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Da Montecitorio per il giuramento al Quirinale

Sergio Mattarella
Sergio Mattarella

La fase conclusiva dell’iter costituzionale dell’elezione presidenziale si distingue in ragione della notevole celerità con cui lo scenario di riferimento muta.

Il Capo dello Stato è accolto dai Presidenti delle Camere Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati, mentre la campana dell’altana di Montecitorio suona a distesa i suoi rintocchi.

L’Aula è ornata con 21 bandiere tricolore delle Regioni Italiane e drappi rossi intorno all’emiciclo.

Ai sensi dell’art. 91 Cost., prima di assumere le sue funzioni, il Presidente presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

Con il solenne giuramento del 3 febbraio 2022, si inaugura così il mandato del tredicesimo Presidente della Repubblica: si chiude il precedente settennato (iniziato proprio il 3 febbraio 2015) e prende avvio la nuova Presidenza, con il medesimo Capo dello Stato “eletto”. È doveroso sottolineare la “cesura” tra il primo e il secondo mandato: a differenza di Giorgio Napolitano riscelto nel pieno di una grave crisi economica e politica, la riconferma al Colle di Sergio Mattarella avviene in condizioni ben diverse. Dall’inizio dello scrutinio, infatti, egli gode del diffuso sostegno dei singoli parlamentari: tale consenso cresce gradualmente fino al raggiungimento dell’accordo conseguito anche tra i vertici politici; all’ottava votazione, egli è così rieletto con 759 voti, precedendo in suffragi ricevuti il solo Sandro Pertini (832 voti al sedicesimo scrutinio, l’8 luglio 1978). Alla luce di ciò, non è opportuno parlare di un mandato a “termine”, bensì di una “missione” nel pieno esercizio delle prerogative costituzionali, per l’intero arco dell’incarico svolto al Quirinale.

È consuetudine che il Presidente della Repubblica legga alle Camere il messaggio di investitura nel quale è affermata la volontà di porsi a presidio delle istituzioni repubblicane e della Costituzione; nello stesso momento, partono i 21 colpi di cannone a salve dal Gianicolo, e la campana del Palazzo torna a risuonare.

Il Presidente della Repubblica rivolge la sua parola dal banco della Presidenza dell’Aula di Montecitorio per il discorso da cui prende forma il suo incarico super partes al Quirinale. Innanzitutto, il Presidente Mattarella pone in luce come la forza della “lettera” e dello “spirito” della Costituzione continueranno ad essere il punto di riferimento della sua azione garantista. Numerosi sono stati i temi affrontati. La necessità di fornire risposte adeguate ai cittadini contro chiusure di ogni tipo, l’obiettivo di rilanciare la posizione dell’Italia nello scenario europeo e mondiale, la collaborazione necessaria tra Governo e Parlamento con l’ausilio dei partiti e nella partecipazione dei cittadini; il fronte della giustizia da rinnovare, il recupero dell’indipendenza e della autonomia del CSM; la preziosità della cultura e dell’istruzione. Inoltre, vanno contrastati marginalità femminile, antisemitismo, razzismo, tratta degli schiavi, fino a ritrovare la pari dignità sociale, l’attenzione alle istanze dei giovani, le libertà fondamentali, i diritti e la solidarietà per l’uscita del Paese dall’emergenza, guardando al nuovo che avanza.

È fondamentale segnalare come l’intervento e l’appello ruotino intorno al pilastro della e delle “dignità”, declinate in tutte le diverse espressioni e modalità, umane, sociali, economiche e morali.

Giova notare come la natura del messaggio alle Camere non può venire considerato quale “programma politico-istituzionale” della Presidenza che si inaugura solennemente. Bensì, una cifra di “avvertimenti, opinioni, avvisi”, che il Presidente rappresenta al Parlamento, non sottovalutando né questioni scottanti, né temi delle sofferenze via via rilevate nella società civile.

Un caleidoscopio di iniziative da assumere che, tuttavia, e in nessun caso, possono scivolare in direttive puntuali verso quel “semipresidenzialismo strisciante” del quale tanto si parla e si è discettato.

Un argomento, questo, che anche a fortiori è stato affrontato dal Presidente della Corte costituzionale nel suo importante saluto inaugurale alla Consulta. Questo discorso, nell’asciutto stile e stigma personale del Presidente, pertanto, appare quale ricognizione dei punti di crisi e di invito alla responsabilità di ognuno e davvero di tutti, non cavalcando ipotesi di riforma avventata o strumentale, oppure di non condivisa modifica, anche di natura costituzionale. Ormai, non possono più soddisfare solo propositi e parole; bensì occorrono fatti e buona coscienza, con piena volontà di saper rispondere, con coerenza e tempestività, alle molteplici sollecitazioni del momento e dei tempi che si vivono, anche nel disagio tanto avvertito dalle forme di democrazia rappresentativa, quanto nel confronto a quella immediata e diretta.  Inoltre, il ruolo che spetta al Capo dello Stato non va considerato dirimente nella crisi in atto (dominus omnius rerum; come lo era il re “cannot act alone”), quando intorno a lui c’è, e pesantissima più che mai, una metamorfosi e scomposizione variabile della rappresentanza politica di gruppi, partiti politici e leadership.

Un discorso del Presidente, durato 38 minuti ed interrotto per oltre 50 volte dagli applausi dei Grandi Elettori, si è concluso con una grandissima, protratta ovazione e standing ovation di tutti i presenti. 

Ricevuto il saluto militare sulla Piazza di Montecitorio il Presidente percorre Via del Corso per raggiungere l’Altare della Patria e deporre sul sacello del Milite Ignoto la corona d’alloro, mentre nel cielo, sopra Piazza Venezia, le Frecce Tricolore lasciano la loro tradizionale scia su Roma. Ancora le note dell’Inno di Mameli, il saluto del Sindaco capitolino e, con il Presidente del Consiglio, il Capo dello Stato sale a bordo della “Lancia Flaminia decappottabile” per percorrere la salita di Via Ventiquattro Maggio. L’auto storica del Presidente è scortata dalla formazione d’onore del corpo dei Corazzieri in alta uniforme, a cavallo, fino all’ingresso del Palazzo del Quirinale. Qui, nel Cortile d’onore sono resi militari e sul Torrino è issato lo stendardo presidenziale, accanto al Tricolore e alla bandiera dell’UE.

Nella storica Sala dei Corazzieri del Quirinale, Casa degli Italiani, si svolge la breve cerimonia d’insediamento del Presidente della Repubblica di fronte alle più alte cariche dello Stato: atto rilevante di una intensa giornata costellata dagli appuntamenti protocollari e cerimoniali che accompagnano il Presidente dalla sede del Parlamento al suo “ritorno” al Colle. Forse, non è azzardata la scansione ufficiale dei vari rituali romani della fastosa salita del Presidente “eletto” al Quirinale, con i tempi scanditi nel ben più munifico Inauguration Day, per il giuramento presso Capitol Hill, del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America di metà gennaio, dopo le elezioni del novembre dell’anno precedente.

La serata si chiude, poi, con le tradizionali “dimissioni di cortesia”, rese in ossequio al Capo dello Stato, da parte del Presidente del Consiglio che rimette il mandato: dimissioni respinte subito dal Presidente della Repubblica.

La Presidenza Mattarella è, dunque, incentrata su un calibrato equilibrio tra osservazione giuridica, politica e costituzionale. Nel suo precedente settennato la figura presidenziale di “arbitro” si è via via trasformata in quella di doveroso “garante” e “custode” super partes della Costituzione, con qualificata veste di indipendenza e stabilizzazione della vigente forma di governo parlamentare, soprattutto nelle circostanze più turbolente avvenute.

Il valore e la centralità della figura presidenziale emerge “neutrale” per il rispetto ereditato verso la Costituzione e i poteri pubblici: il Capo dello Stato non è uomo di parte, ma è uomo delle istituzioni, di tutte le parti nel quadro politico come nel Paese. Il grande merito del Presidente Mattarella consiste nel avere aggiunto un nuovo apporto alla Presidenza della Repubblica: egli ha incluso nelle responsabilità costituzionali del Colle la dedizione per il servizio allo Stato e la centralità della cittadinanza in Italia: sensibile espressione dell’unità nazionale, ex art. 87 Cost., fra Paese legale e Paese reale; fra Stato, Comunità, Popolo, Territori, per una avventura nuova, anche della Presidenza Repubblicana e dei suoi orizzonti costituzionali.