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La nullità del contratto di intermediazione finanziaria per difetto di forma scritta tra protezione e buona fede

Sydney
Ph. Antonio Capodieci / Sydney

Indice:

1. Premessa sui contratti di investimento finanziario

2. Il quadro normativo

3. La nullità prevista dall’articolo 23, comma 1, Decreto Legislativo. n. 58 del 1998

4. Gli effetti della nullità sulle operazioni eseguite

5. Luso selettivo della nullità secondo le Sezioni Unite (4 novembre 2019, n. 28314)

 

1. Premessa sui contratti di investimento finanziario

Nell’ambito dei contratti di investimento finanziario, sia la dottrina che la giurisprudenza, hanno rivolto l’attenzione alla nullità di protezione, in particolare si è posto l’interrogativo relativo alla sua predicabilità in maniera “selettiva” da parte del contraente cd protetto.

Segnatamente, per quanto interessa in questa sede, il punctum dolens ruota attorno all’individuazione delle conseguenze sugli ordini di acquisto compiuti dall’investitore, a seguito della dichiarazione di nullità del contratto quadro per difetto di forma ai sensi dell’art 23 Decreto Legislativo. n. 58 del 1998 (di seguito, anche solo TUF).

In argomento, nel corso del 2019, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (4 novembre 2019, n. 28314), esprimendo la necessità di ricondurre a sistema gli istituti previsti dalle norme di settore e, al contempo, di rispettare la specificità della materia.

In dichiarata continuità con la sentenza, sempre a Sezioni Unite, n. 898 del 2018, la Suprema Corte, nel suo massimo consesso, specificando i caratteri della nullità ex articolo 23, comma 1, Decreto Legislativo. cit., ha affrontato la questione relativa agli effetti di tale nullità, avuto particolare riguardo alluso selettivo della stessa, delimitandone i confini alla luce del fondante principio di buona fede.

 

2. Il quadro normativo

Innanzitutto, occorre richiamare le disposizioni normative prese in esame dalle suddette pronunce che, in entrambi i casi, hanno riguardato fattispecie disciplinate dal TUF, nella versione che precede le modifiche apportate dal Decreto Legislativo. n. 164 del 2007.

In primo luogo, va menzionato il comma 1 dell’articolo 23 Decreto Legislativo. cit., secondo cui, nel testo originario: «I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca dItalia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo».

Il successivo comma 3, rimasto immutato nel tempo, ha aggiunto che «Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente».

Ai sensi dell’articolo 1 comma 5, Decreto Legislativo. cit., sempre nel testo originario, «Per servizi di investimento si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi; c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei con- fronti dellemittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione. ...omissis».

Si devono inoltre tenere presenti alcune disposizioni del regolamento di attuazione del TUF, sempre nel testo originario, applicabile ratione temporis.

In particolare, larticolo 30 regolamento Consob n. 11522 del 1998, nel disciplinare il contratto con gli investitori”, vale a dire il contratto quadro relativo alla prestazione di predetti servizi (escluso il servizio di collocamento e quelli accessori diversi dal finanziamento agli investitori), ha stabilito che «1. Gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata allinvestitore. 2. Il contratto con linvestitore deve:

a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche; b) stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso; c) indicare le modalità attraverso cui linvestitore può impartire ordini e istruzioni; d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire allinvestitore a rendiconto dellattività svolta; e) indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per lesecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati; f) indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con linvestitore per la prestazione del servizio».

Peraltro, il precedente articolo 28 regolamento cit. (testo originario) ha espressamente previsto, al comma 1, che «Prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono:

a) chiedere allinvestitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio.

Leventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dallinvestitore;

b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui allAllegato n. 3».

Il contenuto necessario del menzionato contratto quadro e gli obblighi di informazione passiva riportati si pongono peraltro in stretta connessione con quanto disposto dall’articolo 21, comma 1, lett. b), Decreto Legislativo. n. 58 del 1998, (testo invariato) secondo il quale «Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: ...omissis... b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati».

Le norme di attuazione, contenute nel regolamento cit., contengono disposizioni puntuali che rendono concreti gli obblighi di informazione attiva e passiva.

Per completezza, deve precisarsi come le disposizioni del TUF siano state in gran parte modificate prima dall’articolo 4 Decreto Legislativo. n. 164 del 2007, che ha recepito la direttiva 2004/39/CE (Mifid 1) e, poi, dall’articolo 2 Decreto Legislativo. n. 129 del 2017, che ha recepito la direttiva 2014/65/UE (Mifid 2).

Di conseguenza, sono stati adottati anche nuovi regolamenti attuativi, che hanno sostituito il regolamento Consob n. 16190 del 2007 e poi il regolamento Consob n. 20307 del 2018.

Il testo attualmente vigente del comma 1 dell’articolo 23 Decreto Legislativo. cit. stabilisce comunque quanto segue: «1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori, sono redatti per iscritto, in conformità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE, e un esemplare

è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca dItalia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma, assicurando nei con- fronti dei clienti al dettaglio appropriato livello di garanzia. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo».

È pertanto evidente che, per la parte che maggiormente interessa in questa sede, non è intervenuto alcun mutamento normativo significativo.

 

3. La nullità prevista dall’articolo 23, comma 1, Decreto Legislativo. n. 58 del 1998

Le Sezioni Unite, investite della questione relativa alla validità, o meno, del contratto quadro di intermediazione finanziaria cd monofirma, vale a dire sottoscritto dal solo investitore e non anche dall’intermediario, hanno delineato le caratteristiche della descritta nullità, fornendo puntuale risposta al dibattito dottrinale sorto sull’argomento. 

Segnatamente, la Suprema Corte ha preso atto delle precedenti pronunce di legittimità, secondo cui, in applicazione dell’ordinaria disciplina civilistica, era da ritenersi nullo – per difetto della forma scritta, richiesta ad substantiam dalla legge – il contratto quadro sottoscritto dal solo investitore.
Ciò in quanto, secondo lorientamento tradizionale, linvestitore, unico legittimato a far valere siffatta nullità, poteva agire, deducendo la nullità del contratto quadro, sia ove quest’ultimo fosse stato privo della sua sottoscrizione, sia quando non fosse stato firmato dall’intermediario.

Di contrario avviso, nella pronuncia in esame, gli Ermellini hanno operato una diversa ricostruzione, evidenziando che a tale soluzione si perviene tenendo conto della formulazione letterale della norma, espressiva della ratio ad essa sottesa.

In primo luogo, larticolo 23 TUF, nel richiedere la forma scritta a pena di nullità, si riferisce non già alle singole operazioni – la cui validità non è soggetta a requisiti formali, salvo diversa previsione pattizia – bensì al contratto quadro nel suo complesso, precisando che la nullità prevista è posta nellinteresse del cliente, unico soggetto legittimato a farla valere, a tutela del quale è altresì prevista la consegna del contratto, onde mettere a sua disposizione il contenuto nei suoi elementi essenziali.
In altri termini, la previsione della nullità è finalizzata ad assicurare che, al momento della stipulazione del contratto siano indicati all’investitore non qualificato - dunque, privo delle conoscenza di cui dispone l’intermediario - gli specifici servizi forniti, la durata e le modalità di rinnovo e di modifica del contratto, le modalità con cui si svolgeranno le singole operazioni ed anche i termini e modi di rendicontazione, ai sensi dell’articolo 30 del regolamento Consob n. 11522 del 1998.

Dunque, il vincolo di forma imposto dall’articolo 23 Decreto Legislativo cit. è considerato non solo in senso strutturale, bensì funzionale alla finalità protettiva dell’investitore, riverberandosi altresì, in via mediata, sulla regolarità e trasparenza dell’intero mercato finanziario.

Ciò posto, deve evidenziarsi come la ricostruzione delineata dalle Sezioni Unite imponga di configurare siffatta nullità come una sanzione per l’intermediario, dettando - nel rispetto del principio di proporzionalità - regole di comportamento per quest’ultimo, della cui osservanza si potrebbe, al contrario, dubitare, ove si accedesse alla diversa interpretazione secondo cui il cliente potrebbe far valere la nullità del contratto quadro anche se sottoscritto dal solo intermediario.

Pertanto, la pronuncia in commento ha portato a piena evidenza che il formalismo contrattuale previsto dall’articolo 23 TUF assolve ad una funzione essenzialmente informativa a protezione del cliente (cd. forma che informa”) che, nei confronti dell’intermediario, si pone come dovere comportamentale, sanzionato, in caso di inadempimento, con la nullità del contratto.

La mancanza della sottoscrizione del contratto quadro non solo può essere fatta valere soltanto dal cliente, ma riguarda esclusivamente quest’ultimo, dovendosi pertanto escludere la nullità per vizio di forma, ove manchi la sottoscrizione dell’intermediario.

           

4. Gli effetti della nullità sulle operazioni eseguite

La definizione proposta dagli Ermellini delle caratteristiche della nullità ex articolo 23 TUF, si riflette su un ulteriore problema interpretativo, connesso all’accertamento della menzionata nullità, e relativo alla qualificazione del rapporto esistente tra il contratto quadro e le singole operazioni successivamente eseguite, onde individuare gli effetti della nullità del contratto quadro su di esse.

La motivazione della pronuncia attenzionata accenna a tale problematica, laddove viene affermato che il contratto quadro è destinato a costituire la regolamentazione dei servizi, alla cui prestazione si obbliga lintermediario verso il cliente, richiamando la giurisprudenza che ha accostato tale figura al mandato, derivandone obblighi e diritti reciproci, in cui le successive operazioni costituiscono momenti attuativi.

Ciò non toglie che tali successive operazioni costituiscano autonomi negozi, ancorché le modalità del loro compimento e caratteristiche siano regolamentati nel contratto quadro.
Al riguardo, nella pronuncia si legge quanto segue:

9. ... il contratto quadro assolve la funzione di gettare le basi per la futura operatività del rapporto. ..omissis.. imponendo, lo schema di azione che ciascun ordine dovrà poi rispettare in termini di rigoroso vincolo; secondo una linea che, si è già ricordato, risulta conformata nella funzione di protezione della posizione dellinvestitore. Tutto questo non può far dimenticare, però, che la funzione del contratto quadro, ovvero la sua causa negoziale, è quella di fare (per linvestitore) e di far fare (per lintermediario) degli investimenti. Leventualità di confinarlo senza residui nello schema del semplice contratto normativo trascura che, nella realtà normativa, come pure operativa, la sua stipulazione importa tra gli altri, anche il compito dellintermediario di segnalare e proporre allinvestitore lopportunità di effettuare degli investimenti secondo i termini organizzativi e contenutistici che per lappunto si trovano prescritti da legge e regolamento. Nonché il compito di dare risposta adeguata, e secondo le ridette prescrizioni, alle richieste dellinvestitore.

10. Quanto appena rilevato …omissis… indica altresì come i singoli ordini di investimento, concretamente verificatisi, si pongano allinterno della struttura fissata dal contratto quadro, nellalveo tracciato dallo stesso. Il che vale a escludere in radice la possibilità di racchiudere la fase logica (ben più che cronologica), che va dalla stipulazione del contratto quadro allemissione dei singoli ordini, nellambito dellagire precontrattuale (e della conseguente responsabilità), secondo una prospettiva in sé davvero irrealistica. Ché lassolvimento degli obblighi di informazione attiva e di adeguatezza costituisce proprio il ponte – endocontrattuale, allevidenza ... – di passaggio tra la funzione di investimento, come resa dal contratto quadro, e i singoli investimenti, come inevitabilmente espressi dai singoli ordini: in questa «cinghia di trasmissione» consistendo propriamente la protezione sostanziale che il sistema vigente viene ad assicurare allinvestitore. …”.

Pertanto, se è vero che gli ordini di investimento successivi al contratto quadro muovono da una autonoma manifestazione di volontà e dotati di propria individualità, che rende possibile che lazione di risoluzione o di accertamento della nullità interessi solo le operazioni effettuate in esecuzione di detti ordini senza investire il contratto quadro, la nullità finisce per travolgere, inevitabilmente, gli ordini eseguiti a valle.

In quest’ultima ipotesi, come sostenuto dalle Sezioni Unite, ove venga dedotta in giudizio la nullità (di tutte o di alcune) delle operazioni effettuate, in ragione della nullità del contratto quadro non sottoscritto dal cliente, laccertamento di tale nullità non può essere effettuata incidenter tantum, poiché ciò è possibile solo con riferimento ad un rapporto diverso da quello dedotto in giudizio, mentre invece, in questo caso, si tratta di un accertamento che riguarda un presupposto giuridico eziologicamente collegato con la domanda, tanto da costituirne la premessa ineludibile.

 

5. Luso selettivo della nullità secondo le Sezioni Unite (4 novembre 2019, n. 28314)

La delineata ricostruzione del rapporto tra contratto quadro e i singoli ordini di investimento, impartiti dal cliente ed eseguiti dall’intermediario, conduce ad affrontare la questione esaminata dalle Sezioni Unite.

Il contrasto interpretativo ha ad oggetto la legittimità della limitazione degli effetti derivanti dall’accertamento della nullità del contratto quadro ai soli ordini oggetto della domanda proposta dall’investitore[1], contrapponendosi a tale impostazione, quella, ad essa alternativa, che si fonda sull’estensione degli effetti di tali dichiarazione di nullità anche alle operazioni di acquisto che non hanno formato oggetto della domanda proposta dal cliente, con le conseguenze compensative e restitutorie che ne possono derivare, ove trovino ingresso nel processo come eccezioni o domande riconvenzionali.            

Secondo la Suprema Corte, essendo il cliente l’unico soggetto legittimato a far valere la nullità di protezione, sia pur nel rispetto del principio di buona fede, può utilizzarla in maniera selettiva, al sol fine di ottenere la caducazione degli ordini di acquisto per lui svantaggiosi.

La selezione degli ordini sui quali dirigere la nullità è una conseguenza dell’esercizio di un diritto predisposto esclusivamente in suo favore, atteso che le nullità di protezione sono poste a presidio esclusivo del cliente, potendone trarre, ex lege, vantaggi (leciti) che ritiene convenienti.

Una diversa interpretazione del sistema delle menzionate nullità condurrebbe all’effetto, non voluto dal legislatore, della sostanziale abrogazione dello speciale regime di intangibilità ed impermeabilità tipico delle nullità di protezione.
Per converso, l’intermediario non può valersi della dichiarazione di nullità in relazione alle conseguenze, in particolare restitutorie, che ne possono scaturire a suo vantaggio, dal momento che il regime delle nullità di protezione opera in favore esclusivo dell’investitore.

Il contraente privo della legittimazione a far valere la nullità di protezione può, di conseguenza, subire soltanto gli effetti della dichiarazione di nullità selettivamente definiti nell’azione proposta dalla parte esclusiva legittimata, non potendo far valere qualsiasi effetto vantaggioso che consegua a tale declaratoria.

Tuttavia, l’intermediario può opporre un’eccezione di buona fede, con effetto impeditivo (totale o parziale), dell’accoglimento dell’azione restitutoria proposta dal cliente.

L’eccezione è opponibile quando la nullità, utilizzata in modo selettivo, determini un sacrificio economico sproporzionato ai danni dell’investitore, vale a dire impedisce l’accoglimento della domanda restitutoria proposta dal cliente per la parte corrispondente ai vantaggi economici che il cliente medesimo ha tratto dagli ordini non coinvolti nell’azione di nullità.

Pertanto, secondo la Suprema Corte, lo statuto protettivo dell’investitore non può determinare a suo vantaggio un regime di sostanziale irresponsabilità ed esonerarlo dal controllo della conformità del suo agire, in quanto la regola di buona fede, espressiva del dovere di solidarietà costituzionale e costituente il tessuto connettivo dei rapporti contrattuali, impone tale verifica di conformità.

In tale contesto, non deve sorprendere il ricorso effettuato dalle Sezioni Unite ai canoni della buona fede e della correttezza nel valutare il comportamento tenuto dalle parti in relazione ad un contratto quadro invalidamente stipulato, atteso che, a prescindere dalla validità di siffatto contratto, il rapporto tra investitore e intermediario è già un rapporto a rilevanza giuridica, affasciato da una coacervo di obblighi di comportamento previsti e disciplinati direttamente dalla legge (e dalle norme regolamentari di attuazione).

Dunque, la nullità ex art 23 TUF costituisce una sanzione per il mancato adempimento dell’obbligo imposto dalla legge all’intermediario di redigere il contratto per iscritto e di farlo firmare all’investitore, ma l’esperimento di tale azione si pone in contrasto con il principio di buona fede, ove l’uso selettivo della nullità porti a far lucrare un vantaggio diverso ed ulteriore rispetto a quello consentito dalla norma in parola.

Pertanto, al fine di modulare correttamente il meccanismo di riequilibrio effettivo delle parti contrattuali di fronte all’uso selettivo delle nullità di protezione, è d’obbligo un esame degli investimenti complessivamente eseguiti, ponendo in comparazione quelli oggetto dell’azione di nullità, derivata dal vizio di forma del contratto quadro, con quelli che ne sono esclusi, al fine di verificare se permanga un pregiudizio per l’investitore corrispondente al petitum azionato.

In altri termini, per accertare se l’uso selettivo della nullità di protezione sia stato oggettivamente finalizzato ad arrecare un pregiudizio all’intermediario, si deve verificare l’esito degli ordini non colpiti dall’azione di nullità e, ove sia stato vantaggioso per l’investitore, porlo in correlazione con il petitum azionato, in conseguenza della proposta azione di nullità.

Può dunque accadere che ordini non colpiti dall’azione di nullità abbiano prodotto un rendimento economico superiore al pregiudizio confluito nel petitum, sicché, in tale ipotesi, può essere opposta - ed al solo effetto di paralizzare gli effetti della dichiarazione di nullità degli ordini selezionati - l’eccezione di buona fede.

Può accadere che un danno per l’investitore, al netto dei rendimenti degli investimenti relativi agli ordini non colpiti dall’azione di nullità, si sia comunque determinato e, in siffatta eventualità, l’azione di nullità non contrasta con il principio di buona fede, entro il limite del pregiudizio.
Al contrario, oltre detto limite opera, ove sia stato oggetto di allegazione, l’effetto paralizzante dell’eccezione di buona fede.

In conclusione, secondo tale ricostruzione, se i rendimenti degli investimenti non colpiti dall’azione di nullità superano il petitum, l’effetto impedito è integrale, ove invece si determini un danno per l’investitore, anche all’esito della comparazione con gli altri investimenti non colpiti dalla nullità selettiva, l’effetto paralizzante dell’eccezione opererà nei limiti del vantaggio ingiustificato conseguito.

 

[1] In dottrina si mostrano favorevoli allesercizio selettivo della nullità: Tucci, Una pura formalità. Dalla struttura alla funzione del neo-formalismo contrattuale, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, 552;  Maffeis, La forma responsabile verso le Sezioni Unite: nullità come sanzione civile per i contratti bancari e di investimento che non risultano sottoscritti dalla banca, in Contratti, 2017, 402;  Girolami, Contratti di investimento non sottoscritti dall’intermediario: la parola alle Sezioni Unite, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, 554 ss., 559; Malvagna, Nullità di protezione e nullità “selettive”. A proposito dellordinanza di rimessione alle sezioni unite n. 12390/2017, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, 828;  Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Zanichelli, 2013, 48, nt. 21.