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Scrittura, Statuti comunali e Frati Predicatori

San Domenico, Beato Angelico (dettaglio del Cristo Deriso) Cappella del convento domenicano di San Marco, Firenze
San Domenico, Beato Angelico (dettaglio del Cristo Deriso) Cappella del convento domenicano di San Marco, Firenze

“Statuivano tutti, al buon tempo antico: governi, «popoli» (furono poi detti comuni), magistrature, corporazioni di arti e mestieri, confraternite. A produrre questa selva, era forse un senso più preciso dei diritti e doveri, una più forte esigenza di giustizia, la quale doveva essere espressa in scrittura. Le categorie, per un altro di quei sentimenti istintivi che dominavano, tendevano a formare corpo. Nell’interno di questo, in cui il singolo cercava tutela, si pretendeva che ogni rapporto fosse equo, sottratto all’arbitrio, fissato in formula permanente. Può far sorridere la gravità con cui gli onesti popolani, i laboriosi artigiani si assidevano sugli scranni dei legislatori. Ma è da riconoscere a tutto ciò una sua importanza morale, sociale e politica avant-lettre. Come, giuridicamente, si trova in questa massa statutaria una delle fonti del diritto nazionale.

Perché quelle norme durassero, si facevano scrivere su pergamene o stampare su compatte carte da tipografi del luogo o itineranti. E miniaturisti erano chiamati a ornarle, e legatori munirle con onorevoli legature istoriate e borchiate. Sopravvenne la ventata rivoluzionaria, sulla fine del Settecento, e lungo tutto il secolo successivo, distruggendo o riformando gran parte di quelle istituzioni e sodalizi. Andarono anche disperse o sparirono le tavole delle leggi che si erano date: quelle che si salvarono finirono, con gli incameramenti, nelle biblioteche e archivi pubblici, o in collezioni private, per mezzo dell’antiquariato.

In Italia, una collezione ha acquistato importanza sempre ragguardevole, sia per la consistenza che per il luogo, dove entrò il primo nucleo: quella del Senato nazionale. A questo lo vendette, nel 1870, un patriota veneto, Francesco Ferro, di Treviso. I 644 statuti del suo fondo erano divenuti, nel 1943, cinquemila, inclusi 633 manoscritti, 38 incunabuli e molte edizioni rare dei secoli XVI e XVII. Tutte le regioni vi sono rappresentate. (Omissis)

Nel campo propriamente religioso, statuti regolavano i grandi sodalizi del Gonfalone, del Crocifisso, della Carità (quest’ultimo, nel Cinque e Seicento, una vera centrale di opere). E, ancora, le confraternite del santissimo Salvatore al Laterano, della Pietà dei carcerati, della Pietà dei fiorentini, della Trinità dei pellegrini, dell’Orazione e morte. Ma anche altre minori, dai fini ingegnosamente spirituali e dai nomi talvolta singolari (degli Amanti di Gesù e Maria, delle Anime più bisognose del Purgatorio, degli Operai della divina pietà) stanno a richiamare l’ardente vita religiosa. Non poche hanno lasciato, oltre quel più ricco tesoro accumulato dove la ruggine non lima e gli uomini non dissipano, chiese e oratori, con opere d’arte di ogni specie, maggiore e minore”.

[Nello Vian, Il cardinale che sapeva leggere. Storie di libri e scritture, Marietti 2017, pp. 184-186]

 

Sugli Statuti dei Comuni è interessante questo passaggio che ci ricorda il ruolo dei Padri Predicatori:

“L’opera di pacificazione svolta dai Frati Predicatori è ricercata e invocata. Nelle controversie i loro arbitrati sono accettati, perché disinteressati. La loro preparazione teologica li fa preferire al clero secolare, spesso impreparato, per cui le autorità comunali li richiedono come predicatori, come consiglieri, e ad un certo momento anche come redattori degli statuti comunali. Di conseguenza essi si legano ancora più strettamente alle città, alla loro economia e alle loro classi sociali”.

[Angelo Ottaviano Piagno, Frati, Monache, Laici e Inquisitori. I Domenicani nell’Italia del Nord nel XIII secolo, Edizioni Studio Domenicano 2018, cap. 1, par. 2.5, p. 31]

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