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Le chat di Palamara. (D)istruzioni per l’uso[1]

La notte della magistratura
Le chat di Palamara
Le chat di Palamara

Caro Giudice Ordinario,

ti è stato contestato un sensibile ritardo nel deposito di un provvedimento? Sei nei guai. Ti conviene affidarti a un bravo Difensore, che sappia districarsi nell’aggrovigliata giurisprudenza della Sezione Disciplinare del C.S.M. Ma se non hai molti scrupoli, infine ti sarà suggerita altra più comoda soluzione (v. infra).

Sei invece coinvolto nelle chat del dott. Palamara, perché gli hai chiesto ‘raccomandazioni’ per te o per altri? No problem. Il Sistema, o meglio l’«Antisistema Palamara», ha pensato a tutto e ti scagiona in quattro mosse.

Dopo avere sequestrato nel 2019 le chat, la Procura competente non vi ha ravvisato alcun reato, neppure quello previsto dagli artt. 110 e 323 c.p., il cui perimetro di azione è stato frattanto ‘provvidenzialmente’ ristretto (con D.L. n. 76 del 16 luglio 2020, conv. con L. n. 120 del 2020).

La Suprema Corte non concorda sul sostanziale annichilimento introdotto dalla riforma (Cass. Pen. sent. n. 442 del 2021, pag. 5.).

Per altro proprio l’art. 10 del codice etico dell’A.N.M. - imperativo anche per i magistrati che non ne facciano parte - prevede espressamente il divieto di raccomandare e di farsi raccomandare.

Inoltre proprio il menzionato delitto viene contestato nei procedimenti a carico dei professori universitari, taluni dei quali - in tema di raccomandazioni - non hanno niente da ‘invidiare’ ai numerosi magistrati coinvolti nelle chat. Può non piacere e ...non piace, ma dopo tre anni bisogna arrendersi al dato fattuale.

Tenuto per legge a esperire l’azione disciplinare, Il P.G. presso la Suprema Corte - ricevuto le chat – ha emesso due ‘editti’. Con il primo ha statuito in linea generale che l’interferenza diretta – quella cioè con cui il magistrato si raccomanda personalmente con il dott. Palamara (c.d. autopromozione) - non è scorretta e quindi comporta l’archiviazione.

Con il secondo ‘editto’ ha prescritto la segretezza dell’archiviazione, per cui nessuno (neppure il C.S.M. e a fortiori il denunciante e lo stesso magistrato indagato) ha il ‘diritto’ di accedere alle archiviazioni.

Per conseguenza nessuno ha il diritto di sapere se anche l’eteroraccomandazioni – cioè quelle triangolari (raccomandato > raccomandante > raccomandatario Palamara) - siano state oggetto di esplicita inazione. Buio pesto.

A spada tratta il Giudice amministrativo ha sostenuto la segretezza pretesa dal P.G., con nonchalance proclamando – nel giro di appena due anni - prima la natura amministrativa dell’archiviazione e da ultimo il suo carattere giurisdizionale.

Ma allora - per conseguenza - il P.G. è tenuto ad applicare l’art. 116 c.p.p.; norma che tutto fa tranne che impedire a priori la conoscenza dell’archiviazione, perché anzi – per rendere verificabile l’obbligatorietà dell’azione - ha anticipato nel procedimento penale l’attuazione del principio di trasparenza, poi introdotto anche nel settore amministrativo.

Fatto si è che migliaia di archiviazioni predisciplinari emesse dal P.G. silentemente sfuggono ogni anno a qualunque ‘controllo’, giacché quello (comunque improprio) del Ministro della Giustizia (l’unico espressamente previsto) non è obbligatorio (art. 107, 2° Cost.). Il P.G. resta così l’esoterico dominus non solo dell’archiviazione, ma anche della sanzione disciplinare, giacché l’apposita Sezione del C.S.M. non può agire d’ufficio.

La Procura di Perugia ha trasmesso per competenza le chat anche al Consiglio Superiore della Magistratura. Il suo Comitato di Presidenza (composto dal Vicepresidente nonché dal P.G. e dal Primo Presidente della Suprema Corte) si è attivato, assegnando l’esame delle chat alla valutazione della Prima Commissione, competente sui procedimenti amministrativi per incompatibilità oggettiva (ambientale o funzionale), cioè incolpevole. È di tutta evidenza un «binario morto», giacché niente è più intenzionale di una (auto o etero) raccomandazione.

In concreto la Prima Commissione si limita a chiedere ai Dirigenti degli Uffici interessati se la raccomandazione del magistrato indagato – che frattanto è stata divulgata su tanti giornali e su libri di grande successo, creando grave sconcerto – abbia creato strepito o ‘turbamenti’! ‘Ovviamente’ gli stupefatti magistrati interpellati rispondono negativamente, dicendo - per esempio - che le chat «non hanno suscitato alcun commento presso la sua sezione» o addirittura ‘sentenziando’ che «non vi è nessuna incompatibilità, né ambientale né funzionale» (così si legge nella delibera attinente alla dott.ssa D. Ferranti).

Quindi la Commissione propone l’archiviazione, che viene normalmente condivisa dal Plenum. D’altronde, mentre nessuno ha interesse ad impugnare l’archiviazione, al C.S.M. non può sfuggire che qualunque trasferimento coattivo non si salverebbe davanti al giudice amministrativo, fondato essendo su atti decisamente intenzionali, quali sono (per definizione) le raccomandazioni.

Si ha notizia che – soltanto in un caso (procedimento nei confronti del dott. Forciniti) - alcuni benemeriti Consiglieri del C.S.M. hanno pubblicamente lamentato che il P.G. avrebbe dovuto promuovere l’azione disciplinare.

Infine, caro Giudice ordinario, non temere neppure gli strali dell’A.N.M., se tu ne faccia parte. Intanto essa ti concede – in frontale contrasto con il proprio statuto - l’opportunità di dimetterti per evitare la sanzione (exit strategy di cui non si avvalse il dott. Palamara), come ha fatto la dott.sa Donatella Ferranti (Consigliere della Suprema Corte).

Ma anche se pensi di non potere reggere al distacco dall’associazione, qualunque sia la decisione dei Probiviri o del C.D.C., non temere alcunché. In disparte il caso personale di Palamara, l’A.N.M. ti protegge, rendendo nei secoli dei secoli segreta, anche nei confronti degli associati, tanto l’archiviazione quanto l’eventuale e (probabilmente) più sporadica sanzione! A questo punto – infatti - è probabile che anche i Probiviri attendano l’immancabile archiviazione del P.G. e del C.S.M. per disporre anche l’inazione endoassociativa.

Dunque, in quattro mosse, nell’ombra del segreto e con una serie di concatenate archiviazioni, il Sistema ha, in fatto e in diritto, riabilitato la ‘raccomandazione’ all’interno dell’ordinamento giuridico, per cui qualunque magistrato ordinario potrà impunemente avvalersene, anche colui cui siano contestati ritardi nel deposito di provvedimenti.

Pochi rammentano che tuttavia, a seguito dello scandalo delle «Toghe Sporche», il Capo dello Stato non ha proceduto allo scioglimento del C.S.M soltanto per rendere più sollecita, a tutti i livelli, la giusta reazione alle scandalose chat del dott. Palamara e dei suoi numerosi correi.

Resta smarrito l’Utente Finale della Giustizia, in nome del quale i giudici decidono: aveva letto che «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere» (art. 104 Cost.) e che «I giudici sono soggetti soltanto alla legge» (art. 101 Cost.)!

Qualcuno potrà salvare la Magistratura, la Democrazia e la Repubblica da così ‘raffinatissima’ perversione istituzionale? Certamente sì: il buon Dio, il più Alto Magistrato, Presidente del C.S.M. per volontà dei lungimiranti Costituenti, e la libera Stampa.

«Per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte» (Khalil Gibran), anche quella della Magistratura.

 

[1] L’autore si onorerà di comunicare il presente contributo all’Illustrissimo Presidente della Repubblica.