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La memoria e il domani, per la Costituzione

Nell’intensa Lezione della carissima Senatrice a vita Liliana Segre c’è l’essenza del suo straordinario ammonimento.
La Costituzione
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La memoria e il domani, per la Costituzione

 

Si ritrovano nelle “Giornate della Memoria”, in programma da Sud a Nord d’Italia, preziosi semi per non chiudere gli occhi davanti al passato e affrontare la vita che avanza. Ricordare che “il bene può vincere il male. Vincere è esserci, resistere”.

Nell’intensa Lezione della carissima Senatrice a vita Liliana Segre, per tutto ciò che ella ha veduto e subìto, c’è l’essenza del suo straordinario ammonimento.

I giovani devono conoscere quello che è realmente accaduto: è l’unico modo per porre un argine alla violenza presente e futura. La chiave per comprendere le ragioni del male è l’indifferenza: quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore.

Questa “lettera” è una missiva intorno ai valori essenziali della libertà, del sistema organico di regole della democrazia, dei diritti sociali e della legalità, in pulizia morale e onestà per “questa Repubblica”, che ci appartiene.

Si scorre una bussola per orientare l’oggi, di fronte alle tante distorsioni e tensioni della società e del vivere contemporaneo. Un punto fermo di assoluto riferimento per cui è indispensabile impegnarsi ancora, come lo è stato, da ultimo, il trascorrere di almeno i settantacinque anni passati fra luci e ombre della storia nazionale recente. Un patrimonio finora acquisito che, però non risalta soltanto una volta, ma in ogni giorno esige vitali contributi, interessi e passione per ognuno di noi.

Il “secolo breve” e i primi decenni del tempo che ora attraversiamo ci richiamano a come essenziale resti la necessità di ritrovare proprio la dimensione della dignità umana, tanto nel piccolo usuale nostro comportamento, quanto negli atteggiamenti soggettivi, di comunità e formazioni sociali nelle quali riconoscerci. Dunque, la dignità come il valore e il fondamento di qualità per il bene comune; nel “significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società, pietra angolare di impegno e passione civile”, declinazioni espresse nel pensiero del Presidente della Repubblica Mattarella, con il messaggio in Parlamento e al Paese del 3 febbraio 2022, appello vigoroso di alto spessore pure ripetuto per la “Giornata della memoria” il 27 gennaio 2023, al Quirinale.

L’educazione alla cittadinanza responsabile, l’impegno nella vita civile e nella sfera sociale sono pilastri su cui ancorare le relazioni dell’esistenza quotidiana, con coraggio, determinazione e rispetto per affrontare le sfide che affiorano, incessanti, nel mondo e per il nostro Paese, in particolare: il “formidabile” divenire e sviluppo che apre il futuro, mai deve trascurare il passato.

L’ambito politico-sociale si frantuma e scompone, spesso, nel personalismo, nella disaffezione riguardo soddisfazioni collettive, nel disagio verso riti e tempi della democrazia: come tacere, oggi, davanti al tarlo del malaffare, della criminalità e  corruzione dilaganti, veri nemici della convivenza umana sotto ogni emblema nazionale, del patriottismo svilito dall’indifferenza e piegato a convenienze e utilitarismi del momento, davvero fini a se stessi e che scivolano, così, nel relativismo per la gran parte dei modi di fare e agire di moltissimi. Ben altre ragioni e aspettative dovrebbero emergere e misurarsi con le necessità ed esigenze di crescita della società, che è contraddistinta dalla crisi e da multiformi dinamiche e stati di crisi…   

Nel contesto attuale, a causa delle notevoli e significative trasformazioni di equilibri e squilibri che si verificano in “tutte le avventure del potere”, le leggi hanno perduto la loro antica onnipotenza senza cioè essere ricondotte alla lettera e allo spirito delle norme fondamentali, all’ordine di garanzie e diritti umani ed universali, sovente incapaci di imporsi e incidere, vigorosamente, nel tessuto sociale e culturale della Nazione.

La legalità, intesa come coerenza al dettato sovrano della legge, non è più identificabile, da sola, come giustizia, ossia come rispetto delle garanzie e delle libertà individuali e collettive, che, invece, da concezioni giuridiche di sistema, possono anche prescindere dall’utilizzo dello strumento legislativo per il loro riconoscimento, e si autoaffermano ed autoimpongono, in quanto prerogative essenziali ed originarie dotate di peculiare, innata “forza”, quali regole basilari a presidio dell’ordinamento degli Stati.

All’attuale divisione concettuale tra diritti e leggi sembra, infatti, corrispondere, sul piano funzionale, un principio ordinatore che si realizza attraverso una ripartizione di compiti giuridici, nella misura in cui alle leggi fondamentali spetterebbe individuare e “certificare” diritti primari intangibili, quali “dotazioni organiche” della persona e dei cittadini, che costituiscono reali essenze conquistate e basilari nel progredire odierno del cammino della civiltà pluralista.

Lo scenario si distingue, anche, per l’esistenza nel vigente sistema europeo ed internazionale, di una stratificazione di ordinamenti vincolanti nella sfera dei cittadini, che impone con ancor maggiore urgenza, nell’ambito di una ormai consolidata pratica di limitazione di sovranità e delle sovranità, l’instaurazione di un adeguato equilibrio incentrato sul “dualismo” tra diritti e leggi, tra volontà politiche e garanzie degli individui, soprattutto nelle vicende contemporanee alle quali assistiamo, fra tensioni, contrapposizioni e crescenti lacerazioni e preoccupazioni accentuate.

A tal proposito, si pensi alle attualissime vocazioni di salvaguardia indispensabile dell’ambiente ed ecosistema, della sicurezza sul lavoro, di molteplici categorie svantaggiate di individui specie nell’interesse delle nuove e future generazioni, valori, questi, che si impongono nel sentire comune come linee direttive determinanti per il pieno sviluppo specie delle presenti democrazie, tali da pervadere trasversalmente gli Stati e i loro organi rappresentativi, nel centro e nelle c.d. “periferie esistenziali”, come ci ammonisce, a fortiori, Papa Francesco, se estendiamo anche lo sguardo diligente ai numerosi focolai di conflitti che pregiudicano la pace e comprimono il dialogo fra popoli e Paesi della terra.  

È auto-evidente, appunto, alla luce di queste considerazioni pur emblematiche, soprattutto nell’ottica del moderno atteggiarsi dei diversi poteri dello Stato, concludere che il rispetto della legge, nella sua neutrale dicitura, non possa e non debba più ritenersi, da solo, l’equivalente del rispetto della giustizia. Infatti, oggi più che mai, essa risponde ad istanze che richiedono molto più che un rigido attenersi ad un dato scritto o astratto, e che presuppone, invece, un’adesione ben più profonda e radicata ad un sistema di valori permeante il vivere civile e la qualità stessa del nostro modo di relazionarsi l’un l’altro fra individui, cittadinanze,  comunità nazionali e territoriali.

Esempi pratici di questa - ricomponibile? - discrasia tra legalità/rispetto della legge e giustizia/rispetto dei principi ad essa sottesi, si possono rinvenire nel diritto penale, quali reati di sospetto, nella misura in cui appaiono condotte “neutre”, più gravi comportamenti omertosi o d’indifferenza, che pur senza infrangere disposizioni normative sono sanzionate, poiché considerate contrarie all’ordinamento, pur sempre dannose o pregiudizievoli alla legalità. Oppure, l’azione compiuta in osservanza di un dovere, con la quale chi - ad esempio, un militare - commette un reato adempiendo un ordine legalmente dato dal superiore gerarchico nell’obbligo giuridico di eseguire i comandi in esecuzione a discussa liceità o compimento di “stimato atto di giustizia”. Si tratta, peraltro, della concezione “storica” che, come si sa, ha fondato e ispirato le argomentazioni dell’accusa nel “Processo di Norimberga” ai nazisti coinvolti negli efferati crimini di guerra e nella sequela di reati contro l’umanità del secondo conflitto mondiale e nella Shoah.

Cos’è ingiusto? Cos’è illegale? Ciò che legale è di per sé anche giusto? Sono quesiti ai quali, pertanto, nell’evoluzione degli Stati moderni, sono state date risposte e soluzioni differenti ed antitetiche, influenzate e sostenute da concezioni, volta a volta mutevoli, che si riverberano, nella loro incidenza sostanziale e virtuale giustificabilità, attraverso il dualismo leggi/diritti, negli affermati ordinamenti giuridici, anche al fine ultimo e decisivo di poter “scoprire quel pezzo di ragione e ragionevolezza” nella esistente legislazione contemporanea di numerosi regimi e Paesi del mondo.

Altre considerazioni e suggestioni, tuttavia, per non dimenticare, si rendono opportune in queste avvertenze.

Si ipotizza una scomposizione di situazioni territoriali, economico-sociali, culturali, di vocazione ideale e condizionamento esistenziale. Tutto ciò scorre veloce davanti agli occhi delle generazioni, secondo un disegno incerto e confuso nell’incessante emersione di utopie, convincimenti e mode in frenetica, passeggera successione. Talora, la società si coagula intorno a un mito, si confronta col dominante pensiero del momento. Essa fa agganciare le proprie fondamentali istituzioni e le regole di convivenza ad una prospettiva che sembra vincente e sicura: un baluardo inaccessibile per la suprema custodia dei valori ritenuti essenziali, poiché idee-forza da dover cementare per assicurare e garantire l’unità e costruttiva salvaguardia del sistema. Sicché, come evoca una primordiale tradizione che ancora si tramanda in talune esperienze orientali, solo per un momento la comunità si ritrova per alzare gli occhi dal sempre duro esistere al di sopra delle frequenti ombre della vita quotidiana, per cercare punti di chiarore e poter, così, sopravvivere al disagio dei tempi che avanzano.

Diverse realtà, le nostre; altre emozioni e bagliori distinguono l’intercalare delle stagioni, mutevoli e forsennate nel loro fluire sulla storia degli uomini e dei popoli nel brevissimo istante che si compie. Il senso della crisi ritaglia differenti contorni di un’età d’incertezza, che avvolge ciò che si è definito essere l’oggi la c.d. società liquida e le così frequenti forme di discriminazione che sussistono.

L’ordine sociale confligge, talvolta, con l’ordinamento giuridico del popolo. Addirittura, è ventilata una qualche frattura fra ciò che la società civile invoca, e quello che la società politica sembra in scarsa disponibilità di esprimere o concedere ai più. Ecco, dunque, affiorare il dubbio e il disagio, l’insicurezza, l’incognita per una salda coscienza morale in ognuno di noi, per la nostra stessa anima collettiva nel considerarci pienamente comunità nazionale: popolo e Paese insieme. Oscurato, allora, il faro di una luce adatta a rischiarare la rotta; l’indirizzo politico-sociale benefico e stabile in coesione e certezza: salus populi suprema lex esto.

E, così, siamo arrivati a concludere il nostro “viaggio” ideale e alla luce del sole poter indicare, più emblematiche che mai, le rime della Legge Fondamentale.

Roberto Benigni, forse, ha esagerato quando ha definito la nostra Costituzione come la più bella del mondo!

Di sicuro, tuttavia, senza enfasi alcuna, la Costituzione della Repubblica garantisce diritti e libertà, orienta e raccomanda, indirizza percorsi equilibrati che si possono e devono intraprendere anche per superare gli ostacoli. Afferma che i capaci e meritevoli hanno diritto a raggiungere i più alti gradi di istruzione pur se privi di mezzi economici; tutti hanno diritto a una vita libera e dignitosa, ciascuno sempre libero di professare la sua fede religiosa, che l’arte e la scienza sono libere, l’ambiente e gli ecosistemi con la salute diritto essenziale dell’individuo e interesse della collettività sono tutelati. Insomma, indica una organizzazione sociale e politica in cui si può essere diversi ma riconosciuti uguali, nel rispetto degli altri; un ponte a presidio della pace e la giustizia.

É prefigurata la prospettiva con la promessa di un mondo migliore, che necessita del contributo progressivo di tutti. Non è soltanto l’enunciata difesa dei diritti, bensì l’esercizio che richiama alla responsabilità e solidarietà di ciascuno e di tutti, perché nel loro “valore” i programmi si possano realizzare, tenendo vive le radici popolari, le ragioni di ognuno; rispettare come patrimonio comune tutte le memorie nel favorire la convivenza tra i popoli, riservando l’attenzione che merita il protagonismo delle nuove generazioni nella equilibrata, ragionevole previsione verso le attese del futuro che è in moto.

La Costituzione vive nella storia della Nazione se le regole e i valori condivisi sono accolti dai cittadini e presenti nello spirito di coesione della intera comunità.

Sicché, il patriottismo costituzionale si rende adesione essenziale alla Costituzione intesa non solo come catalogo normativo di diritti e doveri, ma anche sedimento non scalfibile di storia e storie, di comuni tradizioni e culture, conformi al servizio e alle necessità di tutte le persone che, a pieni polmoni, respirano ogni istante di vita individuale e sociale.

Anche per queste ragioni, nella traccia singolare e collettiva di ogni cittadino e dei cittadini vanno riannodati i fili ideali del collegamento fra le diverse generazioni che si sono formate, o che nel tempo preparano il loro contributo e destino, nell’intrecciare insieme allo spirito e al cemento della memoria l’avvenire possibile del Paese che sa guardare avanti. Un quotidiano “colloquio” generazionale quanto mai essenziale e costante per perseguire finalità civiche d’intesa, collaborazione e benessere; senza tali ragioni e obiettivi si deteriora l’energia civile di crescita e progresso che unifica, allo slancio degli entusiasmi dei giovani la ponderata saggezza dei più anziani: il vigore della coscienza popolare che dalla Costituzione rileva nelle costruttive pagine, esperienze e indicazioni educative, civili e morali.

Compiti che si rendono davvero entusiasmanti se riferiti, come è ora, al termine di questa riflessione, verso il ruolo del giurista democratico, se alfiere di legalità e difensore di libertà e diritti umani sotto qualsiasi cielo, sotto qualsivoglia bandiera