Costituzionale, “la normativa sulla valutazione di impatto ambientale attiene a procedure che valutano in concreto e preventivamente la sostenibilità ambientale, e che rientrano indubbiamente nella materia della tutela dell’ambiente, di cui all’articolo 117, comma 2 della Costituzione (questione rilevabile nella Sentenza della Corte medesima n. 225 del 2009) […] ed in tale contesto, seppure possono essere presenti ambiti materiali di spettanza regionale, deve ritenersi prevalente, in ragione della precipua funzione cui assolve il procedimento in esame, il titolo di legittimazione statale[3]; ne consegue che le Regioni sono tenute, per un verso, a rispettare i livelli uniformi di tutela apprestati in materia, per l’altro, a mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati dal Codice dell’ambiente, nella specie quanto al procedimento di VIA”[4].

Va ancora evidenziato che ex articolo 7, comma 4, del Codice, “sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali i progetti di cui agli Allegati III[5] e IV al Decreto Legislativo n. 152 del 2006”: il riferimento alle leggi regionali introduce, prima facie, un’importante novità e cioè decreta la possibilità che le procedure non statali possano essere disciplinate dalle suddette leggi (novità che potrebbe, nonostante tutto, incidere negativamente su quelle normative regionali basate non su leggi quanto su atti regolamentari, come le delibere di Giunta; si auspica in tal senso che l’interpretazione della norma non si riferisca solo alle leggi in senso formale, e quindi ad atti che siano espressione del potere legislativo della Regione, ma piuttosto a tutti gli atti amministrativi regionali compresi quelli regolamentari, espressione del potere esecutivo)[6].

Rispetto alla versione del 2006, il Codice, inoltre, amplia l’ambito di applicazione di VIA regionale, con la previsione di competenza regionale anche per quei progetti capaci di produrre eventuali impatti significativi al di fuori del territorio regionale medesimo: viene quindi accantonato il criterio “dimensionale”, legato cioè all’estensione degli impatti sull’ambiente provocati dall’opera, per attribuire la competenza alla valutazione di impatto ambientale alle Regioni ovvero allo Stato (non a caso il Codice prevedeva, prima dell’entrata in vigore del correttivo del 2008, che qualora una determinata attività producesse, per dimensione o caratteristiche tecniche, un impatto ambientale interregionale, statale o internazionale, la relativa competenza per il rilascio dell’autorizzazione fosse esclusivamente in capo allo Stato[7]).

L’abrogato articolo 25 del Codice, nello specifico, assegnava la competenza in merito ad opere ed interventi suscettibili di avere impatti ultraregionali all’Ente centrale, mentre la competenza regionale era solo di tipo residuale; oggi al contrario, a seguito delle modifiche apportate dai correttivi del 2008 e del 2010 al Codice, occorre verificare, con effetti di maggiore semplicità e certezza nell’individuazione dell’ambito applicativo della VIA (statale/regionale), se il progetto di volta in volta considerato rientri o meno nell’ambito degli elenchi contenuti negli Allegati al Decreto Legislativo n. 152 del 2006. Qualora vi sia un impatto interregionale, la competenza non si sposterà automaticamente allo Stato, ma il dominus del procedimento di valutazione di impatto ambientale dovrà essere individuato tra le Regioni interessate, che procederanno comunque “d’intesa tra loro”, così come codificato dall’articolo 30, comma 1, del Codice dell’ambiente.

È infine importante evidenziare come il Codice abbia confermato che l’ubicazione, anche parziale (si pensi ad esempio ad una parte “di servizio”, come una superficie dedicata a parcheggio o a verde), dell’area del progetto da realizzare in zona naturale protetta comporta, oltre all’assoggettamento alla procedura di VIA regionale, anche la riduzione delle soglie dimensionali.

2.  L’iter procedurale della VIA regionale

Data l’unitarietà della disciplina di VIA prevista dal Codice dell’ambiente, anche per la valutazione di impatto regionale vige l’iter delineato dall’articolo 19 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006: lo svolgimento della verifica di assoggettabilità; la definizione dei contenuti del SIA; la presentazione e la pubblicazione del progetto; lo svolgimento delle consultazioni; la valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti delle consultazioni; la decisione; l’informazione sulla decisione; il monitoraggio. Quando si parla, dunque, di Autorità competente, si dovrà intendere quella individuata dalle leggi regionali (ovvero l’Amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale), se il progetto in questione rientra tra quelli sottoposti al regime di VIA regionale.

Analogamente, dunque, alla procedura statale, il proponente presenta istanza di pronuncia di compatibilità ambientale all’Autorità regionale individuata, agli Enti locali ed eventualmente ai gestori dell’Ente Parco territorialmente interessati. La documentazione da depositare è la medesima prevista per la valutazione di impatto ambientale statale (studio di impatto ambientale, elaborati progettuali, sintesi non tecnica destinata all’informazione del pubblico).L’istruttoria è condotta dall’Autorità competente, che raccoglie i pareri degli enti eventualmente interessati: questi esprimono il proprio parere entro 60 giorni dalla data di trasmissione dei documenti inerenti all’opera in progettazione. Decorso detto termine, l’Autorità rende il giudizio di compatibilità ambientale in 90 giorni[8], anche in assenza dei suddetti pareri.

Anche per la valutazione di impatto ambientale regionale è prevista la possibilità, da parte dell’Autorità, di richiedere integrazioni alla documentazione depositata dal soggetto proponente, con l’indicazione di un congruo termine per la risposta. Strumento particolarmente utilizzato nella fase istruttoria regionale è quello della Conferenza di Servizi (ex articolo 14 della Legge n. 241 del 1990), la quale riassume contestualmente i pareri e gli atti delle Amministrazioni abilitate ad esprimersi sull’opera da realizzare. La Conferenza, ex articoli 9 e 25 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, ha natura decisoria e, nello specifico, presenta questo iter: la prima riunione viene convocata entro 15 giorni, o 30 in caso di istruttoria particolarmente complessa, dalla data di indizione; la Conferenza di Servizi assume le determinazioni sull’organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti; la convocazione deve essere depositata presso le amministrazioni eventualmente coinvolte per via postale, telematica o informatica almeno cinque giorni prima della riunione iniziale (con possibilità da parte degli enti interessati di spostare la data qualora impossibilitati a presenziare nel termine stabilito per la prima convocazione); il rappresentante di ogni amministrazione convocata esprime in maniera vincolante il proprio parere (considerandosi acquisito l’assenso dell’amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell’ente di appartenenza)[9].

Viene data comunicazione delle risultanze della procedura, raccolte nel provvedimento, sia al soggetto proponente che agli enti che hanno preso parte alla fase istruttoria; queste ultime vengono adeguatamente pubblicizzate, ex articolo 27 del Codice, mediante pubblicazione del provvedimento di VIA sul bollettino ufficiale regionale. I testi integrali dei provvedimenti vengono resi disponibili al pubblico sul sito web dell’Autorità competente. Per quanto riguarda, invece, le difformità tra VIA statale e regionale, si richiama l’articolo 7, comma 7, del Codice, secondo cui le Regioni “disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri Enti locali” e stabiliscono: i criteri per l’individuazione degli Enti locali interessati e dei soggetti competenti in materia ambientale; ipotetiche nuove modalità di individuazione delle opere da sottoporre a valutazione di impatto ambientale nonché di svolgimento della fase di consultazione.

Bisogna chiarire, tuttavia, entro quali limiti potranno essere definiti tali nuovi criteri e modalità: alla luce del citato articolo 3 quinquies del Codice[10], si desume che le Regioni non potranno sicuramente prevedere modalità tali da influire negativamente sul procedimento di VIA, con conseguente aggravamento della procedura in termini di dilatazione temporale della stessa o di complessità e onerosità. Potranno, piuttosto, migliorare l’iter di VIA, semplificando la fase di consultazione, o riducendo la tempistica delle singole fasi procedurali, senza compromettere la puntuale, specifica e tecnica valutazione degli impatti ambientali (e quindi senza discostarsi in maniera sostanziale dal procedimento così come definito e scandito dal Codice).

Si pensi ad esempio al primo intervento regionale in materia, successivamente all’entrata in vigore del correttivo del 2008 al Codice, e cioè la deliberazione della Giunta della Regione Campania n. 426 del 2008[11], la quale si è limitata a recepire le nuove norme di valutazione di impatto ambientale, senza particolari innovazioni dal punto di vista procedurale, istituendo nello specifico la Commissione VIA regionale (con funzioni di coordinamento dell’istruttoria e di formulazione del parere di competenza, sulla base del quale viene espresso il giudizio di compatibilità ambientale regionale) e cinque tavoli tecnici di valutazione di impatto ambientale (organi tecnico-politici che vanno a formare una sorta di sottocommissione VIA). In questo caso la Regione non ha usufruito del margine di discrezionalità previsto Decreto Legislativo n. 152 del 2006 per un più mirato adeguamento del procedimento ambientale alle esigenze del territorio.

La suddetta delibera si presenta, dunque, come atto regionale così come previsto dall’articolo 7, comma 7, del Codice, per l’individuazione e l’organizzazione dei soggetti competenti e del procedimento di valutazione di impatto ambientale a livello regionale[12]. L’atto in questione sottolinea come sia effettiva la possibilità, da parte delle Regioni, di creare nuovi organi ad hoc per lo svolgimento di alcune funzioni legate al procedimento di VIA rispetto a quelli previsti in via generale dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, le cui norme, sul punto, non devono considerarsi tassative ed inderogabili.

Va evidenziato che, per permettere la corretta applicazione dei principi di leale collaborazione e di sussidiarietà che devono sussistere nel rapporto Stato-Regioni, resta in capo ai competenti uffici regionali l’obbligo di informare il Ministero dell’Ambiente, ogni 12 mesi, sugli eventuali provvedimenti adottati e i procedimenti di VIA in corso (ex articolo 7, comma 8, del Codice). Le opere sottoposte a VIA regionale si distinguono, inoltre, in attività soggette a valutazione di impatto ambientale obbligatoria (enumerate nell’Allegato III al Codice dell’ambiente) e attività cui precede alla VIA la verifica di assoggettabilità (lo screening, elencate nell’Allegato IV).

L’iter procedurale di screening regionale è il medesimo descritto dall’articolo 20 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 in merito alla verifica di assoggettabilità statale: peculiarità interessante è rappresentata dalla possibilità per le Regioni, ex articolo 9, comma 6, del Codice, di prevedere, per specifiche tipologie progettuali o aree predeterminate (sulla base degli elementi indicati nell’Allegato V del Codice dell’ambiente), “un incremento nella misura massima del 30% o decremento delle soglie di cui all’Allegato IV”. Sulla base del dettato della norma, qualora le opere dell’Allegato IV non ricadano nemmeno parzialmente all’interno di aree naturali protette, le Regioni (e le Province Autonome) possono determinare, “per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali”, criteri e condizioni di esclusione della procedura di screening.

Rispetto all’abrogato articolo 46, comma 2, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, la nuova normativa post correttivo del 2008 consente, come specificato, di aumentare la misura massima delle soglie per la verifica di assoggettabilità fino al 30% (mentre in precedenza si ammetteva tale possibilità solo fino al 20%) e addirittura di diminuirla, senza particolari limiti prestabiliti (quest’ultima una novità assoluta all’interno della disciplina di VIA)[13]. Le Regioni svolgono un ruolo altrettanto fondamentale nella determinazione delle tariffe da applicare ai soggetti proponenti delle opere, oneri che coprono i costi sopportati dall’Autorità competente per l’organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e di controllo.

In quest’area, “le Regioni e le Province autonome possono definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti”, ex articolo 33, comma 2, del Codice. Si precisa che, mentre per la valutazione di impatto ambientale statale la determinazione delle tariffe è stabilita da apposito atto regolamentare (decreto ministeriale), nulla viene specificato per il livello regionale/provinciale: si ritiene che l’atto contenente tali oneri debba essere espressione del potere esecutivo, dunque un provvedimento della Giunta regionale.

3. Alcune significative esperienze regionali

A prescindere dal quadro normativo generale regionale sulla disciplina di valutazione di impatto ambientale, alcune Regioni si sono maggiormente focalizzate sull’adozione di leggi e provvedimenti in tema di VIA, atti ad hoc il cui scopo è quello di adeguare la previgente normativa all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 e dei suoi correttivi, regolandone la transizione. La regione Abruzzo, ad esempio, ha modificato i criteri e gli indirizzi vigenti in materia di procedimenti ambientali a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 4 del 2008.

Tali indirizzi, contenuti nella delibera della Giunta regionale n. 119 del 2002, sono stati rivisitati e aggiornati al mutato contesto giuridico tramite le delibere di Giunta n. 209 del 2008 e n. 368 del 2008: tra le peculiarità introdotte dalla regione Abruzzo, va evidenziata l’introduzione dello Sportello Unico per l’Ambiente (SRA), interlocutore principale per tutte le procedure ambientali (compresa la valutazione di impatto ambientale e la verifica di assoggettabilità), che riceve le pratiche di VIA e di screening, fornisce le adeguate informazioni sul procedimento e sui relativi adempimenti, provvede alla informatizzazione dei processi e raccoglie i provvedimenti del Comitato di Coordinamento Regionale per la VIA (CCR-VIA)[14]. Ulteriore rilevante mansione dello SRA, è quella di predisporre una modulistica standard con il fine di unificare i procedimenti di valutazione di impatto ambientale, di verifica di assoggettabilità, di valutazione di incidenza (VI) e di rilascio delle varie autorizzazioni e nulla osta in materia di ambiente.

La Campania, nonostante la dichiarazione di costituzione di un’apposita Commissione tecnico-istruttoria per l’elaborazione di un organico testo di legge in materia di VIA, non ha mai varato una legge regionale che fungesse da raccordo per le norme inerenti la valutazione di impatto ambientale. La prima delibera[15] sul tema recepì il Decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile del 1996[16], senza nessun particolare disegno normativo, da parte del legislatore regionale, da sviluppare. Successivamente all’entrata in vigore del Codice dell’ambiente e del correttivo del 2008, la regione Campania, con delibera di Giunta n. 426 del 2008, ha provveduto alla definizione sia delle procedure, sia degli organi competenti in materia di VIA. Nello specifico, la Regione ha individuato nel Servizio VIA - Settore Tutela Ambiente - AGC Ecologia l’ufficio amministrativo competente a ricevere le istanze di valutazione di impatto ambientale, di screening e di scoping avanzate dai proponenti, pubblici e privati: le suddette richieste vengono esaminate dall’istituto in ordine cronologico di arrivo, salvo casi, espressamente motivati, di urgenza.

Il Servizio VIA si occupa, inoltre, di curare tutti i rapporti e le comunicazioni con i soggetti coinvolti nel procedimento[17], di predisporre il provvedimento amministrativo definitivo di compatibilità ambientale e di controllare il corretto rispetto dei termini di espletamento delle varie fasi della valutazione così come stabilititi dal Decreto Legislativo n. 4 del 2008. Insieme all’ufficio Servizio VIA operano anche: i Tavoli tecnici, i quali verificano la completezza e la correttezza dei documenti e delle informazioni, svolgendo a tal fine le istruttorie e redigendo una relazione di sintesi delle risultanze dell’esame delle proposte progettuali; le Commissioni VIA, che coordinano l’istruttoria dei Tavoli tecnici e formulano il parere di propria competenza; il Comitato Tecnico per l’Ambiente (CTA), il quale esamina il rapporto sull’ambiente, verifica l’esito delle consultazioni e si esprime circa il procedimento di screening[18] e il parere di compatibilità ambientale[19].

Il Servizio VIA riceve dunque le richieste per la valutazione di impatto ambientale e la trasmette ai Tavoli tecnici per le necessarie attività istruttorie. Ciascun Tavolo invia la propria relazione, recante tutti i pareri raccolti, alla Commissione VIA, che esprime a sua volta il parere di propria competenza. Successivamente, il CTA delibera relativamente alla verifica di assoggettabilità o rilascia il parere di compatibilità ambientale: detto parere viene recepito in un atto definitivo del dirigente del Servizio VIA. Diversamente dalla regione Campania, la Lombardia ha recepito le Direttive 85/337/CEE e 97/11/CE, unitamente al Decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile del 1996, con la Legge regionale n. 20 del 1999 e le delibere della Giunta regionale n. 39975 del 1998 e n. 39305 del medesimo anno. Le disposizioni elencate costituivano un quadro completo della disciplina di valutazione di impatto ambientale sia a livello regionale che provinciale e comunale, sia per l’individuazione degli organi tecnici competenti per i relativi adempimenti istruttori.

In seguito all’entrata in vigore del Codice e del Decreto legislativo n. 4 del 2008, la dirigenza dell’unità organizzativa per la programmazione integrata e la valutazione di impatto ha emanato il decr. dir. unità org. n. 5307 del 2008. Con il citato provvedimento si è evidenziato che il sistema regionale delle fonti normative è rimasto valido “quale riferimento generale per l’espletamento delle procedure di verifica di assoggettabilità e di valutazione di impatto ambientale in virtù dell’articolo 35, comma 1, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, laddove si prevede che le regioni hanno a disposizione dodici mesi dall’entrata in vigore della nuova norma per adeguare il proprio ordinamento al novellame normativo”. Nonostante, dunque, l’esistenza di una legge regionale in materia, come auspicato dal correttivo del 2008, non assistiamo in Lombardia a particolari innovazioni procedimentali per quanto riguarda la VIA, se non alcune indicazioni da rispettare per il deposito della documentazione tecnico-amministrativa[20] a corredo dell’istanza di VIA e per la sua pubblicazione[21].

Approccio parzialmente diverso è quello seguito dalla regione Piemonte nella fase successiva all’emanazione del Decreto Legislativo n. 4 del 2008. La disciplina di valutazione di impatto ambientale, nella suddetta Regione, è contenuta nella Legge regionale n. 40 del 1998 (“Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione”), modificata in seguito dalla Legge regionale n. 54 del 2000. La Legge regionale del 1998, ex art. 23, prevede dei meccanismi molto rapidi di aggiornamento, in quanto permette al Consiglio regionale, con propria deliberazione, di procedere alla modifica dei contenuti degli allegati alla legge “ogni qualvolta sia necessaria un’armonizzazione con eventuali modifiche ed integrazioni della normativa comunitaria e statale”. Sulla base di questa disposizione, il Consiglio ha approvato la Deliberazione n. 211-34747 del 2008, attraverso cui si è realizzata una valutazione di coerenza e compatibilità di quanto previsto dalla Legge regionale n. 40 del 1998 “con le disposizioni statali anche nei loro aspetti più innovativi”.

La stessa deliberazione, avvalendosi dei margini di discrezionalità lasciati alle Regioni dal correttivo del 2008, ha apportato alcune modifiche e integrazioni agli allegati della legge regionale del 1998, inerenti l’individuazione dei progetti di opere di competenza regionale, provinciale e comunale, insieme alla determinazione dei contenuti dello studio di valutazione di impatto ambientale e agli elementi da valutare ai fini dell’esclusione delle opere dal procedimento di VIA (con lo scopo di uniformare la disciplina regionale alle previsioni statali e comunitarie). Molto particolareggiata e definita risulta essere la normativa in materia di valutazione di impatto ambientale della regione Toscana, che ha inizialmente raccolto il quadro disciplinare nella Legge regionale n. 68 del 1995, sostituita in seguito dalla Legge regionale n. 79 del 1998.

La legge regionale ha reso il procedimento di VIA parte integrante del generale processo autorizzatorio, dando attuazione ai principi di semplificazione, razionalizzazione e coordinamento dell’insieme delle procedure e delle valutazioni ambientali: si prevede, infatti, il decentramento delle competenze agli Enti locali, valorizzando il principio di partecipazione ed informazione del pubblico[22]. In conformità alla normativa nazionale e comunitaria, la Regione ha introdotto nel procedimento di VIA una procedura di verifica, una procedura per la fase preliminare, una procedura unica integrata e il garante per l’informazione (al fine di costituire dei modelli di gestione che permettano alle amministrazioni di prendere delle scelte consapevoli e, di conseguenza, fornire motivazioni convincenti a supporto delle loro decisioni). Ex articolo 12 della Legge regionale n. 79 del 1998, si evince, già dalla fase di scoping, il perseguimento della semplificazione amministrativa: vengono individuati non solo i contenuti del SIA, ma anche le amministrazioni interessate e i documenti di maggiore importanza per la realizzazione dell’opera[23].

L’articolo 17 della legge regionale del 1998 disciplina la procedura unica integrata, assicurata ogni volta che il procedimento di valutazione di impatto ambientale coinvolga più amministrazioni pubbliche non statali, dalle quali è necessaria l’acquisizione di pareri, autorizzazioni, nulla osta e assensi attraverso la convocazione di Conferenze di Servizi interne, ad opera della Regione stessa o delle province. Interessante è la figura del garante per l’informazione, nominato in riferimento ad ogni singolo procedimento esperito, con il compito di assicurare una corretta e precisa informazione al pubblico dei cittadini e alle varie formazioni sociali, con lo scopo di facilitarne la partecipazione. L’Autorità competente, previa pubblicazione, può indire un’inchiesta pubblica presieduta dal garante, per evidenziare l’intento di una effettiva e specifica informazione dei cittadini.

Per quanto riguarda l’attribuzione delle competenze, la Legge regionale n. 79 del 1998 conferisce ai comuni le funzioni di monitoraggio e controllo e di applicazione delle relative sanzioni amministrative in caso di inadempienza o inosservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di compatibilità ambientale il quale, se positivo, ha efficacia temporale stabilita di volta in volta, ma comunque mai inferiore ai tre anni. La partecipazione della regione Toscana al procedimento di competenza statale è disciplinata dalle delibere della Giunta regionale n. 356 del 2001 e n. 816 del 2003, che attribuiscono alla Giunta la competenza in ordine all’espressione del parere della Regione nelle procedure di VIA dello Stato, nonché l’istituzione del Nucleo di Valutazione dell’impatto ambientale. La medesima legge dispone l’elenco delle attività soggette a VIA, riservando al Consiglio regionale la facoltà di decidere di assoggettare alla valutazione determinate opere qualora queste ultime possano influire in modo significativo e rilevante sull’ambiente.

 

[1] Corte Costituzionale, sentenza n. 398 del 2006: “La materia tutela dell’ambiente ha natura intrinsecamente trasversale, con la conseguenza che, in ordina alla stessa, si manifestano competenze diverse che ben possono essere anche di tipo regionale. La trasversalità della materia emerge con particolare evidenza con riguardo alla valutazione ambientale strategica, che abbraccia anche settori di sicura competenza regionale”

[2] Quattro allegati ne descrivevano l’applicabilità: Allegato A, ovvero l’elenco dei progetti assoggettati obbligatoriamente alla procedura di VIA regionale; l’Allegato B, l’elenco dei progetti assoggettati alla procedura di VIA regionale solo se ricadenti in aree naturali protette o se le loro caratteristiche lo richiedano; l’Allegato C, ossia le informazioni relative al progetto e ai suoi effetti sull’ambiente, fornite dal committente; l’Allegato D, cioè i criteri di valutazione per l’assoggettabilità alla VIA regionale (screening) per i progetti inclusi nell’Allegato B non localizzati in aree protette

[3] Cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 234 del 2009 e n. 120 del 2010

[4] Sul punto, Corte Costituzionale, sentenza n. 259 del 2004: “La legge regionale impugnata, che attribuisce alle province la competenza al rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 152 del 1999, in relazione a determinate attività, non è illegittima in quanto la competenza a rilasciare autorizzazioni per lo svolgimento delle attività previste dalla legge impugnata spetta alla Regione, sicché la delega dalla Regione alle province del relativo potere autorizzatorio non risulta lesiva di alcun principio costituzionale, e anzi è coerente con il principio di sussidiarietà”

[5] Di seguito, i progetti, per macrocategorie, di competenza delle regioni: a) Recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 200 ettari; b) Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui al derivazione superi i 1.000 litri al secondo e di acque sotterranee ivi comprese acque minerali e termali, nei casi in cui la derivazione superi i 100 litri al secondo; c) Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; c-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica, con procedimento nel quale è prevista la partecipazione obbligatoria del rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali; d) Impianti industriali destinati: alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose; e) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro; f) Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate; g) Produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 35.00 t/anno di materie prime lavorate; h) Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici pericolosi a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 40.000 m3; i) Impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 12 tonnellate di prodotto finito al giorno; l) Porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri; m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all'allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 […]; p) Discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 m3; q) Impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 m3 oppure con capacità superiore a 200 t;  r) Impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 100.00 abitanti equivalenti; s) Cave e torbiere con più di 500.000 m3/a di materiale estratto o di un'area interessata superiore a 20 ettari; t) Dighe e altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di capacitò superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati […]; v) Attività di coltivazione sulla terraferma degli idrocarburi liquidi e gassosi delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni; z) Elettrodotti per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione superiore ai 100 kV

[6] Le nuove norme in materia di VIA nel nuovo decreto correttivo: prima lettura, A. Milone, pag. 882, in Ambiente&Sviluppo, 2008

[7] Esulando dagli aspetti inerenti alla procedura di valutazione di impatto ambientale, va evidenziato, in merito alla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni, l’art. 3 quinquies, introdotto dal d.lgs. n. 4 del 2008. Sulla base dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, l’articolo stabilisce che i criteri generali che si desumono dalle norme inserite nel Codice dell’ambiente sono vincolanti per le Regioni in quanto rappresentano le “condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale”; in più le Regioni sono abilitate all’introduzione di “forme di tutela giuridica dell’ambiente più restrittive”. Questa disposizione (figlia della giurisprudenza costituzionale in merito, così come si può desumere dalla sentenza della Corte Cost. n. 407 del 2002) cerca di definire lo spazio da assegnare alle Regioni in materia ambientale, creando, d’altro canto, incertezza da illegittimità costituzionale relativamente ai limiti connessi alla potestà legislativa regionale (Valutazione di impatto ambientale e ordinamenti regionali, S. Civitarese, pagg. 1119-1120, in Regioni, I, 2008). Sull’argomento si veda la l.r. n. 13 del 2010 della Puglia, il d.g.r. n. 10 del 2010 della Campania, la l.r. n. 14 del 2008 del Lazio e la l.r. n. 12 del 2010 della regione Toscana 

[8] Ex multis, TAR Puglia, Bari, Sez. I, sentenza n. 525 del 2008: “La conclusione del procedimento di VIA è sottoposta al termine di 90 giorni, previsto dall’art. 13 della l.r. pugliese n. 11 del 2001. Allo stesso modo, il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA deve concludersi nel termine di 60 giorni, ai sensi dell’art. 16 della medesima legge regionale. L’obbligo, per l’Amministrazione preposta, di pronunciarsi entro termini perentori sulle istanze di compatibilità ambientale costituisce principio fondamentale della materia, secondo il combinato disposto degli artt. 31, 43 e 44 del d.lgs. n. 152 del 2006, al quale le Regioni non possono derogare”

[9] Valutazione di impatto ambientale, A. Meale, pag. 785, in Dig. Disc. Pubbl., Torino, 2006

[10] In merito, Corte Costituzionale, sentenza n. 536 del 2002: “La tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una materia, in quanto l’ambiente è invece un valore costituzionalmente protetto in funzione del quale lo Stato può dettare standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, anche incidenti sulle competenze legislative che ex art. 117 Cost. spettino alle Regioni su materie per le quali quel valore costituzionale assume rilevo. L’art. 117, comma 2, esprime un’esigenza unitaria per ciò che concerne la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ponendo un limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali”

[11] Per un ulteriore approfondimento si veda La Campania accorcia i tempi per l’approvazione della VAS, G. Landi, pagg. 9-10, in Edilizia e Territorio, n. 18, 2008

[12] Resta comunque una perplessità circa il rapporto tra un atto di natura regolamentare, emanato con il dichiarato scopo di aggiornare il procedimento regionale alle nuove disposizioni del d.lgs. n. 4 del 2008, e l’impostazione prevista dal decreto stesso in materia (art. 7, comma 4), che richiede invece l’organizzazione delle procedure regionali “secondo le disposizioni delle leggi regionali” sulla valutazione di impatto ambientale. Nel caso della Regione Campania manca, infatti, la disciplina legislativa sopra indicata

[13] TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, sentenza n. 329 del 2008: “Ai fini dell’applicazione della normativa in materia di VIA, gli impianti di recupero di rifiuti vanno ad ogni effetto equiparati a quelli di smaltimento dello stesso (sul punto si veda la sentenza C-6/00, 27/02/2002, della Corte di Giustizia Europea, la quale fornisce l’interpretazione della direttiva 85/337/CEE in merito alla nozione di smaltimento di rifiuti, con carattere vincolante erga omnes sia per i giudici interni che per le Amministrazioni). Conseguentemente, attesa la piena equiparazione degli impianti di smaltimento e quelli di recupero, un impianto di produzione di energia elettrica da biogas deve essere sottoposto alla procedura di screening ai sensi dell’art. 4 della l.r. Emilia Romagna n. 9 del 1999”

[14] Il Comitato è l’organo regionale tramite il quale la Regione esercita le proprie competenze in materia di valutazione di impatto ambientale

[15] Delibera della Giunta regionale n. 7636 del 1998

[16] Sul punto, TAR Campania, Napoli, Sez. I, sentenza n. 1439 del 2008: “Sebbene abbia la veste formale di atto di indirizzo e coordinamento, il d.p.r. 12 aprile del 1996, abrogato dall’art. 48 del d.lgs. n. 152 del 2006, ma applicabile alle procedure concluse entro il 31 luglio del 2007, secondo la disciplina transitoria di cui all’art. 52, costituendo specificazione del disposto di cui all’art. 40 della legge n. 146 del 1994 ed attuazione di una precisa direttiva comunitaria, è munito di particolare efficacia precettiva, generalmente estranea agli atti della stessa specie, con la conseguenza che allo stesso deve essere riconosciuta la forza normativa propria degli atti dell’ordinamento comunitario, indipendentemente dall’intervento della disciplina regionale di dettaglio”

[17] TAR Campania, Napoli, Sez. I, sentenza n. 1342 del 2008: “Ai fini della pubblicazione dei progetti sottoposti a VIA, non può ragionevolmente intendersi quotidiano provinciale o regionale, e quindi tendenzialmente indirizzato a tutti i cittadini residenti in un determinato territorio, un organo di stampa a diffusione nazionale ma privo di pagine dedicate specificatamente alla cronaca della provincia o della regione interessata o che, pur privilegiando la dimensione regionale, si presenta come quotidiano destinato alla categoria degli operatori economico-finanziari”

[18] Diversamente, il tribunale amministrativo della regione Sardegna ha stabilito che la competenza per l’emanazione del provvedimento di screening spetta alla Giunta regionale. Ciò è stabilito dalla delibera della Giunta n. 5/11 del 2005, che all’art. 9 del rispettivo Allegato A indica in 60 giorni dalla presentazione dell’istanza, da parte del proponente, il termine per la conclusione del relativo iter. Previsione che va integrata con quanto dettato dall’art. 48 della l.r. della Sardegna n. 9 del 2006, secondo cui la competenza ad adottare il provvedimento conclusivo della verifica di assoggettabilità spetta alla suddetta Giunta regionale. Si dovrà, dunque, rivolgere alla Regione l’ordine di adozione del provvedimento in conclusione del procedimento di screening, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione della conclusione dell’iter descritto

[19] La delibera della Giunta regionale n. 426 del 2008 determina la composizione e le modalità di funzionamento  dei Tavoli tecnici, delle Commissioni di VIA e del CTA

[20] A tal proposito, il TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, con sentenza n. 112 del 2009, ha stabilito che “il d.p.r. 12 aprile del 1996 quanto alle misure di pubblicità, all’art. 8 prevede che le Regioni e le Province autonome devono individuare un ufficio ove sono depositati i documenti per la consultazione del pubblico e stabilire misure di pubblicità minime che prevedano almeno: il deposito del progetto dell’opera, dello studio di impatto ambientale e della sintesi non tecnica presso gli appositi uffici previamente individuati e la diffusione di un annuncio su un quotidiano di diffusione provinciale o regionale. E’ in facoltà delle Regioni ad autonomia differenziata individuare ulteriori forme appropriate di pubblicità”. La l.r. n. 43 del 1990 del Friuli Venezia Giulia, pur presentando alcune difformità dalla disciplina statale (quale ad esempio l’onere di presentare entro termini prefissati istanza ad hoc alla pubblica amministrazione al fine di poter attivamente partecipare al procedimento oppure l’indicazione delle modalità di consultazione contenute nell’atto pubblicato sul BUR e non sull’avviso che compare sui giornali), non comporta una diminuzione comunque delle garanzie partecipative

[21] Cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza n. 4589 del 2011

[22] Ex multis, TAR Toscana, Firenze, Sez. II, sentenza n. 2165 del 2010. In conformità alle nuove modalità di organizzazione della P.A., le competenze nella regione Toscana sono fortemente decentrate ed attribuite anche alla provincia, ai comuni e agli Enti parco regionali

[23] Anche se, si sottolinea, la suddetta fase vede come soggetti principali il proponente e l’Autorità competente, estromettendo l’intervento e la partecipazione del pubblico (VIA e VAS riformate: limiti e potenzialità degli strumenti applicativi del principio di precauzione, E. Boscolo, pag. 544, in Urbanistica e Appalti, 2008)

Sommario: 1. L’ambito applicativo della VIA regionale; 2. L’iter procedurale della VIA regionale; 3. Alcune significative esperienze regionali

 

1. L’ambito applicativo della VIA regionale

La valutazione di impatto ambientale costituisce indubbiamente una materia “intrinsecamente trasversale”[1], che investe ed intreccia molteplici interessi, materie e livelli di competenza. Essendo la VIA correlata in modo più che rilevante al governo del territorio e alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, entrambi aspetti affidati alla competenza concorrente di Stato e Regioni, si assiste, anche nel procedimento ambientale, alla manifestazione di competenze diverse, spettando all’Ente centrale le determinazioni in risposta a esigenze di uniformità di disciplina sul territorio nazionale, ma considerando che tale prerogativa esclusiva dello Stato non è incompatibile con gli interventi più specifici e mirati del legislatore regionale.

Già il Decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile del 1996, recante “Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’articolo 40, comma 1, della Legge n. 146 del 1994, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale”, stabiliva criteri e norme tecniche per l’applicazione della procedura di VIA a livello regionale[2] e prevedeva che le Regioni stesse, attraverso l’emanazione di proprie leggi e regolamenti, implementassero e integrassero la normativa nazionale della valutazione di impatto ambientale. Inoltre, ex articolo 71 del Decreto Legislativo n. 112 del 1999, molte categorie di progetti rientrarono nella neo competenza regionale, a condizione che queste ultime provvedessero all’adozione di una mirata e specifica normativa in materia di VIA. Successivamente all’entrata in vigore del Codice dell’ambiente e, in particolare, del correttivo del 2008, muta il contesto normativo (pur ereditando, dagli interventi legislativi precedenti, l’esigenza di coordinamento e sussidiarietà tra azione statale e regionale): viene eliminato il capo inerente alle procedure di valutazione di impatto ambientale di competenza regionale e provinciale, ab origine introdotto per differenziare queste ultime da quelle pertinenti allo Stato.

Il precedente gruppo di norme, dall’articolo 42 al 47 del Capo III, descrivevano, dunque, la procedura di VIA non statale: la nuova formulazione, invece, delinea un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale senza alcuna differenziazione in merito alla diversa competenza soggettiva in materia. La conseguenza diretta della nuova formulazione prevista dal Codice si sostanzia nel fatto che le Regioni, pur potendo stabilire una propria disciplina di VIA, dovranno comunque attenersi alle regole di procedura previste in via generale dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006.

A tal proposito, l’articolo 35 del Codice prevede espressamente che “le Regioni adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni del presente decreto, entro 12 mesi dall’entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili”. Come si evince dalla Sentenza n. 186 del 2010 della Corte Costituzionale, “la normativa sulla valutazione di impatto ambientale attiene a procedure che valutano in concreto e preventivamente la sostenibilità ambientale, e che rientrano indubbiamente nella materia della tutela dell’ambiente, di cui all’articolo 117, comma 2 della Costituzione (questione rilevabile nella Sentenza della Corte medesima n. 225 del 2009) […] ed in tale contesto, seppure possono essere presenti ambiti materiali di spettanza regionale, deve ritenersi prevalente, in ragione della precipua funzione cui assolve il procedimento in esame, il titolo di legittimazione statale[3]; ne consegue che le Regioni sono tenute, per un verso, a rispettare i livelli uniformi di tutela apprestati in materia, per l’altro, a mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati dal Codice dell’ambiente, nella specie quanto al procedimento di VIA”[4].

Va ancora evidenziato che ex articolo 7, comma 4, del Codice, “sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali i progetti di cui agli Allegati III[5] e IV al Decreto Legislativo n. 152 del 2006”: il riferimento alle leggi regionali introduce, prima facie, un’importante novità e cioè decreta la possibilità che le procedure non statali possano essere disciplinate dalle suddette leggi (novità che potrebbe, nonostante tutto, incidere negativamente su quelle normative regionali basate non su leggi quanto su atti regolamentari, come le delibere di Giunta; si auspica in tal senso che l’interpretazione della norma non si riferisca solo alle leggi in senso formale, e quindi ad atti che siano espressione del potere legislativo della Regione, ma piuttosto a tutti gli atti amministrativi regionali compresi quelli regolamentari, espressione del potere esecutivo)[6].

Rispetto alla versione del 2006, il Codice, inoltre, amplia l’ambito di applicazione di VIA regionale, con la previsione di competenza regionale anche per quei progetti capaci di produrre eventuali impatti significativi al di fuori del territorio regionale medesimo: viene quindi accantonato il criterio “dimensionale”, legato cioè all’estensione degli impatti sull’ambiente provocati dall’opera, per attribuire la competenza alla valutazione di impatto ambientale alle Regioni ovvero allo Stato (non a caso il Codice prevedeva, prima dell’entrata in vigore del correttivo del 2008, che qualora una determinata attività producesse, per dimensione o caratteristiche tecniche, un impatto ambientale interregionale, statale o internazionale, la relativa competenza per il rilascio dell’autorizzazione fosse esclusivamente in capo allo Stato[7]).

L’abrogato articolo 25 del Codice, nello specifico, assegnava la competenza in merito ad opere ed interventi suscettibili di avere impatti ultraregionali all’Ente centrale, mentre la competenza regionale era solo di tipo residuale; oggi al contrario, a seguito delle modifiche apportate dai correttivi del 2008 e del 2010 al Codice, occorre verificare, con effetti di maggiore semplicità e certezza nell’individuazione dell’ambito applicativo della VIA (statale/regionale), se il progetto di volta in volta considerato rientri o meno nell’ambito degli elenchi contenuti negli Allegati al Decreto Legislativo n. 152 del 2006. Qualora vi sia un impatto interregionale, la competenza non si sposterà automaticamente allo Stato, ma il dominus del procedimento di valutazione di impatto ambientale dovrà essere individuato tra le Regioni interessate, che procederanno comunque “d’intesa tra loro”, così come codificato dall’articolo 30, comma 1, del Codice dell’ambiente.

È infine importante evidenziare come il Codice abbia confermato che l’ubicazione, anche parziale (si pensi ad esempio ad una parte “di servizio”, come una superficie dedicata a parcheggio o a verde), dell’area del progetto da realizzare in zona naturale protetta comporta, oltre all’assoggettamento alla procedura di VIA regionale, anche la riduzione delle soglie dimensionali.

2.  L’iter procedurale della VIA regionale

Data l’unitarietà della disciplina di VIA prevista dal Codice dell’ambiente, anche per la valutazione di impatto regionale vige l’iter delineato dall’articolo 19 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006: lo svolgimento della verifica di assoggettabilità; la definizione dei contenuti del SIA; la presentazione e la pubblicazione del progetto; lo svolgimento delle consultazioni; la valutazione dello studio di impatto ambientale e degli esiti delle consultazioni; la decisione; l’informazione sulla decisione; il monitoraggio. Quando si parla, dunque, di Autorità competente, si dovrà intendere quella individuata dalle leggi regionali (ovvero l’Amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale), se il progetto in questione rientra tra quelli sottoposti al regime di VIA regionale.

Analogamente, dunque, alla procedura statale, il proponente presenta istanza di pronuncia di compatibilità ambientale all’Autorità regionale individuata, agli Enti locali ed eventualmente ai gestori dell’Ente Parco territorialmente interessati. La documentazione da depositare è la medesima prevista per la valutazione di impatto ambientale statale (studio di impatto ambientale, elaborati progettuali, sintesi non tecnica destinata all’informazione del pubblico).L’istruttoria è condotta dall’Autorità competente, che raccoglie i pareri degli enti eventualmente interessati: questi esprimono il proprio parere entro 60 giorni dalla data di trasmissione dei documenti inerenti all’opera in progettazione. Decorso detto termine, l’Autorità rende il giudizio di compatibilità ambientale in 90 giorni[8], anche in assenza dei suddetti pareri.

Anche per la valutazione di impatto ambientale regionale è prevista la possibilità, da parte dell’Autorità, di richiedere integrazioni alla documentazione depositata dal soggetto proponente, con l’indicazione di un congruo termine per la risposta. Strumento particolarmente utilizzato nella fase istruttoria regionale è quello della Conferenza di Servizi (ex articolo 14 della Legge n. 241 del 1990), la quale riassume contestualmente i pareri e gli atti delle Amministrazioni abilitate ad esprimersi sull’opera da realizzare. La Conferenza, ex articoli 9 e 25 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, ha natura decisoria e, nello specifico, presenta questo iter: la prima riunione viene convocata entro 15 giorni, o 30 in caso di istruttoria particolarmente complessa, dalla data di indizione; la Conferenza di Servizi assume le determinazioni sull’organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti; la convocazione deve essere depositata presso le amministrazioni eventualmente coinvolte per via postale, telematica o informatica almeno cinque giorni prima della riunione iniziale (con possibilità da parte degli enti interessati di spostare la data qualora impossibilitati a presenziare nel termine stabilito per la prima convocazione); il rappresentante di ogni amministrazione convocata esprime in maniera vincolante il proprio parere (considerandosi acquisito l’assenso dell’amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell’ente di appartenenza)[9].

Viene data comunicazione delle risultanze della procedura, raccolte nel provvedimento, sia al soggetto proponente che agli enti che hanno preso parte alla fase istruttoria; queste ultime vengono adeguatamente pubblicizzate, ex articolo 27 del Codice, mediante pubblicazione del provvedimento di VIA sul bollettino ufficiale regionale. I testi integrali dei provvedimenti vengono resi disponibili al pubblico sul sito web dell’Autorità competente. Per quanto riguarda, invece, le difformità tra VIA statale e regionale, si richiama l’articolo 7, comma 7, del Codice, secondo cui le Regioni “disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri Enti locali” e stabiliscono: i criteri per l’individuazione degli Enti locali interessati e dei soggetti competenti in materia ambientale; ipotetiche nuove modalità di individuazione delle opere da sottoporre a valutazione di impatto ambientale nonché di svolgimento della fase di consultazione.

Bisogna chiarire, tuttavia, entro quali limiti potranno essere definiti tali nuovi criteri e modalità: alla luce del citato articolo 3 quinquies del Codice[10], si desume che le Regioni non potranno sicuramente prevedere modalità tali da influire negativamente sul procedimento di VIA, con conseguente aggravamento della procedura in termini di dilatazione temporale della stessa o di complessità e onerosità. Potranno, piuttosto, migliorare l’iter di VIA, semplificando la fase di consultazione, o riducendo la tempistica delle singole fasi procedurali, senza compromettere la puntuale, specifica e tecnica valutazione degli impatti ambientali (e quindi senza discostarsi in maniera sostanziale dal procedimento così come definito e scandito dal Codice).

Si pensi ad esempio al primo intervento regionale in materia, successivamente all’entrata in vigore del correttivo del 2008 al Codice, e cioè la deliberazione della Giunta della Regione Campania n. 426 del 2008[11], la quale si è limitata a recepire le nuove norme di valutazione di impatto ambientale, senza particolari innovazioni dal punto di vista procedurale, istituendo nello specifico la Commissione VIA regionale (con funzioni di coordinamento dell’istruttoria e di formulazione del parere di competenza, sulla base del quale viene espresso il giudizio di compatibilità ambientale regionale) e cinque tavoli tecnici di valutazione di impatto ambientale (organi tecnico-politici che vanno a formare una sorta di sottocommissione VIA). In questo caso la Regione non ha usufruito del margine di discrezionalità previsto Decreto Legislativo n. 152 del 2006 per un più mirato adeguamento del procedimento ambientale alle esigenze del territorio.

La suddetta delibera si presenta, dunque, come atto regionale così come previsto dall’articolo 7, comma 7, del Codice, per l’individuazione e l’organizzazione dei soggetti competenti e del procedimento di valutazione di impatto ambientale a livello regionale[12]. L’atto in questione sottolinea come sia effettiva la possibilità, da parte delle Regioni, di creare nuovi organi ad hoc per lo svolgimento di alcune funzioni legate al procedimento di VIA rispetto a quelli previsti in via generale dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, le cui norme, sul punto, non devono considerarsi tassative ed inderogabili.

Va evidenziato che, per permettere la corretta applicazione dei principi di leale collaborazione e di sussidiarietà che devono sussistere nel rapporto Stato-Regioni, resta in capo ai competenti uffici regionali l’obbligo di informare il Ministero dell’Ambiente, ogni 12 mesi, sugli eventuali provvedimenti adottati e i procedimenti di VIA in corso (ex articolo 7, comma 8, del Codice). Le opere sottoposte a VIA regionale si distinguono, inoltre, in attività soggette a valutazione di impatto ambientale obbligatoria (enumerate nell’Allegato III al Codice dell’ambiente) e attività cui precede alla VIA la verifica di assoggettabilità (lo screening, elencate nell’Allegato IV).

L’iter procedurale di screening regionale è il medesimo descritto dall’articolo 20 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 in merito alla verifica di assoggettabilità statale: peculiarità interessante è rappresentata dalla possibilità per le Regioni, ex articolo 9, comma 6, del Codice, di prevedere, per specifiche tipologie progettuali o aree predeterminate (sulla base degli elementi indicati nell’Allegato V del Codice dell’ambiente), “un incremento nella misura massima del 30% o decremento delle soglie di cui all’Allegato IV”. Sulla base del dettato della norma, qualora le opere dell’Allegato IV non ricadano nemmeno parzialmente all’interno di aree naturali protette, le Regioni (e le Province Autonome) possono determinare, “per specifiche categorie progettuali o in particolari situazioni ambientali e territoriali”, criteri e condizioni di esclusione della procedura di screening.

Rispetto all’abrogato articolo 46, comma 2, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, la nuova normativa post correttivo del 2008 consente, come specificato, di aumentare la misura massima delle soglie per la verifica di assoggettabilità fino al 30% (mentre in precedenza si ammetteva tale possibilità solo fino al 20%) e addirittura di diminuirla, senza particolari limiti prestabiliti (quest’ultima una novità assoluta all’interno della disciplina di VIA)[13]. Le Regioni svolgono un ruolo altrettanto fondamentale nella determinazione delle tariffe da applicare ai soggetti proponenti delle opere, oneri che coprono i costi sopportati dall’Autorità competente per l’organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e di controllo.

In quest’area, “le Regioni e le Province autonome possono definire proprie modalità di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti”, ex articolo 33, comma 2, del Codice. Si precisa che, mentre per la valutazione di impatto ambientale statale la determinazione delle tariffe è stabilita da apposito atto regolamentare (decreto ministeriale), nulla viene specificato per il livello regionale/provinciale: si ritiene che l’atto contenente tali oneri debba essere espressione del potere esecutivo, dunque un provvedimento della Giunta regionale.

3. Alcune significative esperienze regionali

A prescindere dal quadro normativo generale regionale sulla disciplina di valutazione di impatto ambientale, alcune Regioni si sono maggiormente focalizzate sull’adozione di leggi e provvedimenti in tema di VIA, atti ad hoc il cui scopo è quello di adeguare la previgente normativa all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 152 del 2006 e dei suoi correttivi, regolandone la transizione. La regione Abruzzo, ad esempio, ha modificato i criteri e gli indirizzi vigenti in materia di procedimenti ambientali a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 4 del 2008.

Tali indirizzi, contenuti nella delibera della Giunta regionale n. 119 del 2002, sono stati rivisitati e aggiornati al mutato contesto giuridico tramite le delibere di Giunta n. 209 del 2008 e n. 368 del 2008: tra le peculiarità introdotte dalla regione Abruzzo, va evidenziata l’introduzione dello Sportello Unico per l’Ambiente (SRA), interlocutore principale per tutte le procedure ambientali (compresa la valutazione di impatto ambientale e la verifica di assoggettabilità), che riceve le pratiche di VIA e di screening, fornisce le adeguate informazioni sul procedimento e sui relativi adempimenti, provvede alla informatizzazione dei processi e raccoglie i provvedimenti del Comitato di Coordinamento Regionale per la VIA (CCR-VIA)[14]. Ulteriore rilevante mansione dello SRA, è quella di predisporre una modulistica standard con il fine di unificare i procedimenti di valutazione di impatto ambientale, di verifica di assoggettabilità, di valutazione di incidenza (VI) e di rilascio delle varie autorizzazioni e nulla osta in materia di ambiente.

La Campania, nonostante la dichiarazione di costituzione di un’apposita Commissione tecnico-istruttoria per l’elaborazione di un organico testo di legge in materia di VIA, non ha mai varato una legge regionale che fungesse da raccordo per le norme inerenti la valutazione di impatto ambientale. La prima delibera[15] sul tema recepì il Decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile del 1996[16], senza nessun particolare disegno normativo, da parte del legislatore regionale, da sviluppare. Successivamente all’entrata in vigore del Codice dell’ambiente e del correttivo del 2008, la regione Campania, con delibera di Giunta n. 426 del 2008, ha provveduto alla definizione sia delle procedure, sia degli organi competenti in materia di VIA. Nello specifico, la Regione ha individuato nel Servizio VIA - Settore Tutela Ambiente - AGC Ecologia l’ufficio amministrativo competente a ricevere le istanze di valutazione di impatto ambientale, di screening e di scoping avanzate dai proponenti, pubblici e privati: le suddette richieste vengono esaminate dall’istituto in ordine cronologico di arrivo, salvo casi, espressamente motivati, di urgenza.

Il Servizio VIA si occupa, inoltre, di curare tutti i rapporti e le comunicazioni con i soggetti coinvolti nel procedimento[17], di predisporre il provvedimento amministrativo definitivo di compatibilità ambientale e di controllare il corretto rispetto dei termini di espletamento delle varie fasi della valutazione così come stabilititi dal Decreto Legislativo n. 4 del 2008. Insieme all’ufficio Servizio VIA operano anche: i Tavoli tecnici, i quali verificano la completezza e la correttezza dei documenti e delle informazioni, svolgendo a tal fine le istruttorie e redigendo una relazione di sintesi delle risultanze dell’esame delle proposte progettuali; le Commissioni VIA, che coordinano l’istruttoria dei Tavoli tecnici e formulano il parere di propria competenza; il Comitato Tecnico per l’Ambiente (CTA), il quale esamina il rapporto sull’ambiente, verifica l’esito delle consultazioni e si esprime circa il procedimento di screening[18] e il parere di compatibilità ambientale[19].

Il Servizio VIA riceve dunque le richieste per la valutazione di impatto ambientale e la trasmette ai Tavoli tecnici per le necessarie attività istruttorie. Ciascun Tavolo invia la propria relazione, recante tutti i pareri raccolti, alla Commissione VIA, che esprime a sua volta il parere di propria competenza. Successivamente, il CTA delibera relativamente alla verifica di assoggettabilità o rilascia il parere di compatibilità ambientale: detto parere viene recepito in un atto definitivo del dirigente del Servizio VIA. Diversamente dalla regione Campania, la Lombardia ha recepito le Direttive 85/337/CEE e 97/11/CE, unitamente al Decreto del Presidente della Repubblica del 12 aprile del 1996, con la Legge regionale n. 20 del 1999 e le delibere della Giunta regionale n. 39975 del 1998 e n. 39305 del medesimo anno. Le disposizioni elencate costituivano un quadro completo della disciplina di valutazione di impatto ambientale sia a livello regionale che provinciale e comunale, sia per l’individuazione degli organi tecnici competenti per i relativi adempimenti istruttori.

In seguito all’entrata in vigore del Codice e del Decreto legislativo n. 4 del 2008, la dirigenza dell’unità organizzativa per la programmazione integrata e la valutazione di impatto ha emanato il decr. dir. unità org. n. 5307 del 2008. Con il citato provvedimento si è evidenziato che il sistema regionale delle fonti normative è rimasto valido “quale riferimento generale per l’espletamento delle procedure di verifica di assoggettabilità e di valutazione di impatto ambientale in virtù dell’articolo 35, comma 1, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, laddove si prevede che le regioni hanno a disposizione dodici mesi dall’entrata in vigore della nuova norma per adeguare il proprio ordinamento al novellame normativo”. Nonostante, dunque, l’esistenza di una legge regionale in materia, come auspicato dal correttivo del 2008, non assistiamo in Lombardia a particolari innovazioni procedimentali per quanto riguarda la VIA, se non alcune indicazioni da rispettare per il deposito della documentazione tecnico-amministrativa[20] a corredo dell’istanza di VIA e per la sua pubblicazione[21].

Approccio parzialmente diverso è quello seguito dalla regione Piemonte nella fase successiva all’emanazione del Decreto Legislativo n. 4 del 2008. La disciplina di valutazione di impatto ambientale, nella suddetta Regione, è contenuta nella Legge regionale n. 40 del 1998 (“Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione”), modificata in seguito dalla Legge regionale n. 54 del 2000. La Legge regionale del 1998, ex art. 23, prevede dei meccanismi molto rapidi di aggiornamento, in quanto permette al Consiglio regionale, con propria deliberazione, di procedere alla modifica dei contenuti degli allegati alla legge “ogni qualvolta sia necessaria un’armonizzazione con eventuali modifiche ed integrazioni della normativa comunitaria e statale”. Sulla base di questa disposizione, il Consiglio ha approvato la Deliberazione n. 211-34747 del 2008, attraverso cui si è realizzata una valutazione di coerenza e compatibilità di quanto previsto dalla Legge regionale n. 40 del 1998 “con le disposizioni statali anche nei loro aspetti più innovativi”.

La stessa deliberazione, avvalendosi dei margini di discrezionalità lasciati alle Regioni dal correttivo del 2008, ha apportato alcune modifiche e integrazioni agli allegati della legge regionale del 1998, inerenti l’individuazione dei progetti di opere di competenza regionale, provinciale e comunale, insieme alla determinazione dei contenuti dello studio di valutazione di impatto ambientale e agli elementi da valutare ai fini dell’esclusione delle opere dal procedimento di VIA (con lo scopo di uniformare la disciplina regionale alle previsioni statali e comunitarie). Molto particolareggiata e definita risulta essere la normativa in materia di valutazione di impatto ambientale della regione Toscana, che ha inizialmente raccolto il quadro disciplinare nella Legge regionale n. 68 del 1995, sostituita in seguito dalla Legge regionale n. 79 del 1998.

La legge regionale ha reso il procedimento di VIA parte integrante del generale processo autorizzatorio, dando attuazione ai principi di semplificazione, razionalizzazione e coordinamento dell’insieme delle procedure e delle valutazioni ambientali: si prevede, infatti, il decentramento delle competenze agli Enti locali, valorizzando il principio di partecipazione ed informazione del pubblico[22]. In conformità alla normativa nazionale e comunitaria, la Regione ha introdotto nel procedimento di VIA una procedura di verifica, una procedura per la fase preliminare, una procedura unica integrata e il garante per l’informazione (al fine di costituire dei modelli di gestione che permettano alle amministrazioni di prendere delle scelte consapevoli e, di conseguenza, fornire motivazioni convincenti a supporto delle loro decisioni). Ex articolo 12 della Legge regionale n. 79 del 1998, si evince, già dalla fase di scoping, il perseguimento della semplificazione amministrativa: vengono individuati non solo i contenuti del SIA, ma anche le amministrazioni interessate e i documenti di maggiore importanza per la realizzazione dell’opera[23].

L’articolo 17 della legge regionale del 1998 disciplina la procedura unica integrata, assicurata ogni volta che il procedimento di valutazione di impatto ambientale coinvolga più amministrazioni pubbliche non statali, dalle quali è necessaria l’acquisizione di pareri, autorizzazioni, nulla osta e assensi attraverso la convocazione di Conferenze di Servizi interne, ad opera della Regione stessa o delle province. Interessante è la figura del garante per l’informazione, nominato in riferimento ad ogni singolo procedimento esperito, con il compito di assicurare una corretta e precisa informazione al pubblico dei cittadini e alle varie formazioni sociali, con lo scopo di facilitarne la partecipazione. L’Autorità competente, previa pubblicazione, può indire un’inchiesta pubblica presieduta dal garante, per evidenziare l’intento di una effettiva e specifica informazione dei cittadini.

Per quanto riguarda l’attribuzione delle competenze, la Legge regionale n. 79 del 1998 conferisce ai comuni le funzioni di monitoraggio e controllo e di applicazione delle relative sanzioni amministrative in caso di inadempienza o inosservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di compatibilità ambientale il quale, se positivo, ha efficacia temporale stabilita di volta in volta, ma comunque mai inferiore ai tre anni. La partecipazione della regione Toscana al procedimento di competenza statale è disciplinata dalle delibere della Giunta regionale n. 356 del 2001 e n. 816 del 2003, che attribuiscono alla Giunta la competenza in ordine all’espressione del parere della Regione nelle procedure di VIA dello Stato, nonché l’istituzione del Nucleo di Valutazione dell’impatto ambientale. La medesima legge dispone l’elenco delle attività soggette a VIA, riservando al Consiglio regionale la facoltà di decidere di assoggettare alla valutazione determinate opere qualora queste ultime possano influire in modo significativo e rilevante sull’ambiente.

 

[1] Corte Costituzionale, sentenza n. 398 del 2006: “La materia tutela dell’ambiente ha natura intrinsecamente trasversale, con la conseguenza che, in ordina alla stessa, si manifestano competenze diverse che ben possono essere anche di tipo regionale. La trasversalità della materia emerge con particolare evidenza con riguardo alla valutazione ambientale strategica, che abbraccia anche settori di sicura competenza regionale”

[2] Quattro allegati ne descrivevano l’applicabilità: Allegato A, ovvero l’elenco dei progetti assoggettati obbligatoriamente alla procedura di VIA regionale; l’Allegato B, l’elenco dei progetti assoggettati alla procedura di VIA regionale solo se ricadenti in aree naturali protette o se le loro caratteristiche lo richiedano; l’Allegato C, ossia le informazioni relative al progetto e ai suoi effetti sull’ambiente, fornite dal committente; l’Allegato D, cioè i criteri di valutazione per l’assoggettabilità alla VIA regionale (screening) per i progetti inclusi nell’Allegato B non localizzati in aree protette

[3] Cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 234 del 2009 e n. 120 del 2010

[4] Sul punto, Corte Costituzionale, sentenza n. 259 del 2004: “La legge regionale impugnata, che attribuisce alle province la competenza al rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 152 del 1999, in relazione a determinate attività, non è illegittima in quanto la competenza a rilasciare autorizzazioni per lo svolgimento delle attività previste dalla legge impugnata spetta alla Regione, sicché la delega dalla Regione alle province del relativo potere autorizzatorio non risulta lesiva di alcun principio costituzionale, e anzi è coerente con il principio di sussidiarietà”

[5] Di seguito, i progetti, per macrocategorie, di competenza delle regioni: a) Recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 200 ettari; b) Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui al derivazione superi i 1.000 litri al secondo e di acque sotterranee ivi comprese acque minerali e termali, nei casi in cui la derivazione superi i 100 litri al secondo; c) Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; c-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica, con procedimento nel quale è prevista la partecipazione obbligatoria del rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali; d) Impianti industriali destinati: alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose; e) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro; f) Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate; g) Produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 35.00 t/anno di materie prime lavorate; h) Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici pericolosi a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 40.000 m3; i) Impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 12 tonnellate di prodotto finito al giorno; l) Porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri; m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all'allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 […]; p) Discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 m3; q) Impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 m3 oppure con capacità superiore a 200 t;  r) Impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 100.00 abitanti equivalenti; s) Cave e torbiere con più di 500.000 m3/a di materiale estratto o di un'area interessata superiore a 20 ettari; t) Dighe e altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di capacitò superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati […]; v) Attività di coltivazione sulla terraferma degli idrocarburi liquidi e gassosi delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni; z) Elettrodotti per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione superiore ai 100 kV

[6] Le nuove norme in materia di VIA nel nuovo decreto correttivo: prima lettura, A. Milone, pag. 882, in Ambiente&Sviluppo, 2008

[7] Esulando dagli aspetti inerenti alla procedura di valutazione di impatto ambientale, va evidenziato, in merito alla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni, l’art. 3 quinquies, introdotto dal d.lgs. n. 4 del 2008. Sulla base dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, l’articolo stabilisce che i criteri generali che si desumono dalle norme inserite nel Codice dell’ambiente sono vincolanti per le Regioni in quanto rappresentano le “condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale”; in più le Regioni sono abilitate all’introduzione di “forme di tutela giuridica dell’ambiente più restrittive”. Questa disposizione (figlia della giurisprudenza costituzionale in merito, così come si può desumere dalla sentenza della Corte Cost. n. 407 del 2002) cerca di definire lo spazio da assegnare alle Regioni in materia ambientale, creando, d’altro canto, incertezza da illegittimità costituzionale relativamente ai limiti connessi alla potestà legislativa regionale (Valutazione di impatto ambientale e ordinamenti regionali, S. Civitarese, pagg. 1119-1120, in Regioni, I, 2008). Sull’argomento si veda la l.r. n. 13 del 2010 della Puglia, il d.g.r. n. 10 del 2010 della Campania, la l.r. n. 14 del 2008 del Lazio e la l.r. n. 12 del 2010 della regione Toscana 

[8] Ex multis, TAR Puglia, Bari, Sez. I, sentenza n. 525 del 2008: “La conclusione del procedimento di VIA è sottoposta al termine di 90 giorni, previsto dall’art. 13 della l.r. pugliese n. 11 del 2001. Allo stesso modo, il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA deve concludersi nel termine di 60 giorni, ai sensi dell’art. 16 della medesima legge regionale. L’obbligo, per l’Amministrazione preposta, di pronunciarsi entro termini perentori sulle istanze di compatibilità ambientale costituisce principio fondamentale della materia, secondo il combinato disposto degli artt. 31, 43 e 44 del d.lgs. n. 152 del 2006, al quale le Regioni non possono derogare”

[9] Valutazione di impatto ambientale, A. Meale, pag. 785, in Dig. Disc. Pubbl., Torino, 2006

[10] In merito, Corte Costituzionale, sentenza n. 536 del 2002: “La tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una materia, in quanto l’ambiente è invece un valore costituzionalmente protetto in funzione del quale lo Stato può dettare standard di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, anche incidenti sulle competenze legislative che ex art. 117 Cost. spettino alle Regioni su materie per le quali quel valore costituzionale assume rilevo. L’art. 117, comma 2, esprime un’esigenza unitaria per ciò che concerne la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ponendo un limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali”

[11] Per un ulteriore approfondimento si veda La Campania accorcia i tempi per l’approvazione della VAS, G. Landi, pagg. 9-10, in Edilizia e Territorio, n. 18, 2008

[12] Resta comunque una perplessità circa il rapporto tra un atto di natura regolamentare, emanato con il dichiarato scopo di aggiornare il procedimento regionale alle nuove disposizioni del d.lgs. n. 4 del 2008, e l’impostazione prevista dal decreto stesso in materia (art. 7, comma 4), che richiede invece l’organizzazione delle procedure regionali “secondo le disposizioni delle leggi regionali” sulla valutazione di impatto ambientale. Nel caso della Regione Campania manca, infatti, la disciplina legislativa sopra indicata

[13] TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, sentenza n. 329 del 2008: “Ai fini dell’applicazione della normativa in materia di VIA, gli impianti di recupero di rifiuti vanno ad ogni effetto equiparati a quelli di smaltimento dello stesso (sul punto si veda la sentenza C-6/00, 27/02/2002, della Corte di Giustizia Europea, la quale fornisce l’interpretazione della direttiva 85/337/CEE in merito alla nozione di smaltimento di rifiuti, con carattere vincolante erga omnes sia per i giudici interni che per le Amministrazioni). Conseguentemente, attesa la piena equiparazione degli impianti di smaltimento e quelli di recupero, un impianto di produzione di energia elettrica da biogas deve essere sottoposto alla procedura di screening ai sensi dell’art. 4 della l.r. Emilia Romagna n. 9 del 1999”

[14] Il Comitato è l’organo regionale tramite il quale la Regione esercita le proprie competenze in materia di valutazione di impatto ambientale

[15] Delibera della Giunta regionale n. 7636 del 1998

[16] Sul punto, TAR Campania, Napoli, Sez. I, sentenza n. 1439 del 2008: “Sebbene abbia la veste formale di atto di indirizzo e coordinamento, il d.p.r. 12 aprile del 1996, abrogato dall’art. 48 del d.lgs. n. 152 del 2006, ma applicabile alle procedure concluse entro il 31 luglio del 2007, secondo la disciplina transitoria di cui all’art. 52, costituendo specificazione del disposto di cui all’art. 40 della legge n. 146 del 1994 ed attuazione di una precisa direttiva comunitaria, è munito di particolare efficacia precettiva, generalmente estranea agli atti della stessa specie, con la conseguenza che allo stesso deve essere riconosciuta la forza normativa propria degli atti dell’ordinamento comunitario, indipendentemente dall’intervento della disciplina regionale di dettaglio”

[17] TAR Campania, Napoli, Sez. I, sentenza n. 1342 del 2008: “Ai fini della pubblicazione dei progetti sottoposti a VIA, non può ragionevolmente intendersi quotidiano provinciale o regionale, e quindi tendenzialmente indirizzato a tutti i cittadini residenti in un determinato territorio, un organo di stampa a diffusione nazionale ma privo di pagine dedicate specificatamente alla cronaca della provincia o della regione interessata o che, pur privilegiando la dimensione regionale, si presenta come quotidiano destinato alla categoria degli operatori economico-finanziari”

[18] Diversamente, il tribunale amministrativo della regione Sardegna ha stabilito che la competenza per l’emanazione del provvedimento di screening spetta alla Giunta regionale. Ciò è stabilito dalla delibera della Giunta n. 5/11 del 2005, che all’art. 9 del rispettivo Allegato A indica in 60 giorni dalla presentazione dell’istanza, da parte del proponente, il termine per la conclusione del relativo iter. Previsione che va integrata con quanto dettato dall’art. 48 della l.r. della Sardegna n. 9 del 2006, secondo cui la competenza ad adottare il provvedimento conclusivo della verifica di assoggettabilità spetta alla suddetta Giunta regionale. Si dovrà, dunque, rivolgere alla Regione l’ordine di adozione del provvedimento in conclusione del procedimento di screening, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione della conclusione dell’iter descritto

[19] La delibera della Giunta regionale n. 426 del 2008 determina la composizione e le modalità di funzionamento  dei Tavoli tecnici, delle Commissioni di VIA e del CTA

[20] A tal proposito, il TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, con sentenza n. 112 del 2009, ha stabilito che “il d.p.r. 12 aprile del 1996 quanto alle misure di pubblicità, all’art. 8 prevede che le Regioni e le Province autonome devono individuare un ufficio ove sono depositati i documenti per la consultazione del pubblico e stabilire misure di pubblicità minime che prevedano almeno: il deposito del progetto dell’opera, dello studio di impatto ambientale e della sintesi non tecnica presso gli appositi uffici previamente individuati e la diffusione di un annuncio su un quotidiano di diffusione provinciale o regionale. E’ in facoltà delle Regioni ad autonomia differenziata individuare ulteriori forme appropriate di pubblicità”. La l.r. n. 43 del 1990 del Friuli Venezia Giulia, pur presentando alcune difformità dalla disciplina statale (quale ad esempio l’onere di presentare entro termini prefissati istanza ad hoc alla pubblica amministrazione al fine di poter attivamente partecipare al procedimento oppure l’indicazione delle modalità di consultazione contenute nell’atto pubblicato sul BUR e non sull’avviso che compare sui giornali), non comporta una diminuzione comunque delle garanzie partecipative

[21] Cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza n. 4589 del 2011

[22] Ex multis, TAR Toscana, Firenze, Sez. II, sentenza n. 2165 del 2010. In conformità alle nuove modalità di organizzazione della P.A., le competenze nella regione Toscana sono fortemente decentrate ed attribuite anche alla provincia, ai comuni e agli Enti parco regionali

[23] Anche se, si sottolinea, la suddetta fase vede come soggetti principali il proponente e l’Autorità competente, estromettendo l’intervento e la partecipazione del pubblico (VIA e VAS riformate: limiti e potenzialità degli strumenti applicativi del principio di precauzione, E. Boscolo, pag. 544, in Urbanistica e Appalti, 2008)