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Guardando il cielo avremmo potuto facilmente capire che il tempo sarebbe volto al brutto, non potevamo però pensare che quelle nuvole fossero portatrici di una tempesta così forte, talmente devastante da trasformare per sempre il nostro tempo. Siamo rimasti a osservarle mentre arrivavano, impotenti davanti alla forza del destino.
Le porte delle nostre case si sono dovute chiudere, non è stato importante cosa ci fosse dentro, se fosse presente amore, se l’odio divorasse le carni, se la fragilità avesse iniziato ad allargare le crepe. Tanti hanno scoperto di essere come cristalli, altri hanno compreso di essere eroi senza saperlo. Ci siamo affacciati ai balconi quando le nubi si sono fatte più cupe, scoprendo parti delle nostre città che non conoscevamo. Siamo sgusciati fuori nell’ombra, entrati in luoghi sacri che ignoravamo e ci siamo seduti a pregare su panchine male in arnese, mentre fuori la vita si riprendeva la terra che ci ha nutrito. Ci siamo dimenticatoi di santificarlo il suolo, che per secoli ci ha dato di che vivere, oggi lo avveleniamo per qualche denaro in più; senza riuscire a pensare a cosa sia davvero sostenibile.
Su quei balconi c’è anche chi ci si è rifugiato stringendo tra le mani ciò che rimaneva delle spoglie di fantasmi volati lontano senza il calore di chi li ha amati, senza parole per ricordarli, senza musica per accompagnarli.
È tornata la libertà, ed è sembrata più un gioco sfuggito dalle mani di un bambino arrivato fino alle spiagge vuote dove non abbiamo saputo essere adulti, continuando a vivere solo l’attimo.
Ci siamo ancora smarriti nella nebbia delle città pensando di dimenticare ciò che ci faceva paura, finendo solo per non riconoscere la perdita di umanità che ci stava mangiando da dentro, come la più insidiosa delle malattie.
Non ci sono stati teatri, cinema e concerti a ricordarci che l’arte ci avrebbe salvato ancora una volta, ci siamo fatti sedurre dai consumi, dimenticandoci delle solitudini di chi non ha parole per raccontare la miseria ma può solo viverla, di chi è stritolato dalla mancanza dei diritti che nutrono la nostra avidità. Per santificare il Bianco Natale abbiamo sacrificato le piccole realtà a noi vicine, facendo crescere mostri lontani.
Certi demoni annodano i fili del destino fino a renderli più difficili da sciogliere che quelli sprofondati in fondo al mare assieme alle navi di marinai perduti.
La speranza è tornata, io l’ho vista nei fiori che portano desideri e nel soffio degli innocenti che hanno imparato a esprimerli.