La buona fede costituisce un generico dovere che, soprattutto nell’ambito contrattualistico, pervade l’intera legislazione civilistica italiana.
Il principio di buona fede è previsto dal codice civile, insieme al principio di correttezza in riferimento alla fase dello svolgimento delle trattative contrattuali (articolo 1337), a quella dell’interpretazione del contratto (articolo 1366) ed a quella della sua esecuzione (articolo 1375).
Nell’esecuzione del contratto, la clausola generale di buona fede acquista rilevanza, dove secondo il principio costituzionalmente garantito all’articolo 2 della Costituzione, riguardante l’obbligo di solidarietà, impone a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali e da quanto espressamente stabilito da singole norme di legge.
Una o entrambe le parti saranno tenute al risarcimento del danno nel caso in cui non venisse rispettato questo onere. La violazione del dovere di buona fede, infatti, genera responsabilità precontrattuale.
Vediamo quali sono le condotte che possono integrarla.
Il concetto di buona fede sopra descritto fa riferimento al significato di buona fede in senso oggettivo, ossia quel generale dovere di correttezza e di reciproca lealtà di comportamento nell’esplicazione della vita giuridica dei soggetti, cui si contrappone invece l’accezione di buona fede in senso soggettivo. In quest’ultimo caso, la buona fede è intesa come ignoranza di ledere un diritto altrui.
L’istituto della responsabilità precontrattuale è pienamente operante per la Pubblica Amministrazione in sede di affidamento di un contratto pubblico.
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