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Prospettive comunitarie di riforma della tutela del consumatore

1. PREMESSA

Va brevemente evidenziato, che la normativa comunitaria in materia di tutela del consumatore ha conosciuto una sua evoluzione che è passata, attraverso la riforma dei trattati istitutivi (Maastricht prima e poi Amsterdam, sino a giungere al Trattato Costituzionale Europeo del 29.10.04) da norme che avevano quale proprio fondamento il principio della economia di mercato aperta ed in libera concorrenza, a norme che proponevano uno scenario completamente differente, orientato a tutelare i consumatori in maniera molto più incisiva riconoscendo e privilegiando la loro qualità di persona, come tale trascendente il momento meramente economico e la eventuale maggiore o minore loro attitudine ad agire sul mercato.

Non può non segnalarsi, a tale ultimo riguardo, il fondamentale rilievo spiegato dall’art. I-2 del Trattato Costituzionale Europeo, il quale pone a fondamento della Unione Europea nonché della azione da essa spiegata in tutti i settori ad essa attribuita, a ben diversi e superiori principi quali la <libertà>, la <democrazia>, il <rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto> e svariati altri, senza trascurarsi che una ulteriore dimostrazione del cambio di indirizzo è testimoniata dal fatto che ulteriori obiettivi da perseguire tramite l’azione della Comunità sono individuati nella eliminazione delle diseguaglianze e nella promozione della parità tra uomini e donne.

L’obiettivo di fondo, quindi, appare essere senza dubbio alcuno la tutela del consumatore attraversi la sua protezione e promozione in quanto uomo, con contestuale tutela dei suoi diritti fondamentali, sia in quanto cittadino dell’unione europea(ai sensi dell’art. I-10 1° comma del TCE).

Sotto tale ultimo aspetto va segnalata, quindi, la nascita di un nuovo status, che è quello di cittadino comunitario, che va ad aggiungersi(e non a sostituire) quello posseduto in quanto cittadino di uno stato membro.

Quindi, il livello della tutela si è ampliato ed elevato riconoscendo la subordinazione e la funzionalizzazione(come del resto prevede la Costituzione italiana in svariati punti della sua parte economica, ad esempio allorchè parla della <funzione sociale> della proprietà privata>e della <utilità sociale> della iniziativa economica privata, finalizzati agli obiettivi di promozione e svilupo dell’individuo come previsti dagli artt. 2 e 3, 2° Cost.) degli istituti e strumenti patrimoniali ed imprenditoriali alla realizzazione del superiore valore rappresentato dalla persona umana con i suoi diritti fondamentali, compiendo così un rilevante balzo in avanti rispetto alle precedenti forme di tutela, in cui(vedasi il Trattato di Maastricht) l’impegno assunto dalla Unione per il conseguimento della tutela del consumatore si rivelava molto generico e lasciato ad affermazioni di principio, in sostanza equivalenti ad una assenza o quasi di tutela.

In conclusione può dirsi come, in ambito comunitario, si sia raggiunta la consapevolezza che i diritti fondamentali dell’uomo non possono essere presi in considerazione se non in forma unitaria, in quanto essi rappresentano <principi generali del diritto comunitario>.

Sotto il profilo giurisprudenziale comunitario, deve brevemente accennarsi che, tuttavia, nel corso degli anni la Corte di Giustizia della CE ha assunto posizioni senza dubbio oscillanti nella prospettiva di tutela del consumatore, passando da decisioni che riconoscevano l’esistenza di un pieno diritto alla tutela – che per altro verso produceva effettivi limitativi dell’esercizio di altri diritti pur riconosciuti ai soggetti in ambito CE – a pronunzie di senso completamente opposto, in cui il consumatore, al contrario, veniva riconosciuto destinatario di una tutela, per così dire, solo eventuale ed indiretta, in quanto prodotta da azioni della CE rivolte al perseguimento di fini che con la tutela di esso avevano ben poco da spartire, in quanto meramente economici, e che quindi producevano un ulteriore – quanto non voluto – effetto, rappresentato appunto da tale tutela, contraddittorietà di posizioni che trova una plausibile spiegazione nella diversità delle questioni concrete di volta in volta poste all’attenzione della Corte, che in ogni caso ha sempre inteso interpretare in maniera molto restrittiva la nozione di consumatore, circoscrivendola sempre all’ambito di un contratto di cui esso era parte, con esclusione di ogni riferimento alla situazione soggettiva del consumatore medesimo, e perdipiù limitandone la configurabilità ai soli casi di consumo, per così dire, <privato>.

2. PROSPETTIVE CONCRETE

A questo punto si innesta l’adozione, avvenuta nel mese di febbraio 2007 da parte della Commissione Europea, del LIBRO VERDE - Revisione dell’acquis relativo ai consumatori, all’esito dell’intrapreso processo di revisione della preesistente normativa in materia.

Brevemente va ricordato che con la espressione acquis si intende il patrimonio normativo comunitario in un determinato settore, per cui il libro verde in questione rappresentato il risultato del processo di revisione della normativa comunitaria in materia di tutela del consumatore.

Nel libro la Commissione individua e propone delle scelte di modifica della legislazione comunitaria attualmente vigente in materia di tutela dei consumatori – parte della quale è molto datata – perseguendo il dichiarato fine di semplificare, armonizzare ed adeguare ai tempi la legislazione, rendendola coerente ed eliminando eventuali differenze normative con la legislazione interna dei singoli paesi, che risultino di ostacolo ai consumatori ed alle imprese nei mercati interni ai singoli paesi aderenti.

Individuate le potenziali opzioni modificative in relazione particolarmente ad otto direttive, la Commissione Europea ha sollecitato ai Paesi membri le loro osservazioni in merito, da far pervenire entro il 15 maggio 2007, ed in relazione a 27 questioni specificamente individuate in relazione alle direttive in questione, rispetto a ciascuna delle quali sono prospettate 3 o 4 opzioni di risposta.

Le questioni principali individuate nel libro verde ed alla luce delle quali la Commissione ha proceduto a riesaminare la normativa comunitaria vigente hanno riguardato :

I) individuazione ed analisi dei nuovi sviluppi del mercato: in relazione ad essi la Commissione ha posto in evidenza come la maggior parte delle direttive fosse ormai inadeguata alla rapida evoluzione dei mercati attuali, ad esempio delle quali si è fatto riferimento al download di brani musicali ed alle aste-online (significativo il fenomeno di EBAY e consimili), mentre ha ritenuto che a settori come il software ed i dati non potesse applicarsi la direttiva sulle vendite ai consumatori;

II) frammentazione delle regole: sul punto si è rilevato come le direttive attualmente vigenti concedessero agli stati membri di predisporre uno standard di tutela del soggetto consumatore più elevato rispetto a quello individuato dalle direttive medesime, mentre si sono riscontrate divergenze tra le normative interne dei vari stati membri in ordini a questioni di non trascurabile rilevanza, quali ad esempio il termine per il ripensamento, che si è accertato essere diverso da paese a paese;

III) l’atteggiamento sfavorevole dei consumatori nei confronti di venditori siti in alti paesi: sul punto la Commissione ha riscontrato come sussista una marcata sfiducia dei consumatori verso l’acquisto di beni e servizi da soggetti di altri paesi, nella convinzione di godere di una minore tutela in simili ipotesi, il che ovviamente rappresentava un ostacolo allo sviluppo del mercato.

Obiettivi dichiarati che la Commissione si è posta nell’attività di riesame dell’acquis comunitario in materia di tutela dei consumatori, sono stati la riduzione degli ostacoli nel mercato interno, da un lato, e dall’altro il mantenimento di un elevato livello di tutela dei consumatori.

Nel contempo, le priorità individuate dalla Commissione nel modificare la legislazione comunitaria vigente sono state: 1) colmare le lacune riscontrate nelle direttive in vigore; 2) coordinare tra loro le direttive in questione.

Due le strategie prospettate per la revisione dell’acquis comunitario, di cui la prima è prospettata in termini di c.d. <approccio verticale>, che prevederebbe prima la modifica, una per una, delle singole direttive attualmente in vigore e poi il loro successivo coordinamento, e la seconda in termini c.d. di <approccio misto>, consistente nell’individuare i punti in comune tra tutte le direttive vigenti ed il loro successivo accorpamento in uno strumento unico.

Il criterio che la Commissione ha prospettato come quello alla cui stregua dovrà procedersi alla revisione dell’acquis comunitario riguarda il grado di armonizzazione tra la normativa comunitaria vigente e quella interna dei singoli stati membri.

Attualmente vige la c.d. armonizzazione minima, caratterizzata dalla facoltà per in singoli stati membri di prevedere un livello di tutela del consumatore più ampio rispetto a quello previsto dalle direttive ; tale situazione, rileva la Commissione, comporta che ciascuno degli stati membri attribuisca una priorità diversa alla problematica inerente la tutela del consumatore ed, in conseguenza, si ponga obiettivi differenti nell’ambito della stessa, così che inevitabilmente la tutela apprestata viene ad essere differente da stato a stato ; tale situazione di incertezza, rileva la Commissione, costituisce un ostacolo ed un limite per le imprese per le vendite oltre frontiera.

A tale problematica la Commissione propone due soluzioni: 1) rivedere ed armonizzare integralmente la legislazione vigente, riservando per quelle questioni che risultassero impossibili da armonizzare a livello di legislazione, applicare una clausola di <riconoscimento reciproco>(per la quale gli stati membri manterrebbero la possibilità di introdurre nella propria legislazione nazionale norme mirate a conseguire un livello più elevato di tutela dei consumatori, senza tuttavia avere il diritto di imporre i loro requisiti più rigorosi ad aziende stabilite in altri stati membri, attraverso la imposizione di modalità che realizzerebbero ingiustificate limitazioni alla libera circolazione di beni ovvero alla libera prestazione di servizi) riservata ad aspetti che, pur coperti dalla legislazione proposta, risultassero non pienamente armonizzati; 2) rivedere la legislazione in base ad un criterio di armonizzazione minima cui aggiungere la clausola di <riconoscimento reciproco> ovvero con il <principio del paese di origine>(in forza del quale ciascuno degli stati membri conserverebbe la possibilità di apprestare, per i consumatori, un grado di tutela più elevato a livello di legislazione nazionale, con la previsione, però, che le aziende aventi la propria sede in altri stati membri, siano tenute a rispettare esclusivamente le regole in materia applicare nel paese in cui esse sono stabilite).

Ciò che è indubbio, alla luce del Libro Verde, è che l’acquis attualmente esistente non potrà permanere ancora a lungo, in quanto elementi come le differenze legislative tra gli stati membri, le differenti definizioni nonché le rilevanti differenze tra le modalità di attuazione delle norme e la contestuale incertezza nelle procedure di ricorso ovvero l’assenza di esse, sono indubbiamente di ostacolo alla creazione del mercato unico.

Va osservato che andrebbe preferito senza dubbio il criterio della <armonizzazione minima>, dal momento che il diverso criterio della <armonizzazione massima> imponendo agli stati di applicare esclusivamente le norme contenute nella direttiva senza potersi spingere oltre (il limite è al tempo stesso minimo e massimo) impedirebbe agli stati membri di esercitare la facoltà di applicare un livello di protezione più elevato di quello individuato ed apprestato dalla direttiva, per cui è guardato con sfavore in quanto implicitamente portatore di una tutela inferiore.

Al contrario, si ritiene che la armonizzazione minima, unita ad una condotta degli stati membri rivolta ad una coerente unificazione degli standards di tutela verso un comune e più elevato livello di protezione del contraente debole, rappresenti l’approccio da preferire nell’ottica della revisione dell’acquis comunitario, in quanto la sempre maggiore espansione dello spazio comunitario senza dubbio contribuisce a rendere meno <certe> ed indiscutibili le forme di tutela, per cui la loro idoneità va comunque costantemente adeguata ai mutamenti che si verificano – in ogni settore della vita – nello spazio comunitario che va sempre più ampliandosi con l’ingresso di nuovi paesi, con le relative culture, realtà e tradizioni e tutto ciò che questo comporta in termini di loro integrazione.

Tutto questo al fine di assicurare al consumatore la migliore conoscenza possibile dei propri diritti e di metterlo nelle migliori condizioni possibili per esercitare le azioni previste a sua tutela per consentirgli di ottenere dal fornitore un adeguato risarcimento, fine da perseguire combinando ed intersecando elementi differenti e tuttavia complementari come informazione e protezione.

1. PREMESSA

Va brevemente evidenziato, che la normativa comunitaria in materia di tutela del consumatore ha conosciuto una sua evoluzione che è passata, attraverso la riforma dei trattati istitutivi (Maastricht prima e poi Amsterdam, sino a giungere al Trattato Costituzionale Europeo del 29.10.04) da norme che avevano quale proprio fondamento il principio della economia di mercato aperta ed in libera concorrenza, a norme che proponevano uno scenario completamente differente, orientato a tutelare i consumatori in maniera molto più incisiva riconoscendo e privilegiando la loro qualità di persona, come tale trascendente il momento meramente economico e la eventuale maggiore o minore loro attitudine ad agire sul mercato.

Non può non segnalarsi, a tale ultimo riguardo, il fondamentale rilievo spiegato dall’art. I-2 del Trattato Costituzionale Europeo, il quale pone a fondamento della Unione Europea nonché della azione da essa spiegata in tutti i settori ad essa attribuita, a ben diversi e superiori principi quali la <libertà>, la <democrazia>, il <rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto> e svariati altri, senza trascurarsi che una ulteriore dimostrazione del cambio di indirizzo è testimoniata dal fatto che ulteriori obiettivi da perseguire tramite l’azione della Comunità sono individuati nella eliminazione delle diseguaglianze e nella promozione della parità tra uomini e donne.

L’obiettivo di fondo, quindi, appare essere senza dubbio alcuno la tutela del consumatore attraversi la sua protezione e promozione in quanto uomo, con contestuale tutela dei suoi diritti fondamentali, sia in quanto cittadino dell’unione europea(ai sensi dell’art. I-10 1° comma del TCE).

Sotto tale ultimo aspetto va segnalata, quindi, la nascita di un nuovo status, che è quello di cittadino comunitario, che va ad aggiungersi(e non a sostituire) quello posseduto in quanto cittadino di uno stato membro.

Quindi, il livello della tutela si è ampliato ed elevato riconoscendo la subordinazione e la funzionalizzazione(come del resto prevede la Costituzione italiana in svariati punti della sua parte economica, ad esempio allorchè parla della <funzione sociale> della proprietà privata>e della <utilità sociale> della iniziativa economica privata, finalizzati agli obiettivi di promozione e svilupo dell’individuo come previsti dagli artt. 2 e 3, 2° Cost.) degli istituti e strumenti patrimoniali ed imprenditoriali alla realizzazione del superiore valore rappresentato dalla persona umana con i suoi diritti fondamentali, compiendo così un rilevante balzo in avanti rispetto alle precedenti forme di tutela, in cui(vedasi il Trattato di Maastricht) l’impegno assunto dalla Unione per il conseguimento della tutela del consumatore si rivelava molto generico e lasciato ad affermazioni di principio, in sostanza equivalenti ad una assenza o quasi di tutela.

In conclusione può dirsi come, in ambito comunitario, si sia raggiunta la consapevolezza che i diritti fondamentali dell’uomo non possono essere presi in considerazione se non in forma unitaria, in quanto essi rappresentano <principi generali del diritto comunitario>.

Sotto il profilo giurisprudenziale comunitario, deve brevemente accennarsi che, tuttavia, nel corso degli anni la Corte di Giustizia della CE ha assunto posizioni senza dubbio oscillanti nella prospettiva di tutela del consumatore, passando da decisioni che riconoscevano l’esistenza di un pieno diritto alla tutela – che per altro verso produceva effettivi limitativi dell’esercizio di altri diritti pur riconosciuti ai soggetti in ambito CE – a pronunzie di senso completamente opposto, in cui il consumatore, al contrario, veniva riconosciuto destinatario di una tutela, per così dire, solo eventuale ed indiretta, in quanto prodotta da azioni della CE rivolte al perseguimento di fini che con la tutela di esso avevano ben poco da spartire, in quanto meramente economici, e che quindi producevano un ulteriore – quanto non voluto – effetto, rappresentato appunto da tale tutela, contraddittorietà di posizioni che trova una plausibile spiegazione nella diversità delle questioni concrete di volta in volta poste all’attenzione della Corte, che in ogni caso ha sempre inteso interpretare in maniera molto restrittiva la nozione di consumatore, circoscrivendola sempre all’ambito di un contratto di cui esso era parte, con esclusione di ogni riferimento alla situazione soggettiva del consumatore medesimo, e perdipiù limitandone la configurabilità ai soli casi di consumo, per così dire, <privato>.

2. PROSPETTIVE CONCRETE

A questo punto si innesta l’adozione, avvenuta nel mese di febbraio 2007 da parte della Commissione Europea, del LIBRO VERDE - Revisione dell’acquis relativo ai consumatori, all’esito dell’intrapreso processo di revisione della preesistente normativa in materia.

Brevemente va ricordato che con la espressione acquis si intende il patrimonio normativo comunitario in un determinato settore, per cui il libro verde in questione rappresentato il risultato del processo di revisione della normativa comunitaria in materia di tutela del consumatore.

Nel libro la Commissione individua e propone delle scelte di modifica della legislazione comunitaria attualmente vigente in materia di tutela dei consumatori – parte della quale è molto datata – perseguendo il dichiarato fine di semplificare, armonizzare ed adeguare ai tempi la legislazione, rendendola coerente ed eliminando eventuali differenze normative con la legislazione interna dei singoli paesi, che risultino di ostacolo ai consumatori ed alle imprese nei mercati interni ai singoli paesi aderenti.

Individuate le potenziali opzioni modificative in relazione particolarmente ad otto direttive, la Commissione Europea ha sollecitato ai Paesi membri le loro osservazioni in merito, da far pervenire entro il 15 maggio 2007, ed in relazione a 27 questioni specificamente individuate in relazione alle direttive in questione, rispetto a ciascuna delle quali sono prospettate 3 o 4 opzioni di risposta.

Le questioni principali individuate nel libro verde ed alla luce delle quali la Commissione ha proceduto a riesaminare la normativa comunitaria vigente hanno riguardato :

I) individuazione ed analisi dei nuovi sviluppi del mercato: in relazione ad essi la Commissione ha posto in evidenza come la maggior parte delle direttive fosse ormai inadeguata alla rapida evoluzione dei mercati attuali, ad esempio delle quali si è fatto riferimento al download di brani musicali ed alle aste-online (significativo il fenomeno di EBAY e consimili), mentre ha ritenuto che a settori come il software ed i dati non potesse applicarsi la direttiva sulle vendite ai consumatori;

II) frammentazione delle regole: sul punto si è rilevato come le direttive attualmente vigenti concedessero agli stati membri di predisporre uno standard di tutela del soggetto consumatore più elevato rispetto a quello individuato dalle direttive medesime, mentre si sono riscontrate divergenze tra le normative interne dei vari stati membri in ordini a questioni di non trascurabile rilevanza, quali ad esempio il termine per il ripensamento, che si è accertato essere diverso da paese a paese;

III) l’atteggiamento sfavorevole dei consumatori nei confronti di venditori siti in alti paesi: sul punto la Commissione ha riscontrato come sussista una marcata sfiducia dei consumatori verso l’acquisto di beni e servizi da soggetti di altri paesi, nella convinzione di godere di una minore tutela in simili ipotesi, il che ovviamente rappresentava un ostacolo allo sviluppo del mercato.

Obiettivi dichiarati che la Commissione si è posta nell’attività di riesame dell’acquis comunitario in materia di tutela dei consumatori, sono stati la riduzione degli ostacoli nel mercato interno, da un lato, e dall’altro il mantenimento di un elevato livello di tutela dei consumatori.

Nel contempo, le priorità individuate dalla Commissione nel modificare la legislazione comunitaria vigente sono state: 1) colmare le lacune riscontrate nelle direttive in vigore; 2) coordinare tra loro le direttive in questione.

Due le strategie prospettate per la revisione dell’acquis comunitario, di cui la prima è prospettata in termini di c.d. <approccio verticale>, che prevederebbe prima la modifica, una per una, delle singole direttive attualmente in vigore e poi il loro successivo coordinamento, e la seconda in termini c.d. di <approccio misto>, consistente nell’individuare i punti in comune tra tutte le direttive vigenti ed il loro successivo accorpamento in uno strumento unico.

Il criterio che la Commissione ha prospettato come quello alla cui stregua dovrà procedersi alla revisione dell’acquis comunitario riguarda il grado di armonizzazione tra la normativa comunitaria vigente e quella interna dei singoli stati membri.

Attualmente vige la c.d. armonizzazione minima, caratterizzata dalla facoltà per in singoli stati membri di prevedere un livello di tutela del consumatore più ampio rispetto a quello previsto dalle direttive ; tale situazione, rileva la Commissione, comporta che ciascuno degli stati membri attribuisca una priorità diversa alla problematica inerente la tutela del consumatore ed, in conseguenza, si ponga obiettivi differenti nell’ambito della stessa, così che inevitabilmente la tutela apprestata viene ad essere differente da stato a stato ; tale situazione di incertezza, rileva la Commissione, costituisce un ostacolo ed un limite per le imprese per le vendite oltre frontiera.

A tale problematica la Commissione propone due soluzioni: 1) rivedere ed armonizzare integralmente la legislazione vigente, riservando per quelle questioni che risultassero impossibili da armonizzare a livello di legislazione, applicare una clausola di <riconoscimento reciproco>(per la quale gli stati membri manterrebbero la possibilità di introdurre nella propria legislazione nazionale norme mirate a conseguire un livello più elevato di tutela dei consumatori, senza tuttavia avere il diritto di imporre i loro requisiti più rigorosi ad aziende stabilite in altri stati membri, attraverso la imposizione di modalità che realizzerebbero ingiustificate limitazioni alla libera circolazione di beni ovvero alla libera prestazione di servizi) riservata ad aspetti che, pur coperti dalla legislazione proposta, risultassero non pienamente armonizzati; 2) rivedere la legislazione in base ad un criterio di armonizzazione minima cui aggiungere la clausola di <riconoscimento reciproco> ovvero con il <principio del paese di origine>(in forza del quale ciascuno degli stati membri conserverebbe la possibilità di apprestare, per i consumatori, un grado di tutela più elevato a livello di legislazione nazionale, con la previsione, però, che le aziende aventi la propria sede in altri stati membri, siano tenute a rispettare esclusivamente le regole in materia applicare nel paese in cui esse sono stabilite).

Ciò che è indubbio, alla luce del Libro Verde, è che l’acquis attualmente esistente non potrà permanere ancora a lungo, in quanto elementi come le differenze legislative tra gli stati membri, le differenti definizioni nonché le rilevanti differenze tra le modalità di attuazione delle norme e la contestuale incertezza nelle procedure di ricorso ovvero l’assenza di esse, sono indubbiamente di ostacolo alla creazione del mercato unico.

Va osservato che andrebbe preferito senza dubbio il criterio della <armonizzazione minima>, dal momento che il diverso criterio della <armonizzazione massima> imponendo agli stati di applicare esclusivamente le norme contenute nella direttiva senza potersi spingere oltre (il limite è al tempo stesso minimo e massimo) impedirebbe agli stati membri di esercitare la facoltà di applicare un livello di protezione più elevato di quello individuato ed apprestato dalla direttiva, per cui è guardato con sfavore in quanto implicitamente portatore di una tutela inferiore.

Al contrario, si ritiene che la armonizzazione minima, unita ad una condotta degli stati membri rivolta ad una coerente unificazione degli standards di tutela verso un comune e più elevato livello di protezione del contraente debole, rappresenti l’approccio da preferire nell’ottica della revisione dell’acquis comunitario, in quanto la sempre maggiore espansione dello spazio comunitario senza dubbio contribuisce a rendere meno <certe> ed indiscutibili le forme di tutela, per cui la loro idoneità va comunque costantemente adeguata ai mutamenti che si verificano – in ogni settore della vita – nello spazio comunitario che va sempre più ampliandosi con l’ingresso di nuovi paesi, con le relative culture, realtà e tradizioni e tutto ciò che questo comporta in termini di loro integrazione.

Tutto questo al fine di assicurare al consumatore la migliore conoscenza possibile dei propri diritti e di metterlo nelle migliori condizioni possibili per esercitare le azioni previste a sua tutela per consentirgli di ottenere dal fornitore un adeguato risarcimento, fine da perseguire combinando ed intersecando elementi differenti e tuttavia complementari come informazione e protezione.