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Corruttele e refusi: del rimanere umani

I filologi umanisti rinascimentali, per poter ricavare la verità dalle testimonianze manoscritte dovevano, necessariamente, avere confidenza con i vari tipi di “guasti”, meglio conosciute come “corruttele”, che in esse ricorrevano
Corruttele e refusi: del rimanere umani
Corruttele e refusi: del rimanere umani

Corruttele e refusi: del rimanere umani


I filologi umanisti rinascimentali, per poter ricavare la verità dalle testimonianze manoscritte dovevano, necessariamente, avere confidenza con i vari tipi di “guasti”, meglio conosciute come “corruttele”, che in esse ricorrevano.

La causa principale delle corruttele, con ogni probabilità, fu la scarsa capacità degli amanuensi, dovuta a diverse ragioni che omettiamo per non tediare, di redigere una copia precisa del testo che avevano davanti.

Eppure dobbiamo ritenere che fossero attenti mentre operavano le trascrizioni. Tuttavia, notiamo con sollievo che gli errori di trascrizione non sono mai stati fatti oggetto di uno studio statistico.  

A partire da questo ricordo proviamo, in punta di piedi, a proporre qualche riflessione sulla categoria del refuso.

Innanzitutto, come accade agli umanisti il contesto etimologico; dal latino refusus, participio passato di refundĕre “riversare»”, approssimiamo in rifondere.

Chi fatica con la scrittura arriva a fine giornata con una costante speranza: aver scampato il refuso quotidiano. E parliamo al singolare per mitezza d’animo, dal momento che i refusi, in realtà, tendono ad essere sempre almeno in coppia.

È considerato indizio di trascuratezza, faciloneria, superficialità, sbadataggine, ma, soprattutto, di impaziente frettolosità, perdonate la ridondanza. Il refuso, mentre sottrae eleganza al testo, è sempre appostato, come se fosse in agguato, dietro la spossatezza di molte giornate convulse.

Da dove derivi questa avversione atavica e totalizzante per il refuso non lo scopriremo mai con certezza. Azzardiamo: il perfezionismo lessicale al quale l’istruzione di un tempo passato – considerati certi testi odierni potremmo osare dire remoto – rendeva intollerabile ogni errore o trascuratezza di sorta?

Ad ogni buon conto, per quanto odiosi e da sfuggire come la peste, i refusi fan sempre la loro comparsa nonostante i più sofisticati strumenti di correzione automatica e le inverosimili riletture alla quale sottoponiamo i nostri scritti modificando font o scorrendo al contrario il testo stesso.

Domanda: è possibile eludere, una volta per tutte, l’amaro impatto che ne consegue? Se un responso possiamo offrire – non è richiesta l’accettazione – può dimorare, partim nelle estenuanti revisioni da effettuare, partim, in una rinnovata ed essenziale presa di coscienza.

Elbert Green Hubbard (1856-1915) scrittore, filosofo ed artista statunitense sosteneva: «Il più grande sbaglio nella vita è quello di avere sempre paura di sbagliare» (S. Greco, Organizzazione davvero eccellente. I 25 errori da evitare, FrancoAngeli, Milano, 2012, p. 14. Al capitolo “La psicologia dell’errore”).

Con ogni probabilità dalla sua saggezza possiamo assimilare un insegnamento significativo sui refusi: meno li temiamo e meno opprimeranno la nostra persona.

Non riusciremo mai a capire fino in fondo perché siamo posseduti dall’ossessione del refuso, ne manco eradicarli. Nondimeno, se da un lato abbiamo il sacrosanto precetto di ossequiare la lingua italiana e chi ne fruisce, dall’altro è decisamente conveniente porre un limite alle nostre trepidazioni.

Del resto anche i nostri avi amanuensi han tramandato refusi e non per questo li abbiam sottoposti a sentenze inappellabili.

Errare humanum est… e ci fermiamo qui!