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Strage funivia Stresa-Mottarone e l’ipotesi di attentato alla sicurezza dei trasporti aggravato dal disastro colposo

Strage funivia Stresa-Mottarone
Strage funivia Stresa-Mottarone

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La Procura della Repubblica di Verbania ha proceduto nella notte al fermo di tre persone ed intende richiedere una misura cautelare. Tra le contestazioni anche il reato previsto dall’articolo 432 codice penale, attentato alla sicurezza dei trasporti.

La cabina della funivia è slittata a valle senza che il sistema di emergenza sia entrato in funzione. “Se può essere un malfunzionamento o altro: è chiaro che è un fatto meccanico, però dobbiamo capire qual è”, spiega il procuratore capo dott.ssa Olimpia Bossi. Ad ogni modo, verrà aperta una procedura non solo per omicidio colposo plurimo e per lesioni colpose, ma anche anche per disastro colposo. “Penso che procederemo per un reato piuttosto raro che è quello di attentato, naturalmente colposo, alla sicurezza dei trasporti, con conseguenza di disastro colposo“, ha dichiarato il procuratore della Repubblica.

Il reato “piuttosto raro” è articolo 432 c.p., attentato alla sicurezza dei trasporti, che prevede che chiunque pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria, se dal fatto deriva un disastro, è punito con una pena da tre a dieci anni di reclusione.

In tema di disastro colposo la configurabilità della fattispecie è subordinata alla accertata e concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità.

Sul punto si riporta la massima della Suprema Corte, sezione IV penale, sentenza 2 aprile 2019, n. 14263 che : “Ai fini della configurabilità del delitto di disastro colposo, costituente un reato di pericolo astratto, va comunque accertata l’offensività in concreto del fatto, verificando, con giudizio “ex ante”, se, alla luce degli elementi concretamente determinatisi, dell’espansività e della potenza del danno materiale, il fatto fosse in grado di esporre a pericolo l’integrità fisica di un numero potenzialmente indeterminato di persone”.

Senza alcuna pretesa di completezza, ma solo al fine di inquadrare la questione giuridica che sarà affrontata nei prossimi giorni nella triste vicenda della tragedia di Stresa-Mottarone, ripercorriamo i principi ricavabili dai più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità in ordine ai reati di comune pericolo, con specifico riferimento al requisito del “pericolo per la pubblica incolumita’” che connota, sul piano della integrazione del fatto tipico, tali figure criminose.

Nell’ambito di siffatta categoria di reati è nota la tradizionale distinzione tra fatti caratterizzati da pericolo concreto o presunto, a seconda che per la consumazione del reato sia o meno necessario accertare il sorgere di una situazione di effettivo pericolo per la incolumita’ pubblica derivante da uno degli accadimenti, per lo piu’ disastrosi, descritti dal codice quali delitti di comune pericolo (incendio, frana, valanga, disastro aviatorio, ferroviario, naufragio ecc.)

Per meglio comprendere l’inquadramento delle fattispecie in esame, giova richiamare la ricostruzione storica dell’evoluzione esegetica, contenuta nella pronuncia della Suprema Corte (Sez. 4, n. 12631 del 20/12/2017 – dep. 19/03/2018, Casella Pacca Di Matrice), e ricordare che tali figure di disastro venivano configurate come reati di pericolo presunto, per essere – si diceva – superflua la valutazione ex post della pericolosità della condotta (cfr. ad es. Sez. 4, n. 10388 del 09/04/1991, Bonetto, Rv. 18837301, in un caso di incendio colposo di cosa altrui, in cui si affermava che “non è necessaria la prova del pericolo effettivo per la pubblica incolumità, in quanto (…) tale pericolo è presunto iuris et de iure quando il fuoco venga a svilupparsi su cosa che non sia di proprietà dell’agente)”. Ci si riferisce, invero, a situazioni tipicamente caratterizzate nella comune esperienza per il fatto di recare con se’ una rilevante possibilita’ di danno alla vita o all’incolumità personale, trattandosi di eventi normalmente dotati di forza dirompente, in grado di coinvolgere numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile.

In tal senso, il pericolo per la pubblica incolumità è caratterizzato dalla tipica e qualificata possibilita’ che delle persone si trovino coinvolte nella sfera d’azione dell’evento disastroso descritto nella fattispecie, in quanto esposte alla sua forza distruttiva. Di qui l’idea di indeterminatezza del danno che caratterizza i reati di comune pericolo (Sez. 4, n. 15444 del 18/01/2012, Tedesco e altri, Rv. 25350101).

È stato, tuttavia, osservato che la categoria del pericolo presunto si pone in irrimediabile contrasto con il principio di offensività e, correlativamente, con il principio di colpevolezza. Perciò, anche sulla scorta di una serie di prese di posizione della Corte costituzionale (tra le molte, Corte Cost. n. 286/1974, n. 333/1991, n. 133/1992, n. 360/1995, n. 296/1996, n. 247/1997, n. 263 e n. 519/2000, n. 265/2005; n. 225/2008), la ricostruzione delle fattispecie incentrate sul pericolo si e’ mossa all’indirizzo del rinvenimento, nel tessuto normativo della fattispecie tipica, di elementi che consentano di dare concreta attitudine offensiva alla condotta.

Si tende, così, a sostituire il pericolo presunto con il pericolo astratto, nel senso che il pericolo non puo’ essere insindacabilmente ritenuto solo che si realizzi il fatto conforme al tipo, ma è conforme al tipo solo il fatto che esprima davvero una potenzialità offensiva dei beni tutelati. Quando questa potenzialità offensiva non sia rinvenibile nella fattispecie definita dal legislatore, si apre la strada della censura costituzionale. Allorché la fattispecie astratta non proponga profili di incompatibilità con il canone di offensività, dovrà essere il giudice ordinario a garantire che il fatto concreto esprima almeno una minima offensività (…) sicché il pericolo va accertato, alla luce degli elementi concretamente determinatisi, dell’espansività e della potenza del danno materiale, verificando se fosse o non fosse in grado di esporre a pericolo l’integrità fisica di un numero potenzialmente indeterminato di persone.

Siffatto giudizio va condotto secondo una prospettiva ex ante, ovvero verificando se alla luce dei fattori conosciuti e conoscibili da parte dell’agente al momento del compiersi della condotta (se trattasi di reato di mera condotta) o a quello del verificarsi dell’evento (nel caso di reati di evento, come quello in esame), quest’ultimo si presentava, ove realizzato, come in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità (Sez. 4, n. 36639 del 19/06/2012, R.C. in proc. Castelluccio e altro, Rv. 25416301).

Anche nelle ipotesi di pericolo astratto occorre, dunque, che il giudice ordinario verifichi che la situazione di pericolo, che comunque rappresenta il presupposto al quale si ricollega la fattispecie in esame, presenti una pur apprezzabile concretezza, in qualche modo idonea a generare una condizione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso di potenziale idoneità a determinare una situazione di pericolo per la vita, l’integrità fisica, la salute delle persone (Sez. 4, n. 5397 del 20/05/2014 – deo. 2015, Meile, Rv. 26202401).