Piazza San Carlo: è omicidio preterintenzionale

Piazza San Carlo, Torino
Piazza San Carlo, Torino

Il fatto

Il 3 giugno 2017, durante la proiezione della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid in piazza San Carlo a Torino, i movimenti scomposti di centinaia di spettatori, dovuti all’iniziale utilizzo di spray urticanti contro alcuni spettatori e al successivo timore di un attacco terroristico, provocarono il ferimento di 1.500 persone e il decesso di una donna intervenuto a seguito delle lesioni riportate.

La Cassazione (Sezione Quinta Penale, Sentenza 26 marzo 2019, n. 13192) si pronuncia nell’ambito del giudizio cautelare di uno degli imputati.

 

L’iter giudiziario

Con ordinanza del 10 luglio 2018, il Tribunale del Riesame di Torino aveva accolto l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del 15 aprile 2018 con cui il Giudice per le Indagini Preliminari presso lo stesso Tribunale aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere ad uno dei soggetti accusati dei tragicamente noti fatti di Piazza San Carlo a Torino avvenuti il 3 giugno 2017.

Il titolo di reato previsto nell’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari era di rapina pluriaggravata e morte come conseguenza di altro delitto ai sensi dell’articolo 586 del Codice Penale.

Il Tribunale del Riesame aveva accolto la tesi della pubblica accusa, riqualificando il fatto contestato in relazione al decesso della donna, intervenuto a seguito delle lesioni riportate in conseguenza dei movimenti scomposti della folla, come omicidio preterintenzionale ex articolo 584 del Codice Penale.

In particolare, all’indagato era stato contestato il fatto “di aver spruzzato (allo scopo di compiere rapine) spray urticante all’indirizzo degli spettatori che stazionavano in piazza San Carlo (che avevano immediatamente avvertito odori e bruciori alla gola), condotta che aveva provocato movimenti repentini e violentissimi della folla, cui era seguita, senza soluzione di continuità, una fuga scomposta in tutte le direzioni di tutti i partecipanti all’evento, determinando il ferimento di numerose persone e la morte per schiacciamento” della donna.

Avverso la suddetta decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, criticando la qualificazione giuridica attribuita dall’ordinanza impugnata alla fattispecie oggetto di esame per insussistenza del delitto di cui all’articolo 584 del Codice Penale, in quanto i movimenti della folla originatisi a seguito dell’utilizzo dello spray urticante nulla avevano a che fare con l’ulteriore brusco movimento della folla, avvenuto circa 11 minuti dopo il primo in tutt’altro punto della piazza, che aveva poi effettivamente investito la donna, ferendola gravemente.

Inoltre, incorrerebbe nel vizio di illogicità la definizione della condotta come omicidio preterintenzionale avente come reato presupposto non la fattispecie di cui all’articolo 582 del Codice Penale (lesioni personali), bensì quella di cui all’articolo 628 del Codice Penale (rapina).

 

La decisione della Suprema Corte: configurazione dell’omicidio preterintenzionale…

Al fine di dare soluzione alla questione giuridica proposta, i giudici di legittimità hanno preliminarmente osservato come nelle decisioni cautelari di merito fosse stata pienamente accertata la dinamica del tumulto.

In particolare, “il panico collettivo si era innescato a partire dal primo spostamento degli spettatori che erano stati colpiti dallo spray urticante, i quali avevano iniziato ad allontanarsi a raggera, determinando nelle persone collocate nelle vicinanze il timore di essere vittime di un attacco terroristico o comunque il convincimento irrazionale di doversi mettere al riparo da una minaccia imminente e sconosciuta. Le indagini compiute non avevano consentito di palesare il verificarsi di nessun ulteriore evento anomalo nella folla (oltre a quello intervenuto a seguito della commissione della rapina da parte dell’indagato) che da solo potesse averne cagionato lo spostamento e fosse, conseguentemente, idoneo ad interrompere il meccanismo causale innescatosi per effetto dell’improvviso e violento movimento iniziale del pubblico provocato dall’indagato e dai suoi complici”.

La Corte ha, pertanto, ritenuto corretta la qualificazione giuridica dei fatti datane dal Tribunale del Riesame, ritenendo che

il delitto previsto dall’art. 586 cod. pen. (morte come conseguenza di altro delitto) si differenzia dall’omicidio preterintenzionale perché, nel primo reato, l’attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre, nel secondo, l’attività è finalizzata a realizzare un evento che, ove non si verificasse, costituirebbe un reato di percosse o lesioni”.

Nel delitto di cui all’articolo 586 del Codice Penale, la condotta dell’agente offende un bene giuridico completamente diverso dalla vita e dall’incolumità individuale, beni che rientrano in quelli tutelati dalla fattispecie incriminatrice dell’omicidio preterintenzionale, che si differenzia dalle fattispecie base di percosse e lesioni solo per la gravità in ragione della progressione dell’offesa.

Nel caso di specie, secondo la Cassazione, non si rientrerebbe nella fattispecie di cui all’articolo 586 ma in quella di cui all’articolo 584 in quanto la rapina è un reato plurioffensivo che offende, oltre al patrimonio, anche l’incolumità individuale e reca come elemento costitutivo del reato proprio la violenza alla persona; ciò è confermato anche dalla collocazione codicistica del delitto di cui all’articolo 628 nel capo I del Titolo XIII del Libro II del Codice Penale, che disciplina i delitti contro il patrimonio mediante violenza alle persone.

A tal fine, osservano i giudici di Cassazione, l’aver spruzzato spray urticante al peperoncino all’indirizzo di alcuni spettatori rientra nella nozione di violenza alla persona necessaria ad integrare il reato di rapina di cui all’articolo 628 del Codice Penale.

Da ciò ne discende che

allorquando viene commessa una rapina, che abbia come sviluppo non voluto la morte di una persona, viene senz’altro integrato il presupposto del delitto di cui all’art. 584 cod. pen., ponendosi l’evento morte in progressione criminosa con la violenza esercitata per impossessarsi del bene altrui, la quale, se assume la meno grave connotazione delle percosse, è assorbita nel reato complesso di rapina”.

La norma infatti, precisa la Corte, contempla quale presupposto “gli atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582”, indipendentemente dal fatto che l’agente intendesse porre in essere le percosse o le lesioni come autonomi reati o nell’ambito di una condotta finalizzata alla sottrazione di beni (rapina).

 

…e dell’istituto dell’aberratio ictus

La Cassazione evidenzia, inoltre, come ai fini di un compiuto inquadramento giuridico della condotta contestata al prevenuto, la stessa debba essere sussunta “nella fattispecie dell’omicidio preterintenzionale in sinergia con l’istituto della aberratio ictus plurioffensiva, previsto all’art. 82 comma 2 cod. pen., che ricorre allorquando, oltre alla persona alla quale l’offesa sia diretta, viene offesa persona diversa”.

Ciò in quanto l’evento letale non ha interessato lo stesso soggetto che si voleva ledere, ossia coloro che erano stati investiti dallo spray urticante, comunque destinatari di atti offensivi, ma un soggetto diverso (la donna rimasta schiacciata dalla folla in tumulto).

Secondo quanto previsto dall’articolo 82 del Codice Penale, il coinvolgimento di un soggetto diverso da quello inizialmente destinatario dell’offesa può essere determinato non solo da un errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato (che in questo caso non sussisterebbe) ma anche ad altra causa.

La Corte precisa che, nel caso in oggetto, detta “altra causa”, eziologicamente collegata alla condotta dell’indagato, è stata correttamente individuata nell’impugnata ordinanza nella reazione di panico scatenatasi dopo l’utilizzo dello spray urticante.

Né sussisterebbe alcuna interruzione del rapporto di causalità tra la condotta del prevenuto e l’evento infausto per intervento nel processo causale di una causa da sola sufficiente a determinare l’evento. Nel caso oggetto di trattazione, il decesso della spettatrice era avvenuto a seguito delle ferite riportate in conseguenza dei moti tumultuosi della folla originati dall’utilizzo dello spray urticante.

Alla luce di ciò, la Corte ha ritenuto di condividere la conclusione cui era pervenuto il Tribunale del Riesame, secondo cui “per effetto del meccanismo previsto dall’art. 82 comma 2 cod. pen., che va applicato in sinergia con l’istituto di cui all’art. 584 cod. pen., il ricorrente deve rispondere dell’evento arrecato alla vittima come se quest’ultima fosse stata l’effettiva destinataria della sua offesa”.

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.