L’invalidità della novazione nel caso di annullabilità del titolo originario: dubbi di legittimità dell’art. 1234 c.c.
L’invalidità della novazione nel caso di annullabilità del titolo originario: dubbi di legittimità dell’art. 1234 c.c.
Abstract:
L’art. 1234 c.c., il quale prevede l’invalidità della novazione nel caso in cui l’obbligazione originaria fosse annullabile ed il debitore non sia stato a conoscenza del vizio di annullabilità, contrasta con il principio di conservazione degli effetti degli atti giuridici, nonché con quello contenuto nell’art. 1362 comma 2 c.c. .
The art. 1234 of the Civil Code, which provides for the invalidity of the novation in the event that the original obligation was voidable and the debtor was not aware of the voidability defect, contrasts with the principle of conservation of the effects of legal acts, as well as with that contained in the art. 1362 paragraph 2 of the Civil Code.
L’art. 1230 comma 1 c.c. – novazione - stabilisce che “la obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all'obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso”.
Il comma 2 prevede che “la volontà di estinguere l'obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco”.
Ai sensi dell’art. 1234 c.c., “qualora l'obbligazione originaria derivi da un titolo annullabile, la novazione è valida se il debitore ha assunto validamente il nuovo debito conoscendo il vizio del titolo originario”.
Il debitore, se sapeva che il contratto originario era annullabile da parte sua, ma, nonostante ciò, ha deciso di non esercitare l’azione di annullamento ed ha stabilito, invece, di sottoscrivere con il creditore un nuovo contratto, diverso per il titolo o l’oggetto, non potrà più esercitare la suddetta azione, neanche nel caso in cui fosse ancora nei termini.
Viceversa, se il debitore non sapeva che il contratto originario fosse annullabile, la novazione non è valida: se egli, dopo aver acconsentito alla novazione, dovesse scoprire che il contratto originario era annullabile ed intendesse esercitare l’azione di annullamento, gli effetti eventualmente già prodotti dalla novazione a favore del creditore dovrebbero considerarsi travolti da tale azione, e di conseguenza il creditore, in caso di esito vittorioso di tale azione, si troverebbe obbligato a restituire quanto percepito.
Quindi, nel caso in cui il debitore dovesse accertare che l’obbligazione originaria era annullabile, la novazione nel frattempo stipulata non determinerebbe alcun effetto estintivo dell’obbligazione stessa: questa, infatti, tornerebbe in vita, in quanto su di essa il debitore sarebbe legittimato ad esercitare l’azione di annullamento.
Pertanto, in base all’art. 1234 c.c., la tutela dell’esperibilità dell’azione di annullamento da parte del debitore prevale sull’esigenza di tutelare la certezza del rapporto sorto per effetto della novazione.
Il principio è pertanto questo: il fatto di aver sostituito, all’obbligazione originaria, una nuova obbligazione, non impedisce al debitore di far valere l’invalidità (sotto la forma dell’annullamento) dell’obbligazione originaria stessa, invalidità che travolge anche la nuova obbligazione e finisce pertanto con il rendere sostanzialmente inefficace la novazione, tant’è che quest’ultima viene espressamente qualificata dalla norma come “non valida”.
Ci si aspetterebbe che l’ordinamento, anche in un caso come questo, tutelasse il principio di conservazione degli effetti degli atti giuridici, il quale è sancito in diverse norme del codice quali l’art. 1420 c.c., ( nel caso di contratto con più parti, la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità del contratto, a meno che la partecipazione di tale parte debba considerarsi essenziale), e l’art. 1446 c.c., che enuncia lo stesso principio in materia di annullabilità del contratto.
Come si potrebbe tutelare il suddetto principio nel caso di cui all’art. 1234 c.c.?
Semplicemente prevedendo che, se la novazione è stata fatta quando il debitore ancora non conosceva il vizio di annullabilità del precedente contratto (sostituito), e se la novazione è caratterizzata da un contratto a prestazioni continuate o periodiche, il contratto da questa derivante può rimanere valido nel caso in cui il creditore si impegni, a titolo di risarcimento del danno derivato al debitore dal suddetto vizio, a rinunciare ad esigere le prestazioni del nuovo contratto fino a concorrenza del danno sopra citato; una volta che queste prestazioni abbiano raggiunto l’entità di tale danno, il debitore può ricominciare ad eseguire le prestazioni di cui al nuovo contratto.
Invece, l’art. 1234 c.c. non prevede un meccanismo simile; esso si limita a dire che la novazione non è valida, ma ciò costituisce una rilevante deroga al suddetto principio, ponendo dubbi di legittimità in virtù del carattere generale di quest’ultimo.
L’invalidità sancita dall’art. 1234 c.c. potrebbe essere fondata solo nel diverso caso in cui il contratto derivato dalla novazione prevedesse l’adempimento di una sola prestazione da parte del debitore, ossia se si trattasse di un contratto ad esecuzione istantanea, e cioè non di durata.
Poi, riguardo all’eventualità in cui, al momento in cui viene fatta la novazione, il danno derivante dal vizio di annullabilità dell’obbligazione originaria non si sia ancora verificato, c’è anche un altro aspetto da non trascurare, e cioè: se tale danno non si è ancora verificato, proprio la novazione potrebbe essere lo strumento per evitare il suo verificarsi, nel senso che, per mezzo di essa, la controparte si impegna ad eseguire una prestazione la quale possa integralmente compensare gli effetti dannosi. In questo modo, si evita il danno derivante dal vizio di annullabilità, e nello stesso tempo si garantisce stabilità alla novazione ed ai suoi effetti. Infatti, a norma dell’art. 1432 c.c., “la parte in errore non può domandare l'annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l'altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere”.
A ciò si aggiunga che, ai sensi dell’art. 1362 comma 2 c.c., “per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”.
Se, al momento della novazione, il danno derivante dal vizio di annullabilità si era già verificato, la parte non avrebbe dovuto acconsentire alla novazione, in quanto avrebbe dovuto esperire l’azione di annullamento. Essa, se, malgrado ciò, ha deciso di novare il rapporto originario, ha evidentemente inteso rinunciare, mediante un significativo comportamento concludente (art. 1362 c.c.), ad intraprendere l’azione risarcitoria, ed ha stabilito invece di continuare ad avere con la controparte un rapporto negoziale, seppur sotto la forma di un nuovo contratto con titolo od oggetto diverso (ciò che è appunto la novazione). Il fatto che, al momento della novazione, non fossero ancora scaduti i 5 anni previsti per l’esercizio dell’azione di annullamento, non toglie che la decisione di novare e quindi di estinguere il preesistente rapporto, abbia automaticamente significato implicita rinuncia, ex art. 1362 comma 2 c.c., ad ottenere dal Giudice la sentenza di annullamento di tale rapporto e la conseguente tutela risarcitoria.