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L’indisponibile autonomia delle province: il caso della provincia di Belluno

Nel corso del Consiglio dei Ministri del 12 agosto 2011, il Governo della Repubblica ha deliberato un decreto-legge contenente provvedimenti urgenti in materia finanziaria: in particolare, misure per la stabilizzazione economica, per il sostegno dell’occupazione, in materia di liberalizzazione di attività economiche ed, infine, di riduzione dei costi degli apparati istituzionali.

Quest’ultimo punto merita attenzione dal momento che coinvolge la soppressione delle Province con meno di 300.000 abitanti e dei Comuni con meno di 1000 abitanti.

Nel caso delle realtà provinciali, poi, il testo predisposto dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, esenterebbe da “sforbiciate” quelle con più di 3000 Km quadrati di superficie.

Indipendentemente dall’uso di questi due criteri (congiunti o alternativi), la questione comporta valutazioni di ordine costituzionale di non secondaria importanza: lascia aperta più di una perplessità la scelta di cancellare Province con decreto-legge.

L’utilizzo da parte del Governo della fonte del decreto-legge, previsto dall’art. 77 della Costituzione, deve fondarsi su tre presupposti giustificativi: straordinarietà, urgenza e necessità.

Sul punto, ad avviso di chi scrive, mancherebbe il requisito della necessità ossia la impossibilità di provvedere con strumenti legislativi ordinari.

Infatti, nulla vieterebbe al Parlamento di intervenire, con legge, in materia; ma anche in questo caso, vi sarebbero dei limiti procedurali da osservare.

L’art. 133, 1° comma, della Carta Costituzionale, prescrive che “il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione stessa”.

Se, dunque, come ritengono molti costituzionalisti, la possibile cancellazione delle Province si deve svolgere unicamente all’interno di questa previsione costituzionale (essendo ricompresa nel termine “mutamento” utilizzato dall’art. 133 Cost.), questo sta a significare che la cessazione istituzionale delle stesse non rientra nella disponibilità della semplice legge dello Stato, ma dipende, come contempla espressamente la norma costituzionale sopra citata, dall’iniziativa dei Comuni, gli unici legittimati ad avviare l’iter di mutamento/cancellazione, previo parere della Regione.

Nel caso della provincia bellunese è da tener conto anche di peculiari ragioni storiche.

I municipi romani di Belluno e di Feltre, poi divenuti città con i relativi territori (il Bellunese e il Feltrino) e il Cadore, facente capo in antico al municipio di Forum Iulii Carnicum (oggi Zuglio) e quindi al Friuli, sono le Regioni storiche unite insieme in epoca napoleonica nel Dipartimento del Piave poi divenuto la Provincia di Belluno.

Le attribuzioni della provincia soppressa andrebbero ora a essere esercitate al di fuori del territorio da altra o altre Province lontane e dalla storia e dalla realtà attuale di questi luoghi.

Nel corso del Consiglio dei Ministri del 12 agosto 2011, il Governo della Repubblica ha deliberato un decreto-legge contenente provvedimenti urgenti in materia finanziaria: in particolare, misure per la stabilizzazione economica, per il sostegno dell’occupazione, in materia di liberalizzazione di attività economiche ed, infine, di riduzione dei costi degli apparati istituzionali.

Quest’ultimo punto merita attenzione dal momento che coinvolge la soppressione delle Province con meno di 300.000 abitanti e dei Comuni con meno di 1000 abitanti.

Nel caso delle realtà provinciali, poi, il testo predisposto dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, esenterebbe da “sforbiciate” quelle con più di 3000 Km quadrati di superficie.

Indipendentemente dall’uso di questi due criteri (congiunti o alternativi), la questione comporta valutazioni di ordine costituzionale di non secondaria importanza: lascia aperta più di una perplessità la scelta di cancellare Province con decreto-legge.

L’utilizzo da parte del Governo della fonte del decreto-legge, previsto dall’art. 77 della Costituzione, deve fondarsi su tre presupposti giustificativi: straordinarietà, urgenza e necessità.

Sul punto, ad avviso di chi scrive, mancherebbe il requisito della necessità ossia la impossibilità di provvedere con strumenti legislativi ordinari.

Infatti, nulla vieterebbe al Parlamento di intervenire, con legge, in materia; ma anche in questo caso, vi sarebbero dei limiti procedurali da osservare.

L’art. 133, 1° comma, della Carta Costituzionale, prescrive che “il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione stessa”.

Se, dunque, come ritengono molti costituzionalisti, la possibile cancellazione delle Province si deve svolgere unicamente all’interno di questa previsione costituzionale (essendo ricompresa nel termine “mutamento” utilizzato dall’art. 133 Cost.), questo sta a significare che la cessazione istituzionale delle stesse non rientra nella disponibilità della semplice legge dello Stato, ma dipende, come contempla espressamente la norma costituzionale sopra citata, dall’iniziativa dei Comuni, gli unici legittimati ad avviare l’iter di mutamento/cancellazione, previo parere della Regione.

Nel caso della provincia bellunese è da tener conto anche di peculiari ragioni storiche.

I municipi romani di Belluno e di Feltre, poi divenuti città con i relativi territori (il Bellunese e il Feltrino) e il Cadore, facente capo in antico al municipio di Forum Iulii Carnicum (oggi Zuglio) e quindi al Friuli, sono le Regioni storiche unite insieme in epoca napoleonica nel Dipartimento del Piave poi divenuto la Provincia di Belluno.

Le attribuzioni della provincia soppressa andrebbero ora a essere esercitate al di fuori del territorio da altra o altre Province lontane e dalla storia e dalla realtà attuale di questi luoghi.