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Millantato credito e traffico di influenze illecite

Un’analisi delle fattispecie alla luce dell’evoluzione legislativa e della Giurisprudenza di Legittimità
Legge Anticorruzione e Spazzacorrotti
Legge Anticorruzione e Spazzacorrotti

Abstract

Il tema dell’interferenza e della mediazione di un soggetto che, tramite rapporti - esistenti o solo asseriti - con un pubblico ufficiale, si fa consegnare denaro (o ne accetta la promessa) come prezzo della propria mediazione, da un terzo agente disposto a pagare, ha subìto negli ultimi anni una profonda evoluzione legislativa, prima con l’approvazione della Legge Anticorruzione e successivamente con la cosiddetto Legge Spazzacorrotti.

A seguito di tali modifiche, risulta, dunque, opportuno esaminare quali comportamenti sono oggi sanzionati e comprendere quale rapporto intercorre tra le varie discipline, anche alla luce dei principi relativi alla successione di leggi penali nel tempo, con particolare riguardo alla disciplina più favorevole da applicare al caso concreto.

 

Indice:

1. Premesse

2. L’articolo 346 Codice penale “millantato credito” e la riforma del 2012

3. La riforma del 2019 ed il nuovo rapporto tra l’articolo 346 e l’articolo 346 bis

 

1. Premesse

Per chiarezza e per sgombrare il campo da dubbi e malintesi, è preliminarmente opportuno chiarire che - ad oggi - il comportamento di chi fa da mediatore, con l’ausilio di rapporti vantati o reali, verso un pubblico ufficiale è punito dall’articolo 346 bis Codice penale, rubricato “traffico di influenze illecite”, che nella propria disciplina punisce anche colui – privato – che dà il denaro per l’attività di mediazione.

Questa è l’unica disciplina attualmente in vigore in tema di mediazione con i pubblici ufficiali, in quanto la Legge 3 del 2019 ha abrogato l’articolo 346 Codice penale, rubricato “millantato credito”, che come vedremo – paradossalmente – puniva solo la mediazione fittizia e lasciava esente da responsabilità penale colui che dava o prometteva denaro.

Tuttavia, in conclusione, seppur formalmente abrogata, la disciplina del millantato credito può ancora avere rilevanza nell’ordinamento penale, poiché in alcuni casi risulta essere norma più favorevole all’imputato e per l’effetto applicabile.

 

2. L’articolo 346 Codice penale “millantato credito” e la riforma del 2012

Prima dell’entrata in vigore della Legge anticorruzione del 2012, il tema oggetto della presente trattazione era disciplinato unicamente all’articolo 346 Codice penale che puniva chiunque, millantando un rapporto con un pubblico ufficiale o un pubblico impiegato che prestasse pubblico servizio, riceveva denaro o altra utilità o ne accettava la promessa, come prezzo della propria mediazione fittizia.

Dunque, il primo dato ricavabile è che chiunque poteva commettere tale reato.

In tale delitto, l’interesse leso è rinvenibile nel prestigio della Pubblica Amministrazione, in quanto un simile comportamento indurrebbe a far credere che il pubblico ufficiale si lasci corrompere e non rispetti i connotati di probità e correttezza richiesti e sottesi all’attività di colui che rappresenta la Pubblica Amministrazione.

Elemento di fondamentale importanza risulta essere che parte della Giurisprudenza in tale disciplina individuava come persona offesa dal reato non solo la pubblica amministrazione ma addirittura anche colui che effettuava o prometteva la dazione, leso nei suoi beni patrimoniali (sul punto Cass. Pen., Sez. VI, 97/2740).

La valutazione del soggetto che dà il denaro, come vedremo, è stata completamente capovolta nel corso degli anni.

La pena prevista era della reclusione da uno a cinque anni.

Come anticipato, in materia è intervenuta la Legge Anticorruzione (L. 6 novembre 2012, n. 190), che all’articolo 1 comma 75, lettera r) ha introdotto nell’ordinamento il reato di traffico di influenze illecite (articolo 346 bis Codice penale).

In particolare, l’allora articolo 346 bis Codice penale prevedeva la punibilità di chi, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente si faceva dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio.

Una delle più importanti novità era rinvenibile nella circostanza che la stessa pena si applicasse anche a chi indebitamente dava o prometteva denaro o altro vantaggio patrimoniale.

Veniva, dunque, punito anche il privato.

I limiti edittali previsti andavano da un anno a quattro anni e sei mesi. Già da solo questo dato può far capire la discrasia creata con l’introduzione della fattispecie di traffico di influenze illecite senza la modifica della disciplina previgente: poteva essere punito più gravemente il soggetto millantatore di una relazione inesistente rispetto al soggetto che il rapporto lo aveva realmente.

Dunque, all’indomani della riforma del 2012, da un lato, l’articolo 346 Codice penale puniva il millantato rapporto con un esponente della Pubblica Amministrazione, lasciando esente da responsabilità il privato terzo agente, mentre, dall’altro lato, l’articolo 346 bis Codice penale puniva il rapporto esistente realmente, prescrivendo una responsabilità anche a carico del soggetto che pagava.

Il sistema risultava essere assolutamente disomogeneo e foriero di possibili situazioni critiche.

Una delle derivazioni di tale assetto era, infatti, rinvenibile nella circostanza che i fatti commessi prima dell’entrata in vigore della Legge n. 190 del 2012, nei quali il soggetto attivo ha ottenuto la promessa o dazione del denaro vantando un’influenza sul pubblico ufficiale esistente, che prima erano compresi pacificamente nella disciplina di cui all’articolo 346 Codice penale, ora dovevano essere ricondotti nella nuova fattispecie di cui all’articolo 346 bis Codice penale, che, prescrivendo una pena inferiore, realizzava un caso di successione di leggi penali regolato dall’articolo 2 Codice penale, comma 4, con applicazione della norma più favorevole al reo.

Tale risultato – paradossale – è stato raggiunto in molti casi concreti, in occorrenza di uno dei quali i Giudici della Corte di Cassazione sancivano, per l’appunto, che “le condotte di colui che, vantando un’influenza effettiva verso il pubblico ufficiale, si fa dare o promettere denaro o altra utilità come prezzo della propria mediazione o col pretesto di dover comprare il favore del pubblico ufficiale, condotte finora qualificate come reato di millantato credito ai sensi dell’articolo 346 Codice penale, commi 1 e 2, devono, dopo l’entrata in vigore della LEGGE n. 190 del 2012, in forza del rapporto di continuità tra norma generale e norma speciale, rifluire sotto la previsione dell’articolo 346 bis Codice penale, che punisce il fatto con pena più mite” (Cass. Pen., Sez. VI, 51688/14).

Sul punto, più recentemente, si è nuovamente espressa la Corte Suprema, che ha confermato il medesimo principio specificando che tra le due norme (articolo 346 Codice penale e articolo 346 bis Codice penale) sussisteva un rapporto di continuità tra norma generale e speciale (Cass. Pen., Sez. VI, 17/4113).

Il sistema andava, dunque, necessariamente rivisto.

 

3. La riforma del 2019 ed il nuovo rapporto tra l’articolo 346 e l’articolo 346 bis

 In tale contesto normativo si inserisce la disciplina della Legge Spazzacorrotti che, da un lato, ha abrogato l’articolo 346 Codice penale e dall’altro ha modificato l’articolo 346 bis Codice penale includendovi anche l’ipotesi di millantato credito.

Attualmente, dunque, l’articolo 346 bis, traffico di influenze illecite, prescrive che chiunque, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.

Dunque, le due fattispecie sono state unite e permane la punibilità del soggetto che paga per la mediazione, sia questa effettiva o asserita.

Il terzo pagatore da persona offesa dal reato (come dichiarato da parte della giurisprudenza in vigenza del solo delitto di millantato credito) diviene, in ogni caso (che la mediazione sia fondata su rapporti veri o fittizi), concorrente necessario in ordine alla realizzazione del reato stesso.

Risolta la problematicità in relazione alla coerenza del sistema, rimangono, tuttavia, le criticità in ordine al rapporto tra le due norme, l’articolo 346 Codice penale – abrogato – e l’articolo 346 bis Codice penale in vigore.

Sul punto, un importante e recentissima sentenza della Corte di Legittimità ha fatto chiarezza, sancendo che “sussiste continuità normativa tra la fattispecie di millantato credito, formalmente abrogata dall'articolo 1, comma 1, lettera s), Legge 9 gennaio 2019, n. 3, e quella di traffico di influenze di cui all'articolo 346 bis Codice penale, come novellato dall'articolo 1, comma 1, lettera t), stessa Legge, in relazione alla condotta di chi, vantando un'influenza – effettiva o meramente asserita, stante l'equiparazione tra le due ipotesi – presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si faccia dare denaro e/o utilità quale prezzo della propria mediazione” (Cassazione penale sez. VI, 14/03/2019, n. 17980).

Dunque, stante la continuità normativa, tra le due norme si verifica un’ipotesi di successione di leggi penali nel tempo con applicazione, ex articolo 2 c. 4 Codice penale, della disciplina più favorevole al reo.

Peraltro, la decisione su richiamata ribadisce che ci si trova dinnanzi ad un’ipotesi di abrogatio sine abolitione: l'abrogazione del millantato credito (346 Codice penale) in concreto non ha determinato alcuna abolizione della rilevanza penale delle condotte tipizzate nella fattispecie penale abrogata, che rimangano sempre penalmente sanzionate, verificandosi, dunque, una piena continuità normativa.