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L’ultimo miglio

ULTIMO MIGLIO
ULTIMO MIGLIO

L’ultimo miglio

 

Maestro, come si calcola l’ultimo miglio?

Non è un’unità di misura assoluta, ma si muove tra una miriade di variabili, le prime delle quali sono la lunghezza del periodo e l’ampiezza delle emozioni.

Maestro, puoi farmi qualche esempio?

Se il tuo percorso è lungo cinque anni, l’ultimo miglio non potrà essere inferiore a un anno. Se il tuo percorso si estende in cinque mesi, l’ultimo miglio non potrà essere inferiore a due settimane. Il tempo è minimo; il massimo dipende da chi agisce e dall’ampiezza delle emozioni.

Maestro, come faccio a comprendere l’ampiezza delle emozioni?

Persiste tuttora ignota a tutti: ogni qualvolta vedi qualcosa, raccogline l’essenza e comprendi se quella cosa ha cambiato anche un solo soffio della tua vita. Se lo avrà fatto, significa che è abbastanza ampia da coinvolgere la tua linfa vitale e seguila.

Maestro, ma allora tutto diventa personale, non misurabile, quasi incommensurabile?

Quando parliamo di persone, non stiamo discutendo del sistema metrico decimale universale. Ognuno percorre un cammino con il proprio passo, il proprio ritmo, la propria cadenza, il proprio modo di muoversi tra le onde del mare e tra i sassi delle montagne. Ciascuno apprende con i tempi che possiede. Il metro ha un senso per misurare in modo neutrale un oggetto statico, ma non un individuo in continua evoluzione. La palingenesi quotidiana non è incline alle unità di misura.

Maestro, continuo a non capire.

Ognuno di noi ha scarpe e piedi differenti, anche in base all’età. Un neonato ha un piede piccolo, diverso da quello di un adulto, così come la pianta dei piedi, come il palmo della mano, è diverso gli uni dagli altri. E la persona, crescendo, cambia anche la misura della scarpa. Gli Inglesi usano il piede come unità di misura antropomorfa, come una volta si usavano i passi, le pertiche, le mani, ma tutto non può essere ridotto a una convenzione capace di eludere l’impercettibile e incapace di ingabbiare l’universo. Infatti, ognuno di noi ha l’universo dentro, soprattutto quando l’anima è in evoluzione.

Maestro, ma allora, una volta compresa la misura del passo, della scarpa o del piede, è possibile calcolare una distanza da percorrere o un’ampiezza da misurare?

Non è facile perché ogni giorno ci alziamo con piedi differenti in dipendenza del nostro umore, delle circostanze e della qualità, anche negativa, dell’ambiente che ci circonda e dagli stimoli che riceviamo. Tutto questo si riverbera sulla nostra anima e ne influenza lo stato. A volte siamo anche malati e indisposti: in quei giorni di fragilità ci alziamo con il piede di un neonato e quindi facciamo poca strada, inciampando ovunque, cadendo e rialzandoci con fatica. Altre volte siamo indisposti verso il mondo e non riusciamo a scalare un granello di sabbia. Altre volte ancora, nel riprendere vigore, abbiamo piedi in grado di correre ad ampie falcate senza fatica e senza fardelli sulla nostra anima.

Maestro, se l’anima è in costante evoluzione allora che senso ha misurarla? Quindi è inutile misurare qualcosa che non si può misurare?

Sì, è fiato scagliato al vento in tempesta, ore misurate su secoli di storia. Quando si sente al riparo da giudizi e libera di uscire con ali di farfalla, l’anima non porta il peso dei propri anni. Quando è in affanno, diventa un calabrone pungente, che continua a ronzare dentro e a scuotersi, fino a quando, ritrovato il cammino, riapre le ali di farfalla.

Maestro, allora come posso fare per aiutare una persona in cammino?

La cosa più semplice è non intralciarla. Se la vedi fra gli anfratti di un bosco, rintanata in una buca per la muta del pelo, offrile da bere un sorso d’acqua fresca ogni tanto. Non giudicarla nei momenti di difficoltà e incoraggiala sempre quando raggiunge nuove mete intermedie. Afferrare l’anima di una persona in evoluzione significa esibire la forza che abbiamo, un’esternazione dannosa, perché il cambiamento ci rende più vulnerabili fino al punto di approdo, ammesso che ve ne siano. Osservarla, invece, senza interazione, ci offre la possibilità di comprendere la pace interiore che abbiamo per non intralciare il cammino di chiunque incontriamo, viaggiatore o viaggiatrice, viator o viatrix.

Maestro, mi è più chiaro, ma devo approfondire alcune parole.

Ora è impossibile, hai un’alluvione di pensieri da sedimentare. Semmai, un’ultima cosa prima di rivederci domani nel solito luogo, alla stessa ora e nello stesso rifugio della mente: se hai già deciso cosa fare, non attendere di completare l’ultimo miglio. Ogni indecisione sarà fatale per il raggiungimento degli obiettivi. Prenditi tutto il tempo per decidere, per completare il tuo miglio con la calma come ogni decisione critica richiede. Osserva i particolari più minuti e più nascosti che l’occhio nudo non riesce a scorgere. Prenditi il tempo per decidere. Poi, una volta deciso, l’insuccesso sarà direttamente proporzionale all’esitazione

Maestro, ma mi capita di avere un’indecisione, anche se ho deciso.

Il successo di una decisione dipende anche dal tempo che impieghi per attuarla. Se hai ancora paura di agire significa che, nonostante le convinzioni, nonostante i “è così e farò così”, la decisione è ancora un frutto acerbo. In questo caso, non avere fretta di coglierlo e di percorrere l’ultimo miglio. Attendi che i tuoi piedi possano volare con ali di farfalla. Ma non trovare il tempo di perdere il tempo e, se lo fai per scelta, probabilmente il frutto acerbo troverà la propria maturazione soltanto se l’attesa non sarà sterile, ma feconda