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Riflessioni sulla proposta di elezione diretta del Capo dello Stato

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Riflessioni sulla proposta di elezione diretta del Capo dello Stato

La nuova sfida lanciata dal Governo guidato da Giorgia Meloni riguardo alla proposta di riforma in senso presidenzialista o semi-presidenzialista della nostra forma di Governo ha riacceso il dibattito su una tematica che accompagna da decenni le Legislature repubblicane. Considerata da alcuni come elemento di rafforzamento del sistema Paese e da altri come “specchietto per le allodole”, rappresenta davvero una risposta efficace all’attuale crisi della democrazia parlamentare?


Indice:
Introduzione
Il Parlamento come unico depositario della sovranità popolare
Un nuovo ruolo del Capo dello Stato
Conclusioni
 

Abstract

L’articolo analizza le caratteristiche della forma di Governo presidenzialista o semipresidenzialista considerata dall’attuale Governo e che potrebbe essere approvata ed entrare in vigore durante l’attuale XIX Legislatura della Repubblica Italiana

The article analyzes the characteristics of the presidential or semi-presidential form of government in Italy

 

Introduzione

«Credo che si possa solo fare del bene all’Italia con una riforma delle sue istituzioni che consenta di avere stabilità e governi che siano frutto delle indicazioni popolari, chiare», con queste parole, dichiarate durante la conferenza di fine anno, la Presidente del Consiglio Meloni, ha riacceso il dibattito sull’elezione diretta del capo dello Stato. Si tratta ancora di un’idea su cui si sta formando un confronto tra le varie forze in campo. Non c’è ancora una proposta di legge o un disegno di legge, ma probabilmente il punto di partenza dovrebbe essere il semi-presidenzialismo, dato che nelle varie proposte di riforma degli ultimi 30 anni non c’è mai stata l’intenzione di abolire la figura del Presidente del Consiglio, concentrando in questo modo il potere esecutivo nelle mani del Capo dello Stato come negli Stati Uniti. Una riforma, quindi, ispirata al modello francese ma che evidentemente deve tenere conto delle dinamiche italiane e della volontà popolare.

Il Parlamento come unico depositario della sovranità popolare


Come sappiamo la nostra è una forma di governo basata sulla fiducia parlamentare: il Governo per potere attuare il suo programma politico necessita della fiducia di entrambe le Camere. Questo assetto da tempo ha rivelato tutte le sue carenze, aggravate maggiormente dalla degenerazione del sistema partitico (arrivando a definire la nostra democrazia rappresentativa in una “partitocrazia”) con conseguente scollamento tra essi e i cittadini e arrivando, al tempo stesso, ad un disarmo del potere del Parlamento, scavalcato regolarmente dalla decretazione d’urgenza, fenomeno che ha gravemente indebolito la nostra principale istituzione.

Inoltre, bisogna ricordare che ogni volta che sia stata proposta una riforma atta a rafforzare il ruolo dell’Esecutivo è stata sempre contrapposta l’idea che questa avesse carattere autoritario, al punto da essere ritenuta, da molti, pregiudizievole per la stessa vita democratica.

Questa è stata l’impostazione che in sede di Assemblea Costituente ha portato all’attuale assetto istituzionale dei poteri (giustificato dal fatto che l’Italia usciva da 20 anni di dittatura fascista) e che a distanza di tanti anni è sempre risultata prevalente, riuscendo a bloccare ogni tentativo di riforma.  Tutto pertanto avrebbe dovuto essere incentrato sul ruolo del Parlamento sia come organo rappresentativo della sovranità popolare sia come organo spettante la legittimità e il controllo di ogni nuovo Governo. E il Parlamento è a sua volta controllato dai partiti nei cui confronti il corpo elettorale è chiamato ad effettuare le proprie scelte.

Un nuovo ruolo del Capo dello Stato
 

Se oramai si parla di un Parlamento controllato dai partiti, vuol dire che sono questi che condizionano la vita politica, con tutti gli inconvenienti della partitocrazia tra cui quello di non immettere direttamente nei propri processi decisionali la voce dei cittadini e delle forze sociali, ma raccogliendo gli orientamenti che gli sembrano provenire dal corpo elettorale e tenerli in considerazione in sede decisionale. Di conseguenza il sistema politico italiano non è riuscito a stabilire un meccanismo di governo efficace determinando una situazione per cui il popolo, eleggendo solo i rappresentanti in Parlamento, non condiziona in maniera immediata e diretta l’effettiva gestione del potere.

Questo perché i cittadini votano soprattutto per i partiti non tanto per i suoi singoli candidati, quanto per schemi di logica astratta, a prescindere dalla capacità e dall’operato di coloro che aspirano ad essere eletti, come invece sarebbe essenziale per una responsabilizzazione della classe politica. Il cittadino spesso vota soltanto secondo astratte valutazioni ideologiche, che assai poco riflettono le reali esigenze della collettività.

Tuttavia, da tempo la situazione è in trasformazione, sia perchè il principio della sovranità popolare risulta un dato non più astratto sia per il fenomeno della “personalizzazione della politica”. Una riforma della forma di governo, che consentirebbe di assicurare all’elettorato il controllo dell’Esecutivo, è indubbiamente quella che permetta di eleggere direttamente un Presidente della Repubblica dotato di ampi poteri. Questo si tradurrebbe in una scelta dell’organo di indirizzo politico nazionale non mediata da oligarchie di partito, ma effettuata direttamente dal corpo elettorale. Il reale esercizio della funzione di governo non verrebbe in tal modo rimessa ai giochi di potere del Parlamento, bensì allo stesso corpo elettorale, il quale verrebbe messo in grado, con le sue scelte, di far valere una responsabilità politica che altrimenti può essere elusa.

Contro l’elezione diretta del Capo dello Stato non varrebbe obiettare che in tal modo si conferiscono a tale organo poteri troppo incisivi perché, qualora ciò avvenga nel rispetto della Costituzione, ad un rafforzamento dell’Esecutivo si andrebbe a compensare un altrettanto rafforzamento delle funzioni di controllo da parte degli organi preposti ad esercitarli: i cd. ceck and balance (pesi e contrappesi) indispensabili per garantire un corretto funzionamento della democrazia.

Conclusioni
 

La crisi del concetto per cui il Parlamento sia l’unico detentore della sovranità popolare ha creato un vuoto di potere, ed una situazione sempre più caotica, nella quale inevitabilmente ha acquistato una sempre maggiore rilevanza la volontà del Capo dello Stato.

Nel nostro ordinamento il Capo dello Stato, pur non essendo titolare del potere esecutivo, è tuttavia titolare di molteplici funzioni, che lo rendono arbitro del funzionamento di tutto il sistema.

Era dunque inevitabile che la sua posizione con il passare del tempo, per effetto della crisi, si rafforzasse, e che esso diventasse il fulcro della vita politica nazionale. È dunque opportuno disciplinare giuridicamente i suoi poteri, attraverso apposite norme costituzionali. E soprattutto un Capo dello Stato dotato di poteri così incisivi non può non essere eletto direttamente dal popolo, ed avere con ciò stesso una sua legittimazione democratica veramente valida, senza che la sua scelta debba essere rimessa, anziché alla volontà popolare, ai partiti politici rappresentati in Parlamento. Si tratterebbe, in questo modo di rispettare la volontà dell’elettorato, nonché di responsabilizzarlo. Infatti, nel caso in cui la volontà della maggioranza si traducesse in scelte infelici, oltre all’intervento degli organi di controllo ci sarebbe lo strumento delle elezioni con cui si è in grado, alla scadenza della Legislatura, di rimuovere dal potere quelle forze che si sono rivelate incapaci, identificando il concetto di democrazia rappresentativa da noi concepita. Con una “razionalizzazione rafforzata” della forma di governo, le istituzioni repubblicane, con le giuste modifiche, potrebbero uscirne più solide ma sarebbe sufficiente a riavvicinarle ai cittadini? Non si rischierebbe nonostante ciò, a causa dell’elevato astensionismo (oramai il primo partito) alle urne e del generale disincanto dei cittadini nei confronti delle classi politiche, che un Capo di Stato eletto direttamente possa rappresentare in realtà la minoranza piuttosto che la maggioranza del corpo elettorale? Certo, e in questo caso dovrebbero e dovranno essere i partiti a svolgere un ruolo fondamentale ed essere nuovamente attrattivi, carpendo i nuovi valori, i nuovi pensieri del cittadino. Saranno in grado?