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Covid 19: ordinanze extra ordinem e bilanciamento con i diritti fondamentali

Voglia di mare
Ph. Riccardo Radi / Voglia di mare

Principio di legalità e ordinanze extra ordinem

Il principio di legalità nel settore del diritto amministrativo implica la necessaria presenza di una norma attributiva del potere in capo all’amministrazione al fine di orientare l’emanazione di atti amministrativi verso un interesse pubblico in base allo schema della “norma-fatto-potere-effetto”.

Tale principio non solo rappresenta il modello fisiologico dell’azione amministrativa ma permette, inoltre, una tutela piena dei diritti dei cittadini, i quali possono sindacare l’operato dell’autorità in caso di mancato rispetto dei limiti legali e del fine pubblicistico.

Tuttavia, il nostro ordinamento conosce delle peculiari ipotesi nelle quali si assiste ad una contrazione del principio di legalità al fine di fronteggiare eventi e calamità naturali connotate dai tratti della straordinarietà e dell’imprevedibilità. In tali circostanze, che connotano c.d. diritto amministrativo dell’emergenza, vengono affidati agli ufficiali di Governo poteri straordinari che si manifestano con l’emanazione di provvedimenti espressione di una indefinita discrezionalità mista: si tratta delle cc.dd. ordinanze extra ordinem.

Invero, proprio a seguito dell’emergenza sanitaria instauratasi a causa della situazione epidemica da Covid-19, si è assistito ad un rinnovato dibattito concernente la limitazione delle libertà fondamentali dell’uomo tramite le ordinanze contingibili ed urgenti emanate dalla protezione civile, dai presidenti delle regioni e dai sindaci.

Al fine di meglio comprendere il dibattito in questione appare necessario descrivere i limiti stringenti che connotato tali atti amministrativi alla luce del dato codicistico e dell’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato.

 

Disciplina delle ordinanze extra ordinem

Orbene, le ordinanze extra ordinem vengono definite quali provvedimenti amministrativi caratterizzati da tratti di discrezionalità amministrativa e tecnica funzionali a far fronte ad eventi straordinari ed imprevedibili che non possano essere gestiti con altro provvedimento ordinario e tipizzato.

Tali provvedimenti trovano il loro fondamento giuridico in plurime leggi speciali, come il Decreto Legislativo 112/98, la Legge 833/78 e il Decreto Legislativo 267/2000, nelle quali viene attribuito il potere agli ufficiali di Governo di emanare atti amministrativi dal contenuto atipico al fine di tutelare la sicurezza e la salute della collettività.

Proprio in ragione di tale incontrollata discrezionalità e dell’atipicità contenutistica di tali provvedimenti, sia la giurisprudenza che la dottrina amministrativa si sono interrogate sui limiti in ordine alla loro emanazione.

Più nel dettaglio, il Consiglio di Stato ha precisato che le ordinanze extra ordinem possano essere emanate solo in determinate condizioni, e con dei limiti ben stabiliti, in ragione della compressione del principio di legalità nel settore dell’emergenza.

In primo luogo, è stato sottolineato che le ordinanze in questione non possano porsi in contrasto tout court ai principi costituzionalmente garantiti, ma possono derogare alla legge ordinaria nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa.

In secondo luogo, è necessario che tali atti siano posti in essere al fine di gestire un evento di straordinaria portata connotato dai caratteri dell’urgenza e dell’imprevedibilità che non possa essere scongiurato attraverso altri atti nominativamente previsti dal legislatore.

Infine, queste devono essere connotate dal requisito della “temporaneità” ovvero devono operare per un lasso di tempo determinato commisurato alla gravità dell’evento e alla sua gestione; sicché le ordinanze extra ordinem rappresentano uno strumento sussidiario ed eccezionale.

 

Diritti fondamentali e ordinanze extra ordinem

Alla luce di tali considerazioni, la giurisprudenza amministrativa si è interrogata sulla validità delle ordinanze emesse dai presidenti delle regioni e dei sindaci che sancivano limitazioni dei diritti fondamentali ben più pregnanti rispetto a quelle decise attraverso i D.P.C.M. del Presidente del Consiglio dei Ministri.

In particolare, con il Decreto Legge n. 6/2020 è stato attribuito un potere di gestione della situazione epidemica da Covid 19 ai vari ufficiali di Governo delle regioni e dei comuni sulla scorta dei limiti forniti dal medesimo Decreto Legge e dai vari D.P.C.M. attuativi delle decisioni del Consiglio dei Ministri.

Mentre il Decreto Legge n. 6/2020 stabiliva le linee generali per gestire l’epidemia sanitaria limitando, quindi, determinate libertà fondamentali già in maniera decisiva, i vari presidenti di regione e sindaci hanno sancito ulteriori limitazioni delle libertà fondamentali senza coordinarsi con lo Stato centrale.

La questione è pervenuta a plurimi T.A.R. che hanno aderito, sostanzialmente, a due differenti linee interpretative.

Secondo una prima tesi le ordinanze emesse dalla protezione civile e dai vari ufficiali di Governo sono atti amministrativi illegittimi poiché trascendono i limiti imposti dal legislatore, soprattutto nei casi delle limitazioni delle libertà fondamentali che sono protette da riserva assoluta di legge.

Nello specifico, l’impostazione ermeneutica in questione si basa sui precedenti consolidati in seno al Consiglio di Stato secondo cui le ordinanze extra ordinem non possono porsi in contrasto con i principi costituzionali. Invero, nemmeno una situazione di spiccata emergenza potrebbe limitare, con atti amministrativi, i diritti fondamentali dell’uomo che connotano il nostro Stato democratico. A corroborare tale argomentazione viene anche evidenziato che, in ogni caso, si assisterebbe ad una palese violazione di crismi della proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa. Ciò viene anche ulteriormente supportato dal dato fattuale che i singoli presidenti di regione e sindaci hanno imposto limitazioni pressoché assolute dei diritti di circolazione, istruzione e della libertà economica ex articoli 16, 34, 41 Costituzione, discostandosi dall’indice epidemico “c.d. R.T.” e dagli altri criteri sanciti dallo Stato Centrale violando, allo stesso tempo, il principio di leale collaborazione fra amministrazione periferica e Stato centrale ex articoli 114 e 117 Costituzione.

In definitiva, le ordinanze contingibili ed urgenti emesse in violazione dei limiti sanciti dal Decreto Legge n. 6/2020 sono da reputarsi illegittime per violazione di legge ex articolo 21octies Legge 241/90.

Di diverso avviso è l’attuale orientamento maggioritario avallato dal Consiglio di Stato che sostiene la validità in astratto delle ordinanze contingibili ed urgenti alla luce di un’interpretazione teleologica e conforme ai principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa.

Più nel dettaglio, il Consiglio di Stato ha evidenziato come la situazione epidemica\sanitaria derivante da Covid 19 ha comportato un mutamento dei paradigmi classici in tema di diritto dell’emergenza. In realtà, proprio la necessità di fronteggiare un pericolo alla vita di rilevanza globale esige strumenti rapidi e snelli funzionali alla gestione immediata della situazione predisponendo tutte le misure idonee a tutelare la salute collettiva. Sicché, proprio il principio di stretta legalità non può essere bilanciato con la necessità di salvaguardare pienamente la salute collettiva ex art. 32 Costituzione.

L’esatta declinazione di tale tempestività di intervento sono i D.P.C.M. ovvero atti amministrativi generali del Presidente del Consiglio emanati al fine di fronteggiare un pericolo imminente e di straordinaria portata che non poteva, nell’immediatezza, essere regolato da decreti legge.

Grazie al Decreto Legge n. 6/2020 ad essi si affiancano le ordinanze contingibili ed urgenti funzionali alla salvaguardia del bene “salute collettiva” ex articolo 32 Costituzione in base al diverso manifestarsi della situazione epidemica nel territorio dello Stato. Sicché, proprio la necessità della tutela collettiva della salute evidenzia come le ordinanze emanate non comportano deroghe tout court ai principi fondamentali, anzi procedono ad un accurato bilanciamento sulla scorta dei crismi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa.

Quindi, proprio alla luce della base legale fornita dal Decreto Legge n. 6/2020 in “astratto” sono ammissibili ordinanze extra ordinem che procedano ad un bilanciamento dei diritti fondamentali in gioco purché si tratti di limitazioni temporanee, proporzionali e ragionevoli e, soprattutto, rispettose dei parametri sanciti dalla legge che ne fonda il potere.

Allora, questi atti amministrativi saranno perfettamente legittimi nei casi in cui il presidente di regione o il sindaco predisponga limitazioni conformi ai parametri contenuti dal Decreto Legge n. 6 del 2020 e mai più rigorose delle limitazioni già sancite al livello di Stato centrale.

Invero, l’eventuale violazione dei limiti della legge attributiva del potere o dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza comporta la sindacabilità di tali atti amministrativi davanti al giudice amministrativo con possibilità di richiedere l’annullamento per violazione di legge ex art. 21 octies Legge 241/90. Inoltre, le parti attrici potranno chiedere anche la tutela cautelare monocratica o ante causam ex articolo 55 seguenti Codice Processo Amministrativo data la grave compressione dei diritti fondamentali.

In definitiva, la tematica della limitazione dei diritti fondamentali tramite provvedimenti amministrativi è, ad oggi, al centro di un accesso dibattito dove si scontrano le istanze della legalità amministrativa con le esigenze di snellezza procedurale per far fronte a situazioni emergenziali.

Invero, nonostante il Consiglio di Stato abbia abbracciato una tesi che permetta alle ordinanze di derogare ai diritti fondamentali, la dottrina paventa ancora numerose perplessità valorizzando la necessaria base legale in tema di diritto dell’emergenza. Una problematica figlia e vittima di una situazione senza precedenti nella quale l’emergenza sanitaria non può essere gestita con i consueti strumenti del diritto comune.