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Per i 150 anni di Aida

Aida a Venezia, 1876 e 1881
Bartolomeo Cecchetti
Bartolomeo Cecchetti

La sera di martedì 11 luglio 1876, mentre una cappa di caldo opprimeva la Laguna, il sipario dell’antico e glorioso teatro di San Giovanni Grisostomo, dal 1835 dedicato a Maria Malibran, si sollevò per la «prima rappresentazione dell’opera-ballo Aida, del maestro senatore G. Verdi, diretta dal maestro Franco Faccio»[1]. Aida, commissionata al grande musicista di Busseto per inaugurare l’apertura del canale di Suez, aveva avuto la sua première assoluta proprio in Egitto, il 24 dicembre 1871, e, dopo la ripresa del Teatro alla Scala di Milano l’anno successivo, stava percorrendo tutti i teatri del mondo. Raggiungeva Venezia per iniziativa di Antonio Gallo (1815-1883), poliedrica figura di artista, violinista, cantante, direttore d’orchestra, nonché “imprenditore dello spettacolo”, il quale, avendo la gestione del Malibran, non senza una certa esitazione iniziale – dovuta al ricordo dell’insuccesso di altri recenti allestimenti operistici – si era infine deciso a proporla nella città dei Dogi, scritturando un cast di primissimo piano, formato da interpreti verdiani d’eccellenza, senza lesinare nemmeno in attrezzi e vestiario («splendidissimi e, a detta di chi ha veduto l’Aida a Parigi, ben superiori a quelli che vi erano in quella città capitale»[2]).

Cast Malibran

Il contesto in cui l’opera di Verdi esordiva al Malibran era quello successivo all’ingresso delle province venete nel Regno d’Italia, dopo il plebiscito che aveva seguito la conclusione della cosiddetta Terza Guerra d’indipendenza nel 1866. Il censimento del 1869 aveva rilevato 133.037 abitanti nei «sestieri» di Venezia, una proporzione cittadina abbastanza rilevante nel contesto del nuovo Stato unitario[3]. Fino alla fine della Repubblica, nel 1797, Venezia era stata una delle città più vivaci e attive in campo musicale, una delle grandi “capitali della musica” a livello europeo, polo d’attrazione per innumerevoli artisti; vi era anche nato, già nel XVII secolo, il primo teatro destinato al melodramma per un pubblico pagante. Il ridimensionamento dell’antica capitale su una semplice scala provinciale e il conseguente rimescolamento sociale avevano però comportato, come immediato riflesso, la chiusura di molte sale teatrali e la trasformazione di altre. Era venuta meno la proprietà patrizia dei palchi nonché la gestione di interi teatri da parte di nobili famiglie, e si era fatta strada la conduzione di nuovi impresari, per una frequentazione prevalentemente borghese, quando non addirittura popolare; grandi loggioni erano stati aperti al posto degli ultimi ordini di palchi superiori, proprio per fare spazio a un più largo concorso di folla. Non erano però mancate, nella prima metà dell’Ottocento, prime esecuzioni assolute di importanti opere di Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi e altri. Nella seconda parte del secolo la situazione era ulteriormente mutata. Se negli ultimi anni del governo austriaco, anche per polemica verso di esso, la vita teatrale aveva languito, dopo il 1866 si era invece realizzata una certa ripresa. Aveva infatti riaperto la Fenice, principale scena cittadina, chiusa da ben sette anni; accanto a essa, si mantenevano attivi, pur tra notevoli difficoltà gestionali e frequenti passaggi di direzione, almeno altri tre teatri principali, edificati nei secoli precedenti: il San Luca o San Salvador (ora Goldoni), dedicato però ormai in via pressoché esclusiva alla prosa, il Malibran, il San Benedetto (dal 1868 chiamato Rossini). L’organizzazione delle stagioni proseguiva con il consueto metodo dell’assegnazione a impresari[4]; le première assolute si erano fatte più rare, ma non mancavano comunque – come appunto nel caso di Aida – allestimenti di rilievo.

La Gazzetta di Venezia, all’epoca primario organo di stampa cittadino[5], salutò l’arrivo del melodramma egizio di Verdi con grande favore:

Mercé il coraggio del maestro Gallo, l’Aida dal regno delle ipotesi è passata in quello della realtà. Il pubblico veneziano, se ebbe a pazientare sì a lungo per udire cotesto capolavoro di Verdi, ha oggi la soddisfazione di vedersi apparecchiata tanta solennità artistica con tale amore e con tale intelligenza, da farlo sicuro che nessuno mai più di esso ebbe la fortuna di udire l’Aida con elementi migliori[6].

Oltre al direttore, l’ancor giovane veronese Faccio, gli interpreti dell’opera furono in effetti tra i più prestigiosi che si potessero desiderare, e si erano distinti l’anno precedente nel Requiem verdiano sempre al Malibran: Giovanni Marchetti (basso, il Re), Maria Waldmann (mezzosoprano/contralto, Amneris), Angelo Masini (tenore, Radamès), Maddalena Mariani Masi (soprano, Aida), Paolo Medini (basso, Ramfis) e Adriano Pantaleoni (baritono, Amonasro)[7]; le scene, molto curate, erano di Pietro Bertoja[8]. Il successo arrise notevole e pieno, come rilevò ancora la Gazzetta, dedicando inconsuetamente la sua prima pagina all’evento:

Gli applausi sinceri, spontanei che scoppiarono ieri sera ad ogni pezzo, ad ogni frase di cotesto mirabile lavoro; le acclamazioni entusiastiche che eruppero da mille petti nei tratti più saglienti, le ovazioni clamorose fatte agli artisti per tutto il corso dell’opera formano, sommato tutto, la prova più solenne del successo splendidissimo che ottenne anco fra noi l’ultimo, per ora, lavoro teatrale di Verdi[9].

Anche La Venezia, giornale politico fondato proprio nel 1876, si unì alle lodi:

È un’Aida come difficilmente si potrà mai udire, come difficilmente nessuno può immaginare. E non dureranno fatica a crederci i lettori, quando sapranno che esecutori n’erano quei cinque artisti, dei quali omai la fama è celebrata entusiasticamente su tutti i principali teatri e nostri e stranieri. La Waldmann e Masini, la Mariani e Medini e Pantaleoni! Andate a udirli, e se non balzerete dagli scanni, come più volte abbiam veduto ier sera gli spettatori, diteci pure che vi abbiamo ingannato[10].

Da “dietro le quinte”, Maddalena Mariani, che interpretava la parte di Aida, scrivendone a Giulio Ricordi (alla cui cerchia l’impresario Gallo era collegato) si disse soddisfatta della gentilezza della collega Maria Waldmann, che aveva conosciuto nell’occasione, e del felice esito della prima veneziana: «Passato il debutto che fu per tutti un vero trionfo!». Con ironia, la cantante registrava la «grande paura» del «povero Gallo» e la delusione di questi per l’unico neo della serata, un afflusso di pubblico che – forse per il timore del caldo, come annotavano i giornali – non aveva risposto pienamente alle attese[11]. Sull’insoddisfazione di Antonio Gallo per le scarse presenze e sulle titubanti incertezze dell’impresario intervenne qualche giorno dopo, con un certo dileggio, lo stesso Verdi, scrivendone all’amico veneziano Cesare Vigna: «Il momento di dare Aida a Venezia era subito dopo che venne eseguita a Milano. Allora era il momento, e Gallo poteva farlo! Io glielo consigliai, ma... aveva allora paura!»[12]. Dopo le repliche al Malibran, la viennese Maria Waldmann si ritirò definitivamente dalle scene, a soli 31 anni, per sposare un aristocratico italiano.

Trascorsi cinque anni dagli allori del 1876, nel settembre 1881 Aida venne riproposta per la seconda volta a Venezia, ora sulla maggiore scena cittadina, La Fenice. L’occasione era davvero molto particolare: l’impresario Cesare Trevisan, che gestiva il teatro, fu infatti richiesto dalle autorità di allestirla nell’ambito delle feste e delle cerimonie che si stavano preparando a margine dell’importante III Congresso geografico internazionale, che doveva aprirsi quel mese in città, per la prima volta in Italia dopo le edizioni di Anversa e Parigi[13]. Nuovamente sotto la bacchetta di Franco Faccio, una compagnia di buon livello fu radunata per il ritorno dell’opera verdiana: Francesco Panari (il Re), Giuseppina Pasqua (Amneris), Emma Turolla (Aida), Giovanni Sani (Radamès), Enrico Serbolini (Ramfis), Gottardo Aldighieri (Amonasro). Nonostante gli elogi ricevuti dalla direzione di Faccio, il successo non corrispose però interamente alle aspettative, proprio perché ancora aleggiava, nelle orecchie degli spettatori, il ricordo del fenomenale allestimento di cinque anni prima al Malibran:

I ricordi della prima Aida ergevano terribili; e gli artisti tutti, specialmente ai due primi atti, ne ebbero prova nella freddezza del pubblico diffidente ed arcigno. Non un saluto, non un applauso cordiale venne per quei due atti a rompere quello strato di ghiaccio che copriva gli animi degli spettatori.

La serata inaugurale del giorno 11 comunque si salvò, soprattutto grazie all’arte di Emma Turolla, che esordiva nel ruolo di Aida. Insomma, per lo spettacolo – che si era valso di una «messa in iscena decorosa, benché non ricca» – «non fu un successo entusiastico, ma però fu sempre un bel successo»[14]. La regina d’Italia, Margherita di Savoia, giunta a Venezia con il consorte Umberto I e il figlio Vittorio Emanuele per l’apertura del Congresso, fu presente a teatro, benché solo dalla metà del I atto al finale del II. Margherita aveva già assistito a quasi tutta la prova generale, il 9 settembre, divertendosi moltissimo, in quella che era per lei la prima occasione del genere, alle intemperanze del maestro Faccio nei confronti di musicisti e maestranze[15].

La ripresa veneziana di Aida del 1881 può essere collegata, in un certo senso, pure all’Archivio di Stato di Venezia. L’opera, come si è visto, fu infatti messa in scena in occasione delle feste per il III Congresso geografico internazionale. Molti geografi, provenienti da diverse nazioni, convennero allora a Venezia per partecipare ai lavori e visitare i padiglioni nazionali che erano stati allestiti a Palazzo Reale, e assieme agli specialisti si raccolsero anche numerose personalità e semplici appassionati. L’Archivio – dal 1876 guidato dal dinamico direttore Bartolomeo Cecchetti, che era inoltre soprintendente degli Archivi del Veneto – non poteva mancare di prendere parte a un avvenimento così rilevante per Venezia e per l’Italia, e difatti allestì nella sede dei Frari un’esposizione, logicamente dedicata soprattutto alla cartografia[16]; ne fu subito stampato e distribuito il catalogo (Catalogo delle mappe, dei codici e di altri manoscritti esposti nell’Archivio di Stato ai Frari, Venezia 1881). Ai convegnisti venne altresì offerta un’ulteriore pubblicazione specificamente realizzata per la circostanza, il corposo volume L’Archivio di Stato in Venezia negli anni 1876-1880 (Venezia 1881), con il quale si intendeva dichiaratamente fornire «qualche nuova notizia sugli Archivi Veneti, sull’andamento dell’Ufficio, e sugli studi». Se in effetti è vero che «per il Cecchetti l’Archivio era uno strumento di arricchimento culturale e civile da mettere a disposizione di tutti gli storici desiderosi di ricostruire le linee essenziali della civiltà veneziana»[17], non vi poteva essere momento migliore di un raduno di scienziati e “bel mondo” per ampliare la platea di interessati al prezioso Istituto e ai documenti che vi erano custoditi. E così, il direttore esprimeva l’auspicio che l’omaggio del testo venisse

accolto quale un ricordo di questo prezioso istituto, sempre lieto delle ricerche e degli studi degli stranieri e dei nazionali; come un saluto che da queste sedi della storia di Venezia e d’Italia, inviano i grandi veneziani, che cogli arditi viaggi e coi lontani commerci, diffusero la civiltà in tempi oscuri, recando in patria la cognizione e le ricchezze di altre regioni e di altri mondi (p. VI).

In quel settembre 1881, le serate di replica di Aida videro pure la sperimentazione dei nuovi effetti che il progresso delle scienze metteva a disposizione, quali l’illuminazione elettrica dell’intera platea (fino a quel momento dotata di lampade a gas) e «la trasmissione a mezzo del telefono del suono della Marcia Reale suonata a 200 metri circa di distanza»[18]; l’esito però, almeno per quei primi tentativi, non fu particolarmente brillante, e così l’applicazione delle nuove tecnologie venne rinviata a un momento successivo.

 

Per vedere il video YouTube dell’Archivio di Stato di Venezia:

PEZZI UNICI N. 16

Gazzetta-di-Venezia,-12-luglio-1876
Gazzetta di Venezia, 12 luglio 1876
Gazzetta di Venezia, 12 luglio 1876
Gazzetta di Venezia, 12 luglio 1876

 

Gazzetta di Venezia, 12 luglio 1876
Gazzetta di Venezia, 12 luglio 1876

 

Gazzetta di Venezia, 12 settembre 1881
Gazzetta di Venezia, 12 settembre 1881
Pezzi unici

 

 

[1] Gazzetta di Venezia, 11 luglio 1876. Cfr. anche Teatro Malibran. Venezia a San Giovanni Grisostomo, a cura di M.I. Biggi, G. Mangini, Venezia 2001, p. 96.

[2] Gazzetta musicale di Milano, anno XXXI, n. 29, 16 luglio 1876, p. 245.

[3] Sergio Barizza, Il Comune di Venezia 1806-1946. L’istituzione - Il territorio. Guida-inventario dell’Archivio Municipale, II ed., Venezia, Comune di Venezia, 1987, p. 134 e p. 177

[4] Cfr. John Rosselli, L’impresario d’opera. Arte e affari nel teatro musicale italiano dell’Ottocento, Torino, EDT, 1985 (ed. or. The Opera Industry in Italy from Cimarosa to Verdi: The Role of the Impresario, New York, Cambridge University Press, 1984).

[5] Si trattava del giornale veneziano più antico e più autorevole ancora in attività, poiché la fondazione risaliva al XVIII secolo. Negli anni successivi all’Unità aveva una tiratura che si avvicinava alle 10.000 copie; proprio in quel periodo, esso si stava evolvendo da “foglio ufficiale” del Governo, dedicato principalmente alla pubblicazione di norme e decreti, a vero e proprio quotidiano, strutturato sui modelli parigini e londinesi, pronto a dedicare uno spazio progressivamente più ampio a notizie di risonanza internazionale, ma anche di cronaca italiana e locale, manifestandosi come espressione del moderatismo conservatore dei ceti abbienti.

[6] Gazzetta di Venezia, 11 luglio 1876; Biggi, Mangini, p. 96

[7] Aida: opera in quattro atti / versi di Antonio Ghislanzoni, musica di G.Verdi. Teatro Malibran di Venezia estate 1876, Milano [etc.], R. Stabilimento Musicale Ricordi, [1876?].

[8] Pietro Bertoja, scenografo e fotografo, a cura di M.I. Biggi, Firenze, 2013.

[9] Gazzetta di Venezia, 12 luglio 1876.

[10] La Venezia, 12 luglio 1876, cit. in L’Arte. Rassegna di musica, drammatica e coreografia, Anno VII, n. 20, 20 luglio 1876.

[11] Milano, Archivio storico Ricordi, Fondo Corrispondenza, LLET010204, LLET010209, LLET010210, Lettere di Maddalena Mariani a Giulio Ricordi, luglio 1876, 2 luglio 1876, 12 luglio 1876.

[12] Cfr. lettera apparentemente inedita di G. Verdi a Cesare Vigna, in vendita all’asta da Sotheby’s nel 2017: Autograph letter signed, to Cesare Vigna, about a production of Aida in Venice, 28 july 1876. https://www.sothebys.com/fr/auctions/ecatalogue/2017/music-manuscripts-private-collection-l17413/lot.144.html

[13] Società Geografica Italiana, Terzo Congresso Geografico Internazionale. Tenuto a Venezia dal 15 al 22 settembre 1881, Volume Primo, Notizie e Rendiconti, Roma 1882, p. 171 (https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=nnc1.0035537264&view=1up&seq=13). cfr. pure Aida alla Fenice, a cura di F. Rossi, in Aida, Libretto della stagione Teatro La Fenice 2018-2019, pp. 91-103

[14] Gazzetta di Venezia, 12 settembre 1881.

[15] Gazzetta di Venezia, 10 settembre 1881.

[16] Terzo congresso geografico internazionale. Venezia 1881, Mostra. Catalogo generale, Parte prima, Venezia 1881.

[17] Paolo Preto, voce CECCHETTI, Bartolomeo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 23, Roma 1979.

[18] Gazzetta di Venezia, 11 settembre 1881.