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A sud delle nuvole

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Vi è una provincia nella Cina meridionale che le antiche descrizioni dipingevano poeticamente come “A Sud delle nuvole”. Il suo nome cinese, Yunnan, ha appunto questo significato.

Perché mi trovo qui?

Perché questa terra, oltre ad almeno 25 gruppi etnici diversi, ospita una montagna taoista chiamata Wei Bao Shan.

Il sentiero che percorro nel bosco è costeggiato da templi. Scarsi sono i pellegrini e del tutto assenti i visitatori stranieri. Il silenzio avvolge il luogo e permette ai pensieri di scorrere in tranquillità.

Secondo la concezione taoista, è così che deve avvenire.

Come ci insegna l’acqua che, scorrendo, trova sempre il percorso più in sintonia con il Dao (il termine Dao tradotto suona come “Via” e va inteso come un principio che governa l’ordine naturale).

Il concetto più significativo del taoismo è quello del wu wei, che non andrebbe tradotto come “non azione” (come spesso avviene), quanto piuttosto come azione non intenzionale, ma in sintonia con il Tutto. Per tale motivo il migliore sovrano non è colui che si sforza di governare bene, ma quello che non altera l’ordine naturale.

Profondo è il rispetto dei taoisti per la natura e le sue manifestazioni. Il taoismo, molto vicino al buddhismo zen, insegna a superare i limiti della propria razionalità per raggiungere una conoscenza non compressa dalle convenzioni sociali.

Contrariamente ai confuciani, i taoisti rifuggivano dalle regole codificate.

Erano sublimi poeti, anacoreti, medici che conoscevano le proprietà delle sostanze naturali (erbe, minerali, parti animali). Utilizzavano senza remore alcolici per trovare la migliore ispirazione nel comporre e, al fine di allungare la vita, praticavano inusuali tecniche sessuali tendenti a far risalire l’energia vitale (qi) lungo la colonna vertebrale.

La mentalità taoista può sembrare anarchica, ma le sue trasgressioni non sono fini a se stesse.

Penso a tutto ciò mentre cammino.

In un remoto tempio trovo un gruppo di giovani intenti a praticare il tai ji chuan (una sorta di disciplina marziale contraddistinta da movimenti lenti, fluidi e armonici). Sembrano tranquille onde di acqua.

Visito svariati templi e sempre vengo accolto cordialmente da monaci che mi offrono mele o tè verde.

Ormai è da ore che cammino ed i miei passi mi portano adesso in un edificio particolare.

Il monaco che mi viene incontro ha barba fluente, lunghi capelli contenuti da un copricapo nero ornato con una giada a simboleggiare la purezza, e sul viso l’espressione di un uomo in pace.

Faccio appello alle mie conoscenze linguistiche e gli spiego che vengo da un Paese molto lontano.

Mi guarda con curiosità ed interesse (forse anche io lo guardo così).

Il discorso affronta inevitabilmente temi filosofici.

L’importanza di un vaso non è costituita dalla sua bella superficie, ma piuttosto dal suo vuoto interno e analogamente vero saggio è colui che sapendo di non sapere mantiene aperta la mente agli apporti esterni e non chiusa da idee preconcette.

L’essere ed il non essere si originano reciprocamente e così i periodi di difficoltà si alternano a quelli favorevoli.

Le avversità servono per imparare ad apprezzare meglio gli aspetti piacevoli della vita, in un percorso in cui tutto è comunque momentaneo.

L’uomo saggio non tende a dominare la natura, ma a vivere in armonia con essa rispettandola.

Penso al nostro povero pianeta, pesantemente aggredito dalle azioni umane finalizzate al profitto, ma dettate da ignoranza e spregio per il bene comune.

Che contrasto con questa pace.