Lo spettro di Palamara
Lo spettro di Palamara
«Entriamo come uditori e ne usciamo sordi»
(riferita ai magistrati, l’espressione è attribuita a Piero Calamandrei)
“Uno spettro” si aggirava tra i lavori del Congresso dell’ANM, quello del dott. L. Palamara, ma nessuno ha inteso evocarlo! Il silenzio degli illustrissimi ospiti si spiega con l’apprezzabile rispetto nei confronti dell’ANM: non si parla di corde in casa dell’impiccato e neppure ...in casa del boia! Ma perché hanno taciuto anche gli associati? “Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.”(L. Wittgenstein). Ma se invece è doveroso parlarne, perché tacerne? E soprattutto cui prodest? La risposta a tali domande s’interseca con due differenti vicende. Due mesi fa uno storico quotidiano proclamava che la metà dei magistrati sarebbe risultata positiva ai ventilati esami psichiatrici. Non ho avuto perplessità nel denunciare il giornale per vilipendio: non follia, ma se mai ammirevole utopia spinge a scegliere – nonostante tutto! - la carriera di magistrato. La seconda vicenda è significativamente coeva ai lavori congressuali, perché il Ministro Salvini sui magistrati si è così espresso: "Con microspie in ufficio quanto durerebbe la loro carriera?". L’affermazione è oggettivamente tanto insolente quanto oltraggiosa. Ma non posso denunciarlo per vilipendio della magistratura, perché il Ministro non ha fatto altro che obliquamente richiamare l’Innominato e le sue ignobili chat ampiamente divulgate.
Ebbene, il Congresso ha fatto luce su questo scheletro nell’armadio della magistratura? Certamente no.
Raccomandazioni e accordi spartitori di qualunque pubblico ufficiale sono penalmente rilevanti come abusi d’ufficio, ma la Procura competente non si è occupata delle predette chat.
Il Procuratore Generale della Suprema Corte ha omesso di agire disciplinarmente pur avendone il dovere, come hanno fatto rilevare pubblicamente perfino taluni consiglieri del Consiglio Superiore della Magistratura. Silente è rimasto anche il Ministro della Giustizia, cui saggiamente la Costituzione assegna il potere d’iniziativa disciplinare. In atto l’archiviazione disciplinare è l’unico atto giurisdizionale (Consiglio di Stato sez. V, 03/08/2021 n.5712) rigorosamente segreto soltanto per insindacabile disposizione del P.G. della Cassazione, perciò dominus incontrastato della funzione disciplinare.
Da parte sua, la stessa ANM nasconde perfino ai propri associati i provvedimenti disciplinari adottati (?) nei confronti dei numerosi correi di Palamara e soltanto di recente si è determinata a rendere finalmente accessibile ai soci l’elenco dei soci effettivi, con esclusione (?) di quelli aggregati (i numerosi magistrati in quiescenza).
Bandito dall’Ordine e dall’ANM il Palamara, certo è che di fatto la Magistratura a tutti i livelli (P.R., P.G. della Suprema Corte, ANM), e con il concorso ... esterno del Ministro della Giustizia, ha assicurato l’impunità ai numerosi giudici correi del Palamara: un risultato precluso ad ogni altro Potere dello Stato rispetto ai suoi componenti, sottoposti invece inderogabilmente all’Autorità della Giurisdizione.
Nel frattempo impazzano molteplici proposte governative di riforma, certamente idonee a snaturarne le basi fondative della Costituzione. Ebbene, con il Congresso la Magistratura associata ha, per così dire ‘rilanciato’, indirizzando i propri strali contro il Governo, ma ha anche inteso così definitivamente tumulare l’ingombrante scheletro di Palamara. Nella complessa dinamica del Potere questi espedienti non pagano. Il Governo è ora ‘autorizzato’ a trattare la magistratura come ‘Potere’ avverso, anziché come ‘Ordine’, cioè istituzione meritoriamente ed effettivamente rispettosa del principio di uguaglianza in senso formale (art. 3, 1° Cost.). Lungi dall’elidersi a vicenda, iniquità e patologie rimbalzano tra loro ovvero si sommano. Non è un bel risultato, specialmente per l’Utente finale della Giurisdizione, obliato titolare della sovranità.
Quando si comprenderà che la Costituzione, tutta la Costituzione, deve essere applicata da tutti e per tutti?