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Matilde Serao e il duello del marito con D’Annunzio

1° - 23 novembre 1876
Lettera Serao, 1886
Lettera Serao, 1886

La storia narrata nel pezzo unico di questo mese ci conduce lontano da Venezia, nella Roma umbertina degli ultimi anni dell’Ottocento. Il documento che vi presentiamo è una lettera della scrittrice e giornalista Matilde Serao inviata ad Oreste Baratieri, da poco promosso colonnello a capo del IV reggimento bersaglieri, e scritta nella casa romana della Serao il 1° novembre 1886.

La lettera appartiene alla serie undicesima, Carteggio privato, dell’Archivio Baratieri Oreste, un fondo che conserva corrispondenza e carte personali del tenente generale Oreste Baratieri, nato nel 1841 e morto nel 1901, una documentazione d’interesse politico, militare e privato, con particolare riguardo all’attività svolta dal Baratieri in Africa dal 1887 al 1896.

Lettera Serao

Caro e illustre amico” esordisce la Serao nella sua lettera, e senza troppi preamboli confessa al Baratieri di aver bisogno da lui di un “gran servigio. “Sentite” è la veloce e rapida espressione con la quale Matilde invita l’amico ad ascoltare quanto è accaduto. Il marito della Serao, il giornalista Edoardo Scarfoglio, e Gabriele D’Annunzio avevano litigato “molto vivacemente”, confessa Matilde, a mezzo stampa, diremo oggi. A seguito del litigio, lo Scarfoglio aveva sfidato D’Annunzio a duello, sfida prontamente accettata dal poeta.

Per prima cosa furono scelti i padrini: il cavaliere Michele Martinelli, capitano di Stato Maggiore, e Giulio Ventura, “da parte nostra”, dice la Serao, sentendosi anch’essa interamente coinvolta nella sfida, e l’avvocato Attilio Luzzatto e Raffaele Basilona, “da parte di d'Annunzio”. Tuttavia, quando i padrini di entrambi le parti si incontrarono, com’era uso, per fissare i termini e le condizioni del duello, “ne è venuta una irresolvibile contestazione, reclamando ognuno, pel proprio primo, la scelta delle armi”, spiega Matilde al Baratieri. Per dirimere tale controversia procedurale, ovvero “sapere con quale codice di cavalleria si dovesse trattare”, scrive Matilde, le parti si accordarono per eleggere “un giurì d’onore”, ossia una giuria neutrale composta da quattro persone, “due proposte da noi” e le altre due scelte da D’Annunzio. I quattro membri avrebbero dovuto a loro volto nominare un quinto componente del “giurì d’onore”.

Lettera Serao

Edoardo e Matilde avevano già scelto il loro primo giurato, nella persona del barone Ottavio Anzani. Con la lettera di lunedì primo novembre Matilde chiede al Baratieri se vuol essere lui il secondo giurato: “Faccio appello alla vostra amicizia, alla generosità vostra, a quel senso alto della giustizia che in voi non si lascia far velo da niente”, sono le parole con le quale Matilde cerca di convincerlo ad aiutarli. “È per noi cosa assai importante, assai delicata”, insiste. La richiesta era piuttosto urgente, visto che i nomi dei giurati dovevano essere comunicati il giovedì stesso, e alla fine della settimana il “giurì d’onore” si sarebbe riunito. “E contate sulla mia inalterabile riconoscenza”, conclude Matilde.

Nell’inventario dell’archivio Baratieri non sono descritti altri documenti che riguardano questo duello o altre lettere della Serao al “caro e illustre amico”, né le carte del tenente generale ci dicono nulla sui lavori del “giurì d’onore”. Da fonti esterne sappiamo quando e come si svolse il duello tra lo Scarfoglio e il D’Annunzio, ma prima di giungere alla conclusione della sfida raccontata da Matilde il primo novembre, è utile tracciare un breve ritratto dei protagonisti, per scoprire qual’era il vero motivo della contesa.

Da Napoli, la venticinquenne Matilde si era trasferita a Roma assieme al padre giornalista alla fine del 1881, e nella Capitale aveva subito ottenuto un contratto col giornale diretto da Luigi Vassallo, il capitan Fracassa, firmando già nel 1882 il suo primo articolo di fondo. Fondato nel 1880 dal Vassallo e da Raffaele Giovagnoli, che ne furono anche direttori, il primo per la parte politica, il secondo per quella letteraria, il quotidiano aveva la sua sede in via del Corso e nelle sue pagine comparivano cronache, illustrazioni e varietà. Vi collaboravano intellettuali, artisti e giovani letterati. Ed è proprio nella redazione del capitan Fracassa che i protagonisti della nostra storia si incontrarono: Matilde e due giovani abruzzesi, Edoardo Scarfoglio e Gabriele D’Annunzio. Fu il principio di una lunga amicizia, di cui la lettera di Matilde a Baratieri è soltanto un capitolo.

Tra Matilde ed Edoardo gli inizi furono “critici”: il giovane giornalista stroncò con parole pungenti il libro di Matilde Fantasia, uscito nel 1883. Ma superata la schermaglia letteraria, tra i due nacque un legame profondo, affettivo e professionale, ed il 28 febbraio 1885 si sposarono, con una doppia cerimonia, la mattina in Campidoglio e la sera a Santa Maria del Popolo. Cronista d’eccezione dell’evento mondano fu l’amico Gabriele D’Annunzio, la cui cronaca del matrimonio uscì il 3 marzo 1885 sulle pagine del quotidiano romano La Tribuna. Nell’articolo D’Annunzio descrisse anche l’abitazione dei novelli sposi, definita la “maison d'un artiste au siècle XIX”, situata al numero 114 di via Nazionale, lo stesso indirizzo che ritroviamo nella lettera di Matilde. Attraverso le parole di D’Annunzio possiamo vedere in quale ambiente Matilde scriveva al Baratieri: “La casa non è vastissima, ma è un nido pieno di cose belle e preziose (…). Le scale, con le pareti coperte da tappeti del Kurdistan, son rallegrate da un’infinità di piante verdi. La camera di studio dei due artisti è di un colore avana chiaro; ha tende altissime d’una stoffa greve, originalissima, di tinte e di disegno arabi. Lunghi scaffali di noce coprono una parete; un gigantesco camino di noce copre l’altra opposta; sedili e sedie d’una stoffa antica intessuta d’oro e di rosso stanno in tutti li angoli. (…) Sul tavolo fra le carte e i libri, tanti oggetti curiosi e vari”.

 Per i novelli sposi il 1885 fu un anno fondamentale anche dal punto di vista professionale. Desiderosi di un giornale che raccontasse il loro modo di concepire la vita, in tutti i suoi vari aspetti, si imbarcarono assieme nell’avventura di fondare un nuovo giornale, il Corriere di Roma, il cui primo numero uscì nel dicembre del 1885.

Per Matilde ed Edoardo fu un’esperienza lavorativa difficile, il giornale incontrava ostacoli e non decollava perché alta era la concorrenza. Un anno dopo, in una frase della lettera al Baratieri, Matilde si lascia sfuggire tutto il suo sconforto per le difficoltà incontrate nella nuova impresa: “Noi facciamo un assai duro mestiere, che ci priva di qualunque soddisfazione e ci espone a continua amarezza: se ci manca la benevolenza degli onesti e dei giusti, sarà meglio smettere”.

Nel 1886, La Tribuna, il quotidiano rivale del Corriere di Roma, annunciò che avrebbe offerto ai suoi abbonati, per l’anno successivo, un nuovo libro di D’Annunzio, intitolato Isotta Guttadauro. Matilde ed Eduardo lo videro come un tradimento del loro amico e collaboratore, il quale invece di prestare aiuto al loro giornale preferiva pubblicare con la concorrenza: fu questo l’inizio dello scontro che avrebbe portato al duello. Come risposta, sulle pagine del Corriere di Roma venne annunciata l’uscita, a partire dal 16 ottobre, di un poema “eroi-comico” intitolato Risaotta al pomidauro, una chiara parodia del lavoro di D’Annunzio. Anche Matilde, nella rubrica mondana da lei curata sul Corriere, pubblicò un secondo poemetto parodistico, Risaottina allo zafferano. La replica di D’Annunzio non si fece attendere, e sulle pagine de La Tribuna attaccò Scarfoglio. Ad Edoardo non restò altro da fare che sfidare D’Annunzio a duello, come Matilde ci ha raccontato.

Le cronache ci raccontano che martedì 23 novembre, fuori Porta Pia, si combatté il duello tra Scarfoglio e D’Annunzio. A vincere fu Edoardo, dopo aver ferito D’Annunzio al terzo assalto. Fu la fine della loro amicizia. Una fine momentanea, perché come ogni grande amicizia, anche quella tra Matilde, Edoardo e D’Annunzio conobbe i suoi momenti critici e i suoi giorni lieti, ed era destinata a durate tutta la vita.

Alla fine del 1887, terminata l'esperienza romana, Matilde ed Edoardo si trasferiscono a Napoli, dove proseguono la loro avventura giornalistica. E sulle pagine del loro nuovo quotidiano, il Corriere di Napoli, nel 1891 pubblicarono il romanzo L'innocente di D'Annunzio, che nessuno voleva pubblicare dopo il rifiuto dell'editore Treves che lo aveva ritenuto immorale. Fra i tre amici tornò la pace, e nel 1892 D'Annunzio dedicò il suo romanzo Giovanni Episcopo proprio alla sua “cara amica” Matilde.

Pezzi Unici

Per vedere il video YouTube dell’Archivio di Stato di Venezia:

Pezzi Unici n. 9

 

Fonti d'archivio

Archivio di Stato di Venezia, Baratieri Oreste, 1860 – 1896, busta 8, serie 11 (Carteggio privato), fascicolo A (1871-1889), anno 1886, lettera n. 11.

Archivio di Stato di Venezia, Inventario n. 458, Archivio di Oreste Baratieri.

 

Bibliografia

P. Chiara, Vita di Gabriele D'Annunzio, Milano, Mondadori, 2013.

R. Giglio, L'invincibile penna: Edoardo Scarfoglio tra letteratura e giornalismo, Napoli, Loffredo, 1994.

L. Rocco Carbone, Cara Matilde. La Serao, la scrittura, la vita, Napoli, Kairós Edizioni, 2018.

T. Scappaticci, Introduzione a Serao, Roma-Bari, Laterza, 1995.

M. Serra, L'Imaginifico. Vita di Gabriele D'Annunzio, Vicenza, Neri Pozza, 2019.

N. Verdile, Matilde Serao, Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 2017.