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La sanatoria del contratto nullo: profili generali e casistica applicativa

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Abstract:

Il contributo in questione ha lo scopo di analizzare la tematica della sanatoria del contratto nullo alla luce dei recenti interventi normativi ed approdi giurisprudenziali. In particolare, verranno comparati gli istituti della sanatoria, della conversione e della novazione distinguendone i tratti fondamentali e la loro ratio. Infine, si darà conto della vasta casistica delle nullità di settore e la loro eventuale sanatoria.

 

Indice:

1. Premessa

2. Dalla nullità alle nullità di settore

3. La casistica codicistica

4. La controversa questione della natura della registrazione del contratto di locazione

 

1. Premessa

Il tema della sanatoria del contratto nullo costituisce un osservatorio privilegiato dal quale operare una disamina del generale sistema dell’invalidità civilistica alla luce delle nuove tipologie di nullità tipiche e atipiche create dal legislatore negli ultimi anni.

Benché costituisca un tema classico, studiato minuziosamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza, esso offre plurimi spunti di riflessione e di approfondimento. Questo anche perché agli aspetti più propriamente speculativi, correlati all’esatto inquadramento della tematica in esame, sono sottese rilevanti ed implicazioni pratiche soprattutto nel settore consumeristico.

In via preliminare, la sanatoria\convalida del contratto va radicalmente distinta dalla conversione e dalla novazione. Invero, la convalida del contratto ex articoli 1423, 1444 Codice Civile è quel fenomeno secondo cui viene stabilizzato retroattivamente l’effetto del contratto viziato mediante una dichiarazione del contraente contenente la menzione del negozio affetto dal vizio e la volontà di sanarlo. Inoltre, il secondo comma dell’articolo 1444 Codice Civile contempla la possibilità di una sanatoria implicita costituita dalla volontaria esecuzione del negozio, a patto che la parte che via abbia dato esecuzione ne conosceva il vizio.

Ben differente è conversione regolata dall’articolo 1424 Codice Civile mediante la quale, il contratto nullo si converte in un negozio diverso se ne possiede i requisiti di sostanza e di forma qualora le parti, se avessero avuto conoscenza della causa di nullità, lo avrebbero voluto. In tale circostanza, gli effetti del contratto saranno quelli propri del contratto convertito.

Invece, la novazione oggettiva regolata dall’articolo 1230 Codice Civile diverge dai due dispositivi sopra menzionati in quanto viene sostituito il negozio affetto da nullità con un nuovo contratto con oggetto o titolo differente. In tal caso sarà necessaria una successiva dichiarazione di intenti, ovvero dell’animus novandi, supportata dal requisito dell’aliquid novi con la conseguenza che solo il contratto novato produrrà effetti.

In linea generale, l’articolo 1423 Codice Civile è stato per lungo tempo considerato privo di un qualsiasi contenuto precettivo in base alla considerazione secondo cui la nullità sarebbe un sinonimo di inesistenza del contratto. Questa granitica impostazione tradizionale rilevava che la nullità non comportava alcun tipo di effetto giuridico in quanto il contratto colpito da tale patologia veniva considerato come inesistente. Viceversa, il contratto meramente annullabile produceva degli effetti giuridicamente rilevanti anche se connotati dall’instabilità, infatti, la parte lesa nel suo interesse, nel termine di cinque anni, poteva chiedere al giudice una sentenza costitutiva\demolitoria del contratto affetto dal vizio al fine di caducarne gli effetti.

Ne conseguiva che il negozio annullabile, produttivo di effetti seppur instabili, poteva essere convalidato\sanato ex articolo 1444 Codice Civile mediante un atto che conteneva la menzione del contratto, del motivo di annullabilità e della volontà di convalidarlo; invece, per il contratto nullo\inesistente non era ammessa la sanatoria poiché totalmente privo di efficacia giuridica.

Del resto, veniva sottolineato che la nullità rappresenta un vizio genetico del negozio talmente grave da porsi in palese contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento quali la certezza del diritto, la tutela dei terzi e la stabilità dei traffici giuridici che non ammettono alcun meccanismo di sanatoria\convalida in quanto interessi non disponibili per le parti.

Tale assunto veniva ricavato dalle differenze di ratio e disciplina intercorrenti fra la nullità e l’annullabilità: la prima, è caratterizzata innanzitutto dall’imprescrittibilità dell’azione salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione ex articoli 1422, 1158, 2379, 2946 Codice Civile. Inoltre, l’articolo 1421 Codice Civile sancisce che l’azione di nullità è a legittimazione ampia ovvero concessa a tutti coloro che ne abbiano interesse e può essere rilevata dal giudice anche d’ufficio in ragione del preminente interesse pubblico violato dalla stipulazione del negozio nullo ex articolo 1419 Codice Civile.

Infine, l’articolo 1419 Codice Civile evidenzia come le ipotesi di nullità non sono un numero chiuso ma diversificate in base al tipo di vizio dando luogo a: nullità virtuali per violazione di norma imperativa, ordine pubblico e buon costume; nullità strutturali per mancanza dei requisiti indicati dall’articolo 1325 Codice Civile ovvero per illiceità della causa o dell’oggetto; nullità testuali negli altri casi stabiliti dalla legge.

Viceversa, in base a quanto disposto dagli articoli 1441, 1442 Codice Civile l’azione di annullabilità si prescrive nel termine di cinque anni e può essere esclusivamente domandata solo dalla parte che abbia stipulato il contratto; ciò è espressione di un vizio meno grave rispetto la nullità poiché concernente l’esclusivo interesse del singolo contraente. Inoltre, le cause di annullamento sono a numero chiuso e consistono nell’incapacità, errore, violenza e dolo ex articolo 1425 e seguenti Codice Civile e non posso essere in alcun modo rilevate dal giudice di ufficio.

Alla luce di tali considerazioni, l’interpretazione tradizionale distingueva radicalmente la nullità dall’annullamento del contratto ammettendo la sanatoria solo in quest’ultimo caso; difatti, la legittimazione relativa, la prescrizione dell’azione di annullamento e l’interesse esclusivo della parte rappresentavano i connotati imprescindibili per dare luogo a convalida del contratto.

 

2. Dalla nullità alle nullità di settore

Dagli anni Novanta in poi si è assistito ad un radicale mutamento dei paradigmi classici in tema di invalidità del contratto frutto di una serie di interventi legislativi che hanno introdotto nell’ordinamento delle cause di nullità relative\protezionistiche. Queste sono state inserite nel T.U.B, T.U.F. e Decreto Legislativo n. 206/2005 c.d. Codice del consumo e dalla Legge n. 173/2005 in tema di vendita a domicilio e tutela del consumatore.

Gli interventi normativi in questione hanno predisposto, a favore del contrente debole, dei meccanismi di tutela connotati da varie “azioni atipiche di nullità” caratterizzate da una peculiare disciplina derogatoria rispetto alla classica azione di nullità. Ciò ha condotto la dottrina e la giurisprudenza ad un ripensamento in ordine alla tradizionale bipartizione fra nullità\inesistenza ed annullamento\instabilità.

La tesi moderna, avallata dalla giurisprudenza maggioritaria e parte della dottrina, ha evidenziato come la nullità del negozio non conduca necessariamente all’inesistenza dello stesso; infatti, l’inesistenza consisterebbe nell’assoluta mancanza dei requisiti basilari del negozio tali da renderlo irrilevante sia dal punto di vista giuridico che fattuale.

Si pensi al caso del contratto stipulato per gioco, per mero scopo didattico o al negozio privo di qualunque forma di esteriorizzazione della volontà di contrarre. In questi casi non si tratta di valutare se vi è un vizio genetico dell’atto poiché esso è inesistente; difatti, in caso di negozio inesistente non è ammessa alcun tipo di sanatoria o conversione poiché non c’è alcun contratto viziato.

Diversa è la situazione del contratto nullo in quanto vi è un negozio giuridico che, però, presenta dei vizi di sostanza o di forma da renderlo improduttivo di effetti giuridici; in tale evenienza sarà necessario valutare se il vizio che accinge il contratto riguarda il risultato o il mero atto. Nel primo caso, il contratto non potrà essere convertito né sanato poiché è lo scopo ad essere contrario a norme imperative, ordine pubblico o buon costume. Invece, se il vizio riguarda una regola attizia può essere convertito ex articolo 1424 Codice Civile o sanato nei casi previsti dalla legge ex articolo 1423 Codice Civile.

Tale impostazione interpretativa sottolinea, inoltre, come anche il binomio annullabilità\instabilità sia entrato in crisi alla luce delle recenti nullità di protezione che rappresentano delle ipotesi ibride connotate da dei profili di disciplina propri della nullità ma anche dell’annullamento. Invero, la nullità consumeristica, disciplinata Decreto Legislativo n. 206/2005 ex articolo 35, è necessariamente parziale ovvero capace di caducare esclusivamente la clausola lesiva dell’interesse del contraente debole e non l’intero contratto salvo che il vizio riguardi l’oggetto del contratto o si ponga in contrasto a norme imperative.

L’azione di nullità di protezione è imprescrittibile ma, allo stesso tempo, è a legittimazione ristretta in quanto può essere proposta esclusivamente dal contraente debole e mai dalla controparte

Un’altra caratteristica che accumuna l’azione in questione con l’annullamento è l’impossibilità per il giudice di rilevare d’ufficio la nullità di protezione; invero, di recente la Corte di Cassazione ha affermato che l’azione di nullità consumeristica è strettamente collegata alla domanda processuale del consumatore sicché, nel caso in cui essa non sia stata avanzata, il giudice non può rilevarla. Ciò evidenzia una totale coincidenza dell’interesse pubblico con quello del consumatore tale da renderlo arbitro esclusivo delle clausole del contratto.

Sicché la legittimazione ristretta, l’esclusivo interesse del consumatore e la non rilevabilità d’ufficio (tratti disciplinari propri dell’azione di annullamento) evidenziano come la nullità consumeristica rappresenti un istituto pienamente compatibile, non solo con la conversione del contratto, ma anche con la sanatoria\convalida secondo le modalità di cui all’articolo 1444 Codice Civile.

In senso critico si è posto quell’orientamento dottrinale che nega la possibilità di sanatoria secondo un’interpretazione letterale e teleologica. In primo luogo, è stato evidenziato come i diritti del consumatore enunciati dagli articoli 2 e seguenti del codice del consumo sono irrinunciabili ed hanno carattere di norma imperativa ex articoli 68 octies decies, 78 Decreto Legislativo n. 206/2005. Inoltre, la sanatoria sarebbe uno strumento a svantaggio del consumatore poiché questi potrebbe essere stato indotto a convalidarlo sotto le pressioni del professionista. In ogni caso, è lo stesso Codice del consumo a dare un ventaglio di tutele al singolo contraente debole come la possibilità di trattativa individuale sulle singole cause ex articolo 34, l’azione di nullità di protezione ex articolo 36, l’azione inibitoria presentata dalle associazioni dei consumatori o la tutela amministrativa contro le clausole vessatorie ex articoli 37, 37 bis.

L’opinione maggioritaria, invece, ritiene l’ammissibilità della sanatoria in quanto i diritti del consumatore sono irrinunciabili quando ancora non sono stati acquisiti e non dopo che questi siano entrati nella sfera della disponibilità del contraente debole. Ad onor del vero, nemmeno l’assunto secondo cui la violazione dei diritti del consumatore sia sempre una violazione di una norma imperativa può essere sostenuto, poiché è necessaria una attenta analisi del singolo caso concreto e della norma violata. Infatti, il Codice del consumo contempla al suo interno numerose variabili di nullità protettive che esplicano differenti bilanciamenti di interessi in ambito di credito al consumo, contratti telematici, servizi finanziari del consumatore, contratti di multiproprietà, ecc.

 

3. La casistica codicistica

Oltre alle fattispecie contemplate principalmente nel Codice del consumo, la problematica della sanatoria del contratto ha investito una vasta casistica che merita di essere analizzata per comprenderne la rilevanza teorica ed applicativa.

Una parte della dottrina e della giurisprudenza concordano che un’ipotesi di sanatoria è riscontrabile negli articoli 590 e 799 in rapporto alla conferma ed esecuzione volontaria di donazioni nulle secondo cui, indipendentemente dalla causa di nullità della donazione, questa non può essere fatta valere dagli eredi ed aventi causa che vi hanno dato esecuzione o l’abbiano confermata.

Infatti, le norme in questione disciplinano una ipotesi atipica di nullità connotata da una legittimazione ristretta all’esercizio dell’azione poiché esperibile solo dagli eredi e dagli aventi causa. Oltretutto, gli articoli 590 e 799 Codice Civile evidenziano una particolare tutela per la volontà del testatore che prevale sull’interesse generale dell’ordinamento se tutti i soggetti legittimati confermano o danno esecuzione all’atto donativo nullo. Invero, in caso di opposizione, anche di un solo soggetto legittimato, l’effetto della conferma o l’eventuale esecuzione testamentaria viene del tutto vanificato.

In senso critico si è posto quell’orientamento giurisprudenziale che vede gli articoli 590 e 799 Codice Civile quale contratto a formazione progressiva e non come una sanatoria; l’impostazione in esame si basa sull’assunto che la donazione nulla sarebbe solo un elemento che andrebbe relazionato agli altri atti di conferma e di esecuzione di ogni erede o avente causa. Viene inoltre rilevato che, nel caso in cui la nullità della donazione dipenda dalla violazione di norme imperative, buon costume, ordine pubblico, errore ostativo ovvero violenza assoluta questa non potrà avere efficacia in ossequio del principio di coerenza e logicità dell’ordinamento giuridico.

Infine, nel caso in cui la donazione nulla leda la quota di legittima dell’erede, questa sarà efficace ma non costituirà una sanatoria dell’atto donativo ma una mera rinunzia all’azione di riduzione.

Altrettanto controversa è l’ipotesi contenuta dall’articolo 2652 c. 6 Codice Civile in tema di pubblicità sanante secondo cui se la domanda atta far valere la nullità del contratto viene trascritta cinque anni dopo la sentenza che accoglie l’atto impugnato, la sentenza che l’accoglie non pregiudica i diritti dei terzi in buona fede, in base ad un atto trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda.

Anche su questo tema si sono contrapposti due orientamenti; secondo una prima impostazione, l’articolo 2653 c. 6 Codice Civile sarebbe un’ipotesi di sanatoria in base ad una interpretazione letterale che fa leva sul nomen iuris “pubblicità sanante” e sulla sua efficacia retroattiva. Un’altra tesi configura il fenomeno della pubblicità sanante quale ipotesi di contratto a formazione progressiva in quanto sono necessari i seguenti presupposti: un atto nullo; il decorso del tempo; la buona fede del terzo; la trascrizione della domanda e dell’atto traslativo. Inoltre, viene sottolineato come sarebbe improprio parlare di sanatoria\convalida in un caso simile in quanto, il procedimento di convalida sancito dall’articolo 1444 Codice Civile, differisce radicalmente dalla procedura contenuta nel sesto comma dell’articolo 2652 Codice Civile.

Preme ulteriormente sottolineare che anche il meccanismo enucleato nel sesto comma dell’articolo 2652 Codice Civile è frutto di un attento bilanciamento fra l’inefficacia del contratto nullo e l’interesse della dell’affidamento dei terzi e della certezza dei traffici giuridici ritenuti prevalenti.

Un ulteriore caso di “sanatoria” del contratto nullo è contemplato dall’articolo 2126 Codice Civile secondo cui la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto alcuno per il periodo in cui esso ha avuto esecuzione a meno che la nullità derivi dall’illiceità della causa o del suo oggetto.

Secondo l’opinione della dottrina l’articolo 2126 Codice Civile sarebbe una sanatoria impropria ovvero parziale poiché l’effetto obbligatorio riguarda esclusivamente le prestazioni già eseguite non obbligando verso il futuro. La ratio della norma si poggia su una tutela effettiva del lavoratore che abbia prestato la sua opera rispetto all’interesse di dichiarare nullo ab origine l’intero contratto, conseguenza questa che recherebbe un danno al prestatore d’opera sfornendolo da ogni genere di tutela.

La giurisprudenza maggioritaria ritiene che vi sia un’ipotesi di sanatoria nella disciplina societaria e, segnatamente, nel disposto di cui all’articolo 2332 Codice Civile in tema di nullità dell’atto costitutivo; invero, al comma secondo viene sancito che la dichiarazione di nullità, per le cause di cui al comma primo, non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione al registro delle imprese. Inoltre, ai sensi del sesto comma, non può essere dichiarata la nullità se la causa è stata eliminata e ne è stata data pubblicità con l’iscrizione al registro delle imprese. Appare evidente che, nel caso di specie, l’affidamento legittimo dei creditori ovvero dei terzi e la certezza del diritto sono ritenuti prevalenti rispetto alla dichiarazione della nullità dell’atto costitutivo.

 

4. La controversa questione della natura della registrazione del contratto di locazione

Infine, merita di essere segnalata una recente pronuncia del 2017 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in tema di registrazione in sanatoria del contratto di locazione. In particolare, il legislatore con plurimi interventi legislativi è voluto intervenire nella materia delle locazioni al fine di eliminare quel fenomeno delle locazioni non registrate che comportavano un ingente danno all’erario. Invero, l’articolo 1 comma 346 della Legge n. 311 del 2004 prevede un’atipica causa di nullità del contratto di locazione derivante dalla mancata registrazione del contratto. 

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, tale ipotesi di nullità potrebbe essere sanata mediante il meccanismo stabilito dall’articolo 1423 Codice Civile  con la conseguenza che il contratto sarebbe efficace retroattivamente sin al momento della sia stipulazione. 

In senso critico si è posta parte della giurisprudenza la quale rilevava che l’elusione del relativo obbligo del registrare il contratto sarebbe una violazione di una norma imperativa tributaria, di conseguenza, il contratto non potrebbe essere in alcun modo sanato mediante il meccanismo di cui all’articolo 1423 Codice Civile

Il contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno aderito alla prima delle teorie sopra esposte evidenziando come la registrazione successiva del contratto di locazione sarebbe a tutti gli effetti una sanatoria. Infatti, tale convalida costituirebbe una sorta di ravvedimento operoso del locatore che permetterebbe di recuperare le somme sottratte all’erario. Inoltre, l’omessa registrazione rappresenta un mero inadempimento tale da non porsi in contrasto la nullità espressa dall’articolo 1 comma 346 della Legge nr. 311 del 2004, quale norma imperativa.

Le Sezioni Unite, viceversa, sottolineano che, nel caso in cui il canone di locazione occulto sia superiore di quello dichiarato nella tardiva registrazione del contratto, questo resta nullo anche se registrato poiché l’accordo simulatorio in questione è funzionale all’evasione fiscale e all’elusione della norma tributaria intesa come norma imperativa.

Difatti, la simulazione del canone di locazione rappresenta un vizio genetico del contratto ben più grave della sua mancata registrazione quale atteggiamento omissivo\inadempimento. L’intento simulatorio altro non sarebbe che un accordo fra le parti finalizzato all’elusione fiscale e, quindi, il contratto sarebbe nullo per causa illecita ex articolo 1419 Codice Civile; ne consegue che, in base ai principi generali in tema di invalidità, il contratto nullo per causa illecita non può essere sanato né convertito poiché il vizio non attiene al risultato in concreto voluto dalle parti.

In conclusione, la problematica della sanatoria dell’atto nullo risulta essere, oggi più che mai, un tema estremamente complesso in quanto dipendente dal bilanciamento dei valori in gioco.

Il tramonto della classica bipartizione nullità\annullabilità è frutto della nascita di regimi di nullità intermedi\ibridi connotati da sfumati confini disciplinatori che, in base alla loro natura giuridica, escludono o includono il fenomeno della sanatoria del contratto destando nell’interprete numerosi dilemmi.