La trasparenza nella Pubblica Amministrazione. A che punto siamo?

Spettacolo
Ph. Cinzia Falcinelli / Spettacolo

Il principio di trasparenza nell’ottica della prevenzione della corruzione come previsto da Decreto legislativo n. 33/2013, adottato in attuazione dell’articolo 1, c. 35 della l. n.190/2012, sembra avere ampliato la portata originaria, fino ad assumere la natura di diritto per chiunque «di avere accesso diretto all’intero patrimonio informativo delle pubbliche amministrazioni».

La ratio su cui poggia il Decreto legislativo n. 33/2013 rinvia alla più ampia diffusione di dati e documenti al fine di esercitare la c.d. accountability amministrativa, eseguendo la logica della c.d. total disclosure – volta a garantire l’accessibilità totale, in parziale contrasto con la c.d. smart disclosure – ed estende la possibilità di rendere pubblico qualsiasi altro dato o informazione di cui non è previsto un obbligo di pubblicazione, oscurando gli eventuali dati personali presenti.

La disciplina in esame ha inizialmente suscitato alcune perplessità circa la sua effettiva sostenibilità attuativa, anche in considerazione delle prescrizioni imposte alle amministrazioni pubbliche, che potrebbero incidere sul concreto adempimento.

Invero, come è emerso nel corso del procedimento di approvazione del Decreto legislativo n. 33/2013, non può non rilevarsi che troppi obblighi di pubblicazione rischiano di promuovere una “burocrazia della trasparenza”, alimentando quel circolo vizioso delle amministrazioni, all’interno delle quali per risolvere un problema si tende a valorizzare la fase procedurale a discapito di quella del risultato, nonché rallentare l’intero apparato pubblico, cui peraltro non spettano risorse aggiuntive per esercitare tali nuove funzioni.

Sosteniamo sempre in ogni occasione che la trasparenza è anzitutto un approccio mentale, un modo di gestire la cosa pubblica, che ci vede in ritardo in fase di attuazione rispetto a molti paesi: si pensi ad esempio al caso della Svezia, dove lo stesso principio è inserito nella costituzione.

Il nodo della questione sembra individuarsi nel fatto che l’accesso totale agli atti e agli altri documenti amministrativi non significa necessariamente ottenere un maggiore grado di trasparenza, in quanto si rischia di generare una confusione a causa dell’assenza di qualsiasi opera di selezione a monte di quelli più idonei a rilevare il buon andamento dell’amministrazione, di cui all’articolo 97 Cost. In altri termini, alla crescita abnorme degli obblighi di informazione potrebbe derivare una riduzione della trasparenza intesa come mancata comprensione delle attività da compiere nelle varie amministrazioni pubbliche che non sono tutte uguali sia nella propria definizione (si pensi alle differenze tra ministeri, enti locali, enti pubblici economici e coì via) sia nell’approccio alla complessità dei dati e delle informazioni da rendere pubblici.

Alle esigenze di semplificazione e di riduzione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche sembra rispondere il Decreto legislativo n. 97/2016, che si propone di sburocratizzare la disciplina in tema di prevenzione della corruzione per ridurre gli adempimenti in capo all’amministrazione e aumentare il livello di trasparenza.

Il Decreto legislativo n. 97/2016, seguendo un approccio più “prudente”, dispone una complessiva razionalizzazione degli obblighi di pubblicità, allo scopo di pervenire ad una effettiva applicazione del principio di trasparenza che, per essere tale, dovrebbe assicurare il (giusto) bilanciamento tra la quantità delle prescrizioni imposte e la qualità delle informazioni disponibili. In particolare, introduce alcune modifiche che, per chiarezza di argomentazione, possono essere ricondotte in tre parti.

La prima, in cui la nuova disciplina prevede di semplificare gli obblighi di pubblicazione imposti alle amministrazioni: riducendone il numero, eliminando le duplicazioni, conferendo all’ANAC il potere sia di identificare quali informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria in forma integrale possono invece essere pubblicate in forma riassuntiva, sia di “precisare” gli obblighi di pubblicazione e le relative modalità di attuazione in relazione alla natura dei soggetti, alla loro dimensione organizzativa e alle attività svolte.

La seconda, in cui sono introdotti ulteriori obblighi di pubblicazione di atti normativi e generali sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni.

Infine la terza, dove il Decreto legislativo n. 97/2016 estende l’accesso civico (semplice), introducendo il modello statunitense del Freedom of Information Act e riconoscendo il diritto di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, di accedere non solo ai dati e ai documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria, ma anche a “dati ulteriori” per i quali non esiste una specifica previsione normativa che l’amministrazione è tenuta a fornire al richiedente, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici (articolo 6, primo comma) e privati (articolo 6, secondo comma), in aggiunta a quelli previsti dalla normativa vigente (accesso civico generalizzato).

Ci si chiede se questa novità normativa sia risultata veramente utile e se non sia il caso a livello governativo di monitorare l’attuazione di questo e di altri provvedimenti assimilabili per capire se siamo sulla strada giusta. Riteniamo che le norme siano importanti, ma ancora di più lo è il modo di pensare a come applicarle con efficacia per capire anno dopo anno cosa stiamo facendo in questo ambito e se non sia il caso di intervenire, ad esempio, attraverso l’adozione di buone pratiche.

 

Analisi e riflessioni sulla trasparenza

La trasparenza è, quindi, un elemento assolutamente necessario per una migliore gestione (economico finanziaria e organizzativa) della “Cosa pubblica” ed essenziale per l’accountability in modo tale da responsabilizzare il management pubblico e stimolare la rendicontazione di quanto realizzato.

Con la trasparenza è anche avviata una partecipazione e collaborazione del cittadino che, conoscendo meglio le amministrazioni pubbliche, può contribuire attivamente a migliorare, anche attraverso proposte, la loro qualità, sia in termini di servizi erogati, sia in ambito organizzativo mettendo in pratica un nuovo tipo di “friendly citizen control”.

La trasparenza consente anche di attivare una economia legata a dati pubblicati in formato aperto e rielaborabile. Le aziende e i privati possono infatti utilizzare i dati pubblici (anche quelli che nascondono una immediata utilità nel contesto delle pubbliche amministrazioni) per realizzare servizi a valore aggiunto e per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Oltre a ciò, più un’amministrazione è trasparente, anche al di là del semplice e formale obbligo normativo, più si prevengono e si limitano i fenomeni legati alla corruzione.

Sappiamo bene quanto tale aspetto sia delicato e quanto rappresenti un costo che incide, ogni anno, in modo non trascurabile, sul nostro PIL (pensiamo anche all’influenza della pandemia tuttora in corso). Fuori dall’ambito strettamente normativo, possiamo definire l’attitudine alla trasparenza di una pubblica amministrazione come un elemento culturale intrinseco fortemente caratterizzante del tipo di approccio nel modo di interpretare la funzione pubblica ricoperta.

Nelle amministrazioni pubbliche più avanzate e moderne non dovrebbero esistere informazioni sottratte alla trasparenza, a parte pochi casi strettamente necessari alla tutela di interesse superiori identificati dal legislatore e fatta salva la tutela dei dati personali come regolati dalla normativa di settore. E questo principio assume ancor più valore e cogenza al punto da diventare un inevitabile obbligo se si considera che le pubbliche amministrazioni per naturale definizione svolgono funzioni pubbliche utilizzando risorse appartenenti alla collettività.

Le amministrazioni che ostinano atteggiamenti di chiusura e trattenimento dell’informazione rivelano una debolezza strutturale e di governance che dovrebbe essere oggetto di verifica da parte degli organi di controllo e valutazione sia interni che esterni i quali troppo spesso limitano la loro azione ad aspetti formali trascurando la vera finalità dell’essenza pubblica. In pratica la trasparenza è e deve essere un pilastro importante di un nuovo rapporto tra cittadino e pubbliche amministrazioni, ed è auspicabile che sia estesa a tutti i livelli superando i limiti di applicazione imposti dal nostro ordinamento giuridico. La trasparenza dovrebbe anche contribuire a ridurre due distinte tipologie di asimmetrie informative: 1) quella che vede la PA possedere informazioni che i cittadini/imprese non hanno; 2) quella secondo la quale, ogni disciplina o prassi che abbia un substrato tecnico, elabora un proprio linguaggio non facilmente comprensibile dai non addetti ai lavori (atti, regolamenti, non sono spesso semplici da capire).

La prima tipologia di asimmetria si riduce adeguatamente usando la “disclosure” dei dati e delle informazioni. La seconda asimmetria, invece, che è di tipo strutturale, è di ben più difficile risoluzione, complice fattori culturali e di forma che sono lontani ad essere superati da tutte le amministrazioni. Vi è poi un altro aspetto da considerare che è quello del “rumore”.

La trasparenza intesa come abbondanza di informazioni pubblicate ha delle insidie e pur rappresentando una trasparenza in termini formali, non lo è in senso reale, effettivo e sostanziale. Infatti la natura umana, è portata inevitabilmente a non prestare particolare attenzione ad una mole eccessiva di dati e informazioni.

Quindi è importante individuare il giusto bilanciamento nella “domanda di trasparenza” e cogliere tutto ciò come una grande opportunità per le pubbliche amministrazioni e per gli stessi soggetti, eliminando la cultura del sospetto e la dimensione del “si è sempre fatto così”.