Patteggiamento e “l’espressione di volontà” dell’imputato che non comprende la lingua italiana
Patteggiamento e “l’espressione di volontà” dell’imputato che non comprende la lingua italiana
L’imputato straniero che non conosca la lingua italiana in caso di patteggiamento non può eccepire alcuna nullità derivante dalla mancata comprensione o traduzione degli atti processuali.
Cassazione penale sezione IV n. 46852 del 17 dicembre 2021 nel dichiarare inammissibile il ricorso di due imputati alloglotti ha stabilito: “ l'accesso al cosiddetto patteggiamento preclude all'imputato alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione di una parte degli atti del procedimento (Sez. 2, n. 6575 del 02/02/2016 cc. - dep. 18/02/2016, Rv. 266198 - 01). Tale arresto, formatosi anteriormente alla recente riforma, che ha limitato le doglianze proponibili, resta confermato anche oggi”.
Prosegue la Suprema Corte: “l'applicazione concordata della pena postula la rinunzia a fare valere eventuali nullità, diverse da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al consenso ad essa prestato, perché le dette nullità se verificatesi, devono ritenersi superate dall'accordo intervenuto tra le parti”.
Il giudizio di applicazione della pena deve, infatti, considerarsi svincolato dalla specificità delle forme processuali nel corso delle quali esso si è innestato.
Da ciò consegue, con specifico riferimento al caso in esame, che l'accesso al rito alternativo del c.d. "patteggiamento" preclude all'imputato alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione di parte degli atti del procedimento, anche perché proprio la libera scelta del rito lascia presupporre la conoscenza effettiva del contenuto di tali atti da parte dell'imputato e il pieno rispetto, sotto tale profilo, del diritto di difesa.
Cosa significa “libera scelta del rito” e come si può supporre, anzi “presupporre la conoscenza effettiva del contenuto di tali atti” da parte dell’imputato che “non conosca la lingua italiana”.
Quante formule vuote, disancorate dalla realtà e dalla logica vengono utilizzate non per fare giustizia ma per allontanare gli uomini dalla giustizia.
Nel caso specifico il tribunale di Pavia ha condannato per una serie di furti due imputati stranieri alla pena concordata di anni 3 e mesi 8 di reclusione.
Resta da comprendere la logica dell’assunto: “ l'accesso al rito alternativo del c.d. "patteggiamento" preclude all'imputato alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione di parte degli atti del procedimento, anche perché proprio la libera scelta del rito lascia presupporre la conoscenza effettiva del contenuto di tali atti da parte dell'imputato”.
Libera scelta del rito da parte di chi non comprende e conosca la lingua utilizzata nel rito?
L’articolo 448 comma 2 bis prevede la possibilità del ricorso in cassazione nel caso di “motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato” ma come si forma e con quale consapevolezza questa “volontà” è maturata, nell’imputato che non conosca la lingua italiana, non rileva per la cassazione.
Un controsenso giuridico che rende palpabile il pensiero di Platone: “Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusto senza esserlo”.
L’articolo 448 c.p.p. in una rassegna della giurisprudenza della Suprema Corte: Link.