Patti parasociali e azionista di minoranza in Irlanda

Acquario di Genova
Ph. Simona Balestra / Acquario di Genova

Patti parasociali in Irlanda

In Irlanda i patti parasociali (shareholders agreement) sono una consuetudine piuttosto diffusa, soprattutto nel caso si costituisca una joint venture societaria (joint venture company o JVC).

Una tipologia di joint venture molto comune in Irlanda vede come socio di maggioranza una società già affermata nel settore IT, e come socio di minoranza la start up che ha sviluppato un software innovativo che sarà concesso in licenza esclusiva alla joint venture.

L’azionista di minoranza è tutelato da alcune previsioni specifiche del Companies Act 2014, ma su questo punto torneremo più avanti.

 

La struttura dei patti parasociali

Iniziamo con i contenuti ricorrenti dei patti parasociali di una JVC.

Innanzitutto, le parti descriveranno il business (azienda/ramo di azienda) che viene conferito nella JVC, con tanto di obbligo delle parti di mantenere il business conferito “as a going concern”, vale a dire in bonis, fino al momento del conferimento.

I patti riporteranno anche denominazione sociale, sede legale, capitale sociale, nomi degli amministratori della JVC. Saranno anche definite le modalità del Closing, vale a dire del conferimento nella JVC del business da parte dei rispettivi soci e della contestuale emissione e assegnazione a questi ultimi delle azioni della JVC.

I meccanismi per garantire l’efficacia dei patti parasociali passano sempre e comunque attraverso gli “snodi” dell’esercizio dei diritti di voto e della circolazione delle azioni della JVC.

I patti dunque regoleranno l’esercizio del diritto di voto in assemblea (per le azioni con diritto di voto), con i vari quorum costitutivi e deliberativi, l’elencazione delle materie riservate alle deliberazioni tra soci (reserved matters), la nomina da parte di ciascun socio di uno o più di amministratori (directors), le limitazioni e restrizioni all’emissione di azioni e alla loro circolazione, ad esempio attraverso il divieto di vendere la partecipazione azionaria per un periodo di tempo determinato (oppure in assenza di determinate condizioni), il diritto di prelazione (pre-emption right) nel caso uno dei soci firmatari del patto intenda vendere le proprie azioni nella JVC.

 

Analogie e differenze con l’Italia

La prima analogia da segnalare riguarda l’efficacia dei patti parasociali che, come in Italia, è un’efficacia di tipo obbligatorio. E’ quindi sempre opportuno che determinate previsioni siano contenute anche nello statuto della società (articles of association o bye-laws), in modo da garantire anche il rimedio della nullità di determinate delibere se prese in violazione dei patti.

Una differenza da segnalare con l’Italia è che la tipologia più comune di patti parasociali vede la società/JVC come parte contraente dei patti. Occorre in tal caso prestare attenzione alle clausole che possono limitare la libertà decisionale della JVC, nel qual caso è prevista la nullità delle clausole stesse.

 

La tutela dell’azionista di minoranza

A livello di patti parasociali, l’azionista di minoranza può rinforzare la propria posizione nella JVC attraverso, ad esempio, il diritto di veto su determinate deliberazioni, il diritto alla nomina di uno (o più) amministratori nell’organo amministrativo della JVC, il diritto di prelazione nel caso l’azionista di maggioranza venda la propria partecipazione azionaria, la competenza esclusiva dell’assemblea degli azionisti su determinate materie (da elencare in allegato ai patti).

Il Companies Act 2014 (Irlanda) riconosce al socio di minoranza che abbia almeno il 25% dei voti in assemblea la facoltà di rendere inefficaci le delibere approvate con maggioranze qualificate obbligatorie, quali ad esempio la modifica di statuto e atto costitutivo oppure l’aumento di capitale.

Il socio di minoranza con meno del 20% di voti in assemblea avrà come unico rimedio la facoltà di avviare un procedimento giudiziario, nel quale dovrà dimostrare come l’azionista di maggioranza abbia adottato decisioni al contempo con noncuranza dei suoi interessi e con ricadute negative e gravose sui medesimi. La prova in giudizio di queste ultime circostanze risulta tutt’altro che semplice nella maggior parte dei casi.

Nonostante i giudici abbiano ampia discrezionalità e potere di intervento in queste situazioni, si limitano generalmente a ordinare l’acquisizione delle azioni del socio di minoranza, in particolare qualora risulti evidente che non esistono più i presupposti per mantenere in vita il rapporto societario.