Rivista Percorsi penali - 2/2021

Percorsi penali
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Articoli

Percorsi penali: editoriale
Vincenzo Giuseppe Giglio, Antonio Zama
Dal populismo giudiziario al populismo penale e politico
Enrico Amati
Obiezione o illusione?
Rudi Di Marco
Il trattamento sanitario lecito di fine vita: teoria e prassi nell’esercizio di «diritti infelici»
Francesco Di Paola
I “discorsi d’odio” nella visione del giudice penale di legittimità
Margherita Gambi
Il mancato versamento dell’imposta di soggiorno e il peculato degli albergatori
Francesco Loschi
Riflessioni in materia di favoreggiamento della prostituzione a partire dalla recente giurisprudenza della Corte costituzionale*
Nicola Recchia
La frammentarietà della tutela penale del marchio e del made in Italy
Veronica Clara Talamo
L’acquisizione delle prove elettroniche, la voluntary disclosure dei providers, e l’ordine europeo di produzione e conservazione dell’e-evidence in materia penale
Paolo Palmieri
Carcere e sessualità negata. Repressione è rieducazione?
Maria Brucale

Video-intervista

Le pene nascoste: un dialogo sull'attuale estensione delle garanzie oltre il diritto penale classico
Francesco d’Errico, Francesco Mazzacuva

Gran Bazar

La “roba”
Vincenzo Giuseppe Giglio, Riccardo Radi
Il contenzioso interstatale dinanzi alla Corte europea dei diritti umani quale strumento orientato alla tutela dell’interesse collettivo in tempo di pace e di guerra: evoluzione, prassi recente e (non semplici) prospettive di armonizzazione con il diritto umanitario
Veronica Botticelli
Il caso Dan c. Repubblica di Moldavia (n. 2) e il “sequel” sulla rinnovazione della prova in appello in caso di overturning della sentenza di assoluzione
Paola Rubini
Frontex e la tutela dei diritti umani: quis custodiet ipsos custodes? Push-backs nel Mar Egeo, un inquadramento giuridico
Laura Salzano

La lente di Strasburgo

CEDU e diritto penale: sviluppi giurisprudenziali del primo trimestre 2021
Daria Sartori
Extinction of domain as a tool to attack the assets of crime in Mexico’s Northeastern Region
Pedro Ruben Torres Estrada

Recensioni

Verso il superamento del regime ostativo ai benefici penitenziari?
Nicola Galati
Nessuna salvezza per Jean Valjean: la giustizia secondo l’ispettore Javert
Andrea Merlo

Paolo Panzacchi

Siamo (noi) la più grande tempesta

Guardando il cielo avremmo potuto facilmente capire che il tempo sarebbe volto al brutto,  non potevamo però pensare che quelle nuvole fossero portatrici di una tempesta così forte, talmente devastante da trasformare per sempre il nostro tempo. Siamo rimasti a osservarle mentre arrivavano, impotenti davanti alla forza del destino.

Le porte delle nostre case si sono dovute chiudere, non è stato importante cosa ci fosse dentro, se fosse presente amore, se lodio divorasse le carni, se la fragilità avesse iniziato ad allargare le crepe. Tanti hanno scoperto di essere come cristalli, altri hanno compreso di essere eroi senza saperlo. Ci siamo affacciati ai balconi quando le nubi si sono fatte più cupe, scoprendo parti delle nostre città che non conoscevamo. Siamo sgusciati fuori nell’ombra, entrati in luoghi sacri che ignoravamo e ci siamo seduti a pregare su panchine male in arnese, mentre fuori la vita si riprendeva la terra che ci ha nutrito. Ci siamo dimenticatoi di santificarlo il suolo, che per secoli ci ha dato di che vivere, oggi lo avveleniamo per qualche denaro in più; senza riuscire a pensare a cosa sia davvero sostenibile.

Su quei balconi c’è anche chi ci si è rifugiato stringendo tra le mani ciò che rimaneva delle spoglie di fantasmi volati lontano senza il calore di chi li ha amati, senza parole per ricordarli, senza musica per accompagnarli.

È tornata la libertà, ed è sembrata più un gioco sfuggito dalle mani di un bambino arrivato fino alle spiagge vuote dove non abbiamo saputo essere adulti, continuando a vivere solo l’attimo.

Ci siamo ancora smarriti nella nebbia delle città pensando di dimenticare ciò che ci faceva paura, finendo solo per non riconoscere la perdita di umanità che ci stava mangiando da dentro, come la più insidiosa delle malattie.

Non ci sono stati teatri, cinema e concerti a ricordarci che larte ci avrebbe salvato ancora una volta, ci siamo fatti sedurre dai consumi, dimenticandoci delle solitudini di chi non ha parole per raccontare la miseria ma può solo viverla, di chi è stritolato dalla mancanza dei diritti che nutrono la nostra avidità. Per santificare il Bianco Natale abbiamo sacrificato le piccole realtà a noi vicine, facendo crescere mostri lontani.

Certi demoni annodano i fili del destino fino a renderli più difficili da sciogliere che quelli sprofondati in fondo al mare assieme alle navi di marinai perduti.

La speranza è tornata, io l’ho vista nei fiori che portano desideri e nel soffio degli innocenti che hanno imparato a esprimerli.

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