Settant’anni di Costituzione: da oppressione a primato delle libertà e dei diritti dell’uomo

Settant’anni di Costituzione: da oppressione a primato delle libertà e dei diritti dell’uomo
Settant’anni di Costituzione: da oppressione a primato delle libertà e dei diritti dell’uomo

Abstract

Con l’entrata in vigore della Costituzione, il suddito divenne il cittadino che conosciamo oggi, non solo titolare di diritti e doveri, ma soprattutto sovrano.

 

Indice:

1.Articolo 1: popolo e lavoro

2.Uguaglianza

3.Sovranità

4.L’Italia come stato sociale

 

1.Articolo 1: popolo e lavoro

“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Nel primo articolo, nonché il primo dei dodici “Principi fondamentali” della Costituzione, risiede tutta l’essenza di ciò che essa rappresenta: un Paese democratico, in cui - come in ogni buona Repubblica - il popolo è sovrano.

Nulla da eccepire fin qui, trattandosi di un’interpretazione semplice e quasi banale, ma che banale non è. Infatti, bisogna porre l’attenzione su alcuni termini della disposizione, e soprattutto sui termini “lavoro” e “popolo”.

Per quanto riguarda il primo termine bisogna domandarsi il perché si è voluto porre l’accento proprio sul lavoro. La risposta è da ricercarsi negli anni antecedenti la Costituzione, ossia gli anni del fascismo. Il regime fascista, infatti, era un regime corporativo. Il corporativismo mirava sì a tutelare i lavoratori, riconoscendo loro vari diritti, ma non bisogna dimenticare che la funzione lavorativa di quel tempo si basava soprattutto sull’imprenditore. Ebbene, con l’avvento della Carta Costituzionale, l’Assemblea Costituente volle ‘positivizzare’ il primato del lavoratore, e non quello dell’imprenditore. Inoltre, attraverso il lavoro l’individuo può raggiungere la propria dignità (articoli 36 e 37), e quindi la Costituzione è attenta anche, e soprattutto, alla dignità del cittadino.

Altro punto di svolta è da ricercarsi nel termine “popolo”. Ritornando sempre indietro con gli anni, non è difficile intuire perché si è voluto porre l’accento su di esso. Il regime fascista fu un regime totalitario, che soppresse le libertà degli uomini, dei cittadini. Il fascismo, infatti, aveva una chiara tendenza anti-individualistica, ossia tendeva al primato dello Stato, o meglio, del Partito - dato che lo Stato divenne espressione di un solo partito, quello fascista appunto -, tendendo così a cancellare l’individuo e i suoi diritti. Con il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, in cui per la prima volta votarono anche le donne - introducendo quindi il suffragio universale -, gli elettori scelsero la forma di governo repubblicana, mettendo così fine alla monarchia e spostando il potere dalla Corona al popolo. Inoltre, l’articolo 1 è strettamente collegato all’articolo 139, nel quale il Costituente ha voluto vietare che la forma repubblicana sia oggetto di revisione costituzionale.

Quindi, ecco perché nel primo articolo della Costituzione vi è l’essenza, la matrice della Repubblica. L’individuo passa da suddito a vero e proprio cittadino, in quanto è lui il vero sovrano dello Stato.

 

2.Uguaglianza 

Andando avanti, possiamo notare come nei successivi articoli 2 e 3 i diritti inviolabili degli uomini (articolo 2) e l’uguaglianza, sia sostanziale che formale (articolo 3), siano finalmente riconosciuti come principi fondamentali. Come si è detto prima, infatti, il regime fascista annientò tutte le libertà fondamentali degli uomini, sopprimendo quindi anche i loro diritti inviolabili.

Ma altra piaga del regime fascista fu il disconoscimento dell’eguaglianza tra gli uomini. Con l’emanazione delle leggi razziali (e soprattutto razziste) del 1938, si stabilì per legge che non tutti gli uomini fossero uguali, ma vi fossero uomini “più uguali” degli altri, o meglio, superiori rispetto a tutti gli altri. Ebbene, vittima di queste leggi fu, com’è ben noto, prevalentemente il popolo Ebraico.

Con le leggi razziali del ’38 si sancì l’esistenza delle razze, soprattutto di grandi e piccole razze, e che il concetto di razza era un concetto puramente biologico; inoltre, si sancì la supremazia della razza italiana.

Con l’articolo 3, invece, il Costituente ha voluto porre tutti gli individui sullo stesso piano, secondo un principio di uguaglianza formale ed uno di uguaglianza sostanziale. Secondo il principio dell’uguaglianza formale, sancito dal primo comma, tutti i cittadini sono uguali dinanzi alla legge, e quindi indica la posizione che i cittadini assumono dinanzi a quest’ultima: non vi devono essere discriminazioni in base allo status sociale, alla ricchezza, alla lingua, alla religione, ma soprattutto in base alla razza e alle proprie origini, come avvenne nel periodo antecedente la Carta costituzionale.

Il principio di uguaglianza sostanziale, invece, stabilito dal secondo comma dell’articolo 3, stabilisce che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, per far sì che la persona umana si sviluppi pienamente e che tutti partecipino all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Questo significa che lo Stato deve prevedere alcune misure in favore delle categorie più svantaggiate e deboli, ponendo in essere norme speciali in modo da rendere effettivamente tutti uguali, ponendo dunque sullo stesso piano tutte le categorie sociali. Quindi lo Stato interviene attivamente per eliminare gli ostacoli e per fornire ai soggetti più deboli i mezzi necessari ad esercitare i propri diritti e le proprie libertà, vi è l’impegno attivo dello Stato nell’eliminare o almeno ridurre le diseguaglianze.

3.Sovranità

Tornando all’articolo 1 della Costituzione, possiamo passare ad analizzare il secondo comma. Infatti, “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Abbiamo già analizzato l’importanza del termine “popolo” nella nostra Carta, ma non dobbiamo omettere l’importanza che assume la sovranità popolare. Con l’avvento della Costituzione, e soprattutto con l’avvento della Repubblica e quindi della democrazia, la sovranità si è spostata, come abbiamo già avuto modo di dire precedentemente, dalla Corona al popolo. Il vero sovrano non è più il Re, ma il cittadino.

Ma come si esprime questa sovranità? Il popolo esercita la sua sovranità attraverso i referendum, e quindi con le consultazioni popolari, ma soprattutto attraverso l’elezione diretta del Parlamento. Il Parlamento è deputato sì alla creazione delle leggi, ed è quindi titolare del potere legislativo, ma è anche, e soprattutto, organo rappresentativo del popolo, in quanto eletto da quest’ultimo. Funzione fondamentale ha dunque il popolo nella creazione di un potere legislativo efficiente, che rispetti le sue scelte e le sue volontà, anche se il parlamentare non è sottoposto a vincolo di mandato. Quindi possiamo dire che il popolo delega la propria sovranità a delle persone che lo andranno a rappresentare in seno al Parlamento. Non vi è quindi una sovranità per così dire diretta, esclusi i casi di referendum.

In merito all’elezione, l’articolo 48 sancisce il suffragio universale, dichiarando elettori tutti i cittadini che abbiano compiuto la maggiore età, sia uomini che donne, confermando l’uguaglianza formale. Il Costituente ha però sancito il voto come dovere civico, e non giuridico, rendendo così lecito l’astensionismo, in quanto non saranno comminate pene a chi si astiene dalle votazioni.

Il potere costituente, inoltre, è stato attento a positivizzare il divieto di ricostruzione del partito fascista e di ogni altra forma di associazione che persegue scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare, sancendo però, nei limiti della legge penale, la libertà di associazione (articolo 18).

 

4.L’Italia come Stato sociale

La nostra Costituzione rispecchia il c.d. Stato sociale, ossia quello Stato di diritto attento ad eliminare le diseguaglianze sociali, proprio come espresso dal secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione. Lo Stato sociale, quindi, si basa sul principio di eguaglianza sostanziale. I tipi di tutele riconducibili allo Stato sociale sono quelle della previdenza sociale per gli invalidi, per i lavoratori in caso di infortunio, malattia o disoccupazione, per la vecchiaia, così come stabilito dall’articolo 38, oppure le disposizioni che riguardano la salute (articolo 32) e l’istruzione (articolo 34).

L’analisi sulla nostra Costituzione potrebbe non fermarsi qui, ma la focalizzazione, in questa sede, ricade sui punti di svolta, rispetto al periodo precedente, dati dalla Carta: una Costituzione attenta ai diritti e alle libertà fondamentali dell’uomo.