Salvaguardia del beneficio sulla prima casa in caso di mancato trasferimento di residenza per forza maggiore
Il diritto alle agevolazioni prima casa segue un percorso ben delineato dai requisiti fissati dalla legge per conservare i benefici previsti, pena l’accertamento da parte dell’Ufficio che recupera le imposte risparmiate con annessi interessi e irroga la relativa sanzione.
A volte le fattispecie concrete possono far sorgere il bisogno di un’interpretazione e di chiarimenti, non sempre univoci, da parte dei giudici.
Tra i temi più dibattuti c’è il trasferimento della residenza.
La normativa prevede che il godimento delle agevolazioni sull’acquisto della prima casa è subordinato all’acquisto di un’unità immobiliare da destinare a propria abitazione, e postula che l’acquirente abbia la residenza anagrafica (o presti attività lavorativa) nel comune in cui è ubicato l’immobile ovvero - nella previsione di cui alla Legge n. 549 del 1995, articolo 3, comma 131, quale modificato dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 33, comma 12 - che si impegni, in seno all’atto d’acquisto, a stabilirla in detto comune entro il termine di diciotto mesi.
Con l’ordinanza n. 19247 del 2014, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate ed ha stabilito che il trasferimento tardivo nell’abitazione per la quale si è usufruito dei benefici fiscali come prima casa non comporta la decadenza dai benefici stessi quando ciò è dovuto ad eventi imprevedibili e successivi all’acquisto.
In particolare, tali eventi erano consistiti nel “verificarsi di smottamenti nel sedime dell’immobile e nella strada di accesso causati da abbondanti piogge”, che hanno determinato “lavori dimessa insicurezza, durati circa sette mesi...”.
Nel respingere il ricorso dell’Agenzia, gli Ermellini mettono in risalto il fatto che la sentenza impugnata, contrariamente a quanto sostenuto dalla stessa Agenzia, non riconnetteva assolutamente l’evento impeditivo al fatto che l’immobile al momento dell’acquisto fosse in ristrutturazione e, pertanto, già inabitabile al momento dell’acquisto, ma al fatto che tali eventi si fossero succeduti dopo l’acquisto stesso.
La sentenza impugnata, pertanto, appariva assolutamente in linea con altra sentenza della Cassazione (la n. 7067 del 26 marzo 2014) citata nell’ordinanza in commento.
Nella Sentenza n. 7067, infatti, la Suprema Corte aveva confermato la decadenza dal beneficio prima casa, sempre nell’ipotesi di mancato trasferimento della residenza, nel caso di acquisto di immobile in corso di costruzione, non essendo ravvisabili plausibili ragioni per differenziare, ai fini della fruizione dell’agevolazione, il regime fiscale di siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato, tenuto conto del congruo margine di tempo concesso dal legislatore (diciotto mesi) ai fini dell’attuazione della destinazione dichiarata in seno all’atto.
Alla luce di quanto espresso con la Sentenza n. 7067 e con l’ordinanza in commento sembra oramai inequivoco l’orientamento espresso dalla Corte secondo cui, il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione prima casa, non comporta la decadenza dall’agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore caratterizzata dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento, sopravvenuto alla stipula dell’atto di acquisto.
Il diritto alle agevolazioni prima casa segue un percorso ben delineato dai requisiti fissati dalla legge per conservare i benefici previsti, pena l’accertamento da parte dell’Ufficio che recupera le imposte risparmiate con annessi interessi e irroga la relativa sanzione.
A volte le fattispecie concrete possono far sorgere il bisogno di un’interpretazione e di chiarimenti, non sempre univoci, da parte dei giudici.
Tra i temi più dibattuti c’è il trasferimento della residenza.
La normativa prevede che il godimento delle agevolazioni sull’acquisto della prima casa è subordinato all’acquisto di un’unità immobiliare da destinare a propria abitazione, e postula che l’acquirente abbia la residenza anagrafica (o presti attività lavorativa) nel comune in cui è ubicato l’immobile ovvero - nella previsione di cui alla Legge n. 549 del 1995, articolo 3, comma 131, quale modificato dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 33, comma 12 - che si impegni, in seno all’atto d’acquisto, a stabilirla in detto comune entro il termine di diciotto mesi.
Con l’ordinanza n. 19247 del 2014, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate ed ha stabilito che il trasferimento tardivo nell’abitazione per la quale si è usufruito dei benefici fiscali come prima casa non comporta la decadenza dai benefici stessi quando ciò è dovuto ad eventi imprevedibili e successivi all’acquisto.
In particolare, tali eventi erano consistiti nel “verificarsi di smottamenti nel sedime dell’immobile e nella strada di accesso causati da abbondanti piogge”, che hanno determinato “lavori dimessa insicurezza, durati circa sette mesi...”.
Nel respingere il ricorso dell’Agenzia, gli Ermellini mettono in risalto il fatto che la sentenza impugnata, contrariamente a quanto sostenuto dalla stessa Agenzia, non riconnetteva assolutamente l’evento impeditivo al fatto che l’immobile al momento dell’acquisto fosse in ristrutturazione e, pertanto, già inabitabile al momento dell’acquisto, ma al fatto che tali eventi si fossero succeduti dopo l’acquisto stesso.
La sentenza impugnata, pertanto, appariva assolutamente in linea con altra sentenza della Cassazione (la n. 7067 del 26 marzo 2014) citata nell’ordinanza in commento.
Nella Sentenza n. 7067, infatti, la Suprema Corte aveva confermato la decadenza dal beneficio prima casa, sempre nell’ipotesi di mancato trasferimento della residenza, nel caso di acquisto di immobile in corso di costruzione, non essendo ravvisabili plausibili ragioni per differenziare, ai fini della fruizione dell’agevolazione, il regime fiscale di siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato, tenuto conto del congruo margine di tempo concesso dal legislatore (diciotto mesi) ai fini dell’attuazione della destinazione dichiarata in seno all’atto.
Alla luce di quanto espresso con la Sentenza n. 7067 e con l’ordinanza in commento sembra oramai inequivoco l’orientamento espresso dalla Corte secondo cui, il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione prima casa, non comporta la decadenza dall’agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore caratterizzata dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento, sopravvenuto alla stipula dell’atto di acquisto.