Clausola solve et repete ex art. 1462 c.c.
Clausola solve et repete ex art. 1462 c.c.
Riassunto
Scopo ultimo dello scritto è quello di focalizzare l’attenzione sull’art. 1462 c.c., individuando, seppur in un unico testo, tutte le più rilevanti sfaccettature.
Abstract
With this paper, the Author wants to focus the reader attention on the article no. 1462 of the Italian Civil Code.
Premessa: le clausole vessatorie
Il nostro ordinamento giuridico, in un’ottica di tutela delle posizioni asimmetriche, dei soggetti deboli e dei consumatori, “sanziona” (ma il termine è improprio) le clausole vessatorie a volte con l’invalidità (compresa la nullità per difetto di causa e finanche il difetto di meritevolezza ex art. 1322 c.c.), secondo un diverso orientamento, con l’inefficacia. Prova ne è la copiosa e complessa giurisprudenza in materia di claims made. In questa fase di premessa, ci si vuole soffermare, più nel dettaglio, sugli artt. 1341 e 1342 c.c..
- Il primo, rubricato “condizioni generali di contratto”, così dispone: “Le condizioni generali di contratto, predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”.
- Il secondo, rubricato “contratto concluso mediante moduli o formulari”, così recita: “Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse anche se queste ultime non sono state cancellate. Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente”.
Con tali norme il legislatore ha inteso costruire un “involucro” protettivo a favore dei soggetti più deboli e la prassi applicativa ha fatto il resto.
Non occorre, infatti, svolgere i mestieri di Avvocato, Magistrato e Notaio per essere a conoscenza della circostanza secondo la quale, in ipotesi di inserimento di clausole limitative della sfera giuridica in senso ampio di un soggetto all’interno di un contratto, queste debbano essere richiamate nell’ultima pagina di esso e doppiamente sottoscritte ai fini della loro validità e/o efficacia, a seconda della tesi che si è inteso adottare (ex multis, sulla esigenza di specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie: BIANCA, p. 367 e pp. 365 e ss.: “[…] è necessaria un’apposita sottoscrizione avente ad oggetto tali clausole […]; “[E’ condizione necessaria ma anche sufficiente quella di] sottoscrivere un’apposita dichiarazione che raggruppi le clausole vessatorie […]”).
La clausola solve et repete: norma, inquadramento, dottrina e giurisprudenza
La clausola su indicata viene fatta rientrare dalla dottrina nel genus delle cd. clausole vessatorie (C. M. BIANCA, p. 357, let. d.; lievemente diverso: V. ROPPO, p. 927; F. GALGANO, p. 193). La stessa ha assunto rilievo non solo in settori privatistici, bensì anche nell’ambito del diritto pubblico, fiscale e tributario ed ha certamente fondamento negoziale o, meglio, trova il proprio fondamento nell’art. 1322 c.c. (F. BRAVO; G. DE FALCO, in Jus Civile; E. GABRIELLI, in Rivista di Diritto Privato). Più precisamente, la disposizione in esame rientra appieno nella lista delle clausole vessatorie (nuovamente, BIANCA, p. 357, let. d), dal momento che, testualmente, così chiarisce:
- “La clausola con cui si stabilisce che una delle parti non può opporre eccezioni al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta, non ha effetto per le eccezioni di nullità, di annullabilità e di rescissione del contratto. Nei casi in cui la clausola è efficace, il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, può tuttavia sospendere la condanna, imponendo, se del caso, una cauzione”.
Dal mero dato normativo si desume chiaramente che possono essere inserite all’interno di uno schema contrattuale clausole con cui si stabilisce che le parti non possono opporre eccezioni al fine di evitare di ritardare le prestazioni scaturenti dalle obbligazioni assunte. La clausola, tuttavia, non impedisce la proposizione delle eccezioni di nullità, annullabilità e rescissione del contratto e, secondo alcuni Autori, anche altre ulteriori eccezioni, non dovendosi reputare l’art. 1462 c.c. come contenente una elencazione tassativa di azioni esperibili. La clausola su indicata, prendendo in prestito le parole di antica ma utile giurisprudenza (Corte di cassazione, n. 2862 del 6 Agosto 1968) si inserisce tra le clausole che:
- Si muovono nell’ambito della disciplina dell’inadempimento, al fine di garantire alla parte creditoria il più immediato soddisfacimento del credito, senza tuttavia fungere da limitazione od ostacolo alcuno all’instaurazione di un rapporto processuale valido tra creditore e debitore anche in ordine alle domande riconvenzionali con cui il debitore contrasti la pretesa di parte avversa;
- Svolgono la fondamentale funzione di tutelare la parte creditrice da eccezioni aventi puro contenuto dilatorio (benché, si potrebbe aggiungere in questa sede, ad onor del vero tale funzione sia egregiamente svolta dall’art. 96 c.p.c.) senza tuttavia spingersi fino a cagionare la paralisi della exceptio inadimpleti contractus. Piuttosto, può essere più corretto dire che il suo ambito applicativo si concentra sulla exceptio non rite adimpleti contractus.
Segue: la clausola solve et repete e la clausola risolutiva espressa
Appare opportuno, a questo punto, esaminare il rapporto tra la clausola in esame e la clausola risolutiva espressa. Secondo alcuni granitici orientamenti giurisprudenziali, nell’ipotesi di fondatezza dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., dovrebbe considerarsi impedita l’operatività della clausola espressa di cui all’art. 1456 c.c. poiché quest’ultima non è limitativa di eccezioni opponibili ma dà semplicemente diritto alla risoluzione contrattuale, (Corte di cassazione, n. 4122 del 13 Luglio 1982). Dunque, il rapporto tra le due clausole è molto semplice: l’una tutela l’immediatezza dell’inadempimento, l’altra dà diritto allo scioglimento del vincolo contrattuale immediato. Si potrebbe ritenere, pur non senza qualche imprecisione, che siano l’una il negativo dell’altra.
Riflessioni conclusive
Si vuole concludere il presente scritto con una riflessione finale. L’utilizzo di clausole espressione dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c. come quella esaminata non è cosa di poco conto. Occorre, infatti, saper “anticipare” le mosse di controparte, poiché l’elenco delle azioni che possono ugualmente essere esperite non è quello indicato dalla norma o, meglio, non si esaurisce in esso. Ciò implica che, di fatto, la clausola sussiste, ma si limita a “ridurre” le ipotesi di dilazione di pagamento superflue, senza costituire uno strumento per bypassare gli obblighi di buona fede scaturenti dal contratto che continuano a gravare su entrambe (rectius: su tutte) le parti. Paradossalmente, dunque, la clausola risolutiva espressa possiede una portata applicativa molto più ampia, attribuendo ad una parte un diritto potestativo immediato e veloce di risoluzione dello schema contrattuale.