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La normativa sul doppio cognome

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La normativa sul doppio cognome

 

Abstract Scopo dello scritto è quello di focalizzare l’attenzione del lettore sulle principali questioni inerenti alla aggiunta di ulteriori cognomi rispetto a quello paterno, alla luce di una interessante pronuncia della Corte Costituzionale n. 131 del 2022.

 

Il “vecchio” art. 262 cc.

Art. 262: Cognome del figlio nato fuori del matrimonio.

  • “[…] Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre.
  • Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.
  • Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all'attribuzione del cognome da parte dell'ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi.
  • Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento […]”.

Sul corpo della disposizione è intervenuta una recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza 27 aprile - 31 maggio 2022, n. 131 - in G.U. 1ª s.s. 01/06/2022, n. 22), la quale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell'art. 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede, con riguardo all'ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto”.

 

La sentenza della Corte Costituzionale n. 131 del 2022

Al fine di approfondire il dato normativo, appare opportuno esaminare in modo più compiuto la sentenza della Corte Costituzionale.

“[…] Il giudice a quo […] sostiene che la disciplina sull’attribuzione del cognome, che è chiamato ad applicare, non sarebbe, innanzitutto, conforme all’art. 2 Cost., sotto il profilo della tutela dell’identità personale del figlio, in quanto il valore dell’identità della persona riflesso nel nome, nella pienezza e complessità delle sue espressioni, e nella sua valenza pubblicistica e privatistica, porterebbe a «individuare nei criteri di attribuzione del cognome del minore profili determinanti della sua identità personale» […]”.

“[…] Ravvisa, inoltre, un contrasto con il principio di eguaglianza riferito al genere, non trovando la disposizione censurata alcun sostegno nell’art. 3 Cost., che deve ispirare i rapporti fra i genitori. Inoltre, richiama la motivazione della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo contro Italia, che avrebbe ravvisato nell’impossibilità per i genitori di attribuire al figlio, al momento della nascita, il cognome della madre, anziché quello del padre, una violazione dell’art. 14 CEDU (divieto di discriminazione), in combinato disposto con l’art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare). Infine, la norma censurata si porrebbe in contrasto anche con gli artt. 7 e 21 CDFUE, i quali, ad avviso del rimettente, risulterebbero corrispondenti agli artt. 8 e 14 CEDU […]”.

[…] La Corte ha rilevato che, anche qualora fosse riconosciuta la facoltà ai genitori di scegliere, di comune accordo, la trasmissione del solo cognome materno, la regola che impone l’acquisizione del solo cognome paterno dovrebbe essere ribadita in tutte le fattispecie in cui tale accordo manchi o, comunque, non sia stato legittimamente espresso. D’altro canto, neppure il consenso, su cui fa leva la limitata possibilità di deroga alla disciplina generale che prevede l’attribuzione del cognome del padre, “potrebbe ritenersi espressione di un’effettiva parità tra le parti, posto che una di esse non ha bisogno dell’accordo per far prevalere il proprio cognome”.

“[…] La previsione dell’inderogabile prevalenza del cognome paterno sacrific[herebbe] il diritto all’identità del minore, negandogli la possibilità di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno e incarna il retaggio di una concezione patriarcale, che non potrebbe ritenersi giustificata dall’esigenza di salvaguardia dell’unità familiare, poiché “è proprio l’eguaglianza che garantisce quella unità e, viceversa, è la diseguaglianza a metterla in pericolo” […]”.

Sotto il profilo normativo, giova chiarire che la Corte d’appello rimettente rinviene “[…]il fondamento della norma sulla trasmissione del cognome ai figli nati nel matrimonio negli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., nonché negli artt. 72, primo comma, del R.D. n. 1238 del 1939, 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000; di seguito, sulla premessa che essa non sia «suscettibile di una interpretazione costituzionalmente orientata», motiva la rilevanza delle questioni, deducendo di non poter decidere sulla richiesta dei due coniugi di attribuire al figlio, sulla base del loro accordo, il solo cognome della madre, senza fare applicazione della norma della cui legittimità costituzionale dubita […]”.

“[…] Le parti denunciano, pertanto, una violazione del «diritto dei fanciulli alla propria identità, alla pari dignità e all’unità familiare» e sottolineano come, nel caso di specie, la scelta non sarebbe «motivata da un “capriccio” ma dall’esigenza di prendere la migliore decisione nell’interesse» del figlio, in quanto l’adozione dello stesso cognome delle sorelle contribuirebbe «all’unitarietà del nucleo familiare assicurando al contempo la formazione dell’identità personale del minore in maniera omogenea rispetto ai fratelli» […]. Le parti sottolineano, inoltre, la necessità che, nella materia dell’attribuzione del cognome, sia rispettata la «funzione genitoriale», prospettando il contrasto tra la regola vigente e le seguenti norme: l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza; l’art. 29, secondo comma, in combinato disposto con l’art. 30, primo comma, Cost., sotto il profilo dell’eguaglianza nell’esercizio di detta funzione; l’art. 5 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, in quanto prevede che gli Stati debbano rispettare «la responsabilità, il diritto e il dovere dei genitori»[…].

  • Nel 1988, con riferimento al cognome del figlio nato nel matrimonio, ha rilevato che “sarebbe possibile, e probabilmente consentaneo all’evoluzione della coscienza sociale, sostituire la regola vigente in ordine alla determinazione del nome distintivo dei membri della famiglia costituita dal matrimonio con un criterio diverso, più rispettoso dell’autonomia dei coniugi, il quale concilii i due principi sanciti dall’art. 29 della Costituzione, anziché avvalersi dell’autorizzazione a limitare l’uno in funzione dell’altro” (Ordinanza n. 176 del 1988);
  • Trascorsi diciotto anni, questa Corte ha ribadito che «l’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna» (sentenza n. 61 del 2006, ripresa dalla successiva ordinanza n. 145 del 2007);

“[…] Nella fattispecie disegnata dall’art. 262, primo comma, secondo periodo, cod. civ., l’identità familiare del figlio, che preesiste all’attribuzione del cognome, può scomporsi in tre elementi: il legame genitoriale con il padre, identificato da un cognome, rappresentativo del suo ramo familiare; il legame genitoriale con la madre, anche lei identificata da un cognome, parimenti rappresentativo del suo ramo familiare; e la scelta dei genitori di effettuare contemporaneamente il riconoscimento del figlio, accogliendolo insieme in un nucleo familiare. Si deve, pertanto, dichiarare costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, l’art. 262, primo comma, cod. civ., nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. L’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, secondo periodo, cod. civ. determina, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), quella di ulteriori norme. Il cognome, infatti, una volta assunto, incarna in sé il nucleo della nuova identità giuridica e sociale, il che comporta che possibili vicende che incidano sullo status filiationis o istanze di modifica dello stesso cognome siano regolate da discipline distinte rispetto a quelle relative al momento attributivo) […]”.

                                                                                         P.Q.M.

SI DICHIARA

  1. l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto;
  1. dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia) e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127), nella parte in cui prevede che il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, alla nascita, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto;
  1. dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale dell’art. 299, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che «l’adottato assume il cognome del marito», anziché prevedere che l’adottato assume i cognomi degli adottanti, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto;
  1. dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 1, della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui prevede che l’adottato assume il cognome degli adottanti, anziché prevedere che l’adottato assume i cognomi degli adottanti, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto;
  1. dichiara inammissibili le questioni di legittimità degli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., dell’art. 72, primo comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello stato civile) e degli artt. 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 29, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dalla Corte d’appello di Potenza con l’ordinanza in epigrafe.

 

I primi “Rumors” attorno alla normativa in Italia ed all’Estero

La bellezza del “doppio cognome” ha avuto un tale successo da aver attirato l’attenzione della Stampa e/o Ricerca Estera. In particolare, la Svizzera, a mezzo del Consiglio Federale, ha approvato la su indicata prassi, con possibilità per i figli di acquisire il cognome materno anche in assenza di atto di matrimonio tra i genitori. Dunque, l’apprezzamento proviene non solo dalle nostre “acque interne”, bensì anche dai territori limitrofi.  

Utilities

Non è questa la sede per affrontare le questioni più pratiche inerenti alla prassi in uso presso Comuni e Prefetture ai fini dell’aggiunta del cognome. Il taglio che si è voluto dare allo scritto è prettamente teorico e non pratico. Pur tuttavia, può essere utile ugualmente accennare che per effetto della sentenza della Corte costituzionale n.131/2022, oggi è possibile la formalizzazione del doppio cognome mediante indicazione nell’atto di nascita. Inoltre, le Prefetture segnalano l’esigenza del pagamento di una imposta di bollo. Il Prefetto, assunte le informazioni sulla domanda, fornisce le autorizzazioni necessarie affinché si possa procedere al cambio del cognome o all’aggiunta al proprio di un altro cognome, con richiesta fatta al Prefetto della provincia del luogo di residenza. La richiesta, tuttavia, deve essere corredata da apposita esposizione delle motivazioni poste alla base della domanda; ragioni che, benché sussista certamente un preponderante interesse del soggetto richiedente, sono comunque sottoposte al vaglio di questo Ufficio del Governo.

Non sussiste, pertanto, automatismo alcuno nell’aggiunta del cognome.

Resta da chiedersi che natura abbia il potere della Prefettura: se “discrezionale” o “vincolato”.  

 Al fine di fornire una adeguata risposta, può essere utile fare riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, del 19 Settembre n. 8422 del 2023 (Presidente: Corradino – Estensore Santoleri), la quale ha optato per la tesi del potere discrezionale.

Più precisamente, con la su indicata sentenza, il C.d.S. ha chiarito che:

“[…] in nessun caso può essere richiesta l’attribuzione di cognomi di importanza storica o comunque tali da indurre in errore circa l’appartenenza del richiedente a famiglie illustri o particolarmente note nel luogo in cui si trova l’atto di nascita del richiedente o nel luogo di sua residenza. Da tale disposizione si evince la correttezza dei principi esposti dall’Amministrazione nella parte introduttiva dell’atto di appello: la valutazione del Prefetto circa l’istanza di cambio del cognome si configura come un potere di natura discrezionale, che si esercita bilanciando l’interesse dell’istante (da circostanziare esprimendo le “ragioni a fondamento della richiesta”), con l’interesse pubblico alla stabilità degli elementi identificativi della persona, collegato ai profilli pubblicistici del cognome stesso come mezzo di identificazione dell’individuo nella comunità sociale. A tale fine, secondo la circolare del Ministero dell’interno n. 14 del 21 maggio 2012, è fondamentale il giudizio di ponderazione del Prefetto medesimo, accompagnato da una motivazione che dia conto del processo argomentativo alla base di ciascuna decisione, valutati anche gli interessi di eventuali controinteressati.

Condivisibilmente, nella suddetta circolare, viene previsto il contraddittorio con la persona controinteressata (nel caso di specie, il padre), affinché possa rappresentare eventuali ragioni a sostegno del mantenimento dello status quo che devono essere valutate e ponderate dal Prefetto prima di adottare il provvedimento decisorio.

Nel caso di specie, il consenso della madre risulta, invece, dalla dichiarazione resa in sede procedimentale e versata in atti.

Tale sistema è stato abbandonato dalla Corte costituzionale, anche a seguito della condanna dello Stato Italiano da parte della Corte Edu (Cusan-Fazzo contro Italia, del 7 gennaio 2014), dapprima, con la citata pronuncia n. 286/2016 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che non consentono ai coniugi di trasmettere, di comune accordo, il cognome materno e, più di recente, con la sentenza n. 131/2022 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre con riferimento ai figli nati “dentro e fuori dal matrimonio” e a quelli adottivi (sul punto TAR Lazio, Sez. I-ter, 1° Luglio 2022, n. 8964.

Nella successiva sentenza n. 135 del 10 Maggio – 4 Luglio 2023, la Corte costituzionale, nel pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 299 comma 1, del codice civile, che imponeva nel caso di adozione di persona maggiorenne l’obbligatoria anteposizione del cognome dell’adottante a quello dell’adottato, ha ripercorso la propria giurisprudenza sul diritto all’identità personale e sul diritto al nome, dichiarando l’illegittimità dell’irragionevole compressione del diritto inviolabile all’identità personale.

E’ stata richiamata, in particolare, la sentenza n. 286 del 2016, secondo cui “[…] il diritto al nome [sarebbe] indissolubilmente collegato al diritto all’identità personale e che la protezione di esso sostanzi e determini la realizzazione di quest’ultima.

E’ emersa, quindi, una particolare sensibilità sul tema del “cognome”, come testimonianza del legame del figlio con entrambi i suoi genitori, o, se si vuole, con ciascuno di essi, in quanto l’assegnazione del cognome deve intendersi funzionale alle migliore costruzione dell’identità del figlio.

Nel caso di specie, la ricorrente in primo grado ha motivato la sua richiesta di attribuzione del cognome materno, in primo luogo quello paterno che le è stato assegnato, ope legis, alla nascita in quanto non rispondente alla sua identità di figlia […]”.

 

Conclusioni

L’evoluzione giurisprudenziale e normativa sin qui evidenziata, oltre ad essere tematica molto cara agli operatori nel settore della cittadinanza, è particolarmente apprezzabile ed apprezzata e capace di incidere in positivo sotto il profilo successorio, dando continuità a ceppi genealogici e stirpi che, in mancanza di prosecuzione del cognome, tenderebbero ad estinguersi. E’ prezioso, inoltre, l’apporto in prospettiva di famiglie “uni-genitoriali”. Ciò che resta da chiedersi (ed il dubbio si spera sorga anche nella mente di tutti gli operatori del diritto che si occupano di diritto successorio: Avvocati, Notai e Magistrati in primis, ma anche Funzionari Pubblici, Prefetti e via discorrendo) è come possa essere disciplinata “a catena” la successione del doppio cognome. La sentenza qui esaminata è del 2022: troppo recente, quindi, per considerare risolti tutti i contrasti. Pur tuttavia, per quel che vale, val la pena sottolineare che questo scrivente autore non condivide affatto le perplessità inerenti alla scarsa capacità di “autocontrollo/organizzazione/decisione” della autonomia privata e, dunque, dei privati stessi. Si è legiferato sulle unioni civili nel 2016; si è pensato alla maternità surrogata; si è legiferato sulle adozioni; si è pensato, altresì, allo stepchild adoption. Non si comprende quale sia la (reale) novità del consentire, in presenza di reali e solide motivazioni, il doppio cognome.

La prassi, dulcis in fundo, è tutt’altro che sconosciuta nel nostro territorio.

Chi scrive ne auspica la compiuta regolamentazione (purché non diventi un “capriccio alla moda”; ma il potere della Prefettura è discrezionale proprio per questa ragione: la discrezionalità è il giusto argine all’assenza di equilibrio).  

Bibliografia e letture consigliate.

  • Sentenza n. 131 del 2022 della Corte Costituzionale (G.U. 1ª s.s. 01/06/2022, n. 22);
  • Art. 262 CC. - Cognome del figlio nato fuori del matrimonio in www.normattiva.it;
  • Luciano Oliviero, Corte costituzionale e cognome dei figli: le regole del caos, Juscivile 2022;
  • Luciano Oliviero, Ancora sul cognome: due luoghi comuni e due proposte per una riforma annunciata, Giappichelli – Jus Civile (ISSN2421-2563), pp. 1 – 4;
  • Nicola Canzian, L’ultimo capitolo della saga del doppio cognome - Nota alla sentenza n. 131 del 2022 della Corte costituzionale, Osservatorio sulla Corte costituzionale/Nomos 3-2022 (ISSN 2279-7238), pp. 1 – 17.