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Palamara: appello al Presidente della Repubblica

Le chat di Palamara
Le chat di Palamara

Milano, 25 maggio 2023

Oggetto: Appello al Capo dello Stato - Le chat di Palamara – Inazione disciplinare – Conseguenze – Istanza di riesame.

 

SEGRETERIA DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA

(protocollo.centrale@pec.quirinale.it)

 

ILLUSTRISSIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Venuto alla luce nel maggio 2019 lo «scandalo Palamara & Company», Ella autorevolmente statuì di non sciogliere il Consiglio Superiore della Magistratura anche per non ritardare l’irrogazione delle sanzioni previste. Tuttavia, mentre il Procuratore Generale presso la Suprema Corte, attivandosi immediatamente nei confronti del dott. Palamara, ha ottenuto dal C.S.M. la sua definitiva rimozione dall’Ordine, dopo quattro anni non risulta che il P.G. e il Ministro della Giustizia abbiano agito disciplinarmente nei confronti delle decine di magistrati che da lui impetravano privilegi, come risulta dalle divulgatissime interlocuzioni telefoniche sequestrate (chat).

Con ricorso del 1° febbraio 2023 lo scrivente segnalava al Consiglio Superiore della Magistratura che l’ex Procuratore Generale, dopo avere teorizzato che le autopromozioni (“facendo parte della medesima corrente, ti raccomando di farmi nominare Presidente”) dovevano essere archiviate, di fatto non risultava avere esperito l’azione disciplinare neanche nei numerosi casi di eteroraccomandazione (“facendo parte della medesima corrente, ti raccomando di fare nominare Sempronio Presidente”). Perciò con tale omissione, denunciata pubblicamente anche da membri della passata consiliatura del C.S.M. (cons. Di Matteo, Gigliotti e Pepe), il P.G. era diventato l’incontrastato dominus non solo dell’iniziativa disciplinare ma della stessa sanzione disciplinare. Per altro l’orientamento osteso dal Vertice inquirente (il P.G.) era stato puntualmente smentito dal Vertice nomofilattico con la sentenza delle Sezioni Unite n. 34380 del 22/11/2022 (confermando la decisione n. 22302 del 4/8/ 2021).

Mentre tracimava sulla libera stampa un serrato dibattito su questa vicenda, in data 15 maggio 2023 al ricorrente è stato comunicato che «l'Assemblea Plenaria, su proposta della Prima Commissione, nella seduta del 10 maggio 2023, ha esaminato con attenzione il Suo esposto rilevando che non ci sono provvedimenti di competenza del Consiglio da adottare, afferendo le doglianze dell'esponente a questioni proprie “della sede disciplinare”».

Tale decisione merita il massimo rispetto, ma forse sembra non avere colto la novità e l’estrema problematicità della questione proposta, ancorché ampiamente rimarcata in seno al predetto ricorso. Per un verso, infatti, per legge il P.G. presso la Suprema Corte è tenuto a esperire l’azione disciplinare ogni qual volta venga a conoscenza di una «notizia disciplinare» sulla condotta di un magistrato ordinario. Trattasi di norma tecnicamente imperfetta, giacché l’unico ‘controllo’ immediato sull’adempimento di tale obbligo del P.G. è sostanzialmente e formalmente improprio, essendo affidato alla valutazione discrezionale (o politica) del Ministro della Giustizia (art. 107 Cost.). Il quale – a quanto è dato sapere - con riferimento agli illeciti disciplinari documentati dalle chat di Palamara è rimasto del tutto silente. Per altro verso, in carenza dell’azione del P.G. (o del Ministro) il C.S.M. non può espletare la propria funzione disciplinare, quale riservatagli dagli artt. 105 e 107 Cost. In verità nulla quaestio se il P.G. agisca secondo legge, archiviando allorché ne ricorrano i presupposti, quali espressamente tipizzati dalla legge. Ma il sistema costituzionale entra in crisi allorché, perfino in contrasto con il dettato delle Sezioni Unite, il P.G. illegittimamente teorizza la generale archiviazione delle autopromozioni o se omette di agire anche nei casi di eteroraccomandazioni autorevolmente segnalati dagli ex consiglieri del C.S.M. Di Matteo, Gigliotti e Pepe. In tale evenienza al P.G. è astrattamente ascrivibile il reato di omissione di atti d’ufficio - la cui violazione i predetti Consiglieri avevano il dovere di denunciare all’Autorità Giudiziaria – ma al C.S.M. resta inibita qualunque valutazione disciplinare di merito, compresa perfino quella ...sulla correttezza professionale del P.G. stesso. Resta così evidenziata l’inaudita anomalia di un sistema disciplinare – quello previsto per i magistrati ordinari - la cui correttezza è di fatto inadeguatamente presidiata paradossalmente soltanto dalla previsione della sanzione penale per il titolare dell’azione disciplinare, niente meno che il Vertice inquirente, per altro membro di diritto del C.S.M.! Come se – mutatis mutandis – l’obbligatorietà dell’azione penale fosse assicurata soltanto dalla previsione del reato di cui all’art. 328 c.p. ascrivibile al Pubblico Ministero inadempiente!

Tutto ciò considerato, la delibera emessa dal Consiglio il 10 maggio 2023, nella parte in cui declina la propria competenza sul ricorso in favore del P.G., sembra allora del tutto eccentrica rispetto alla riferita tematica, in quanto, in primo luogo, non avrebbe alcun senso segnalare proprio al P.G. le sue proprie ...illegittime archiviazioni; più coerente sarebbe allora denunciarlo tout court in sede (non disciplinare, ma) penale! Inoltre il sistema costituzionale esibisce un’enorme falla, un punto di rottura, da cui il C.S.M. non può legittimamente tenersi fuori giacché, quale organo di rilievo costituzionale, esso ha piuttosto il primario dovere di difendere le proprie prerogative e il suo stesso ortodosso funzionamento, anche con iniziative o provvedimenti straordinari ovvero di alta amministrazione o mediante la formulazione di pertinenti proposte di modifiche normative Ne va dei principii di uguaglianza e di obbligatorietà dell’azione disciplinare, non essendo accettabile che, a differenza del dott. Palamara, una folta schiera di magistrati ordinari sia stata sottratta al giudizio della Sezione Disciplinare per condotte che, secondo l’espresso avviso delle Sezioni Unite, costituiscono in astratto illeciti disciplinari.

Illustrissimo Presidente, forse soltanto l’esclusiva finalità di riconquistare la fiducia dell’Utente finale della Giustizia può giustificare l’ardire dello scrivente nel fare diretto appello alla Sua indiscussa autorità ed autorevolezza, affinché Ella voglia compiacersi d’indurre il Consiglio Superiore della Magistratura a rimeditare, anche per le ragioni esposte, sulla questione istituzionale sottopostagli, allo scopo di sanare definitivamente il gravissimo vulnus provocato alla Magistratura dallo «scandalo Palamara & Company».

Gli stessi magistrati e i cittadini gliene sarebbero profondamenti grati.

Con i più deferenti ossequi.

 

Rosario Russo

(già Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte)