x

x

Mutuo: nella valutazione di usurarietà degli interessi si tiene conto anche di quelli convenuti in caso di mora

1. Le massime

Si intendono usurari – ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815 c.c., comma 2 – gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi, anche a titolo di interessi moratori: da ciò consegue che, ove la soglia sia superata, la clausola recante la previsione degli interessi è nulla e gli interessi convenuti non sono dovuti.

La deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario è rilevabile anche d'ufficio, poiché non integra un'eccezione in senso stretto bensì una mera difesa, la quale può essere avanzata anche in appello, nonché formulata in comparsa conclusionale, ma a condizione che sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio (la censura di nullità della convenzione degli interessi usurari, era – nel caso di specie – tardiva, atteso che gli elementi in fatto sui quali la questione era fondata e l'indicazione del tasso applicato erano contenuti soltanto nella comparsa conclusionale in appello, a fronte della necessità che i motivi di appello, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., siano specifici e che con la comparsa conclusionale non possono essere dedotte nuove circostanze di fatto che non siano state già dedotte con l'atto di appello).

2. Il caso

Tizio conveniva in giudizio la Banca Alfa lamentando che il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria, stipulato nel mese di settembre del 1996 per l'acquisto della propria casa, era da considerare usurario. Il Tribunale rigettava la domanda volta a sentir accertare l'illegittimità della misura degli interessi stabiliti nel contratto di mutuo, sulla base della considerazione che, ai sensi dell’art. 2 della Legge 7 marzo 1996, n. 108 - recante “Disposizioni in materia di usura” – per la determinazione degli interessi usurari i tassi effettivi globali medi rilevati dal Ministero del Tesoro ai sensi della citata legge devono essere aumentati della metà. Considerato che l’apposito decreto, emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell'8.29% ha, quindi, escluso che il tasso contrattualmente fissato potesse essere ritenuto usurario.

La Corte di appello, con sentenza, in sede di gravame, confermava la decisione di primo grado evidenziando che i motivi posti a base dell'appello non erano specifici rispetto alla motivazione della decisione del Tribunale. L'appellante si era limitato ad invocare la natura usuraria degli interessi pattuiti senza contestare i parametri adottati dal primo giudice per valutare la fondatezza della domanda e senza indicare le ragioni di fatto e di diritto idonee a ribaltare la decisione impugnata, mentre privi di rilevanza erano i riferimenti allo scopo per cui era stato stipulato il mutuo. Infine, la maggiorazione del 3% prevista per il caso di mora non poteva essere presa in considerazione, data la sua diversa natura, nella determinazione del tasso usurario. Da ultimo, ha ritenuto che le richieste istruttorie di ordinare l'esibizione del carteggio intercorso tra le parti e di consulenza tecnica contabile d’ufficio che quantificasse le differenze incassate in eccedenza dalla Banca fossero inammissibili per la loro genericità e per il carattere meramente esplorativo, nonché prive di attinenza con i motivi posti a base del gravame. Inammissibili erano ritenute anche le deduzioni – per la prima volta proposte nella propria comparsa conclusionale – ove Tizio cercava di sopperire alle carenze dell’appello, indicando, per la prima volta, i tassi, a suo dire applicati (e non quelli pattuiti, rilevanti ai fini dell'azione proposta) ed il tasso soglia che riteneva superato.

Contro la sentenza di appello parte attrice proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi con i quali denuncia: 1) vizio di motivazione; 2) violazione dell'art. 1421 c.c., a mente del quale “Salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”. Resisteva con controricorso la Banca Alfa.

3. La decisione

Il primo motivo, contenente riferimenti alla nullità della clausola determinativa degli interessi avuto riguardo al tasso ABI, è ritenuto inammissibile, poiché – sebbene proposto in primo grado ed implicitamente disatteso dal Tribunale – non risultava riproposto in appello. Il profilo della censura relativo all'anatocismo, neppure menzionato nella sentenza impugnata, risulta dedotto solo in appello ed è dichiarato del pari inammissibile in quanto censura del tutto nuova, oltre che generica.

Quanto all’usurarietà del tasso pattuito, il ricorrente deduce il contrasto con quanto previsto dal D.M. 27 marzo 1998, ove il tasso praticabile per il mutuo era indicato nella misura dell’8,29%. Tizio, inoltre, sostiene che l’usurarietà del tasso dovrebbe, altresì, dedursi rispetto allo scopo per cui fu richiesto il mutuo, nella specie, per l’acquisto di un bene primario quale la casa di abitazione, anche tenuto conto della maggiorazione di tre punti percentuali previsti per il caso di mora. In proposito, la Corte rileva che, ai sensi dell’art. 644, comma 3, c.p., sono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge ovvero “gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica”. A tale scopo, sottolinea il Supremo Collegio, non è sufficiente dedurre il semplice fatto che il mutuo sia stato stipulato per l’acquisto di un’abitazione.

La stessa censura, invece, è ritenuta fondata in relazione al tasso usurario perché dalla trascrizione dell'atto di appello risulta che parte ricorrente aveva specificamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il tasso soglia senza tenere conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora. Ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori.

Quanto al secondo motivo, la censura è infondata, posto che, pur trattandosi di questione di diritto rilevabile d'ufficio (nullità della convenzione di interessi usurari), gli elementi in fatto sui quali la questione era fondata e, dunque, l'indicazione del tasso applicato contenuta (soltanto) nella comparsa conclusionale non poteva che essere ritenuta tardiva, tenuto conto della necessità che i motivi di appello, ex art. 342 c.p.c., siano specifici e che con la comparsa conclusionale non possono essere dedotte nuove circostanze di fatto che non siano state già dedotte con l'atto di appello. Se, infatti, è vero che la deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario è rilevabile anche d'ufficio, essendo una mera difesa che può essere avanzata anche in appello, nonché formulata in comparsa conclusionale, è altresì vero che ciò è possibile a condizione che "sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio".

La sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta, vale a dire con riferimento alla determinazione del tasso soglia comprensivo della maggiorazione per la mora, con rinvio alla Corte di appello territoriale, in diversa composizione, per un nuovo esame e per il regolamento delle spese.

4. I precedenti

Quanto alle modalità di calcolo del tasso usurario, da intendersi comprensivo degli interessi convenuti per l’ipotesi di mora, si fa rinvio alla sentenza della Corte costituzionale del 25 febbraio 2002 n. 29, ove si legge che “il riferimento, contenuto nell'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi ‘a qualunque titolo convenuti’ rende plausibile - senza necessità di specifica motivazione - l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”. Ai fini della determinazione del tasso soglia, ai sensi dell’art. 1 della Legge n. 108/1996, la stessa giurisprudenza di legittimità ha avuto cura di precisare che debbono prendersi in considerazione non i soli interessi corrispettivi pattuiti, bensì anche gli interessi moratori (si veda la sentenza Cass. Civ. 4 aprile 2003, n. 5324/2003).

Circa la natura di “mera difesa” della deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario, si veda la sentenza Cass. Civ., 28 ottobre 2005, n. 21080.

1. Le massime

Si intendono usurari – ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815 c.c., comma 2 – gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi, anche a titolo di interessi moratori: da ciò consegue che, ove la soglia sia superata, la clausola recante la previsione degli interessi è nulla e gli interessi convenuti non sono dovuti.

La deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario è rilevabile anche d'ufficio, poiché non integra un'eccezione in senso stretto bensì una mera difesa, la quale può essere avanzata anche in appello, nonché formulata in comparsa conclusionale, ma a condizione che sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio (la censura di nullità della convenzione degli interessi usurari, era – nel caso di specie – tardiva, atteso che gli elementi in fatto sui quali la questione era fondata e l'indicazione del tasso applicato erano contenuti soltanto nella comparsa conclusionale in appello, a fronte della necessità che i motivi di appello, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., siano specifici e che con la comparsa conclusionale non possono essere dedotte nuove circostanze di fatto che non siano state già dedotte con l'atto di appello).

2. Il caso

Tizio conveniva in giudizio la Banca Alfa lamentando che il tasso applicato al contratto di mutuo con garanzia ipotecaria, stipulato nel mese di settembre del 1996 per l'acquisto della propria casa, era da considerare usurario. Il Tribunale rigettava la domanda volta a sentir accertare l'illegittimità della misura degli interessi stabiliti nel contratto di mutuo, sulla base della considerazione che, ai sensi dell’art. 2 della Legge 7 marzo 1996, n. 108 - recante “Disposizioni in materia di usura” – per la determinazione degli interessi usurari i tassi effettivi globali medi rilevati dal Ministero del Tesoro ai sensi della citata legge devono essere aumentati della metà. Considerato che l’apposito decreto, emesso dal Ministero del Tesoro, prevedeva per la categoria dei mutui il tasso dell'8.29% ha, quindi, escluso che il tasso contrattualmente fissato potesse essere ritenuto usurario.

La Corte di appello, con sentenza, in sede di gravame, confermava la decisione di primo grado evidenziando che i motivi posti a base dell'appello non erano specifici rispetto alla motivazione della decisione del Tribunale. L'appellante si era limitato ad invocare la natura usuraria degli interessi pattuiti senza contestare i parametri adottati dal primo giudice per valutare la fondatezza della domanda e senza indicare le ragioni di fatto e di diritto idonee a ribaltare la decisione impugnata, mentre privi di rilevanza erano i riferimenti allo scopo per cui era stato stipulato il mutuo. Infine, la maggiorazione del 3% prevista per il caso di mora non poteva essere presa in considerazione, data la sua diversa natura, nella determinazione del tasso usurario. Da ultimo, ha ritenuto che le richieste istruttorie di ordinare l'esibizione del carteggio intercorso tra le parti e di consulenza tecnica contabile d’ufficio che quantificasse le differenze incassate in eccedenza dalla Banca fossero inammissibili per la loro genericità e per il carattere meramente esplorativo, nonché prive di attinenza con i motivi posti a base del gravame. Inammissibili erano ritenute anche le deduzioni – per la prima volta proposte nella propria comparsa conclusionale – ove Tizio cercava di sopperire alle carenze dell’appello, indicando, per la prima volta, i tassi, a suo dire applicati (e non quelli pattuiti, rilevanti ai fini dell'azione proposta) ed il tasso soglia che riteneva superato.

Contro la sentenza di appello parte attrice proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi con i quali denuncia: 1) vizio di motivazione; 2) violazione dell'art. 1421 c.c., a mente del quale “Salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”. Resisteva con controricorso la Banca Alfa.

3. La decisione

Il primo motivo, contenente riferimenti alla nullità della clausola determinativa degli interessi avuto riguardo al tasso ABI, è ritenuto inammissibile, poiché – sebbene proposto in primo grado ed implicitamente disatteso dal Tribunale – non risultava riproposto in appello. Il profilo della censura relativo all'anatocismo, neppure menzionato nella sentenza impugnata, risulta dedotto solo in appello ed è dichiarato del pari inammissibile in quanto censura del tutto nuova, oltre che generica.

Quanto all’usurarietà del tasso pattuito, il ricorrente deduce il contrasto con quanto previsto dal D.M. 27 marzo 1998, ove il tasso praticabile per il mutuo era indicato nella misura dell’8,29%. Tizio, inoltre, sostiene che l’usurarietà del tasso dovrebbe, altresì, dedursi rispetto allo scopo per cui fu richiesto il mutuo, nella specie, per l’acquisto di un bene primario quale la casa di abitazione, anche tenuto conto della maggiorazione di tre punti percentuali previsti per il caso di mora. In proposito, la Corte rileva che, ai sensi dell’art. 644, comma 3, c.p., sono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge ovvero “gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica”. A tale scopo, sottolinea il Supremo Collegio, non è sufficiente dedurre il semplice fatto che il mutuo sia stato stipulato per l’acquisto di un’abitazione.

La stessa censura, invece, è ritenuta fondata in relazione al tasso usurario perché dalla trascrizione dell'atto di appello risulta che parte ricorrente aveva specificamente censurato il calcolo del tasso pattuito in raffronto con il tasso soglia senza tenere conto della maggiorazione di tre punti a titolo di mora. Ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori.

Quanto al secondo motivo, la censura è infondata, posto che, pur trattandosi di questione di diritto rilevabile d'ufficio (nullità della convenzione di interessi usurari), gli elementi in fatto sui quali la questione era fondata e, dunque, l'indicazione del tasso applicato contenuta (soltanto) nella comparsa conclusionale non poteva che essere ritenuta tardiva, tenuto conto della necessità che i motivi di appello, ex art. 342 c.p.c., siano specifici e che con la comparsa conclusionale non possono essere dedotte nuove circostanze di fatto che non siano state già dedotte con l'atto di appello. Se, infatti, è vero che la deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario è rilevabile anche d'ufficio, essendo una mera difesa che può essere avanzata anche in appello, nonché formulata in comparsa conclusionale, è altresì vero che ciò è possibile a condizione che "sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio".

La sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta, vale a dire con riferimento alla determinazione del tasso soglia comprensivo della maggiorazione per la mora, con rinvio alla Corte di appello territoriale, in diversa composizione, per un nuovo esame e per il regolamento delle spese.

4. I precedenti

Quanto alle modalità di calcolo del tasso usurario, da intendersi comprensivo degli interessi convenuti per l’ipotesi di mora, si fa rinvio alla sentenza della Corte costituzionale del 25 febbraio 2002 n. 29, ove si legge che “il riferimento, contenuto nell'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi ‘a qualunque titolo convenuti’ rende plausibile - senza necessità di specifica motivazione - l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”. Ai fini della determinazione del tasso soglia, ai sensi dell’art. 1 della Legge n. 108/1996, la stessa giurisprudenza di legittimità ha avuto cura di precisare che debbono prendersi in considerazione non i soli interessi corrispettivi pattuiti, bensì anche gli interessi moratori (si veda la sentenza Cass. Civ. 4 aprile 2003, n. 5324/2003).

Circa la natura di “mera difesa” della deduzione della nullità delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario, si veda la sentenza Cass. Civ., 28 ottobre 2005, n. 21080.