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Invalidità contrattuali ne’ “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti

 L'elisir d'amore (Göteborgsoperan 2013)
L'elisir d'amore (Göteborgsoperan 2013)

Invalidità contrattuali ne’ “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti

 

Abstract: Nell’opera “L’elisir d’amore”, composta da Gaetano Donizetti su libretto di Felice Romani, motore della vicenda è il ciarlatano, dott. Dulcamara. Questi, dapprima vende a molti villani analfabeti, un suo “specifico” che, mentendo largamente, egli ha affermato essere adatto a curare quasi tutti i mali, ma che, naturalmente, in verità è privo di ogni attitudine terapeutica. Successivamente, Dulcamara vende all’ingenuo Nemorino un, inesistente, elisir d’amore della regina Isotta, e gli consegna, poi, una bottiglia di vino Bordeaux. Quale potrebbe essere, per il diritto privato attualmente vigente, la sorte di queste compravendite “operistiche”?

indice:

L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti.
La trama dell’Elisir.
I contratti conclusi da Dulcamara. Le vendite ai “rustici”.
(segue) Le vendite dell’elisir a Nemorino.

 

“L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti

Il 12 maggio del 1832, al teatro della Canobbiana (oggi Teatro Lirico) di Milano, andò in scena, per la prima volta, “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti, su libretto di Felice Romani. Per quella stagione teatrale, impresario della Canobbiana era il Lanari, che in primavera si trovò con un’opera in meno rispetto al programma, a causa dell’inattesa defezione di uno dei suoi compositori. Lanari, perciò, si rivolse a Donizetti, notoriamente rapido nel comporre, per colmare in estrema urgenza, la lacuna. Donizetti accettò, e si accordò con Felice Romani (con cui già aveva lavorato con profitto, ad esempio per la “Lucrezia Borgia”) per il libretto. I due lavorarono rapidissimamente – la vedova di Romani raccontò, poi, che l’Elisir fu scritto e composto in sole due settimane – e l’opera fu pronta per la data stabilita. Tanta rapidità dipese anche dal fatto che gli autori si ispirarono assai – al limite del vero e proprio plagio – ad un’opera di Auber su libretto di Scribe, “Le Philtre, che in quelle settimane stava ottenendo grande successo a Parigi. Non tratterò qui delle questioni di diritto d’autore legate a questa vicenda, che pure nei decenni successivi vi furono, in quanto non intendo ragionare del diritto “intorno” all’Opera, ma del diritto “dentro” all’opera, vale a dire di alcuni spunti giuridici, e, in particolare, giusprivatistici, che possono rinvenirsi nella trama dell’Elisir. Ad ogni buon conto, il successo de’ “L’elisir d’amore”, definito dagli autori “melodramma giocoso”, fu grande e immediato, tanto che, negli anni, il “Filtro” francese fu surclassato dall’ “Elisir” italiano. Già alla Canobbiana, dopo la prima, si contarono più di trenta repliche, e negli anni ’30 del XIX secolo l’opera di Donizetti girò nei principali teatri d’Italia e d’Europa, arrivando a essere replicata centinaia e centinaia di volte. Essa, altresì, è tra le pochissime opere del vasto catalogo del Maestro di Bergamo a non essere mai uscita dal repertorio.

La trama dell’Elisir

La vicenda si dipana in un piccolo villaggio dei paesi baschi, sul finire del XVIII secolo, dove il giovane e ingenuo contadino Nemorino, ama, apparentemente non corrisposto, la piccola proprietaria Adina, che è tra i pochi abitanti del villaggio a saper leggere e scrivere. All’alzarsi del sipario, Nemorino geme d’amore (“quanto è bella, quanto è cara”) ascoltando Adina che legge, ad altri contadini, la storia della regina Isotta, e del suo elisir d’amore. Nel villaggio, sopraggiunge, poi, un manipolo di soldati, comandati dal sergente Belcore, disinvolto Dongiovanni, che subito corteggia Adina. Adina non cede alla corte di Belcore, ma nemmeno la respinge, suscitando così la disperazione del povero Nemorino. Giunge poi nel villaggio il dott. Dulcamara, quasi il prototipo del ciarlatano, che fin dalla sortita (“Udite, udite, o rustici”) invita i villani a comprare il suo “specifico”, in grado di curare pressoché tutti i mali! Nemorino desideroso di conquistare Adina, e suggestionato dalla storia da questa letta poco prima, si rivolge a Dulcamara, per sapere se egli abbia anche l’elisir d’amore della regina Isotta. Questi, compresa al volo l’ingenuità di Nemorino e fiutato l’affare, afferma di essere “distillatore” di tale elisir, e subito gliene vende una bottiglia, che, in realtà, altro non è che vino di Bordeaux. Dulcamara si fa pagare da Nemorino uno zecchino, vale a dire tutto il denaro che il povero ingenuo ha, e lo avverte che l’elisir farà effetto solo dopo 24 ore (calcolando che, per allora, egli avrà già abbandonato il villaggio e sarà al sicuro). Nemorino, ubriacato dal Bordeaux, fa lo spavaldo con Adina, e questa, abituata ad averlo succube, subito si indispettisce. Perciò si promette in sposa a Belcore, con l’accordo di celebrare le nozze dopo una settimana. Nemorino, alla notizia della promessa di matrimonio, resta spavaldo, certo che dopo 24 ore l’elisir farà effetto e Adina cadrà ai suoi piedi. Arriva però la notizia che il manipolo di soldati deve subito partire e spostarsi altrove. Adina e Belcore, perciò, stabiliscono di anticipare le nozze a quello stesso giorno. Nemorino, questa volta è abbattuto, e subito cerca Dulcamara, per sapere come anticipare l’effetto dell’Elisir. Il ciarlatano gli dice che per rendere immediato l’effetto è necessario bere una seconda bottiglia. Nemorino, tuttavia, non ha più danaro. Perciò, decide di arruolarsi proprio nel manipolo comandato da Belcore, così da ottenere subito venti scudi in cambio del proprio arruolamento. In tal modo, Nemorino ha di che comprare una seconda bottiglia di elisir (in verità, pur sempre vino di Boredeaux) e la beve subito. Intanto, all’insaputa di Nemorino, tra le donne del villaggio si sparge la notizia che questi ha ereditato da un ricco zio e che è divenuto anch’egli facoltoso. Così, tutte le donne incominciano a corteggiarlo. Egli, perciò, è convinto sempre più dell’efficacia dell’elisir. Adina, infine, scopre da Dulcamara che Nemorino ha acquistato l’elisir, e che, per farlo, non solo ha speso tutto il danaro che aveva, ma si è anche fatto soldato. Ella, da questo, capisce che Nemorino ancora la ama, e tanto da perdere anche la propria libertà per lei, sicché si commuove (“una furtiva lagrima”) e si scopre a propria volta innamorata di Nemorino, che riscatta dall’esercito pagando di tasca propria, tanto da poter far trionfare l’amore.

I contratti conclusi da Dulcamara

Le vendite ai “rustici”. Il ciarlatano Dulcamara, dapprima, conclude una serie di compravendite con molti “rustici” del villaggio, a cui vende il proprio “specifico” che afferma essere in grado di curare una lunga lista di malattie e di ovviare a vari problemi, offrendolo con parole, tra le altre, come le seguenti

Comprate il mio specifico/Per poco io ve lo do./Ei muove i paralitici;/Spedisce gli apopletici,/Gli asmatici, gli asfitici,/Gl'isterici, i diabetici,/Guarisce i timpanitidi,/E scrofole e rachitidi,/E fino il mal di fegato/Che in moda diventò./Comprate il mio specifico,/Per poco io ve lo do”.

All’offerta di Dulcamara, molti villani corrono ad acquistare bottigliette dello “specifico”. Ma, se li considerassimo alla luce del nostro attuale diritto privato positivo, sarebbero da reputar valide tutte queste compravendite? In particolare, si è qui in presenza di contratti viziati da dolo determinante, e dunque annullabili su richiesta di ciascun acquirente, o, viceversa, l’esaltazione che Dulcamara fa del proprio “specifico” integra unicamente il, c.d., dolus bonus, e, di conseguenza, le vendite seguenti restano tutte valide? A me pare, che, in questi casi, debba reputarsi configurabile l’annullabilità dei contratti in quanto il consenso dei villani analfabeti è stato carpito con dolo determinante, giacchè, per aversi tale vizio, è sì vero che

i raggiri debbono essere idonei a trarre in inganno una persona di normale diligenza, ma tale “normalità” va rapportata a quella media nel tempo e nel luogo in cui il contratto ha luogo.

E le bugie di Dulcamara, che non potrebbero ritenersi atte ad ingannare alcuno ai nostri tempi, ben possono ritenersi adeguate a ingannare un “rustico” analfabeta medio, della fine del XVIII secolo.

(segue) Le vendite dell’elisir a Nemorino


Dopo aver venduto molte dosi di “specifico” ai “rustici”, poi, Dulcamara vende una prima bottiglia di elisir d’amore della regina Isotta, all’ingenuo Nemorino. Si noti che, in questo caso, è Nemorino a chiedere l’elisir a Dulcamara, che afferma di averne e accetta di venderlo. Oggetto dell’accordo tra i due non è, dunque, da subito la bottiglia (in verità di vino) che poi verrà consegnata, ma esattamente il “magico elisir della regina Isotta”. A questa prima compravendita, ne seguirà poi una seconda, sempre tra Nemorino e Dulcamara, e sempre con lo stesso oggetto (Elisir d’amore di Isotta). Sono da reputarsi valide, queste due compravendite? A me pare che esse siano invalide, e, in particolare, non tanto che, anche in questo caso, esse siano annullabili per dolo determinante, quanto, piuttosto, che esse siano radicalmente nulle. Ciò, in quanto l’oggetto di esse è almeno in parte inesistente, non esistendo, infatti, alcun “elisir d’amore della regina Isotta. Le due compravendite con Nemorino, dunque, sono affette da nullità, per mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 c.c., così come previsto all’art. 1418, 2° co., c.c.

Letture consigliate:

Aa. Vv., Gaetano Donizetti – L’elisir d’amore, programma di sala-Teatro dell’opera di Roma, 2023, pp. 31 ss.;

F. Annunziata, Prendi, l’anel ti dono. Divagazioni tra opera e diritto privato, Milano, 2016, p. 108 ss.;

A. Scarso, Criteri distintivi tra dolus bonus e dolus malus, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, p. 381 ss.