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Magistratura e Cossiga: il pensiero di K., sempre attuale

Cossiga e CSM
Cossiga e CSM

Il rapporto tra Cossiga il Csm e la magistratura è sempre stato tempestoso o almeno così è stato raccontato dai mass-media. Certo è che il Presidente aveva una vista lunga.

Come non ricordare il “confronto” su Sky Tg24 nel 2008, davanti alla giornalista Maria Latella, tra un furioso K e Palamara per l’occasione apostrofato con il titolo di Palmera. Sono trascorsi dodici anni, ma le parole di Cossiga sembrano pronunciate oggi.

Cossiga prese il telefono ed intervenne nella trasmissione: “Un magistrato che non capisce nulla di diritto o è molto spiritoso. La faccia da intelligente non ce l’ha assolutamente. Si chiama Palamara come il tonno, io ho fatto politica per 50 anni e vuole che non riconosco uno dalla faccia, mi diverte se mi querela. Lei si chiama Palamara e ricorda benissimo l’ottimo tonno che si chiama Palmera…”.

Il caso del momento erano le dimissioni di Clemente Mastella dal governo Prodi.  Cossiga aveva espresso a Mastella solidarietà con una lettera. Palamara a Sky Tg24 parlò del ruolo della magistratura e delle dimissioni del Guardasigilli, fino a che non fece capolino telefonicamente Cossiga con le sue parole decisamente provocatorie. Alle quali Palamara non replicò

In chiusura del suo intervento Cossiga fu molto critico verso l’Anm, riservandole una delle sue celebri stoccate “L’associazione nazionale magistrati è un’associazione sovversiva e di stampo mafioso”. E ancora, rivolto alla conduttrice: “Marì, fai tacere quella faccia di tonno, con uno con quella faccia non parlo”.

Ed a proposito della sezione disciplinare del Csm, sul Corriere della Sera del 19.01.2008 Cossiga disse: “La politica è trattativa. Alla disciplinare del Csm non trattano? Se mi condanni quello non ti assolvo quello? Era così quando ero presidente. E credo che ora sia peggio”.

Cossiga non aveva peli sulla lingua, una pagina illuminante del suo pensiero sulla magistratura la troviamo nel libro: “La passione e la politica” di Piero Testoni edito da Rizzoli nel 2000. Sono trascorsi ben vent’anni ma nulla sembra cambiato dalle considerazioni espresse da K:

Da un lato mi trovai la magistratura corporativa, che aveva nel Csm il proprio strumento di potere. Parlo di quei magistrati piccoli che si sentono migliori di tutti solo perché hanno superato il concorso…Molti tra questi in realtà sono dei complessati che avrebbero voluto fare politica e non sapendolo o non potendolo fare, cercano di fare politica attraverso l’esercizio della giurisdizione. E quindi nel Csm finiscono per giocare al parlamentino, al governino, al presidentino della repubblichetta dei giudici e così via. Poi ci sono gli altri, molto più lucidi, che concepiscono l’esercizio della giurisdizione come potere politico, la giustizia alternativa appunto, e quindi ne vogliono il controllo, come vogliono il controllo di quei magistrati che non sono impegnati.

Sostenere che nella mia vita politica e durante la mia attività legislativa io mi sia battuto contro la magistratura non solo è una calunnia, ma una schicchezza. Basta guardare i disegni di legge che portano la mia firma.

Non solo: nella mia attività di presidente della Repubblica, i messaggi che io ho mandato al Parlamento sulla magistratura erano tutti per l’ampliamento delle garanzie dei singoli magistrati e per l’assoluta indipendenza dei giudici.

Vi è stato un grande giurista <militante>, nominato giudice costituzionale nel consistente pacchetto dei <giuristi militanti>, che mi spiegò come in realtà fossi furbo e maligno e pericoloso perché, rafforzando l’indipendenza dei giudici e quella della magistratura, io volevo indebolire il potere del Csm.

Mentre quello che, per loro, era politicamente importante era appunto il potere del Consiglio, vertice politico della magistratura e della giurisdizione: un’aberrazione.