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Sul referendum territoriale per il passaggio a regioni a statuto speciale

E’ COSTITUZIONALE LA PROPOSIZIONE DI UN QUESITO REFERENDARIO UNICO PER I COMUNI DI CORTINA D’AMPEZZO, LIVINALLONGO E COLLE S. LUCIA CHE INTENDONO PASSARE DALLA REGIONE DEL VENETO ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO/BOZEN ? LA CORTE RESPINGE LA TESI DELLA COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL TERRITORIO DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE

Domenica 28 ottobre 2007, i cittadini residenti in tre Comuni della Provincia di Belluno, Cortina d’Ampezzo, Colle S. Lucia e Livinallongo, dovranno rispondere affermativamente o negativamente se desiderano passare dalla Regione del Veneto alla Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen. Al di là della sproporzione del peso elettorale dei tre enti locali (Cortina d’Ampezzo con 5.195 elettori, Livinallongo con 1.235 elettori e Colle S. Lucia con 404 elettori), è doveroso e lecito chiedersi se il metodo seguito ossia un unico quesito referendario avente ad oggetto il trasferimento di tutte e tre le amministrazioni comunali da una Regione ad un’altra, risulti in armonia con il dettato costituzionale vigente.

A noi sembra, che la ratio dell’art. 132, 2° comma, Cost. sia molto chiara e semanticamente univoca. Nello statuire che “si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli Regionali, consentire che Comuni e Province che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”, il legislatore costituente intende verificare la volontà del trasferimento di ciascun ente comunale, evitando la mera sommatoria dei voti in quanto ravvede il rischio che una siffata operazione alteri la libera determinazione dell’esito del referendum, che dovrebbe essere per singolo Comune, ad opera dell’ente locale munito di maggiore peso elettorale. Pertanto, un’azione coordinata e congiunta di più amministrazioni per procedere al distacco, si configura come una vera e propria forzatura costituzionale la quale, peraltro, ridimensionerebbe la natura dell’istituto referendario, quale strumento eccezionale di democrazia diretta.

Un altro problema di non secondaria importanza e sul quale, recentemente, la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi, concerne la questione se le modificazioni territoriali “accrescitive” verso una Regione ad ordinamento differenziato (come il Trentino-Alto Adige/SudTirol) debbano essere introdotte mediante procedimento di revisione degli Statuti speciali. Il giudice costituzionale, con sent. n. 66/2007, risolvendo un conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste in relazione ad alcuni atti legati alla procedura per il distacco del Comune di Noasca, in Provincia di Torino, dalla Regione ordinaria Piemonte alla Vallèe, non solo ha negato la tesi della “costituzionalizzazione del territorio di una Regione a Statuto speciale” sostenuta, secondo la Regione ricorrente, per “la necessità di non compromettere la salvaguardia dell’equilibrio linguistico, culturale e storico”, ma ha ribadito che il disposto costituzionale dell’art. 132, 1° e 2° comma, “si riferisce pacificamente a tutte le Regioni (quelle indicate nel precedente art. 131 Cost.) mediante l’individuazione di procedure che coinvolgono tutti i diversi organi e soggetti indicati dalle norme costituzionali come attori necessari nei differenziati procedimenti ivi configurati”. E’ tuttavia da notare che, almeno fino ad ora, il Governo della Repubblica, nell’ambito del contesto per il distacco dei Comuni di Lamon e Sovramonte dal Veneto al Trentino-Alto Adige/SudTirol, di Noasca dal Piemonte alla Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste e di Cinto Caomaggiore dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia ha presentato al Parlamento nazionale, avvenendo il passaggio da ente regionale ad ente regionale con “legge della Repubblica”, altrettanti disegni di legge costituzionale, concretando una scelta eccessivamente rigorosa e formalistica la quale, indirettamente, contribuirebbe alla reviviscenza della tesi, già negata dalla Consulta, circa la costituzionalizzazione del territorio delle realtà regionali ad ordinamento particolare. In realtà, soprattutto in raffronto al 1° comma dell’art. 132 Cost ove è menzionata espressamente una riserva di legge costituzionale rinforzata per la creazione, ex novo, di nuove Regioni o per la fusione di altre già esistenti, le procedure di cui al 2° comma del medesimo articolo, non implicando alcuna variazione dell’elenco di cui all’art. 131 Cost., richiedono una semplice approvazione per il tramite della legge ordinaria dello Stato (riserva di legge formale).

La facilità dei referendum consultivi per i distacchi da una Regione ad un’altra, oramai all’ordine del giorno, porta, comunque, a guardare con favore il disegno di legge costituzionale, di iniziativa governativa e licenziato dal Consiglio dei Ministri il 30 marzo 2007, apportante importanti modifiche all’art. 132, 2° comma, Cost., in termini di appesantimento della procedura dallo stesso prevista cioè prevedendo che il passaggio sia anche approvato dalla maggioranza delle popolazioni di ciascuna delle due Regioni interessate.

E’ COSTITUZIONALE LA PROPOSIZIONE DI UN QUESITO REFERENDARIO UNICO PER I COMUNI DI CORTINA D’AMPEZZO, LIVINALLONGO E COLLE S. LUCIA CHE INTENDONO PASSARE DALLA REGIONE DEL VENETO ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO/BOZEN ? LA CORTE RESPINGE LA TESI DELLA COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL TERRITORIO DELLE REGIONI A STATUTO SPECIALE

Domenica 28 ottobre 2007, i cittadini residenti in tre Comuni della Provincia di Belluno, Cortina d’Ampezzo, Colle S. Lucia e Livinallongo, dovranno rispondere affermativamente o negativamente se desiderano passare dalla Regione del Veneto alla Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen. Al di là della sproporzione del peso elettorale dei tre enti locali (Cortina d’Ampezzo con 5.195 elettori, Livinallongo con 1.235 elettori e Colle S. Lucia con 404 elettori), è doveroso e lecito chiedersi se il metodo seguito ossia un unico quesito referendario avente ad oggetto il trasferimento di tutte e tre le amministrazioni comunali da una Regione ad un’altra, risulti in armonia con il dettato costituzionale vigente.

A noi sembra, che la ratio dell’art. 132, 2° comma, Cost. sia molto chiara e semanticamente univoca. Nello statuire che “si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli Regionali, consentire che Comuni e Province che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra”, il legislatore costituente intende verificare la volontà del trasferimento di ciascun ente comunale, evitando la mera sommatoria dei voti in quanto ravvede il rischio che una siffata operazione alteri la libera determinazione dell’esito del referendum, che dovrebbe essere per singolo Comune, ad opera dell’ente locale munito di maggiore peso elettorale. Pertanto, un’azione coordinata e congiunta di più amministrazioni per procedere al distacco, si configura come una vera e propria forzatura costituzionale la quale, peraltro, ridimensionerebbe la natura dell’istituto referendario, quale strumento eccezionale di democrazia diretta.

Un altro problema di non secondaria importanza e sul quale, recentemente, la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi, concerne la questione se le modificazioni territoriali “accrescitive” verso una Regione ad ordinamento differenziato (come il Trentino-Alto Adige/SudTirol) debbano essere introdotte mediante procedimento di revisione degli Statuti speciali. Il giudice costituzionale, con sent. n. 66/2007, risolvendo un conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste in relazione ad alcuni atti legati alla procedura per il distacco del Comune di Noasca, in Provincia di Torino, dalla Regione ordinaria Piemonte alla Vallèe, non solo ha negato la tesi della “costituzionalizzazione del territorio di una Regione a Statuto speciale” sostenuta, secondo la Regione ricorrente, per “la necessità di non compromettere la salvaguardia dell’equilibrio linguistico, culturale e storico”, ma ha ribadito che il disposto costituzionale dell’art. 132, 1° e 2° comma, “si riferisce pacificamente a tutte le Regioni (quelle indicate nel precedente art. 131 Cost.) mediante l’individuazione di procedure che coinvolgono tutti i diversi organi e soggetti indicati dalle norme costituzionali come attori necessari nei differenziati procedimenti ivi configurati”. E’ tuttavia da notare che, almeno fino ad ora, il Governo della Repubblica, nell’ambito del contesto per il distacco dei Comuni di Lamon e Sovramonte dal Veneto al Trentino-Alto Adige/SudTirol, di Noasca dal Piemonte alla Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste e di Cinto Caomaggiore dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia ha presentato al Parlamento nazionale, avvenendo il passaggio da ente regionale ad ente regionale con “legge della Repubblica”, altrettanti disegni di legge costituzionale, concretando una scelta eccessivamente rigorosa e formalistica la quale, indirettamente, contribuirebbe alla reviviscenza della tesi, già negata dalla Consulta, circa la costituzionalizzazione del territorio delle realtà regionali ad ordinamento particolare. In realtà, soprattutto in raffronto al 1° comma dell’art. 132 Cost ove è menzionata espressamente una riserva di legge costituzionale rinforzata per la creazione, ex novo, di nuove Regioni o per la fusione di altre già esistenti, le procedure di cui al 2° comma del medesimo articolo, non implicando alcuna variazione dell’elenco di cui all’art. 131 Cost., richiedono una semplice approvazione per il tramite della legge ordinaria dello Stato (riserva di legge formale).

La facilità dei referendum consultivi per i distacchi da una Regione ad un’altra, oramai all’ordine del giorno, porta, comunque, a guardare con favore il disegno di legge costituzionale, di iniziativa governativa e licenziato dal Consiglio dei Ministri il 30 marzo 2007, apportante importanti modifiche all’art. 132, 2° comma, Cost., in termini di appesantimento della procedura dallo stesso prevista cioè prevedendo che il passaggio sia anche approvato dalla maggioranza delle popolazioni di ciascuna delle due Regioni interessate.