La decisione sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica emessa dopo che sia stato attivato il ricorso giurisdizionale ex art. 10 DPR 1199/1971: la tutela del legittimo affidamento del ricorrente vittorioso
La decisione sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica emessa dopo che sia stato attivato il ricorso giurisdizionale ex art. 10 DPR 1199/1971: la tutela del legittimo affidamento del ricorrente vittorioso
Nel caso in cui il Presidente della Repubblica abbia accolto il ricorso straordinario dopo che il controinteressato (PA) abbia instaurato il ricorso giurisdizionale ex art. 10 DPR 1199/1971, deve essere comunque tutelato il legittimo affidamento del ricorrente, e ciò in base agli artt. 113 della Costituzione, 14 comma 3 DPR 1199/1971, 21 nonies Legge 241/90 e 2943 comma 3 c.c. .
In the event that the President of the Republic has accepted the extraordinary appeal after the other interested party (PA) has instituted the jurisdictional appeal pursuant to art. 10 Presidential Decree 1199/1971, the legitimate expectations of the appellant must in any case be protected, and this on the basis of articles. 113 of the Constitution, 14 paragraph 3 of Presidential Decree 1199/1971, 21 nonies of Law 241/90 and 2943 paragraph 3 of the Civil Code. .
L’Adunanza Plenaria del CDS, con sentenza n. 11 del 07.05.2024, ha affrontato la tematica riguardante il rapporto tra il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ed il ricorso giurisdizionale.
Ai sensi dell’art. 10 del DPR 1199/1971 (di seguito “DPR”), “i controinteressati, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale”. Tale strumento è noto anche come “trasposizione del ricorso straordinario in ricorso giurisdizionale”.
Nel caso di specie, il ricorso straordinario proposto avverso un ordine di demolizione era stato deciso e accolto, nonostante fosse stato ritualmente trasposto in sede giurisdizionale, dove invece il TAR – con sentenza successiva alla definizione del ricorso straordinario – aveva rigettato la medesima domanda di annullamento. Questo lo svolgersi dei fatti: il diniego di condono veniva impugnato con ricorso straordinario, ma poi questo veniva trasposto innanzi al TAR, il quale rigettava il ricorso (nel 2006), decisione poi confermata anche dal CDS (nel 2011). Nonostante l’avvenuta trasposizione in sede giurisdizionale, con decreto PDR del 2010 veniva accolto il ricorso proposto; il Comune impugnava innanzi al TAR la decisione resa dal PDR, ed il TAR accoglieva il ricorso, sulla base del fatto che il decreto presidenziale era intervenuto dopo la rituale trasposizione del contenzioso innanzi al Giudice Amministrativo in cui si era radicata definitivamente la giurisdizione e, pertanto, esso non precludeva una decisione sul merito da parte dello stesso Giudice; il privato appellava tale sentenza, sostenendo la natura “sostanzialmente giurisdizionale” del ricorso straordinario.
L’Adunanza ha ribadito che il ricorso straordinario ha natura amministrativa, e pertanto è alternativo rispetto a quello giurisdizionale. Essa ha quindi affermato che la decisione resa su di esso deve essere considerata nulla ai sensi dell’art. 21 septies della Legge 241/90 perché resa in astratta e totale carenza di potere.
Il principio di alternatività è stabilito dall’art. 8 comma 2 DPR, il quale prevede che “quando l'atto sia stato impugnato con ricorso giurisdizionale, non è ammesso il ricorso straordinario da parte dello stesso interessato”.
La domanda che ci si pone è la seguente: una norma in base alla quale la decisione resa sul ricorso straordinario, anche dopo che sia stato proposto il ricorso giurisdizionale, fosse pienamente efficace e quindi superasse la sentenza del Giudice, sarebbe veramente illegittima?
Ai sensi dell’art. 113 Costituzione, “contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa”. La norma prevede, quale strumento di tutela per l’esercizio del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione avverso gli atti amministrativi illegittimi ed il cui utilizzo non può assolutamente essere negato, quello del ricorso innanzi all’organo giurisdizionale, e non anche quello del ricorso straordinario al PDR (ossia del ricorso amministrativo).
Pertanto, se ci si basa sulla Costituzione, il privato, se vuole far accertare l’illegittimità di un provvedimento adottato nei suoi confronti, ha, come unico strumento, quello del ricorso giurisdizionale.
Cosa si ricava da ciò? Che l’art. 8 comma 2 DPR, quando stabilisce che il ricorso straordinario è inammissibile ove sia stato prima proposto il ricorso giurisdizionale, si riferisce esclusivamente al caso in cui entrambi i ricorsi siano stati proposti dallo stesso soggetto, ossia dal privato, perché soltanto in questo modo può essere attribuita la giusta rilevanza all’art. 113 Costituzione.
L’art. 8 comma 2 DPR, non può, invece, ritenersi applicabile anche al caso in cui l’attivazione del ricorso giurisdizionale sia avvenuta a seguito dell’iniziativa della PA (vedi la trasposizione di cui all’art. 10 DPR) e cioè della parte interessata a difendere la piena legittimità del provvedimento oggetto del ricorso. Ciò in quanto il riconoscimento costituzionale del ricorso giurisdizionale quale “esclusivo” strumento di tutela, è previsto soltanto a favore di colui – il privato – che intenda agire per far accertare l’illegittimità di un provvedimento adottato nei suoi confronti (“contro gli atti della pubblica amministrazione…”), e non anche a favore della PA la quale, al fine di difendere la piena legittimità del medesimo, chieda essa stessa l’attivazione del contenzioso giurisdizionale.
La “esclusività” del ricorso giurisdizionale, e pertanto l’incompatibilità con un successivo ricorso amministrativo qual è quello straordinario, è prevista solo quando a proporre il primo sia stato il privato, e non anche quando a proporlo sia stata la PA mediante la trasposizione di cui all’art. 10 DPR.
Di conseguenza, in questo secondo caso, non è detto che a decidere la controversia sia, esclusivamente, la sentenza del Giudice: se la decisione sul ricorso straordinario verrà emessa prima, varrà quest’ultima, la quale quindi supererà la sentenza.
Pertanto, una norma la quale prevedesse un meccanismo per cui la decisione sul ricorso straordinario – resa dopo che sia stato attivato, su istanza della PA (ossia il controinteressato di cui all’art. 10 DPR), un ricorso giurisdizionale – rimanga comunque efficace fino al punto da superare la sentenza del Giudice, non sarebbe una norma incostituzionale, in quanto la Costituzione prevede la “esclusività” del rimedio giurisdizionale solo quando questo deve essere esperito contro gli atti della PA, e non anche quando il medesimo viene utilizzato da quest’ultima per difendere la legittimità di tali atti, come nel caso della trasposizione di cui all’art. 10 DPR.
Inoltre, ai sensi dell’art. 14 comma 3 DPR, la decisione sul ricorso straordinario può anche annullare “atti amministrativi generali a contenuto normativo”, e cioè atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi. Essa, quindi, pur mantenendo la natura di provvedimento amministrativo, può sancire l’invalidità di atti aventi un carattere normativo, e pertanto, sotto questo aspetto, facendo naturalmente le debite proporzioni, ha la stessa efficacia delle sentenze con le quali la Corte Costituzionale – che, peraltro, è un organo istituzionale esattamente come lo è il PDR – dichiara l’illegittimità di leggi o di atti aventi forza di legge. Quindi, sul fatto che il ricorso straordinario abbia una natura esclusivamente amministrativa, potrebbe anche essere avanzato qualche dubbio.
Ad ogni modo, anche ammettendo che il ricorso straordinario, abbia natura esclusivamente amministrativa, si considerino i seguenti aspetti.
La tesi secondo cui la decisione sul ricorso straordinario ha natura di provvedimento amministrativo, dovrebbe, coerentemente, anche ammettere che, nel caso in cui essa sia illegittima per violazione dell’art. 8 comma 2 DPR, allora il PDR dovrebbe annullare in via di autotutela ex art. 21 nonies la decisione stessa, proprio come accade per i provvedimenti amministrativi illegittimi. Se non lo fa, automaticamente convalida la decisione medesima, e di conseguenza il ricorrente vittorioso deve ritenersi quale titolare di un legittimo affidamento in merito alla stabilità e certezza dell’annullamento del provvedimento oggetto del ricorso, e pertanto di una situazione giuridica di vantaggio consolidata. Se non si ragionasse in questi termini, si cadrebbe in una contraddizione, poiché, mentre si attribuisce natura amministrativa alla decisione sul ricorso al PDR, allo stesso tempo si nega che la riconosciuta illegittimità di tale decisione debba seguire la stessa strada (annullabilità in autotutela) dei provvedimenti amministrativi.
Pertanto, il fatto che il PDR non abbia annullato la decisione resa, implica, a favore del ricorrente, l’insorgere di un legittimo affidamento in merito alla piena validità ed efficacia della decisione con cui il ricorso è stato accolto.
Inoltre, ai sensi dell’art. 2943 comma 3 c.c., l’interruzione della prescrizione “si verifica anche se il Giudice adìto è incompetente”. Il ricorrente (creditore), nonostante che abbia commesso un errore nell’individuazione del Giudice competente a decidere sul ricorso, può comunque usufruire dei vantaggi derivanti dall’azione giudiziale proposta, e non si tratta di vantaggi da poco, perché stiamo parlando della interruzione della prescrizione, ossia di un atto grazie al quale egli può aumentare il tempo entro cui potrà esigere il soddisfacimento del proprio credito.
Allora il ragionamento è il seguente: il ricorrente, se ottiene comunque un vantaggio anche quando egli abbia errato nel proporre la domanda giudiziale, dovrà, a maggior ragione, ricevere un vantaggio nel caso in cui l’errore sia stato commesso da chi – come in questo caso il PDR – abbia emesso una decisione di accoglimento del ricorso quando in realtà non era legittimato a ciò, essendo stato nel frattempo instaurato ricorso giurisdizionale. Nel primo caso, il ricorrente ha sbagliato a proporre ricorso ma da tale errore continua comunque a ricevere un vantaggio; nel secondo caso, ha sbagliato l’organo adìto a decidere il ricorso, e pertanto il ricorrente dovrebbe vieppiù ottenere un vantaggio da tale decisione, proprio perché l’errore è stato non il suo ma del decidente.
Pertanto, la necessità di tutelare il legittimo affidamento del privato deve essere avvertita anche con riferimento al caso di cui alla sentenza in commento.