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Riforma amministrativa e dirigenza pubblica

Riforma amministrativa e dirigenza pubblica
Riforma amministrativa e dirigenza pubblica

Seminario

Napoli, 15 dicembre 2016, ore 9,30

Palazzo Pacanowski, Via Generale Parisi n. 13, Aula 1.1.

 

Resoconto dei lavori

Il Prof. Alessandro Natalini (Università Parthenope) ha curato l’organizzazione del seminario, valido per l’ottenimento di crediti formativi da parte degli studenti del Corso di laurea di giurisprudenza, del Corso di laurea in Scienza dell’amministrazione e dell’organizzazione, e del Corso di Laurea Magistrale in Management Pubblico.

Il seminario si è aperto con i seguenti indirizzi di saluto:

  • A. Carotenuto - Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”;
  • F. Alvino - Pro-rettore Vicario dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”;
  • ssa M.L. Tufano - Direttore Reggente del Dipartimento di Giurisprudenza.

 

La Prof.ssa Maria Luisa Tufano ed il Prof. Alessandro Natalini (Università Parthenope) hanno introdotto i lavori illustrando il contesto complessivo su cui si è appuntata la riforma e ripercorrendo le vicende giuridiche della Legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di Riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche, sino alla recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 251/2016).

 

Avv. Giuseppe De Luca (Dirigente Ufficio Legislativo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) L’impatto della riforma Madia sulla pratica amministrativa

Le criticità esistenti nella pratica amministrativa: i problemi dell’operatore di diritto e le difficoltà insite nella produzione normativa

1.1 Il primo intervento, a cura dell’Avv. Giuseppe De Luca (Dirigente Ufficio Legislativo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) ha avuto per oggetto una relazione su L’impatto della riforma Madia sulla pratica amministrativa.

L’intervento ha preso spunto dalla concreta esperienza professionale del relatore, prima nelle amministrazioni territoriali, successivamente in quelle statali.

Nei due diversi contesti, è stato possibile vedere le cose nelle due diverse prospettive di chi attua (a fatica) le norme, e di chi le confeziona (sempre a fatica).

1.2 Sono state innanzitutto evidenziate le criticità esistenti nella pubblica amministrazione, sotto il profilo della mole di adempimenti amministrativi, molti dei quali, di carattere digitale, che per ora si sommano agli adempimenti cartacei senza eliminarli, determinandosi un’inutile duplicazione e un dispendio di energie produttive.

Gli enti rischiano la paralisi delle attività sotto la mole degli adempimenti dei controlli, senza che venga prodotto un reale rinnovamento nel modo di lavorare.

Con la stragrande maggioranza dei piccoli comuni sottodimensionati organicamente si fa non poca fatica a garantire tutti gli ulteriori complessi e non essenziali adempimenti imposti, a costo zero, dal Governo centrale.

A conferma della correttezza dei predetti rilievi la Corte dei Conti ha ammesso che il Legislatore ha utilizzato direttamente il personale amministrativo e in particolare quello degli Enti Locali dando la precedenza all’obbligo di trasparenza anziché destinarlo all’erogazione dei servizi al cittadino utente.

Inoltre, nel rapporto dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) sugli obblighi di trasparenza disposti dal D.Lgs. 33/2013, viene ribadito che: “l’abnorme espansione del numero degli obblighi di pubblicazione (complessivamente circa 270), costituiscono elementi che manifestano con tutta evidenza un problema di sostenibilità complessiva del sistema e che hanno determinato nei soggetti tenuti all’applicazione numerosi dubbi e incertezze interpretative”.

1.3 A questo si aggiunge una legislazione ipertrofica che non aiuta certo lo svolgimento dell’azione amministrativa:

  • il vecchio Codice dei Contratti (D.Lgs. 12.4.2006, n.163), ha subito 45 modifiche in 7 anni, con una media superiore a 6 modifiche all’anno;
  • la disciplina del procedimento amministrativo (L. 07.08.1990, n. 241) ha subito 29 modifiche in 23 anni, pur trattandosi di una legge di principi;
  • il Testo Unico sull’edilizia, (DPR 06.06.2001, n. 280) ha subito 21 modifiche in 12 anni, con una media di poco inferiore a 2 modifiche all’anno;
  • il Testo Unico degli Enti Locali, approvato con D. Lgs. 18.8.2000, n. 267, ha subito 64 modifiche in 13 anni, con una media di circa 5 modifiche all’anno (una ogni due mesi e mezzo, per non parlare delle modifiche dell’Ordinamento, che agiscono senza innovare il TUEL, ma sovrapponendosi ad esso).

E questo spiega perché non vi è certezza del diritto, che si traduce nella crescita esponenziale del contenzioso amministrativo e costituzionale, perché poi la macchina amministrativa risulta ingolfata, e tutto va avanti a rilento, spingendosi faticosamente tra procedure continuamente riviste e frammentate, e frequenti adeguamenti regolamentari resi necessari dalle nuove disposizioni.

1.4 Occorre tuttavia rilevare che, anche nella diversa prospettiva di chi confeziona le norme, vi sono notevoli difficoltà derivanti dalla farraginosità del procedimento legislativo, che esigerebbe percorsi più snelli, al fine di agevolare il recepimento della normativa comunitaria e rispondere più celermente alle attese e ai bisogni della collettività.

Le tempistiche sono talmente dilatate che si è verificato il fenomeno della tardiva pubblicazione delle leggi delega in Gazzetta Ufficiale, al fine di far slittare in avanti il dies a quo di decorrenza dei termini di attuazione della delega, godendo di un periodo più ampio per la messa a punto delle disposizioni delegate.

Proprio per non confondere la delega legislativa con un incondizionato trasferimento di competenza, la Costituzione ha stabilito che l’emanazione del decreto o dei decreti legislativi del governo debba avvenire entro un tempo limitato dalla stessa legge delegante. Tuttavia, può accadere che il Parlamento imponga al governo di attuare una delega entro un dato periodo di tempo, la decorrenza del quale non è prestabilita. In questo caso il periodo stesso è destinato ad iniziare nel giorno dell’entrata in vigore della legge delegante. Come accenato, però, è successo che il governo ha ritardato indebitamente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, allo scopo di poter utilizzare un periodo più lungo di quello che la legge assegnava. Ma il tentativo è stato censurato da parte della Corte Costituzionale, che in simili casi non ha esitato ad ipotizzare l’illegittimità degli stessi decreti delegati.

Queste, dunque, le problematiche esistenti, sia sul versante della pratica operativa, sia su quello della produzione normativa.

 

I tentativi di sburocratizzazione: la Legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di Riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche; buone prassi e nuove tecniche nella produzione normativa

2.1 Pare tuttavia delinearsi l’inizio di una nuova, diversa stagione normativa, molto più attenta alla risoluzione delle descritte criticità, sia in termini di sburocratizzazione delle procedure amministrative, sia in termini di migliore e più snella produzione normativa.

2.2.1 Un esempio è offerto dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, recante “revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

In particolare, il provvedimento normativo apporta significative modifiche al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, con i seguenti obiettivi: ridefinire l’ambito di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza; prevedere misure organizzative per la pubblicazione di alcune informazioni e per la concentrazione e la riduzione dei predetti, numerosissimi, oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche; razionalizzare e precisare i tanti obblighi di pubblicazione; individuare i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza.

Il decreto legislativo interviene, inoltre, anche sulla legge 6 novembre 2012, n. 190. Sotto questo profilo, le novelle sono volte a precisare i contenuti e i procedimenti di adozione del Piano nazionale anticorruzione e dei piani triennali per la prevenzione della corruzione, nonché a ridefinire i ruoli, i poteri e le responsabilità dei soggetti interni che intervengono nei relativi processi.

Il legislatore è consapevole che solo l’utilizzo congiunto degli strumenti regolamentari e pianificatori in materia di trasparenza e anticorruzione consenta davvero la piena attuazione delle disposizioni ivi contenute. Diversamente, per converso, potrebbero verificarsi duplicazioni e ripetizioni di adempimenti procedurali scollegati tra loro, determinandosi un inutile appesantimento burocratico, anzicchè un valore aggiunto.

È altresì introdotta una nuova forma di accesso civico ai dati pubblici, equivalente a quella che nei sistemi anglosassoni è definita Freedom of information act (Foia). Questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge.

Si tratta, dunque, di un regime di accesso più ampio di quello previsto dalla versione originaria dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in quanto consente di accedere non solo ai dati e documenti per i quali esistono specifici obblighi di pubblicazione (per i quali permane, comunque, l’obbligo dell’amministrazione di pubblicare quanto richiesto, nel caso in cui non fosse già presente sul sito istituzionale), ma anche ai dati per i quali non esiste l’obbligo di pubblicazione e che l’amministrazione deve quindi fornire al richiedente.

Infine, questa nuova forma di accesso si distingue dalla disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, la richiesta di accesso non richiede alcuna qualificazione e motivazione, per cui il richiedente non deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», così come stabilito invece per l’accesso ai sensi della legge sul procedimento amministrativo. Dal punto di vista oggettivo, invece, i limiti applicabili alla nuova forma di accesso civico (di cui al nuovo articolo 5-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013) sono più ampi e dettagliati rispetto a quelli indicati dall’articolo 24 della legge n. 241 del 1990, consentendo alle amministrazioni di impedire l’accesso nei casi in cui questo possa compromettere alcuni rilevanti interessi pubblici generali.

2.2.2 Sempre in tema di attuazione della delega Madia, si segnala il decreto legislativo recante norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza dei servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

Il decreto prevede la ridefinizione e la semplificazione della disciplina della conferenza di servizi, realizzata sulla base di diversi criteri direttivi, tra cui: la riduzione dei tempi e dei casi in cui la conferenza è obbligatoria; lo snellimento dei lavori da conseguire anche con l’utilizzo di strumenti informatici; lo svolgimento della conferenza anche in modalità asincrona; la semplificazione del modello decisionale attraverso la previsione della partecipazione alla conferenza di un rappresentante unico delle amministrazioni statali; la differenziazione delle modalità di svolgimento dei lavori della conferenza, secondo il principio di proporzionalità, prevedendo per i soli casi di procedimenti complessi la convocazione di riunioni in presenza.

2.2.3 Ancora, l’articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124, ha autorizzato il Governo a dettare norme di semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di interesse generale o l’avvio di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull’economia o sull’occupazione.

Costituiscono oggetto del provvedimento tutti quegli atti, comunque denominati, compresi quelli di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione delle opere, lo stabilimento degli impianti produttivi e l’esercizio delle attività.

Quanto all’ambito di applicazione, si precisa che le disposizioni del regolamento sono applicabili, in quanto compatibili, anche ai procedimenti amministrativi relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale.

Ciascun ente territoriale, entro il 31 gennaio di ogni anno, può individuare un elenco di progetti strategici, tra quelli inseriti nei propri atti di programmazione, riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di interesse generale o l’avvio di attività imprenditoriali suscettibili di produrre effetti positivi sull’economia o sull’occupazione, e chiedere alla Presidenza del Consiglio dei ministri che al relativo procedimento siano applicate la riduzione dei termini di cui all’articolo 3 o il potere sostitutivo di cui all’articolo 4. Entro il successivo 28 febbraio la Presidenza può individuare anche altri progetti, non inseriti negli atti di programmazione, la cui realizzazione sia suscettibile di produrre effetti positivi sull’economia o sull’occupazione. Entro il successivo 31 marzo tra tutti gli interventi proposti sono individuati con d.P.C.M. i singoli progetti cui si applicano le disposizioni concernenti la riduzione dei termini procedimentali o il potere sostitutivo.

2.2.4 Sempre nell’ottica della semplificazione, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, è stato emanato un decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Ciò permetterà di superare la complessità della situazione attuale per cui ogni pubblica amministrazione o Ente pubblico che garantisce servizi on-line richiede proprie modalità di registrazione e di utilizzo dei servizi (si va dall’account social del Comune di Bologna, alla pre-registrazione del Comune di Firenze, alla semplice compilazione on-line di schede per i comuni di Milano e Bari, alla guida messa a punto dal Comune di Roma che spiega come entrare in possesso di un identificativo, una password e un pin consegnato in due momenti diversi attraverso una procedura on-line e l’invio anche postale della fotocopia del documento e del contratto sottoscritto di adesione; anche l’Inps, ad esempio, prevede l’attivazione di un pin, che scade ogni sei mesi, con una modalità in parte on-line e in parte via posta ordinaria).

È inoltre previsto il riordino e la razionalizzazione della governance del digitale; il coordinamento della disciplina nazionale in materia di documenti informatici e firme elettroniche con quella europea e, in particolare, con le nuove disposizioni dettate dal Regolamento (UE) n. 910/2014 (electronic IDentification Authentication and Signature ­ - eIDAS) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE in modo di garantire ad un tempo maggior validità ed efficacia ai documenti informatici anche privi di firma elettronica e di rafforzare l’efficacia delle firme elettroniche diverse da quella digitale; la razionalizzazione e semplificazione della disciplina in materia di trasmissione di dati e documenti informatici tra le amministrazioni e tra queste ultime e i privati; l’eliminazione dell’obbligo di conservare un documento informatico se questo è già in possesso della PA o dei gestori dei servizi pubblici (es: le bollette elettriche o del gas); il rafforzamento del principio dell’open data by default e il coordinamento della disciplina vigente in materia di dati aperti con quella di matrice europea relativa all’accesso alle informazioni pubbliche; riorganizzazione e razionalizzazione - anche al fine di garantirne il coordinamento con la disciplina europea - delle disposizioni in materia di identità digitale; abrogazione di una serie di disposizioni del Codice vigente al fine di semplificare la disciplina della materia anche attraverso interventi di delegificazione e di attuare il principio di neutralità tecnologica della disciplina medesima. Il CAD viene alleggerito di alcune norme ormai superate; le stesse materie saranno disciplinate da norme tecniche più facili da adottare e da adattare all’evoluzione tecnologica.

2.3.1 Sotto il profilo più strettamente connesso alle modalità della produzione normativa, si segnalano i primi tentativi di passare a sistemi di soft law come ad esempio nel caso delle linee guida Anac previste dal Decreto Legislativo  50/2016 (nuovo codice contratti pubblici e appalti).

2.3.2 Si segnala altresì che negli ultimi anni la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, con diverse circolari, ha richiamato l’esigenza di evitare il cosiddetto gold plating (tecnica delle orpellature), ovverossia la tendenza a inserire previsioni ulteriori o ultronee nel recepimento delle discipline comunitarie, suscettibili di determinare il rischio di una procedura di infrazione.

2.3.3 Altri esempi di questa rinnovata attenzione, sono costituiti dalla puntuale verifica dell’impatto delle politiche normative attraverso gli strumenti dell’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) e della verifica dell’impatto regolatorio (VIR).

L’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) è un percorso logico che le amministrazioni devono seguire nel corso dell’istruttoria normativa al fine di valutare l’impatto atteso delle opzioni di intervento considerate. Essa costituisce un supporto tecnico alle decisioni dell’organo politico di vertice dell’amministrazione e consiste in una analisi ex ante degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni.

La verifica dell’impatto regolatorio (VIR) consiste invece nella valutazione del raggiungimento delle finalità di uno o più atti normativi, nonché nella stima degli effetti prodotti su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
La finalità della VIR è, dunque, di fornire, a distanza di un certo periodo di tempo dall’introduzione di una norma, informazioni sulla sua efficacia, nonché sull’impatto concretamente prodotto sui destinatari, anche al fine di valutare possibili revisioni della regolazione in vigore.

Così come per l’AIR, lo svolgimento della VIR richiede il ricorso alla consultazione dei diversi portatori di interessi, in modo da raccogliere dati e opinioni da coloro sui quali la normativa in esame ha prodotto i principali effetti.

D’altronde, la pratica operativa può fornire fondamentali suggerimenti in termini di ripensamento degli obiettivi e cambiamento delle modalità d’azione

Questo tipo di analisi consente da un lato di valutare una fase già chiusa, dall’altro di riflettere sui fattori decisivi che, in prospettiva, possono rendere efficaci le riforme approvate sulla carta.

 

Dott. Ciro Amato (Segretario comunale generale – Federparchi, Responsabile delle relazioni con le pubbliche amministrazioni) Essere dirigenti oggi: opportunità e criticità.

Il secondo intervento a cura del dott. Ciro Amato (Segretario comunale generale – Federparchi, Responsabile delle relazioni con le pubbliche amministrazioni) ha avuto per oggetto una disamina dello “stato dell’arte” in tema di dirigenza pubblica.

L’intervento ha preso spunto dalla concreta esperienza professionale del relatore, Segretario comunale generale nelle amministrazioni territoriali, nonchè dottore di ricerca e formatore in materia di diritto pubblico e diritto degli enti locali.

L’analisi si è appuntata in particolare sulle riforme amministrative degli ultimi anni rintracciandone il comune denominatore: il legislatore del 2012 ha approvato la legge sulla prevenzione della corruzione, Legge n. 190/12, che prevede importanti modifiche dell’agere pubblico e ha reso il dirigente maggiormente responsabile per i comportamenti di maladministration interni sia dell’organico amministrativo che, nei limiti sopra descritti degli organi politici. Nel 2013 il legislatore ha poi inteso introdurre normative sulla trasparenza dell’attività amministrativa intesa in senso lato con il Decreto Legislativo n. 33/13, mentre col Decreto Legislativo n. 39/13 ha disciplinato le ipotesi di inconferibilità e incompatibilità nell’attribuzione degli incarichi politici e amministrativi  nelle amministrazioni anche territoriali.

Questo corpus normativo, non omogeneo e ancora da perfezionare comporta il mutamento della prospettiva attraverso cui leggere le norme sulla dirigenza, garante della legalità costituzionale dell’azione amministrativa e dell’accountability degli organi politici territoriali.

Le esigenze della salvaguardia degli equilibri di bilancio pubblico, in considerazione della partecipazione del nostro paese alla sottoscrizione del trattato internazionale denominato Fiscal Compact, la necessità di arginare fenomeni di corruzione e di rendere coerente l’azione amministrativa coi programmi  ha prodotto una normativa fortemente sbilanciata sul lato dei controlli su atti e comportamenti, lasciando trasparire il vero obiettivo: rendere l’azione politico-amministrativa negli enti locali più rispondente a quel concetto di legalità sostanziale che costituisce precondizione dell’azione politica e che rappresenta il contenuto della gestione operativa, per gli organi burocratici. Legalità sostanziale che si àncora ai valori costituzionali di cui agli articoli 81, 97 della costituzione e che nella trama normativa disegnata dagli articoli 5, 114, 118 della costituzione vede le autonomie locali polo, di espressione, anche giuridica, particolarmente in evidenza.

Una legalità sostanziale aperta alla dimensione dei risultati e, in particolare, di quelli programmati per la comunità locale da sé stessa.

Nell’ottica dell’Amministr­azione di risultato non basta costruire, per esempio, un’opera in termini di spesa economica, ma è ne­cessario che la spesa risponda alle utilità sociali che sono collegate a questa spesa. 

Un’amministrazione che trova il suo tratto essenziale nell’attenzione al risultato è, insomma, un’amministrazione che rinviene i parametri della legittimità in principi piuttosto che in prescrizioni esprimibili in termini di qualità  e di quantità con conseguente passaggio da una legalità formale ad una sostanziale.

È mancato tuttavia un tassello: l’autonomia. Di questa si ha urgentemente bisogno.

L’imparzialità dell’esercizio della funzione è assicurata dalla distinzione tra indirizzo, gestione e controllo, ma l’autonomia è anche fatto che riguarda lo status organizzativo della figura dirigenziale e il criterio di nomina del dirigente spesso non ha garantito la predetta autonomia nella prassi, al di là di ogni altra considerazione pur fatta in dottrina e condivisibile sotto un profilo astratto e teorico.

L’assenza totale di idonei criteri e principi di nomina hanno talora impedito di premiare il merito e il percorso professionale di ciascuno.

Solo il superamento di queste criticità, unitamente ad una reale autonomia dalla politica, consentirà il dispiegarsi di una nuova classe dirigente capace di esprimere al meglio le proprie potenzialità, non solo in termini di controllo di legittimità, ma anche e soprattutto di organizzazione manageriale e miglioramento della fase gestionale, nel rispetto, ovviamente delle scelte operate dagli organi di indirizzo politico.

 

Le Conclusioni del seminario, infine, sono state curate dal Prof. Marco Esposito (Università Parthenope).

A tutti i partecipanti è stato rilasciato un attestato di partecipazione utile al riconoscimento dei crediti formativi nei rispettivi corsi di laurea.

Seminario

Napoli, 15 dicembre 2016, ore 9,30

Palazzo Pacanowski, Via Generale Parisi n. 13, Aula 1.1.

 

Resoconto dei lavori

Il Prof. Alessandro Natalini (Università Parthenope) ha curato l’organizzazione del seminario, valido per l’ottenimento di crediti formativi da parte degli studenti del Corso di laurea di giurisprudenza, del Corso di laurea in Scienza dell’amministrazione e dell’organizzazione, e del Corso di Laurea Magistrale in Management Pubblico.

Il seminario si è aperto con i seguenti indirizzi di saluto:

  • A. Carotenuto - Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”;
  • F. Alvino - Pro-rettore Vicario dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”;
  • ssa M.L. Tufano - Direttore Reggente del Dipartimento di Giurisprudenza.

 

La Prof.ssa Maria Luisa Tufano ed il Prof. Alessandro Natalini (Università Parthenope) hanno introdotto i lavori illustrando il contesto complessivo su cui si è appuntata la riforma e ripercorrendo le vicende giuridiche della Legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di Riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche, sino alla recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 251/2016).

 

Avv. Giuseppe De Luca (Dirigente Ufficio Legislativo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) L’impatto della riforma Madia sulla pratica amministrativa

Le criticità esistenti nella pratica amministrativa: i problemi dell’operatore di diritto e le difficoltà insite nella produzione normativa

1.1 Il primo intervento, a cura dell’Avv. Giuseppe De Luca (Dirigente Ufficio Legislativo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare) ha avuto per oggetto una relazione su L’impatto della riforma Madia sulla pratica amministrativa.

L’intervento ha preso spunto dalla concreta esperienza professionale del relatore, prima nelle amministrazioni territoriali, successivamente in quelle statali.

Nei due diversi contesti, è stato possibile vedere le cose nelle due diverse prospettive di chi attua (a fatica) le norme, e di chi le confeziona (sempre a fatica).

1.2 Sono state innanzitutto evidenziate le criticità esistenti nella pubblica amministrazione, sotto il profilo della mole di adempimenti amministrativi, molti dei quali, di carattere digitale, che per ora si sommano agli adempimenti cartacei senza eliminarli, determinandosi un’inutile duplicazione e un dispendio di energie produttive.

Gli enti rischiano la paralisi delle attività sotto la mole degli adempimenti dei controlli, senza che venga prodotto un reale rinnovamento nel modo di lavorare.

Con la stragrande maggioranza dei piccoli comuni sottodimensionati organicamente si fa non poca fatica a garantire tutti gli ulteriori complessi e non essenziali adempimenti imposti, a costo zero, dal Governo centrale.

A conferma della correttezza dei predetti rilievi la Corte dei Conti ha ammesso che il Legislatore ha utilizzato direttamente il personale amministrativo e in particolare quello degli Enti Locali dando la precedenza all’obbligo di trasparenza anziché destinarlo all’erogazione dei servizi al cittadino utente.

Inoltre, nel rapporto dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) sugli obblighi di trasparenza disposti dal D.Lgs. 33/2013, viene ribadito che: “l’abnorme espansione del numero degli obblighi di pubblicazione (complessivamente circa 270), costituiscono elementi che manifestano con tutta evidenza un problema di sostenibilità complessiva del sistema e che hanno determinato nei soggetti tenuti all’applicazione numerosi dubbi e incertezze interpretative”.

1.3 A questo si aggiunge una legislazione ipertrofica che non aiuta certo lo svolgimento dell’azione amministrativa:

  • il vecchio Codice dei Contratti (D.Lgs. 12.4.2006, n.163), ha subito 45 modifiche in 7 anni, con una media superiore a 6 modifiche all’anno;
  • la disciplina del procedimento amministrativo (L. 07.08.1990, n. 241) ha subito 29 modifiche in 23 anni, pur trattandosi di una legge di principi;
  • il Testo Unico sull’edilizia, (DPR 06.06.2001, n. 280) ha subito 21 modifiche in 12 anni, con una media di poco inferiore a 2 modifiche all’anno;
  • il Testo Unico degli Enti Locali, approvato con D. Lgs. 18.8.2000, n. 267, ha subito 64 modifiche in 13 anni, con una media di circa 5 modifiche all’anno (una ogni due mesi e mezzo, per non parlare delle modifiche dell’Ordinamento, che agiscono senza innovare il TUEL, ma sovrapponendosi ad esso).

E questo spiega perché non vi è certezza del diritto, che si traduce nella crescita esponenziale del contenzioso amministrativo e costituzionale, perché poi la macchina amministrativa risulta ingolfata, e tutto va avanti a rilento, spingendosi faticosamente tra procedure continuamente riviste e frammentate, e frequenti adeguamenti regolamentari resi necessari dalle nuove disposizioni.

1.4 Occorre tuttavia rilevare che, anche nella diversa prospettiva di chi confeziona le norme, vi sono notevoli difficoltà derivanti dalla farraginosità del procedimento legislativo, che esigerebbe percorsi più snelli, al fine di agevolare il recepimento della normativa comunitaria e rispondere più celermente alle attese e ai bisogni della collettività.

Le tempistiche sono talmente dilatate che si è verificato il fenomeno della tardiva pubblicazione delle leggi delega in Gazzetta Ufficiale, al fine di far slittare in avanti il dies a quo di decorrenza dei termini di attuazione della delega, godendo di un periodo più ampio per la messa a punto delle disposizioni delegate.

Proprio per non confondere la delega legislativa con un incondizionato trasferimento di competenza, la Costituzione ha stabilito che l’emanazione del decreto o dei decreti legislativi del governo debba avvenire entro un tempo limitato dalla stessa legge delegante. Tuttavia, può accadere che il Parlamento imponga al governo di attuare una delega entro un dato periodo di tempo, la decorrenza del quale non è prestabilita. In questo caso il periodo stesso è destinato ad iniziare nel giorno dell’entrata in vigore della legge delegante. Come accenato, però, è successo che il governo ha ritardato indebitamente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, allo scopo di poter utilizzare un periodo più lungo di quello che la legge assegnava. Ma il tentativo è stato censurato da parte della Corte Costituzionale, che in simili casi non ha esitato ad ipotizzare l’illegittimità degli stessi decreti delegati.

Queste, dunque, le problematiche esistenti, sia sul versante della pratica operativa, sia su quello della produzione normativa.

 

I tentativi di sburocratizzazione: la Legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di Riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche; buone prassi e nuove tecniche nella produzione normativa

2.1 Pare tuttavia delinearsi l’inizio di una nuova, diversa stagione normativa, molto più attenta alla risoluzione delle descritte criticità, sia in termini di sburocratizzazione delle procedure amministrative, sia in termini di migliore e più snella produzione normativa.

2.2.1 Un esempio è offerto dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, recante “revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

In particolare, il provvedimento normativo apporta significative modifiche al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, con i seguenti obiettivi: ridefinire l’ambito di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza; prevedere misure organizzative per la pubblicazione di alcune informazioni e per la concentrazione e la riduzione dei predetti, numerosissimi, oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche; razionalizzare e precisare i tanti obblighi di pubblicazione; individuare i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza.

Il decreto legislativo interviene, inoltre, anche sulla legge 6 novembre 2012, n. 190. Sotto questo profilo, le novelle sono volte a precisare i contenuti e i procedimenti di adozione del Piano nazionale anticorruzione e dei piani triennali per la prevenzione della corruzione, nonché a ridefinire i ruoli, i poteri e le responsabilità dei soggetti interni che intervengono nei relativi processi.

Il legislatore è consapevole che solo l’utilizzo congiunto degli strumenti regolamentari e pianificatori in materia di trasparenza e anticorruzione consenta davvero la piena attuazione delle disposizioni ivi contenute. Diversamente, per converso, potrebbero verificarsi duplicazioni e ripetizioni di adempimenti procedurali scollegati tra loro, determinandosi un inutile appesantimento burocratico, anzicchè un valore aggiunto.

È altresì introdotta una nuova forma di accesso civico ai dati pubblici, equivalente a quella che nei sistemi anglosassoni è definita Freedom of information act (Foia). Questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge.

Si tratta, dunque, di un regime di accesso più ampio di quello previsto dalla versione originaria dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, in quanto consente di accedere non solo ai dati e documenti per i quali esistono specifici obblighi di pubblicazione (per i quali permane, comunque, l’obbligo dell’amministrazione di pubblicare quanto richiesto, nel caso in cui non fosse già presente sul sito istituzionale), ma anche ai dati per i quali non esiste l’obbligo di pubblicazione e che l’amministrazione deve quindi fornire al richiedente.

Infine, questa nuova forma di accesso si distingue dalla disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, la richiesta di accesso non richiede alcuna qualificazione e motivazione, per cui il richiedente non deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», così come stabilito invece per l’accesso ai sensi della legge sul procedimento amministrativo. Dal punto di vista oggettivo, invece, i limiti applicabili alla nuova forma di accesso civico (di cui al nuovo articolo 5-bis del decreto legislativo n. 33 del 2013) sono più ampi e dettagliati rispetto a quelli indicati dall’articolo 24 della legge n. 241 del 1990, consentendo alle amministrazioni di impedire l’accesso nei casi in cui questo possa compromettere alcuni rilevanti interessi pubblici generali.

2.2.2 Sempre in tema di attuazione della delega Madia, si segnala il decreto legislativo recante norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza dei servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

Il decreto prevede la ridefinizione e la semplificazione della disciplina della conferenza di servizi, realizzata sulla base di diversi criteri direttivi, tra cui: la riduzione dei tempi e dei casi in cui la conferenza è obbligatoria; lo snellimento dei lavori da conseguire anche con l’utilizzo di strumenti informatici; lo svolgimento della conferenza anche in modalità asincrona; la semplificazione del modello decisionale attraverso la previsione della partecipazione alla conferenza di un rappresentante unico delle amministrazioni statali; la differenziazione delle modalità di svolgimento dei lavori della conferenza, secondo il principio di proporzionalità, prevedendo per i soli casi di procedimenti complessi la convocazione di riunioni in presenza.

2.2.3 Ancora, l’articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124, ha autorizzato il Governo a dettare norme di semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di interesse generale o l’avvio di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull’economia o sull’occupazione.

Costituiscono oggetto del provvedimento tutti quegli atti, comunque denominati, compresi quelli di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione delle opere, lo stabilimento degli impianti produttivi e l’esercizio delle attività.

Quanto all’ambito di applicazione, si precisa che le disposizioni del regolamento sono applicabili, in quanto compatibili, anche ai procedimenti amministrativi relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale.

Ciascun ente territoriale, entro il 31 gennaio di ogni anno, può individuare un elenco di progetti strategici, tra quelli inseriti nei propri atti di programmazione, riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di interesse generale o l’avvio di attività imprenditoriali suscettibili di produrre effetti positivi sull’economia o sull’occupazione, e chiedere alla Presidenza del Consiglio dei ministri che al relativo procedimento siano applicate la riduzione dei termini di cui all’articolo 3 o il potere sostitutivo di cui all’articolo 4. Entro il successivo 28 febbraio la Presidenza può individuare anche altri progetti, non inseriti negli atti di programmazione, la cui realizzazione sia suscettibile di produrre effetti positivi sull’economia o sull’occupazione. Entro il successivo 31 marzo tra tutti gli interventi proposti sono individuati con d.P.C.M. i singoli progetti cui si applicano le disposizioni concernenti la riduzione dei termini procedimentali o il potere sostitutivo.

2.2.4 Sempre nell’ottica della semplificazione, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, è stato emanato un decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Ciò permetterà di superare la complessità della situazione attuale per cui ogni pubblica amministrazione o Ente pubblico che garantisce servizi on-line richiede proprie modalità di registrazione e di utilizzo dei servizi (si va dall’account social del Comune di Bologna, alla pre-registrazione del Comune di Firenze, alla semplice compilazione on-line di schede per i comuni di Milano e Bari, alla guida messa a punto dal Comune di Roma che spiega come entrare in possesso di un identificativo, una password e un pin consegnato in due momenti diversi attraverso una procedura on-line e l’invio anche postale della fotocopia del documento e del contratto sottoscritto di adesione; anche l’Inps, ad esempio, prevede l’attivazione di un pin, che scade ogni sei mesi, con una modalità in parte on-line e in parte via posta ordinaria).

È inoltre previsto il riordino e la razionalizzazione della governance del digitale; il coordinamento della disciplina nazionale in materia di documenti informatici e firme elettroniche con quella europea e, in particolare, con le nuove disposizioni dettate dal Regolamento (UE) n. 910/2014 (electronic IDentification Authentication and Signature ­ - eIDAS) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE in modo di garantire ad un tempo maggior validità ed efficacia ai documenti informatici anche privi di firma elettronica e di rafforzare l’efficacia delle firme elettroniche diverse da quella digitale; la razionalizzazione e semplificazione della disciplina in materia di trasmissione di dati e documenti informatici tra le amministrazioni e tra queste ultime e i privati; l’eliminazione dell’obbligo di conservare un documento informatico se questo è già in possesso della PA o dei gestori dei servizi pubblici (es: le bollette elettriche o del gas); il rafforzamento del principio dell’open data by default e il coordinamento della disciplina vigente in materia di dati aperti con quella di matrice europea relativa all’accesso alle informazioni pubbliche; riorganizzazione e razionalizzazione - anche al fine di garantirne il coordinamento con la disciplina europea - delle disposizioni in materia di identità digitale; abrogazione di una serie di disposizioni del Codice vigente al fine di semplificare la disciplina della materia anche attraverso interventi di delegificazione e di attuare il principio di neutralità tecnologica della disciplina medesima. Il CAD viene alleggerito di alcune norme ormai superate; le stesse materie saranno disciplinate da norme tecniche più facili da adottare e da adattare all’evoluzione tecnologica.

2.3.1 Sotto il profilo più strettamente connesso alle modalità della produzione normativa, si segnalano i primi tentativi di passare a sistemi di soft law come ad esempio nel caso delle linee guida Anac previste dal Decreto Legislativo  50/2016 (nuovo codice contratti pubblici e appalti).

2.3.2 Si segnala altresì che negli ultimi anni la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, con diverse circolari, ha richiamato l’esigenza di evitare il cosiddetto gold plating (tecnica delle orpellature), ovverossia la tendenza a inserire previsioni ulteriori o ultronee nel recepimento delle discipline comunitarie, suscettibili di determinare il rischio di una procedura di infrazione.

2.3.3 Altri esempi di questa rinnovata attenzione, sono costituiti dalla puntuale verifica dell’impatto delle politiche normative attraverso gli strumenti dell’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) e della verifica dell’impatto regolatorio (VIR).

L’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) è un percorso logico che le amministrazioni devono seguire nel corso dell’istruttoria normativa al fine di valutare l’impatto atteso delle opzioni di intervento considerate. Essa costituisce un supporto tecnico alle decisioni dell’organo politico di vertice dell’amministrazione e consiste in una analisi ex ante degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni.

La verifica dell’impatto regolatorio (VIR) consiste invece nella valutazione del raggiungimento delle finalità di uno o più atti normativi, nonché nella stima degli effetti prodotti su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
La finalità della VIR è, dunque, di fornire, a distanza di un certo periodo di tempo dall’introduzione di una norma, informazioni sulla sua efficacia, nonché sull’impatto concretamente prodotto sui destinatari, anche al fine di valutare possibili revisioni della regolazione in vigore.

Così come per l’AIR, lo svolgimento della VIR richiede il ricorso alla consultazione dei diversi portatori di interessi, in modo da raccogliere dati e opinioni da coloro sui quali la normativa in esame ha prodotto i principali effetti.

D’altronde, la pratica operativa può fornire fondamentali suggerimenti in termini di ripensamento degli obiettivi e cambiamento delle modalità d’azione

Questo tipo di analisi consente da un lato di valutare una fase già chiusa, dall’altro di riflettere sui fattori decisivi che, in prospettiva, possono rendere efficaci le riforme approvate sulla carta.

 

Dott. Ciro Amato (Segretario comunale generale – Federparchi, Responsabile delle relazioni con le pubbliche amministrazioni) Essere dirigenti oggi: opportunità e criticità.

Il secondo intervento a cura del dott. Ciro Amato (Segretario comunale generale – Federparchi, Responsabile delle relazioni con le pubbliche amministrazioni) ha avuto per oggetto una disamina dello “stato dell’arte” in tema di dirigenza pubblica.

L’intervento ha preso spunto dalla concreta esperienza professionale del relatore, Segretario comunale generale nelle amministrazioni territoriali, nonchè dottore di ricerca e formatore in materia di diritto pubblico e diritto degli enti locali.

L’analisi si è appuntata in particolare sulle riforme amministrative degli ultimi anni rintracciandone il comune denominatore: il legislatore del 2012 ha approvato la legge sulla prevenzione della corruzione, Legge n. 190/12, che prevede importanti modifiche dell’agere pubblico e ha reso il dirigente maggiormente responsabile per i comportamenti di maladministration interni sia dell’organico amministrativo che, nei limiti sopra descritti degli organi politici. Nel 2013 il legislatore ha poi inteso introdurre normative sulla trasparenza dell’attività amministrativa intesa in senso lato con il Decreto Legislativo n. 33/13, mentre col Decreto Legislativo n. 39/13 ha disciplinato le ipotesi di inconferibilità e incompatibilità nell’attribuzione degli incarichi politici e amministrativi  nelle amministrazioni anche territoriali.

Questo corpus normativo, non omogeneo e ancora da perfezionare comporta il mutamento della prospettiva attraverso cui leggere le norme sulla dirigenza, garante della legalità costituzionale dell’azione amministrativa e dell’accountability degli organi politici territoriali.

Le esigenze della salvaguardia degli equilibri di bilancio pubblico, in considerazione della partecipazione del nostro paese alla sottoscrizione del trattato internazionale denominato Fiscal Compact, la necessità di arginare fenomeni di corruzione e di rendere coerente l’azione amministrativa coi programmi  ha prodotto una normativa fortemente sbilanciata sul lato dei controlli su atti e comportamenti, lasciando trasparire il vero obiettivo: rendere l’azione politico-amministrativa negli enti locali più rispondente a quel concetto di legalità sostanziale che costituisce precondizione dell’azione politica e che rappresenta il contenuto della gestione operativa, per gli organi burocratici. Legalità sostanziale che si àncora ai valori costituzionali di cui agli articoli 81, 97 della costituzione e che nella trama normativa disegnata dagli articoli 5, 114, 118 della costituzione vede le autonomie locali polo, di espressione, anche giuridica, particolarmente in evidenza.

Una legalità sostanziale aperta alla dimensione dei risultati e, in particolare, di quelli programmati per la comunità locale da sé stessa.

Nell’ottica dell’Amministr­azione di risultato non basta costruire, per esempio, un’opera in termini di spesa economica, ma è ne­cessario che la spesa risponda alle utilità sociali che sono collegate a questa spesa. 

Un’amministrazione che trova il suo tratto essenziale nell’attenzione al risultato è, insomma, un’amministrazione che rinviene i parametri della legittimità in principi piuttosto che in prescrizioni esprimibili in termini di qualità  e di quantità con conseguente passaggio da una legalità formale ad una sostanziale.

È mancato tuttavia un tassello: l’autonomia. Di questa si ha urgentemente bisogno.

L’imparzialità dell’esercizio della funzione è assicurata dalla distinzione tra indirizzo, gestione e controllo, ma l’autonomia è anche fatto che riguarda lo status organizzativo della figura dirigenziale e il criterio di nomina del dirigente spesso non ha garantito la predetta autonomia nella prassi, al di là di ogni altra considerazione pur fatta in dottrina e condivisibile sotto un profilo astratto e teorico.

L’assenza totale di idonei criteri e principi di nomina hanno talora impedito di premiare il merito e il percorso professionale di ciascuno.

Solo il superamento di queste criticità, unitamente ad una reale autonomia dalla politica, consentirà il dispiegarsi di una nuova classe dirigente capace di esprimere al meglio le proprie potenzialità, non solo in termini di controllo di legittimità, ma anche e soprattutto di organizzazione manageriale e miglioramento della fase gestionale, nel rispetto, ovviamente delle scelte operate dagli organi di indirizzo politico.

 

Le Conclusioni del seminario, infine, sono state curate dal Prof. Marco Esposito (Università Parthenope).

A tutti i partecipanti è stato rilasciato un attestato di partecipazione utile al riconoscimento dei crediti formativi nei rispettivi corsi di laurea.