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Sentenza “tombale” per il mondo della scuola. Condannati i docenti italiani al precariato a vita

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 20 giugno 2012, n. 10127

Il sistema del reclutamento del personale della scuola, di cui al d.lgs. n. 297 del 1994 e successive modificazioni ed integrazioni, è escluso dall’ ambito di applicazione della normativa dei contratti a termine prevista per i lavoratori privati.

Tanto precisato mette conto di rilevare che lo speciale regime del reclutamento del personale scolastico cd. precario si articola in un sistema di supplenze regolato dall’art. 4 della legge n. 124 del 1999.

Il sistema delle supplenze in parola rappresenta un percorso formativo-selettivo, volto a garantire la migliore formazione scolastica, attraverso il quale il personale della scuola viene immesso in ruolo in virtù di un sistema alternativo a quello del concorso per titoli ed esami e vale a connotare di una sua intrinseca “specialità e completezza” il corpus normativo relativo al reclutamento del personale scolastico.

A tale sistema di reclutamento non sono certo estranee indifferibili esigenze di carattere economico che impongono - in una situazione di generale crisi economica e di deficit di bilancio facenti parte del notorio - risparmi doverosi per riscontrarsi nel sistema di reclutamento in esame, come detto, una seria prospettiva del riconoscimento di un lavoro a tempo indeterminato.

Il descritto quadro normativo rappresenta un insieme di fonti che valgono, per la loro completezza, organicità e funzionalizzazione, a costituire un corpus speciale autonomo disciplinante la materia del reclutamento del personale in ordine al quale, non trovando applicazione, come innanzi rilevato, il D. Lgs. n. 368 del 2001 - emanato in attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES - va verificata la conformità alla detta direttiva.

Sotto tale profilo il corpus normativo disciplinante il reclutamento del personale, nel consentire la stipula di contratti a tempo determinato in relazione alla oggettiva necessità di far fronte, con riferimento al singolo istituto scolastico – e, quindi, al caso specifico-, alla copertura dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero alla copertura dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero ancora ad altre necessità quale quella di sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, riferendosi a circostanze precise e concrete caratterizzanti la particolare attività scolastica, costituisce “norma equivalente” alle misure di cui alla clausola 5 n. l, lett. da A) a C) dell’accordo quadro di cui alla Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999.

Rileva, altresì, ai fini di cui trattasi, quale fattore oggettivo, relativo all’attività scolastica, lo stretto collegamento tra la necessità di ricorrere alla supplenza e la ciclica variazione in aumento ed in diminuzione della popolazione scolastica e la sua collocazione geografica.

Con riferimento, poi, alla domanda del ricorrente a vedersi riconoscere il diritto al risarcimento del danno subito, va affermato che la sua infondatezza è corollario della mancanza di un abuso del diritto nel succedersi di detti contratti.

Tale conclusione, infatti, si presenta obbligata per ricavarsi al di là di ogni dubbio, come in precedenza evidenziato, sia dalla normativa statale che da quella comunitaria la piena legittimità del reclutamento del personale scolastico articolato sulla successione di pur numerosi contratti a termine, ravvisandosi un abuso del diritto nel caso – non ricorrente di certo nella controversia in esame – in cui si sia in presenza di supplenze annuali o temporanee al di fuori delle condizioni legislativamente previste.

Non sarà facile per i precari rassegnarsi alle motivazioni addotte nella sentenza.

La Sezione Lavoro della Cassazione mediante tale sentenza ha stabilito: reiterare per più di tre anni, nella Scuola, i contratti di supplenza a tempo determinato è legittimo senza che debbano riconoscersi diritti che sono riconosciuti, anche in forza alla normativa U.E., agli altri lavoratori.

Infatti, la Corte ha evidenziato quale sia la peculiarità dei contratti di supplenza ai docenti; la fonte normativa di questa peculiarità sta nella disciplina speciale (Legge 124/99, d. lgs. 297/94 e regolamenti sulle supplenze emanati di anno in anno) che deroga, per il personale scolastico, le disposizioni valevoli per tutti gli altri lavoratori del pubblico impiego (decreti 368/2001 e 165/2001).

Inoltre, non essendo prevedibile il numero complessivo, di anno in anno, delle chiamate per supplenza, l’incertezza del finanziamento necessario espone la pubblica amministrazione a sforamento di bilancio (il pareggio del bilancio statale è legge).

Così, si è trovata la voce che potrebbe provocare lo sforamento: la retribuzione dei precari.

Secondo la Corte di Cassazione, avrebbero sbagliato i Tribunali del Lavoro[1], che hanno riconosciuto ai precari indennizzi per la illegittima reiterazione, in periodi di servizio consecutivi, di contratti, e in qualche caso hanno riconosciuto il diritto alla stabilizzazione (immissioni in ruolo, anche a seguito di cause giudiziarie).

Il 20 giugno 2012[2] arriva così dalla IV Sezione della Suprema Corte la sentenza “tombale[3]” sulla scuola.

Adesso però toccherà vedere se i sindacati “rappresentativi” della Scuola avranno qualcosa, al riguardo, da sostenere quando siederanno a concertare con il MIUR, o se ancora una volta, il personale precario, si troverà da solo a discuterla ... questa volta però magari dinanzi ai magistrati della UE.

[1] V.: De Michele: Retroattività delle norme e tutela dei diritti del precariato pubblico da parte dei Giudici nazionali, in Il lavoro nella giurisprudenza, 11/2011.

[2] Lo stesso giorno, alla XIV Commissione del nostro Parlamento nazionale sui rapporti con l’Unione europea, è risultato che vi sono ben due procedure di infrazione contro l’Italia per il personale ATA della Scuola iniziate già nel 2010 dopo l’entrata in vigore dell’art.4, comma 14-bis, legge n.124/1999 (norma introdotta nel settembre 2009), per impedire la conversione in contratti a tempo indeterminato dei rapporti a termine della scuola, e risulta che la procedura è stata estesa a tutto il personale della scuola dalla Commissione europea (quindi anche ai docenti) dopo l’art.9, comma 17, D.L. n.70/2011 (considerata norma abusiva dalla Commissione).

[3] L’espressione è di Sergio Galleano, Avvocato giuslavorista del Foro di Roma.

Il sistema del reclutamento del personale della scuola, di cui al d.lgs. n. 297 del 1994 e successive modificazioni ed integrazioni, è escluso dall’ ambito di applicazione della normativa dei contratti a termine prevista per i lavoratori privati.

Tanto precisato mette conto di rilevare che lo speciale regime del reclutamento del personale scolastico cd. precario si articola in un sistema di supplenze regolato dall’art. 4 della legge n. 124 del 1999.

Il sistema delle supplenze in parola rappresenta un percorso formativo-selettivo, volto a garantire la migliore formazione scolastica, attraverso il quale il personale della scuola viene immesso in ruolo in virtù di un sistema alternativo a quello del concorso per titoli ed esami e vale a connotare di una sua intrinseca “specialità e completezza” il corpus normativo relativo al reclutamento del personale scolastico.

A tale sistema di reclutamento non sono certo estranee indifferibili esigenze di carattere economico che impongono - in una situazione di generale crisi economica e di deficit di bilancio facenti parte del notorio - risparmi doverosi per riscontrarsi nel sistema di reclutamento in esame, come detto, una seria prospettiva del riconoscimento di un lavoro a tempo indeterminato.

Il descritto quadro normativo rappresenta un insieme di fonti che valgono, per la loro completezza, organicità e funzionalizzazione, a costituire un corpus speciale autonomo disciplinante la materia del reclutamento del personale in ordine al quale, non trovando applicazione, come innanzi rilevato, il D. Lgs. n. 368 del 2001 - emanato in attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES - va verificata la conformità alla detta direttiva.

Sotto tale profilo il corpus normativo disciplinante il reclutamento del personale, nel consentire la stipula di contratti a tempo determinato in relazione alla oggettiva necessità di far fronte, con riferimento al singolo istituto scolastico – e, quindi, al caso specifico-, alla copertura dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero alla copertura dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre, ovvero ancora ad altre necessità quale quella di sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, riferendosi a circostanze precise e concrete caratterizzanti la particolare attività scolastica, costituisce “norma equivalente” alle misure di cui alla clausola 5 n. l, lett. da A) a C) dell’accordo quadro di cui alla Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999.

Rileva, altresì, ai fini di cui trattasi, quale fattore oggettivo, relativo all’attività scolastica, lo stretto collegamento tra la necessità di ricorrere alla supplenza e la ciclica variazione in aumento ed in diminuzione della popolazione scolastica e la sua collocazione geografica.

Con riferimento, poi, alla domanda del ricorrente a vedersi riconoscere il diritto al risarcimento del danno subito, va affermato che la sua infondatezza è corollario della mancanza di un abuso del diritto nel succedersi di detti contratti.

Tale conclusione, infatti, si presenta obbligata per ricavarsi al di là di ogni dubbio, come in precedenza evidenziato, sia dalla normativa statale che da quella comunitaria la piena legittimità del reclutamento del personale scolastico articolato sulla successione di pur numerosi contratti a termine, ravvisandosi un abuso del diritto nel caso – non ricorrente di certo nella controversia in esame – in cui si sia in presenza di supplenze annuali o temporanee al di fuori delle condizioni legislativamente previste.

Non sarà facile per i precari rassegnarsi alle motivazioni addotte nella sentenza.

La Sezione Lavoro della Cassazione mediante tale sentenza ha stabilito: reiterare per più di tre anni, nella Scuola, i contratti di supplenza a tempo determinato è legittimo senza che debbano riconoscersi diritti che sono riconosciuti, anche in forza alla normativa U.E., agli altri lavoratori.

Infatti, la Corte ha evidenziato quale sia la peculiarità dei contratti di supplenza ai docenti; la fonte normativa di questa peculiarità sta nella disciplina speciale (Legge 124/99, d. lgs. 297/94 e regolamenti sulle supplenze emanati di anno in anno) che deroga, per il personale scolastico, le disposizioni valevoli per tutti gli altri lavoratori del pubblico impiego (decreti 368/2001 e 165/2001).

Inoltre, non essendo prevedibile il numero complessivo, di anno in anno, delle chiamate per supplenza, l’incertezza del finanziamento necessario espone la pubblica amministrazione a sforamento di bilancio (il pareggio del bilancio statale è legge).

Così, si è trovata la voce che potrebbe provocare lo sforamento: la retribuzione dei precari.

Secondo la Corte di Cassazione, avrebbero sbagliato i Tribunali del Lavoro[1], che hanno riconosciuto ai precari indennizzi per la illegittima reiterazione, in periodi di servizio consecutivi, di contratti, e in qualche caso hanno riconosciuto il diritto alla stabilizzazione (immissioni in ruolo, anche a seguito di cause giudiziarie).

Il 20 giugno 2012[2] arriva così dalla IV Sezione della Suprema Corte la sentenza “tombale[3]” sulla scuola.

Adesso però toccherà vedere se i sindacati “rappresentativi” della Scuola avranno qualcosa, al riguardo, da sostenere quando siederanno a concertare con il MIUR, o se ancora una volta, il personale precario, si troverà da solo a discuterla ... questa volta però magari dinanzi ai magistrati della UE.

[1] V.: De Michele: Retroattività delle norme e tutela dei diritti del precariato pubblico da parte dei Giudici nazionali, in Il lavoro nella giurisprudenza, 11/2011.

[2] Lo stesso giorno, alla XIV Commissione del nostro Parlamento nazionale sui rapporti con l’Unione europea, è risultato che vi sono ben due procedure di infrazione contro l’Italia per il personale ATA della Scuola iniziate già nel 2010 dopo l’entrata in vigore dell’art.4, comma 14-bis, legge n.124/1999 (norma introdotta nel settembre 2009), per impedire la conversione in contratti a tempo indeterminato dei rapporti a termine della scuola, e risulta che la procedura è stata estesa a tutto il personale della scuola dalla Commissione europea (quindi anche ai docenti) dopo l’art.9, comma 17, D.L. n.70/2011 (considerata norma abusiva dalla Commissione).

[3] L’espressione è di Sergio Galleano, Avvocato giuslavorista del Foro di Roma.