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Vaccini: come i giuristi dimenticano il diritto

vaccini obbligatori
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Vaccini: come i giuristi dimenticano il diritto

 

Prologo

Quid est veritas?

[Ev. sec. Ioannem, 18:38]
 

«Ma come fa a pensare una cosa del genere?» disse Harry arrabbiato. «Che Silente s’inventi tutto… che io mi inventi tutto?»

«Perché accettare il fatto che Voldemort è tornato vorrebbe dire guai, come il Ministero non ne affronta da quasi quattordici anni» osservò Sirius amaramente. «Fudge non riesce proprio ad ammetterlo. È molto più facile credere che Silente stia mentendo per destabilizzarlo».

«Capisci il problema» disse Lupin. «Finché il Ministero insiste che non c’è nulla da temere da parte di Voldemort, è difficile convincere la gente del suo ritorno, soprattutto perché nessuno ci vuole credere. In più, il Ministero conta molto sul fatto che La Gazzetta del Profeta non riporta nessuno di quelli che definiscono i pettegolezzi di Silente, così gran parte della comunità magica è completamente ignara di tutto ciò che è successo, e questo la rende facile preda dei Mangiamorte, se usano la Maledizione Imperius».

«Ma voi lo dite a tutti, no?» domandò Harry, guardando il signor Weasley, Sirius, Bill, Mundungus, Lupin e Tonks. «Lo fate sapere a tutti che è tornato?»

Sorrisero senza allegria.

«Be’, visto che in giro si crede che io sia un pazzo terrorista e il Ministero ha messo una taglia di diecimila galeoni sulla mia testa, non è che possa passeggiare per la strada a distribuire volantini, no?» disse Sirius irrequieto.

«E io non sono un ospite a cena molto gradito per gran parte della comunità» aggiunse Lupin. «È uno dei rischi professionali di un lupo mannaro».

«Tonks e Arthur perderebbero il loro lavoro al Ministero se cominciassero a parlare a destra e a manca» proseguì Sirius, «ed è molto importante per noi avere delle spie all’interno del Ministero, perché ci puoi scommettere che Voldemort le avrà».

[…]

«Ma se nessuno di voi fa circolare la notizia che Voldemort è tornato…» cominciò Harry.

«Chi ha detto che nessuno di noi fa circolare la notizia?» disse Sirius. «Perché credi che Silente sia così nei guai?»

«Che cosa intendi dire?» chiese Harry.

«Stanno cercando di screditarlo» rispose Lupin. «Non hai letto La Gazzetta del Profeta la settimana scorsa? Hanno scritto che è stato estromesso dalla Presidenza della Confederazione Internazionale dei Maghi perché sta invecchiando e perde il controllo, ma non è vero, è stato escluso dai maghi del Ministero dopo che ha tenuto un discorso per annunciare il ritorno di Voldemort. L’hanno retrocesso dalla carica di Stregone Capo del Wizengamot – l’Alta Corte dei Maghi – e stanno decidendo se levargli anche l’Ordine di Merlino, Prima Classe».

[J.K. Rowling_Harry Potter e l’Ordine della Fenice]

 

Il mosaico

La recente trovata di Repubblica: Il feticcio della privacy e le polemiche sul riconoscimento facciale, titolava Andrea Monti nel proprio sermone del 6 maggio scorso. Sottotitolo gustoso: “Opporsi all’impiego di tecnologia per garantire la sicurezza perché qualcuno potrebbe abusarne equivale ad affermare di non avere fiducia nelle istituzioni”.

Ennesimo stravolgimento del senso comune condiviso da qualsiasi savio cittadino: alle istituzioni civili è bene riconoscere il rispetto dovuto alla res publica e, certamente, una certa apertura di credito iniziale, la quale tuttavia nell’immediato deve essere reciprocamente ripagata dalle Istituzioni democratiche dimostrando di essersela meritata e di continuare a meritarla.

D’altra parte è esperienza di tutti che dove c’è un diritto, e ancor più viene attribuito un potere, lì è insito, a causa di quel piccolo particolare del libero arbitrio, il rischio del loro abuso.

Ed è sufficiente una conoscenza storica meno che elementare delle Istituzioni stesse per sapere che tutto il costituzionalismo “occidentale” di cui è espressione la nostra stessa Carta fondamentale (da certa parte venerata solamente quando le fa comodo, peraltro quasi sempre per farle dire l’esatto opposto di quanto prevede) nasce e si sviluppa a partire anzitutto da un obiettivo ben preciso: controllare il potere, attraverso regole e princìpi che ne presuppongano la divisione nelle sue articolazioni principali (tradizionalmente: legislativo, amministrativo e giudiziario…anche se alla sensibilità giuridico-sociale continua a sfuggire anche il quarto, il potere dei c.d. mass-media) e ne imbriglino il funzionamento in un efficace sistema di pesi e contrappesi.

In altre parole, lo scopo ultimo e fondamentale è la riduzione massima del rischio di un abuso del potere (visto che nella pratica non risulta mai del tutto eliminabile).

Pare che per Monti invece, con ragionamento mutuato dalla Regina di Cuori del Paese delle meraviglie di Carroll, il timore dell’abuso sia roba da malfidenti meschini, per i quali ancora non è chiaro se vorrebbe il ripristino del reato di lesa maestà.

L’aspetto tragico, nell’occasione, non è naturalmente la boutade da baci perugina del redattore di Repubblica (testata la quale complessivamente ormai da tempo immemore propone articoli che il più delle volte appaiono ispirati da tutto tranne che da effettive finalità informative), quanto, piuttosto, la sensazione tangibile che l’idea a essa sottostante non sia altro che genuina espressione della Weltanschauung affermatasi tra quegli stessi uomini del Palazzo (e donne, of course) che nel drammatico momento presente per rapporto organico quelle Istituzioni rappresentano.

Il caso eclatante in tal senso è dato dall’impressionante affresco delle politiche per il Covid, in generale, e conseguenti obblighi vaccinisti, in particolare, originati da neppure malcelate brame di dispotico controllo sociale e causa a loro volta (in ciò sostenute dal fondamentale apporto del circo massmediatico) di isterismi collettivi e discriminazioni civili e sociali.

Un affresco che, per quanto grandioso, non rappresenta che la singola tessera del monumentale mosaico espressione delle derive religiosa, filosofica, antropologica e infine giuridica con le quali le forze dissipatrici del progressismo occidentale sono intenzionate ad annullare la civiltà di matrice europea.

E, tuttavia, è di estremo interesse lo studio di questa singola tessera del mosaico che, come parte di un ipnotico frattale, fedelmente ricopia e riproduce al suo interno le stesse dinamiche e meccanismi riscontrabili nel quadro complessivo.

Capire le logiche sistemiche dell’una, in altre parole, consente di comprendere e riconoscere con eccezionale facilità anche quelle dell’altro: nel tutto la parte, nella parte il tutto.

Come si diceva, il sistema democratico, nell’odierna (ma in fase di superamento) concezione tripartita del potere, ha in quello giudiziario il proprio presidio di tenuta complessiva, l’ultima istanza decisoria (che dovrebbe fungere da) garante della corretta legiferazione del Parlamento e buona amministrazione del Governo, a tutela effettiva dei diritti fondamentali dei cittadini.

E, invece, è ormai chiaro a molti come tanta parte della magistratura abbia deciso, e continui a farlo, di avvalorare e legittimare le irrazionali e autocratiche politiche dello spaventoso triennio appena passato col pretesto dell’emergenza sanitaria: sin dall’origine a molti apparse non solo inutili ma purtroppo addirittura dannose, in base a un esame di realtà condotto con retta ragione, volontà non sviata da interessi partigiani e autentico metodo scientifico; oggi impietosamente svelate, secondo quanto per la verità si sospettava sin dall’inizio, come figlie di pesantissimi conflitti di interessi e lotte intestine alle stesse Istituzioni, tanto riprovevoli quanto puramente politiche e per nulla scientifiche.

In effetti ormai è elevato il numero di coloro ai quali appare evidente come la divulgazione vaccinista e connesse politiche impositive non riguardino più neppure i vaccini in sé considerati (ovvero farmaci di cui a ogni singolo medico sia consentito valutare serenamente, in scienza e coscienza, caratteristiche, effetti e concreto rapporto rischi/benefici), ma costituiscano appunto una delle tessere del mosaico per il quale in gioco c’è nientemeno che la stessa civiltà autenticamente democratica. Il Prof. Stefano Fontana dell’Osservatorio Van Thuan parla di “potere terapeutico” per l’instaurazione di un nuovo regime sanitario pre-concepito, funzionale al controllo sistematico della popolazione[1].

Per questo rimane di fondamentale interesse occuparsi delle sentenze 14 – 15 – 16/2023, con cui la nostra Corte Costituzionale ha purtroppo confermato la legittimità degli obblighi vaccinali anti-Covid adottati dalla politica sanitaria di Draghi&Speranza.

 

Di cosa è stato deciso

Con la Sentenza n. 14 (probabilmente la più rilevante delle tre) la Consulta ha deciso sull’ordinanza di rimessione della CGA Sicilia, originata nel giudizio proposto da uno studente vistosi escludere dall’Università di appartenenza per mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale.

Due gli argomenti interessanti sollevati dalla Corte trinacria: 

1) la corretta ricostruzione storico-giuridica del contenuto dei tre requisiti a cui è subordinata l’ammissibilità degli obblighi vaccinali, in conformità alla stessa pregressa giurisprudenza di legittimità costituzionale[2] e 

2) il rilievo che, per i vaccini anti-Covid, i dati scientifici dimostrano il non soddisfacimento del secondo requisito.[3]

A motivo di tale conclusione il giudice siciliano ha indicato tale concorso di cause:

I] la sottostima del numero di eventi avversi, imputabile anzitutto al carente sistema di raccolta dei dati (in quanto basato esclusivamente su farmacovigilanza passiva);

II] dalle sopravvenute emergenze istruttorie (rapporto AIFA febbraio 2022 e dati EudraVigilance, in primis“…risulta che il numero di eventi avversi da vaccini per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 è superiore alla «media […] degli eventi avversi già registrati per le vaccinazioni obbligatorie in uso da anni», e, per di più, lo è di diversi ordini di grandezza…”;

III] inadeguatezza del triage pre-vaccinale.

La Sentenza n. 15 ha riguardato invece il giudizio su ben dieci ordinanze di rimessione (7 del Giudice del Lavoro di Brescia, 1 del G.L. di Catania, 1 del G.L. di Padova, 1 del TAR Lombardia).

La riunione in un unico giudizio di legittimità è motivata dalla comunanza di cause: tutte in varia misura avevano a oggetto ricorsi di lavoratori contro la normativa ratio temporis vigente sotto due profili, vale a dire il carattere discriminatorio della mancata previsione di repêchage per i non vaccinati e l’omessa erogazione di un assegno con natura alimentare per i sospesi.

Di particolare interesse l’eccezione sollevata dal G.L. di Padova, il quale sulla base di un ragionamento articolato sull’inefficacia dei vaccini a prevenire il contagio così come comprovata dai dati ufficiali (Ministero salute e report ISS), ha revocato in dubbio la ragionevolezza dell’obbligo di vaccinazione anche a fronte della migliore capacità dei tamponi a garantire un ambiente di lavoro privo di soggetti contagiosi.

Da ultimo, il caso affrontato con Sentenza n. 16 risulta qui di relativo rilievo.

Non perché la sottesa questione non fosse di interesse, riguardando anzi il ricorso di una psicologa sospesa dalla professione pur avendo dimostrato di poter svolgere la propria attività esclusivamente per mezzo di collegamenti telematici con i pazienti e, quindi, in presenza di rischio (realmente) zero di contagio. Tuttavia la Consulta ha definito il giudizio con una mera statuizione di inammissibilità per asserito difetto di giurisdizione in capo al giudice remittente, il che le ha consentito di non prendere posizione sulla spinosa questione di merito. La decisione è comunque sospetta ed estremamente discutibile, considerato che essa risulterebbe frutto della posizione assunta ex novo dalla Corte in rapporto all’effettiva rilevanza dei profili giurisdizionali nei giudizi di costituzionalità, adottata peraltro senza fornire un’apprezzabile motivazione sulle ragioni di tale contrasto con i propri stessi precedenti giurisprudenziali, come ha efficacemente dimostrato l’Avv. Roberto Martina al cui articolo si rimanda.
 

Non possomus

A oggi sono già diversi i commenti fortemente critici nei confronti della decisione sostanzialmente sottesa alle due sentenze 14 e 15 (con la 16, come visto, si può forse parlare di “ritirata strategica” della Corte), e si può pronosticare che altri ne arriveranno, non solo per l’inaccettabile stravolgimento che con essa è stato fatto al cuore stesso dell’ordinamento costituzionale italiano, ma anche per la praticamente inesauribile serie di problematiche, da un lato istituzionali e giuridiche, e dall’altro scientifiche ed epistemologiche, alle quali essa ha dato la stura nel tentativo di “mettere una pezza” ai gravi vulnera costituzionali realizzati da un triennio di politiche epidemiche che solo eufemisticamente si possono definire, dato quello che sta emergendo, errate e fallimentari. Pezza che inevitabilmente rischia di rivelarsi ben peggiore del buco.

Ecco perché l’associazione degli Avvocati in difesa della Costituzione dichiarano che sul vaccino anticovid la Consulta ha deviato dal proprio ruolo, mentre la Dott.ssa Alessandra Chiavegatti, magistrato di Cassazione, afferma senza mezzi termini che ha tradito lo spirito dei Padri Costituenti.

Una sintesi dell’operazione esegetico-argomentativa compiuta in quest’occasione dalla Corte può essere la seguente: i vari obblighi vaccinali anti-Covid imposti dalla politica governativa di Draghi-Speranza sono stati dichiarati conformi a ragionevolezza e proporzionati

I] sul piano giuridico:

1) annullando la concezione personalista della Costituzione, architrave dell’intero sistema, attraverso l’adozione di una nozione rivoluzionaria del principio solidaristico tale da legittimare il cosciente sacrificio della persona;

2) una conseguente lettura stravolta dell’art. 32 Cost., non solo per quanto appena detto ma perché a esso si è accompagnata la completa obliterazione dell’invalicabile confine posto dall’ultima preposizione del medesimo art. 32, vale a dire quello dei “…limiti imposti dal rispetto della persona umana”, semplicemente mai citato dalla Corte nelle sentenze in questione;

3) il capovolgimento del tradizionale e corretto modo di intendere il principio di precauzione di derivazione europea;

II] dal punto di vista, invece, dell’episteme giudiziaria:

4) dichiarando contro ogni evidenza i c.d. prodotti vaccinali anti-Covid non sperimentali,

5) ignorando completamente la mole di dati scientifico-epidemiologici, nonché le correlate dimostrazioni medico-scientifiche fornite non solo dagli originari ricorrenti, ma anche dai numerosi esperti intervenuti nel giudizio di legittimità costituzionale con la forma della opinio amicus curiae,

6) recependo acriticamente e senza alcun previo contraddittorio tecnico-scientifico le mere dichiarazioni su efficacia e sicurezza dei c.d. vaccini, fornite da organi e enti ministeriali a (ovvia) suffragazione delle politiche impositive del Ministero medesimo.

 

In diritto – 1_La persona secondo Costituzione

In nome di un malinteso bilanciamento tra posizioni costituzionalmente rilevanti (salute individuale/sanità pubblica, e che è parso addirittura solo nominalistico, visto la sostanziale cancellazione della prima a vantaggio dell’altro) la Consulta ha giustificato per il presente e legittimato per il futuro il sacrificio della persona in favore del potere pubblico.

Non possono esserci fraintendimenti in ciò, come lucidamente rileva l’Avv. Angelo Di Lorenzo[4] nell’intervista a Marina Crisalfi. In rapporto a quelli che sono i sopra visti tre requisiti tradizionalmente individuati per la legittimità dell’obbligo vaccinale dalla pregressa giurisprudenza della stessa Consulta, la chiave argomentativa su cui la Corte ha fatto leva è stata quella dello svilimento esegetico del secondo di essi (sub b): non pregiudizialità del trattamento sullo stato di salute dell’obbligato se non per conseguenze lievi e transitorie), tale, dice Di Lorenzo, da legittimare in conclusione “la pratica del sacrificio umano laddove ha ritenuto possibile che il legislatore, discrezionalmente, possa pretendere dall’intera popolazione - e non solo dai sanitari - di sacrificare la propria salute e la propria vita per "solidarietà sociale"”.

E, in effetti, non pare ci si possa esimere dal parlare di vera distorsione interpretativa rispetto ai contenuti tralatizi del requisito b), peraltro correttamente richiamati dallo stesso CGA Sicilia nella propria ordinanza di rimessione dove annota “[v]ero è che le reazioni gravi costituiscono una minima parte degli eventi avversi complessivamente segnalati; ma il criterio posto dalla Corte costituzionale in tema di trattamento sanitario obbligatorio non pare lasciare spazio ad una valutazione di tipo quantitativo, escludendosi la legittimità dell’imposizione di obbligo vaccinale mediante preparati i cui effetti sullo stato di salute dei vaccinati superino la soglia della normale tollerabilità, il che non pare lasciare spazio all’ammissione di eventi avversi gravi e fatali, purché pochi in rapporto alla popolazione vaccinata, criterio che, oltretutto, implicherebbe delicati profili etici (ad esempio, a chi spetti individuare la percentuale di cittadini “sacrificabili”)”.

E, invece, con la sentenza 14 la Corte opera “una distorsione interpretativa che aggiunge, da un punto di vista linguistico, un preciso contenuto ad un concetto che invece viene espressamente escluso dal principio enunciato, ossia che gli eventi avversi prevedibili in conseguenza di un trattamento sanitario obbligatorio che possa dirsi costituzionalmente legittimo debbano essere necessariamente lievi, transitori e tollerabili” (Di Lorenzo) e ciò addirittura sarebbe sufficientemente compensato con la monetizzazione del danno tramite indennizzo previsto per legge.

Parafrasando Maria Antonietta: «-Maestà, anche se (si dice) improbabili, i cittadini hanno paura di eventi avversi gravi e permanenti. -Se capitano, dategli un indennizzo».

Il sacrificio della persona in concreto affermato dalla Corte è, peraltro, effetto diretto della cancellazione semantico-terminologica e della rimozione teorica della stessa nozione di persona.

Ovviamente non si tratta di un caso, ma corrisponde alla ricaduta lessicale di una precisa concezione del diritto a sua volta funzionale a una altrettanto chiara, e più ampia, visione di uomo, società, mondo, come ha ottimamente messo in risalto il Prof. Danilo Castellano.

Sul piano dei princìpi giuridici tale elisione è anzitutto frutto per un verso dell’impiego di concetti generici ed evanescenti, per l’altro della loro interpretazione anti-personalista.

In tal senso si pone anzitutto l’intenzionale frantumazione prospettica dell’essere umano: non più persona secondo la concezione classica, vale a dire essere razionale e perciò libero, socialmente ordinato secondo il Bene comune, quest’ultimo sintesi nello spazio pubblico del Verum et Bonum secondo retta ragione e integra coscienza, in ordine al quale il potere politico è chiamato a un ruolo sì di governo ma ancillare;[5] ma artificiosa scissione politica tra individuo e collettività, con forzata contrapposizione pregiudiziale tra interesse del primo e quello della seconda e, infine, arbitraria affermazione già in via di principio della degradazione gerarchica dell’interesse individuale, generalmente e genericamente assoggettato alla supremazia dell’interesse della collettività.

Ma, come si diceva, quelle di interesse collettivo e salute pubblica sul piano concettuale sono di per sé nozioni astratte, costitutivamente bisognose di essere contestualizzate hic et nunc per poter esprimere un significato concreto. Per natura sono, cioè, etichette espressione di altro, ovvero di ciò che il potere politico su di esse proietta in un dato momento in termini di contenuti e priorità.

Al riguardo Castellano nota (vd. supra) La Sentenza della Corte costituzionale n.14/2023 […] si richiama reiteratamente alla solidarietà e agli interessi collettivi. Invoca, a tal fine, esplicitamente o implicitamente, dottrine elaborate sulla base di assunzioni la cui validità andrebbe provata: sono le dottrine del costruttivismo politico-giuridico che pretese (e, in parte, tuttora pretende) – non riuscendovi – di giustificare il diritto pubblico e di affermare la sua supremazia su ogni altra «dimensione» del diritto. Queste dottrine devono sempre e coerentemente adottare come criterio ultimo la ragion di Stato, sulla base della quale tutto (e il contrario di tutto) può essere formalmente legittimato. Anche le cose più assurde e, in ultima analisi, antigiuridiche. Con la norma statuale diceva il Portalis tutto è possibile. Anche distruggere la realtà e crearne una nuova. L’interesse collettivo sostituirebbe, così, il diritto”.

Quanto, poi, all’altro concetto ripetutamente richiamato in quest’occasione dalla Corte e più in generale tanto caro agli appassionati sostenitori dell’obbligo, vale a dire quello della solidarietà sociale, esso ha già ricevuto, in rapporto alla problematicità del suo significato linguistico-giuridico, una netta confutazione dal giudice Prof. Krzysztof Wojtyczek, nell’àmbito dell’opinione dissenziente da questi redatta in calce alla sentenza CEDU del 08.04.2021 relativa alla legittimità degli obblighi vaccinali pediatriciNei paragrafi da 279 a 306 la maggioranza fa riferimento alla “solidarietà sociale” (“solidarité sociale”). Non è chiaro cosa significhi qui questo concetto (che riporta alla mente il lavoro di Émile Durkheim) […] l’idea stessa di solidarietà, come inizialmente intesa nel linguaggio ordinario (derivante dal linguaggio giuridico), presuppone un’autorganizzazione spontanea, non sacrifici imposti dal potere statale [6].

Ancor più è sul piano dell’assiologia costituzionale che risulta evidente l’inversione del corretto rapporto tra diritto della persona e interesse collettivo operato dalla Consulta, per cui, rilevano gli Avvocati in difesa della Costituzione (vd. supra), l’articolo 32 Cost. “nell’individuare la tutela della salute come compito della Repubblica, la definisce chiaramente e senza alcuna possibilità di equivoci come un "diritto" dell’individuo e un "interesse" della collettività, non viceversa!” e, pertanto, […] mai un "interesse", pubblico o privato che sia, può acquisire una rilevanza tale da sovrastare dei contrapposti diritti, fino ad annientarli […] Ciò rivela una inequivocabile verità, ovvero che non può esservi bilanciamento tra diritto ed interesse, perché il primo è sempre destinato a prevalere”.

In altre parole: come costantemente insegnato nelle aule universitarie durante un qualsiasi corso di Diritto Costituzionale (e, ovviamente, sempre ribadito dalla stessa Corte, almeno fino alle sentenze in commento), la Costituzione italiana è strutturalmente fondata sul, e ordinata dal, principio personalista e non da quello socialista.

Purtroppo, però, i problemi non finiscono qui.

L’eccentricità, per così dire, delle Sentenze 14 e 15 rispetto alla corretta ermeneutica costituzionale comunemente riconosciuta ha forse il suo culmine più ancora in quello che la Corte ha affermato, in ciò che ha omesso completamente di dire: ci si riferisce, come sopra già accennato, alla proposizione conclusiva dell’art. 32 Cost.: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Si capisce che si tratta, considerati il contesto sociale delle Sentenze e il contenuto di quanto deciso, di una mancanza a dir poco esiziale, e che, per dirla con Di Lorenzo (vd. supra)“fa venire i brividi ad un giurista moderatamente democratico”.

A dire il vero quella di “dimenticare” i limiti inerenti la dignità umana non è una novità per la Corte, risultando anzi corrispondere purtroppo a una sua vera e propria abitudine consolidata, visto che nei suoi stessi precedenti in materia di trattamenti sanitari obbligatori (tra i quali spiccano, naturalmente, quelli vaccinali) non è dato rinvenire alcun concreto riferimento al tema; tant’è vero che la stessa Prof.ssa Cartabia ancora nel 2012 doveva annotare “Tra le condizioni sostanziali da rispettare nell’imporre un trattamento sanitario obbligatorio vi è, secondo l’art. 32, secondo comma, anche il rispetto della persona umana, ma, a quanto consta, la Corte non ha avuto modo di elaborare specificamente il significato di questo limite”.

E già così, per le aspettative di un comune cittadino, non sembrerebbe omissione da poco.

Senonché proprio le oggettive e gravissime compromissioni di diritti primari (in quanto tali costitutivi del contenuto sostanziale della stessa dignità della persona) comminate dal Governo-legislatore in conseguenza dell’inottemperanza alle imposizioni vaccinali anti-Covid (sospensione dal lavoro senza alcun sostegno economico, divieto di utilizzo del pubblico trasporto, etc), avrebbero potuto costituire (e, anzi, avrebbero dovuto) l’occasione ottimale offerta alla Corte per affrontare ex professo e funditus la questione, dando finalmente indicazioni chiare sia in termini di principio che di concreti contenuti su quali siano e in cosa consistano tali limiti invalicabili.

E invece … come anticipato, la Corte non ha fatto alcun cenno all’ultimo comma dell’art. 32 della Costituzione, in cui si dice espressamente, a proposito di trattamenti sanitari obbligatori, che "la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana"” (Chiavegatti, ut supra), così avallando un’inaccettabile interpretatio abrogans di quella disposizione che il legislatore costituzionale ha posta, non a caso posta, a chiusura e garanzia del sistema in ordine ai trattamenti obbligatori.

Giustamente è stato ricordato (Avvocati in difesa della Costituzione, ut supra) che l’Assemblea Costituente ha specificamente inteso escludere dalla Costituzione il sacrificio umano nell’interesse degli altri o per finalità sociali, quindi proprio in relazione a quell’art. 2 Cost. su cui gli assertori del solidarismo sociale basano i propri erronei argomenti: “Permane l’impressione che sotto una concezione siffatta si nasconda il pericolo dello Stato totalitario, il quale, per il raggiungimento di quei fini determinati, finirebbe con l’incrinare le libertà individuali. Ritiene che una formula conciliativa debba essere trovata nel senso, anche da lui condiviso, del concetto cristiano e umano della solidarietà umana e sociale, ma escludendo che questa solidarietà umana e sociale debba essere perseguita attraverso uno Stato totalitario” [cit. Mastrojanni, da lavori Ass. Cost. appendice del 01.10.1946]. Ancora: “Né i diritti di libertà si possono scompagnare dai doveri di solidarietà di cui sono l’altro ed inscindibile aspetto. Dopo che si è scatenata nel mondo tanta efferatezza e bestialità, si sente veramente il bisogno di riaffermare che i rapporti fra gli uomini devono essere umani” [cit. relazione di progetto Costituente del 24.01.1947].

Addirittura quando venne introdotto dall’On. Moro l’emendamento poi approvato all’art. 32 in merito ai limiti dati al legislatore nell’imposizione dei trattamenti sanitari, “Il preminente rispetto della persona umana era considerato così scontato ed irrinunciabile [in seno all’Assemblea] che l’emendamento di Moro provocò la reazione dell’On. Lucifero, per il quale la precisazione dell’esistenza del limite del rispetto della persona all’attività del legislatore poneva un problema di "dignità costituzionale". E ciò in quanto, a suo giudizio, dovendosi creare una Costituzione che garantisse la dignità umana in tutti i suoi aspetti, non poteva in alcun modo ammettersi che nello Stato che si stava costruendo potessero sorgere leggi lesive della dignità umana!” (vd., ancora, Avvocati in difesa della Costituzione, ut supra).

La questione è talmente essenziale (e, anzi, fondativa e costitutiva dell’intero ordinamento repubblicano) che merita richiamarsi anche quanto annotato, in merito alla dignità umana quale preminente principio costituzionale, in rapporto alla stessa giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale italiana:[7] “…la dignità dell’essere umano è un principio etico, per il quale la persona umana non deve mai essere trattata solo come un mezzo, ma sempre come un fine in sé: «gli esseri razionali stanno tutti sotto la legge secondo cui ognuno di essi deve trattare se stesso e ogni altro mai semplicemente come mezzo, bensì sempre insieme come fine in sé» (Kant).[[8]] L’essere umano è, dunque, degno perché è fine in se stesso, con il conseguente divieto assoluto di ogni strumentalizzazione […] La dignità…ha contenuto valoriale non soltanto in riferimento all’essere umano in quanto tale, ma anche con riguardo all’essere umano…come soggetto della società in cui vive” (pagg. 3 e 4).

A seguire i curatori del Quaderno ricordano le ragioni storico-politiche sottese alla strutturazione della Costituzione italiana nei termini del principio personalista, che ne costituisce, per così dire, la forma“…la sua centralità [della nozione di dignità umana all’interno dell’ordinamento italiano] è assicurata dall’edificazione dell’ordinamento giuridico sul rifiuto di una ideologia totalitaria nella quale la persona era stata funzionalizzata al benessere della collettività ed all’azione dei pubblici poteri”.

Sempre da ricordare, infine, i moniti continuamente espressi del Prof. Rodotà proprio con precipuo riferimento all’art. 32 Cost., che qui si possono richiamare solo per brevi cenni: “Di fronte all’orrore della sperimentazione sulle persone, la comunità scientifica scrive nel 1946 quello che viene definito il “Codice di Norimberga” che si apre con le parole: “il consenso della persona è essenziale”…proprio perché attraverso mille motivazioni il corpo era stato violato, la dignità era stata negata, si è detto non si può mai prescindere dalla volontà della persona e dal suo consenso (S. Rodotà, La dignità della persona, Storia di Cultura Costituzionale, Aula Magna del Bo, Padova, 14.01.2011).

E ancora: “…il limite dell’art. 32 della Costituzione…Anche il linguaggio esprime la singolarità della situazione, poiché è la sola volta in cui la Costituzione qualifica un diritto come “fondamentale” abbandonando l’abituale riferimento alla inviolabilità…Nessuna Costituzione ha una formula così forte come quella dell’art. 32 Cost: “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. C’è qualcosa davanti alla quale lo stesso Parlamento, la stessa sovranità popolare si deve arrestare…l’inviolabilità della persona si concretizza nell’inviolabilità del corpo (ibidem).

Pare, insomma, che vi sia più di un argomento (per la verità molti, gravi e concordati) per concludere senza riserve che la “base giuridica” applicata dalla Consulta nelle sentenze 14 e 15 sia il frutto di un’interpretazione abnorme sia della lettera che dello spirito (i principi) della Costituzione, e per questo sia da rigettare in toto e senza infingimenti.

Anzi, per dirla con il Dott. Rudi Di Marco, pare si possa concludere che di “base giuridica” ci sia ben poco in esse, dato che “…piuttosto che una decisione in senso proprio essa appare come un tentativo «politico» (fallito) di giustificazione ex post, di ratifica.

Quindi, se sulla base del medesimo Articolato costituzionale il Giudice, su una medesima questione, dà differenti e opposti giudizii, ciò consente di ipotizzare che esso operi, piuttosto che come giudice, come vero e proprio legislatore”.

Piuttosto a tutto ciò si accompagna la forte inquietudine e il timore razionale per la visione di uomo, società e potere politico sottesa a tali decisioni e alla cui realizzazione tali decisioni evidentemente mirano a contribuire.

La preoccupazione, nondimeno, non deve in alcun modo frenare, ma al contrario deve fungere da motivo di contrasto, con tutti i mezzi culturali e civili disponibili (primo fra i quali quello di una rinnovata e riaffermata corretta esegesi giuridico-Costituzionale) all’attuazione di tale disegno.

Anche perché, sul piano pratico, il farlo risulta rientrare in un rilevante orientamento giuridico oramai fortunatamente in atto (cfr. LaVerità 12.04.23_Duecento giudici stroncano le restrizioni per il Covid).
 

In diritto – 2_Sul principio di precauzione

Come noto quello di precauzione è un principio non originario del nostro ordinamento statuale, essendo nato nell’àmbito del diritto comunitario all’inizio in relazione alle problematiche industriali-ambientali, poi allargato ad altre materie di rilievo quali, per quanto qui di interesse, la salute umana.

Le modalità con cui esso ha ricevuto introduzione diretta tra i principi giuridici interni italiani, principalmente per opera del giudice amministrativo, sono molto complesse da analizzare e non è possibile farlo in questa sede.

Qui si può solo far presente come, anche con riferimento ad esso, le decisioni 14 e 15 della Consulta ne hanno vista un’applicazione alterata rispetto a quella tradizionale, peraltro in realtà non inventata ex novo nell’occasione dalla Corte, avendo questa sostanzialmente mutuato una tendenza già da qualche tempo in atto proprio in seno alla giurisprudenza amministrativa nel limitato campo degli obblighi vaccinali, i quali ultimi sembrano così costituire materia elettiva per l’esercizio di prassi interpretative create ad hoc, essenzialmente distoniche e anzi sovvertitrici di principi e consolidati orientamenti pregressi (un esempio emblematico è offerto dall’Ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, Sez. Terza, Pres. F. Frattini, Est. F. Bellomo, del 21.04.2017, di cui segnalo un mio commento dell’epoca.

Che l’utilizzo fattone dalla Corte Costituzionale nella legittimazione delle imposizioni vaccinali anti-Covid risulti estremamente discutibile e, in definitiva, inaccettabile, è stato ottimamente spiegato nella Sentenza del GUP presso il Tribunale Militare di Napoli del 27.04.2023, rispetto alla quale ci si limita a una breve citazione, consigliando per il resto la lettura integrale del provvedimento in relazione a questa e altre questioni inerenti proprio le decisioni della Consulta in commento: “…va precisato al riguardo, come l’incertezza scientifica posta alla base dell’applicazione del principio di precauzione deve fare necessariamente riferimento al rischio o danno per la salute pubblica e non già alle misure per il contenimento di tale rischio o danno, le quali, invece, per essere imposte all’intera comunità di cittadini, devono avere una efficacia ragionevolmente certa […] Quando poi si arriva ad affermare che durante un’emergenza sanitaria – in presenza di un margine di incertezza dovuto al “c.d. ignoto irriducibile” – il principio di precauzione opererebbe in modo “inverso”, “controintuitivo”, “riflessivo” (sono tutte espressioni utilizzate dal Consiglio di Stato, Sezione Terza, nella già citata sentenza del 20 ottobre 2021, n. 7045), allora, come appunto in un gioco di specchi riflessi, diviene impossibile distinguere la realtà dal suo simulacro. Sulla base di un principio di precauzione così (mal)inteso, si può giungere a sostenere tutto ed il contrario di tutto” (pgg. 24 e 26).
 

Il dato scientifico – 1_Vaccini sperimentali?

Non meno problematiche sul piano teorico, e gravi nelle conseguenze pratiche, sono le premesse epistemiche dimostrate in tali decisioni dalla Corte nel rapportarsi alla nozione stessa di “dati scientifici”.

Ciò anzitutto si riscontra in riferimento alla problematica della natura sperimentale dei sieri vaccinali.

La Corte, facendo sostanzialmente proprie le argomentazioni sul punto del CGA Sicilia, ha negato tale carattere sperimentale sulla considerazione che “non è stata omessa alcuna delle tradizionali fasi di sperimentazione; semplicemente, data l’impellenza della situazione pandemica, dette fasi sono state condotte in parallelo, in sovrapposizione parziale, il che ha consentito di accelerare l’immissione in commercio dei farmaci”.

È evidente l’erroneità logico-concettuale dell’equiparazione tra sperimentazione (nozione legata all’esperienza “sul campo” di nuove forme, applicazioni, tecniche e metodologie, e ai risultati da essa verificati posterius), e le procedure di autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco, per loro natura eminentemente amministrative, e che nel caso dei vaccini per il Covid sono state appunto realizzate nella formula condizionata invece che standard, ovvero a sperimentazione pre-clinica e clinica in corso. E non sono questioni di lana caprina, come poi i fatti hanno e stanno dimostrando, né negabili essendo ormai notorie le affermazioni di personale Pfizer quali “…dovevamo davvero muoverci alla velocità della scienza” (Janine Small davanti al Parlamento europeo, riferendo della mancanza di dati sull’interruzione della trasmissione virale del vaccino al momento dell’immissione sul mercato) e l’ancor più celebre “Abbiamo pilotato l’aereo mentre lo stavamo ancora costruendo” (Kathrin Jansen).

Ma il fatto che si vuole rilevare è che il CGA, in primis, per giungere a questa fallace conclusione (poi avallata dalla Corte) non ha fatto buon uso dei propri poteri istruttori, incaricando con Ordinanza della verifica tecnico-amministrativa sugli adempimenti inerenti la procedura di autorizzazione un collegio composto da Segretario generale del Ministero della salute, Presidente del Consiglio superiore di sanità operante presso il Ministero della salute e Direttore generale di prevenzione sanitaria, vale a dire un ausiliario tecnico evidentemente non imparziale (cioè non equidistante rispetto agli interessi di causa), peraltro in totale assenza di un contraddittore tecnico, così ignorando i principi cardine della stessa istruttoria processuale (la quale sostanzia l’attività gnoseologica in àmbito giudiziario). Un vizio in questi casi ormai fin troppo ricorrente di molti Giudici, nazionali e internazionali, naturalmente poi replicato dalla stessa Consulta al momento di decidere (e sul quale subito torneremo).

Peraltro, come puntualmente rilevato da Castellano (vd. ut supra“un’altra affermazione della stessa Sentenza n. 14/2023 secondo la quale l’urgenza con la quale è stata effettuata la scelta «comporta che essa [… sia stata] fatta, necessariamente allo stato delle conoscenze scientifiche del momento e nella consapevolezza della loro fisiologica provvisorietà». Tutto ciò contrasta con l’affermazione riportata supra secondo la quale il vaccino non avrebbe natura sperimentale e sarebbe efficace e sicuro”.

Per chi volesse ulteriormente approfondire segnalo questo scritto del Prof. Marco Mamone Capria, il quale segue con attenti aggiornamenti periodici tutta la vicenda del Covid sin dalla sua origine, che alle pagine da 8 a 10 sviluppa le proprie osservazioni in relazione alla sperimentalità dei sieri.

 

Il dato scientifico – 2_Iudex peritus peritorum

Il problema centrale, dal punto di vista del rapporto tra acquisizione del dato scientifico e correlata decisione giudiziaria, è soprattutto quello della completa abdicazione della Consulta dal proprio precipuo ruolo processuale.

In generale: rispetto a situazioni regolate dal dato tecnico-scientifico come deve agire il giudice per giungere alla verità giudiziaria (che non significa pseudo-verità o verità relativa, come molti la intendono, ma al contrario migliore approssimazione possibile alla verità tout court secondo le garanzie metodologiche del processo)?

O, in altre parole, cos’è la “realtà” tecnico-scientifica, dal punto di vista del processo giudiziario? È un mero dato di fatto oggettivo e granitico, sul quale per le parti è impossibile discutere e che il giudice deve recepire acriticamente?

Tutto il contrario.

Come già accennato, il dato scientifico è introdotto nel processo dalle parti, è oggetto di contraddittorio tecnico tra le stesse (attraverso i rispettivi consulenti), sul quale si instaura poi la valutazione del giudicante.

In che termini?

Il giudice interviene esclusivamente in qualità di magistrato, quindi di giurista con funzione decidente, per cui, anche se personalmente dotato di specifiche conoscenze tecniche attinenti ai fatti di causa (è noto un giudice del distretto della Corte d’Appello di Venezia laureato non solo in giurisprudenza, ma anche in psicologia e sociologia), quando oggetto di controversia sono proprio nozioni tecniche-scientifiche e/o le loro applicazioni nel caso concreto, per legge deve necessariamente nominare un proprio consulente tecnico d’ufficio, vale a dire un esperto che gli fornisca nozioni specialistiche su dati di particolare complessità ovvero per svolgere indagini che richiedono specifiche competenze e conoscenze.

A questo punto si pone un ovvio ed elementare problema, per l’episteme processuale: il nominato CTU, per quanto bravo e competente, non è Dio, quindi non è onnisciente e infallibile. Ecco perché corrispondono a precisi doveri dell’esperto: 

1) acquisire i necessari dati tecnico-scientifici nella piena condivisione con i rispettivi consulenti di parte; 

2) interloquire formalmente con questi ultimi, rispondendo alle loro osservazioni e contestazioni tecniche;

3) redigere infine la relazione/perizia dando atto al giudice di tutto il pregresso iter seguito, riportando osservazioni e risposte dei consulenti delle parti e proprie, e, a conclusione, esponendo analiticamente le proprie conclusioni.

Ma non è finita qui.

Perché una volta in possesso della relazione/perizia è il giudice a essere chiamato a un vaglio sulla stessa.

Non in termini, ovviamente, per così dire intrinseci, cioè attinenti al merito scientifico, ma estrinseci di pertinenza, coerenza ed esaustività dell’elaborato e sue conclusioni.

In concreto tale valutazione si sostanzia nella verifica: – di regolarità dell’attività acquisitiva di dati e documenti dell’esperto; – di esattezza dei temi affrontanti in rapporto ai quesiti postigli e di pertinenza dei propri rilevi e risposte rispetto alle osservazioni ricevute dai consulenti di parte; – infine, di completezza e correttezza logico-formale dell’iter argomentativo rappresentato dal CTU, nella piena coerenza e corrispondenza con i dati acquisiti.

Da cui il noto brocardo latino “Iudex peritus peritorum” [9].

Ecco spiegati in sintesi, quindi, gli articolati passaggi che il processo in generale, e il giudice in particolare, deve porre in essere per potersi ritenere il dato tecnico-scientifico validamente acquisito al processo e, pertanto, epistemologicamente significativo il suo portato.

Ovviamente la funzione di garanzia di peritus peritorum, per potersi estrinsecare effettivamente nel giudizio, non solo implica che il giudice la eserciti realmente, impiegando nei termini e nei limiti sopra descritti il proprio giudizio critico così evitando un recepimento acefalo delle dichiarazioni dell’esperto (qualsiasi esso sia: di parte ovvero da esso stesso nominato), ma ancor prima presuppone una disposizione d’animo del magistrato, e una correlata apparenza esteriore, di terzietà e imparzialità in relazione alle contrastanti prospettazioni scientifiche offerte dalle parti.

Ebbene, per tornare alle nostre Sentenze 14 e 15, la Corte si è posta ed è apparsa come soggetto terzoimparziale ed equidistante rispetto alle contrastanti prospettazioni scientifiche delle parti?

E poi, ha concretamente esercitato le proprie funzioni di peritus peritorum?

Sulla non terzietà manifestata dalla Corte, la Dott.ssa Chiavegatti (vd. ut supra), dopo aver rilevato che essa avrebbe dovuto “…verificare con il massimo scrupolo possibile che per tutta la durata dell’obbligo i dubbi avanzati a livello scientifico e giuridico circa l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti sanitari imposti fossero infondati, attraverso una disamina critica del materiale anche solo documentale depositato ed eventualmente anche facendo ricorso ai poteri istruttori di cui disponeva, al fine di fondare il giudizio su dati accertati e verificati nel contraddittorio da un organo super partes”, conclude “..che la Corte ha recepito come verità dogmatiche circostanze del tutto smentite dall’esperienza, da dati governativi di altri Paesi o da banche dati sempre ufficiali, da ricerche scientifiche pubblicate su riviste prestigiose o dagli stessi documenti o dichiarazioni dei produttori, ovvero comunque emersi (vedasi, solo esemplificativamente, tutti gli studi della Commissione medico scientifica indipendente reperibili sul sito CMSIndipendente.it) […] La Corte ha mostrato perciò in modo palese la sua parzialità e omologazione ad un sistema che ha appoggiato senza il minimo tentennamento l’Agenda 2030.

Se possibile ancora più tranchant gli Avvocati in difesa della Costituzione (vd. ut supra), i quali parlano addirittura di nullità tout court delle Sentenze in quanto “…La Corte ha deciso in modo totalmente avulso dalle evidenze istruttorie fornite dalle parti nei giudizi a quo e nei rispettivi interventi (evidenze in parte richiamate nelle ordinanze di rimessione), tanto da non degnarle neanche di una fugace menzione in tutto il corpo di entrambe le pronunce. Le decisioni della Corte sono fondate sul mero rinvio "per relationem" alle affermazioni (neanche alle prove!) di uno solo degli intervenuti nei giudizi di legittimità, ovvero la Presidenza del Consiglio, richiamando atti di parte (note interne ministeriali) neanche definibili come "fonti"” e pertanto affermano Manca la valutazione di diritto dell’asserita legittimità delle norme, proclamata unicamente sulla base di una non meglio precisata "evidenza scientifica" assurta a verità assoluta in quanto promanante dalle Istituzioni, il che rende apodittica, soggettiva ed arbitraria la valutazione dei giudici costituzionali.

In merito, infine, alla carenza proprio nel merito scientifico delle mere proposizioni (e non dimostrazioni) ministeriali richiamate a suffragio delle proprie decisioni dalla Consulta, è utile ricordare quanto espresso a suo tempo dal già citato Prof. Wojtyczek, giudice CEDU (vd. ut supra): “Noto in questo contesto [il giudizio di cui alla Sentenza CEDU del 08.04.21, ndr], che la maggioranza mostra una riluttanza a fare affidamento su dati scientifici concreti. Preferiscono fare affidamento su giudizi di valore e raccomandazioni politiche formulate da esperti come se questi avessero lo stesso valore delle dichiarazioni degli esperti sui fatti”, valutazione che pare attagliarsi perfettamente anche alle presenti decisioni della nostra Corte Costituzionale (si vede che il famoso dialogo tra Corti in effetti funziona e anche in modo efficace, solo che, purtroppo, conduce a metodologie e conclusioni che si possono eufemisticamente definire erronee e, quindi, a risultati perfettamente contrari a quelli di una vera tutela dei diritti fondamentali).

Nel caso specifico, poi, è ancora da citare il GUP presso il Tribunale di Napoli, questa volta però con riferimento alla Sentenza n. 10.03.2023, laddove (pagg. 9 – 12) dichiaratamente prende le distanze dalla Consulta, ritenendo in particolare “…non provata l’efficacia vaccinale per SARS-CoV-2 quale strumento di prevenzione del contagio – e ciò lo si ripete non solo in una misura prossima al 100% bensì in una qualsiasi misura percentuale superiore allo zero…” risultando “…come “fatto notorio” la inidoneità dei vaccini in commercio a costituire strumenti di prevenzione del contagio, trattandosi di un fatto che appartiene al normale patrimonio di conoscenze della comunità sociale, in un dato tempo e in un dato luogo…”.
 

Di “evidenze scientifiche” ne abbiamo?
 

Le conseguenze pratiche dei problemi così posti per i cittadini sono drammatiche: la Corte ha impegnato la propria forza e prestigio istituzionali allo scopo di salvare, con sentenze molto più politiche che giuridiche (cit. Di Marco, ut supra), delle politiche governative nate già obsolete e sempre più contraddette, oltre che ab origine, anche dagli effettivi dati scientifici che ogni giorno vengono pubblicati.

Senza contare il notevole discredito dei vertici del Ministero della salute e correlate agenzie tecniche emerso dagli atti di indagine della Procura di Bergamo (pubblicati da non più di due/tre organi di informazione), e che comprova come alla base delle scelte governative le logiche non siano state affatto scientifiche ma eminentemente politiche.

Per esigenze di spazio non è questa la sede per richiamare la considerevole mole di pubblicazioni al riguardo, e pertanto ci si limita a citare solamente le più clamorose.

Per quanto riguarda le notizie su clima e atteggiamenti vissuti all’interno degli alti vertici della sanità si rimanda, ad esempio:

– Corriere della Sera 16.03.23_Sileri, il racconto choc del ministero durante il Covid: «Spie nell’ufficio e minacce. Avvisai del pericolo, mi risposero con un gestaccio scaramantico».

– LaVerità 21.03.23_Le chat al Ministero sui vaccini: presi in giro, contratti capestro.[10]

– LaVerità 23.03.23_Le chat degli esperti: «Il Cts è una mafia».[11]

Sulle deprecabili “omissioni” dell’AIFA nell’attività di sorveglianza post marketing dei vaccini anti-Covid:

– Fuori dal Coropubblicato il 14.03.23_I documenti segreti sui vaccini: così hanno taciuto la verità.[12]

– LaVerità 15.03.2023_«Tanti vaccinati senza anticorpi» Ma AIFA diede l’ordine: ignoriamo.[13]

– LaNBQ 23.03.2023_Aifa, fuori la verità: perché celava i danni da vaccino?

– LaVerità 29.03.2023_Il capo di AIFA: «Zitti sui danni altrimenti si uccide il vaccino».[14]

– Fuori dal Coropubblicato il 18.04.23_Vaccini, le pressioni di Speranza per nascondere la verità.[15]

– LaNBQ 26.04.2023_«Aifa taroccava i grafici sui danneggiati da vaccino».

– Fuori dal Coropubblicato il 02.05.23_I documenti segreti sui vaccini.[16]

– LaNBQ 10.05.2023_Aifa ha nascosto anche gli effetti avversi sui lattanti.

Per inciso, merita fare un altro rinvio al Prof. Mamone Capria (vd. ut supra, pgg. 11 – 17), il quale espone chiaramente i motivi per cui l’algoritmo impiegato proprio all’AIFA per dichiarare o escludere la sussistenza del nesso di causa tra vaccini e segnalate reazioni avverse risulti estremamente discutibile (“In sostanza, la regola è quella del brocardo “In dubio pro reo” – dove però non è la persona danneggiata e la sua famiglia ad essere favorite dalla legge, ma…il vaccino”) nonché, commentando i rapporti della stessa Agenzia di cui hanno dato conto i servizi giornalistici appena citati, le ragioni per cui ritiene “…la sorveglianza passiva “all’italiana” è straordinariamente inefficiente.

Ma cosa dicono oggi l’esperienza di molte persone (soprattutto medici), vari studi mirati e i dati ufficiali (ove presenti, considerate le sopraviste deliberate omissioni dei vertici della sanità) riguardo a efficacia e sicurezza dei vaccini anti-Covid?

Pongono molti, e soprattutto gravi, dubbi.

– LaVerità 01.02.2023_Da «Newsweek» mea culpa sul virus. «Noi scienziati ci siamo sbagliati».[17]

– MDPI, pubblicazione del 02.02.2023_Safety of COVID-19 Vaccines in Patients with Autoimmune Diseases, in Patients with Cardiac Issues, and in the Healthy Population.[18]

– Panorama 08.03.2023_Il vaccino e il mistero delle morti improvvise.[19]

– LaVerità 31.03.2023_La denuncia di un sindacato di polizia: «Diecimila malati dopo il vaccino».

– PubmMedpubblicazione del marzo 2023_Changes of ECG parameters after BNT162b2 vaccine in the senior high school students.[20]

– LaNBQ 11.04.2023_Atleti e miocarditi, perché c’entrano i vaccini mRNA.

– LaNBQ 17.04.2023_Covid: morti e vaccini, i dati smentiscono la narrazione ufficiale.

– LaNBQ 30.05.2023_Eccesso di mortalità e vaccini Covid, un legame da valutare.

– PubmMed, pubblicazione del 17.05.2023_IgG4 Antibodies Induced by Repeated Vaccination May Generate Immune Tolerance to the SARS-CoV-2 Spike Protein.[21]

– LaVerità 20.06.2023_Susanna Tamaro: «Quanti silenzi su obbligo vaccinale e danni».[22]

– LaVerità 26.06.2023_«I danni da vaccini insorgono anche mesi dopo la puntura».[23]

– l’a dir poco impressionante LaNBQ 03.07.2023_3000 morti: Pfizer ammette con freddezza il dramma dei danneggiati.[24]

– il già citato Mamone Capria, pubblicato il 04.07.2023_La giustizia al tempo del covid-19.[25]

– infine (e solo per il momento), il “paradossale” Il Paragone 06.07.2023_“Peggio ora che con la pandemia”. È record in Europa. Lo sconcertante studio inglese.[26]

 

Excusatio non petita…

Ebbene è mia personale ma decisa convinzione che in fondo anche la Corte Costituzionale abbia riconosciuto (per quanto solo implicitamente e con grandi perifrasi, per così dire, apologetiche), la sostanziale infondatezza scientifica delle politiche vaccinali governative, giustificandole tuttavia a posteriori con la scusa della “fisiologica” parzialità e temporaneità dei dati disponibili all’epoca.

Non si capiscono altrimenti le lunghe e ripetitive digressioni contenute nelle Sentenze 14 e 15 per spiegare l’ovvio, ovvero che ogni legge elaborata sulla base di conoscenze medico-scientifiche è per sua natura transitoria, perché adottata allo stato delle conoscenze del momento e destinata ad essere superata a seguito dell’evoluzione medico-scientifica”[27] o, ancora, “Si deve allora verificare se la scelta del legislatore di introdurre l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, anche alla luce della situazione pandemica esistente, sia coerente rispetto alle conoscenze medico-scientifiche del momento”.[28]

Frasi che a mio modesto parere suonano molto come un’excusatio non petita, corrispondente al proverbiale "Chi si scusa si accusa".

Posizioni poi più prosaicamente riprese, negli stessi giorni in cui iniziavano a essere pubblicati gli articoli sulle sopra viste sconcertanti “omissioni” di AIFA, dai vari Bassetti[29] e Burioni[30].

Quindi, in definitiva, sarebbe questo il fondamentale argomento a difesa della gestione politico-sanitaria della pandemia e, più nello specifico, della campagna vaccinale fatta di imposizioni governative?

Ammettendo, più o meno esplicitamente, che esse sono state scientificamente sbagliate e dal punto di vista sanitario addirittura dannose, ma che, in definitiva, si tratterebbe di errori scusabili perché basati sui dati scientifici disponibili al momento?

Le cose, tuttavia, non stanno nei termini semplicistici in cui le si vuole porre.

Le sopraviste “omissioni e dimenticanze di AIFA”, unite alle rigide direttive per nulla scientifiche e puramente politiche provenienti dai vertici ministeriali; le morti a campagna vaccinale iniziata da poco quali quelle di Camilla Canepa e Stefano Paternò; i contagi quotidianamente verificatisi tra i vaccinati e di cui tutta la popolazione ha dovuto fare esperienza diretta; nonché le ripetute segnalazioni motivate e circostanziate di medici ed esperti “non governativi”, prima e durante la campagna stessa (peraltro ricompensate con pubblico dileggio e, in molti casi, anche iniziative sanzionatorie), stanno lì a dimostrare che parlare di “scusabilità” risulta infondato, ancor più inopportuno, e in definitiva inaccettabile.

Per non tacere del fatto che, in merito alla specifica questione tecnico-scientifica posta dalle questioni sollevate alla Corte, ovvero la c.d. immunità sterilizzante dei vaccini e quindi la loro capacità di prevenire totalmente l’infezione, la risposta negativa era già stata ufficializzata, e non da un esperto “qualsiasi” (o, peggio, un sito complottista), ma dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità.

Quest’ultima (sempre citata in questi anni tranne, guardacaso, nei casi in cui non conveniva), ben prima che venissero discussi avanti alla Consulta i giudizi in parola, pubblicava sul proprio sito ufficiale la pagina «The Pfizer BioNTech (BNT162b2) COVID-19 vaccine: What you need to know» (ultimo aggiornamento 18 agosto 2022), nella quale si legge: How efficacious is the vaccine? The Pfizer BioNTech vaccine against COVID-19 has very high efficacy against severe disease and moderate efficacy against symptomatic SARS-CoV-2 infection” (sottolineatura dello scrivente).

Insomma abbiamo tutti bisogno di verità, responsabilità e anche un minimo di senso del pudore.

Per quanto riguarda, invece, nello specifico la Corte Costituzionale, appare ormai indubitabile che essa avrebbe avuto tutti gli elementi quantomeno per esercitare i poteri istruttori di cui dispone per ottenere un’approfondita e completa consulenza d’ufficio, eseguita dai migliori studiosi italiani e stranieri (cfr. artt. 14 [Mezzi istruttori] e 17 [Esperti], «Norme integrative per il giudizio davanti alla Corte costituzionale»).

E invece…
 

I soliti ignoti

… e invece, e arriviamo all’ultima questione trattata (anche se molto altro si potrebbe dire), si è assistito a una Corte che ha depresso proprio quel confronto tecnico-scientifico che in molti, sia “semplici” cittadini che scienziati, avevano atteso fin dall’inizio di una gestione del Covid (mascherata da scienza ma in realtà squisitamente politica) ritenuta disastrosa, da loro trascorsa acquisendo pazientemente dati da fonti ufficiali e studi accreditati nell’arco di tutto il triennio, aspettando il momento di poter presentare le proprie dimostrazioni e conclusioni in sede istituzionale.

Perché l’interesse generale a questo avrebbe dovuto indirizzare, in ultima istanza, la celebrazione dei procedimenti avanti alla Consulta: finalmente ottenere che il Governo scoprisse sul tavolo tutte le carte, per infine avere un confronto serio e leale tra esperti governativi, da un lato, ed esperti a vario titolo intervenuti, dall’altro, di fronte a un giudice terzo e imparziale (peraltro incarnato dal massimo organo giurisdizionale) coadiuvato da propri esperti giudiziali.

La Corte, invece, si è limitata a una valutazione di coerenza formale tra le politiche di imposizione vaccinale e le c.d. conoscenze medico-scientifiche del momento, tuttavia riducendo queste ultime nemmeno ai dati scientifici ma alle mere proposizioni e giudizi delle c.d. autorità scientifiche, quest’ultime sostanzialmente ed esclusivamente coincidenti, per il Collegio, con AIFA, ISS, Segretariato generale del Ministero della salute, Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute e dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria, vale a dire con le “autorità istituzionali”.

Quindi, in estrema sintesi, la Corte ha semplicemente osservato se il Governo introducendo con Decreti legge gli obblighi vaccinali (poi ratificati in Leggi da un Parlamento “ostaggio” del clima emergenziale massmediatico) fosse stato coerente con le presupposte dichiarazioni fatte dagli scienziati ministeriali, il che equivale a uno scrutinio di coerenza del Governo con … se stesso!

Peraltro, con l’intento di anticipare sul nascere eventuali strascichi polemici sul punto, nelle Sentenze in commento compare la seguente chiosa finale: “…è su questi dati scientifici – forniti dalle autorità di settore e che non possono perciò essere sostituiti con dati provenienti da fonti diverse, ancorché riferibili a “esperti” del settore – che si è basata la scelta politica del legislatore; legislatore che altrimenti, anziché alle autorità istituzionali, avrebbe dovuto affidarsi a “esperti” non è dato vedere con quali criteri scelti”.

Epperò ci troviamo difronte al classico «si faccia una domanda e si dia la risposta»

Infatti è la stessa Corte che, autopostasi con propria Delibera del 22.07.2021 le già citate «Norme integrative per il giudizio davanti alla Corte costituzionale», all’art. 17 si è concessa la possibilità di ascoltare “esperti di chiara fama”, ai quali le stesse parti, previa autorizzazione del Presidente, possono formulare proprie domande. Corte che, inoltre, “…può altresì disporre l’acquisizione da parte degli esperti ascoltati di documenti o di una relazione scritta…”.

La norma, quindi, pone quale unico requisito la chiara fama dell’esperto, il che comporta: 

1) che non necessariamente l’esperto o gli esperti da incaricare debbano essere esclusivamente individuati all’interno delle compagini della pubblica amministrazione; 

2) che, fermo il criterio della chiara fama, per il resto è demandando allo stesso Collegio in sede giurisdizionale il cómpito di individuare in concreto e nell’àmbito del peculiare giudizio di cui tratta gli esperti da incaricare.

Sarebbe pertanto stata un’aspettativa legittima, e tuttora rimane tale, che fosse la Corte medesima a indicare i criteri selettivi per i quali retoricamente si interroga, ponendo poi attraverso la propria giurisprudenza anche le basi per analoghi riscontri in ordine agli esperti “istituzionali” di nomina governativa.

Che poi in realtà anche in questo caso il problema arriva, per così dire, da lontano, nel senso che è ormai dal 1998 che la Consulta (vale a dire da quando ha iniziato a occuparsi specificamente del rapporto scienza – diritto), nelle proprie sentenze pone l’equivalenza pratica tra ragionevolezza scientifica e pronunciamenti dei c.d. Organi tecnico-scientifici.

Il fatto è che fino a oggi la stessa Corte nei suoi precedenti non aveva mai avuto reale necessità di scendere nel dettaglio, per cui non si era mai presa il carico di definire e specificare in cosa concretamente debbano consistere tali Organi tecnico-scientifici, come dovrebbero essere composti e secondo quali criteri e regole dovrebbero procedere e infine rendere conto dei risultati raggiunti.

La ragione che ha così permesso alla Consulta di rimanere sempre sul mero piano del principio astratto potrebbe probabilmente essere rinvenuta nel fatto che implicitamente il riferimento andava fatto agli enti del SSN nel suo complesso, e ciò anzitutto perché all’epoca non si ponevano essi stessi come parti in causa, così consentendo di attribuire presuntivamente loro quella terzietà e prestigio propri, appunto, del ruolo “istituzionale”, oggi tuttavia seriamente compromessi e messi in discussione.

Le cose, tuttavia, già da tempo hanno iniziato a mutare, e ciò avrebbe dovuto indurre la Corte a un ripensamento sia del proprio rapporto con tali mai effettivamente definiti Organi tecnico-scientifici che, più in generale, delle concrete modalità in cui debba articolarsi l’introduzione del dato scientifico nello svolgimento dell’attività giudiziaria e giurisdizionale, a partire dalla corretta impostazione della questione nei giusti termini epistemologici.

E, come tutti sanno, Scienza non è necessariamente ciò che dice lo scienziato, né tantomeno il Governo. 

Scienza è essenzialmente il metodo scientifico.

Per cui lo scienziato e il Governo dicono cose scientifiche nel momento in cui le loro dichiarazioni sono, molto banalmente, il frutto dell’applicazione del metodo scientifico.

“In questioni di scienza, l’autorità di un migliaio di persone non vale tanto quanto l’umile ragionamento di un singolo individuo”, recita l’aforisma attribuito a Galileo.

Il problema che ne consegue è il seguente: come può la persona priva di competenze scientifiche, e quindi anche il giudice, vale a dire l’istituzione “delegata” dalla comunità politica al controllo giurisdizionale degli atti di governo, verificare se il presunto assunto scientifico posto alla base di un provvedimento impugnato corrisponde a quanto effettivamente acquisito in conformità al metodo scientifico?

Si tratta, se vogliamo, non di un problema ma DEL problema centrale del nostro tempo.

Una questione, si capisce, non semplice e che non si può liquidare con facili formule o, peggio, qualche slogan superficiale, e che da sempre anima i dibattiti epistemologico-scientifici.

Per ovviare nella prassi al problema la c.d. comunità scientifica, per quel che le concerne, come è noto si basa oggi sul sistema delle pubblicazioni scientifiche peer-reviewed su riviste con buon impact factor.

Ma importanti tentativi sono stati fatti, magari con risultati parziali e non definitivi ma comunque da tenere in debita considerazione, anche attraverso apporti multidisciplinari orientati ai punti d’incontro tra piano scientifico e metodologia giuridico-forense.

Tra questi sembrerebbe doveroso ricordare, per scienziati del diritto, avvocati e, soprattutto, magistrati (i quali dovrebbero poi darvi applicazione in sede processuale), la pubblicazione del CNB (Comitato Nazionale di Bioetica) del 18.06.2004 «Il principio di precauzione: profili bioetici, filosofici, giuridici» (quando ancora il CNB elaborava documenti di elevato spessore culturale e scientifico…).

Si tratta di un corposo documento che, seppur avendo quale oggetto proprio il principio di precauzione (non a caso, uno dei princìpi nell’occasione esegeticamente “trasformati” dalla Consulta, come sopra visto), nondimeno affronta a livello di metodica generale proprio la questione dell’acquisizione da parte dei decisori politici (ma il discorso è analogicamente applicabile anche ai soggetti giurisdizionali) dei contributi scaturenti dai dibattiti interni alla comunità scientifica.

Il contributo, pertanto, riguarda gli aspetti “oggettivi” del rapporto scienza – istituzioni.

Qui per ragioni di tempo non possiamo che limitarci alle citazioni più significative, per il resto consigliando caldamente la lettura dell’intero elaborato.

Anzitutto il CNB rileva, in relazione alti ultimi decenni, un profondo ripensamento del rapporto del diritto con la scienza,[31] nel passaggio dall’approccio “tradizionale”, caratterizzato da “…un’apparente neutralità tra i due saperi”,[32] a quello di una “…posizione consapevole della non neutralità delle soluzioni tecnologiche, allorché le stesse entrano a contatto con attività sulla produzione, che possano incidere sulla sicurezza, sulla tutela dell’ambiente, sugli esseri viventi, sull’uomo”.

Questo nuovo atteggiamento, scaturito come risposta alla “…crisi di fiducia da parte dei cittadini, consapevoli degli errori che in tema di salute e sicurezza sono stati compiuti dai governi”ripensa il c.d. “governo della scienza” nei termini della ““scienza destinata a finalità pubbliche”…concezione che, pur riconoscendo il carattere privilegiato del linguaggio della scienza, è consapevole della politicità delle decisioni sociali sulla scienza. La scienza connessa a, e implicata in, scelte pubbliche rivelerebbe un peculiare statuto metodologico, dovendo contribuire alla definizione di questioni che, rivolgendosi alla società, sono legate a valutazioni molto più ampie, anche laddove ricevano una formulazione scientifico-tecnica. Si tratta di un modello definito di scienza pubblica, civica, il cui legittimo governo comporta sia un’estensione dell’expertise scientifico sia la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali” (pgg. 11 e 12, sottolineature mie).

In questo quadro paradigmatico diviene essenziale partire dal ripensamento anche del ruolo dell’esperto, nel quale naturalmente si deve continuare a riconoscere “…in linea di principio…colui che dispone di un sapere particolare e riconosciuto nell’ambito di una determinata professione [motivo per il quale]…viene chiamato ad offrire al decisore politico le sue conoscenze”, con la consapevolezza, tuttavia, che “…meno lineare è talvolta la prassi, nella “scelta” dell’esperto (interno o esterno alla amministrazione, ecc..), nella reale “competenza” dello stesso in merito al problema specifico affrontato, nella completa “indipendenza” rispetto al potere politico ecc. ….

Pertanto, continua il CNB, “… si è mano a mano sviluppata una “caratterizzazione” funzionale della figura dell’esperto (valida eventualmente anche ai fini giudiziari quando l’esperto è chiamato dal giudice) che nel diritto continentale risponde ai seguenti elementi:

indipendenza rispetto al decisore; riconosciuta autorevolezza (in rapporto alla sua competenza specifica e/o tecnica incontestabile); neutralità rispetto agli interessi emergenti dalla questione in esame; integrità personale” (pg. 13, sottolineature mie); e aggiunge queste rilevantissime annotazioni, tanto più importanti a fronte della odierna smaccata regressione culturale nell’elitarismo scientista di sapore ottocentesco propagandata dalla “scienza” massmediatica: 

“D’altra parte, nei paesi ad elevato standard tecnologico, vi sono fra la gente comune (così viene spesso chiamato chi non appartiene alla sfera dei decisori) molte persone scientificamente preparate ed esperte in vari campi professionali, capaci di interloquire alla pari con gli “esperti” ufficiali.

Trattare queste persone come ignoranti è non solo scorretto sul piano politico, ma inefficace e controproducente perché disperde una potenzialità, che potrebbe, entro debite proporzioni, essere di notevole utilità in democrazia” (pg. 14, sottolineature mie).[33]

Su tali premesse si giunge alle raccomandazioni “metodologiche” che ogni procedura pubblica funzionale all’adozione di decisioni lato sensu di diritto basate sull’apporto scientifico (quindi tanto quelle legislative, così come quelle di governo o giudiziarie) deve seguire, rispetto alla quale i due elementi costitutivi divengono:

1] l’ammissione anche di esperti “non ufficiali” e

2] la formalizzazione anche delle, documentate e motivate, posizioni scientifiche di minoranza.[34]

Sconcerta ma (purtroppo) non sorprende che la Corte Costituzionale (che, quando vuole, si ricorda fin troppo bene del CNB, citandone nei propri provvedimenti alcuni documenti selezionati con cura)[35] nelle Sentenze 14 e 15 sia andata in direzione esattamente opposta alle sopraviste indicazioni, e infatti:

a) ha impostato tutto il discorso del rapporto scienza – diritto nei termini del “vecchio” approccio di dichiarata neutralità tra i due saperi;

b) ha escluso completamente dal giudizio i contributi provenienti dalla società civile, attraverso i vari interventi nel processo forniti in qualità di amicus curiae, semplicemente evitando di menzionarne e analizzarne i relativi apporti scientifici;

c) ha fatto propria, così avallandola, la prospettiva governativa e massmediatica per cui non esistono esperti al di fuori di quelli nominati dalla politica, trattando così quelli “non ufficiali” “…come ignoranti”;

e) ha espulso in modo assoluto dal giudizio, semplicemente omettendo di citarle, le posizioni scientifiche di “minoranza” (ammesso che in effetti esse siano tali anche al di fuori del, purtroppo ingombrante, sistema mediatico-istituzionale), in tal modo convalidando l’ostracismo anteriormente già messo in atto nei loro confronti da parte di politici, viro-star, giornali e televisioni;

d) infine, ha continuato a non considerare l’annoso ed esiziale problema della previa selezione degli esperti governativi.

L’ultimo di questi punti ci porta spontaneamente al secondo corno del problema, vale a dire quello “soggettivo” del rapporto scienza – istituzioni.

Si tratta della questione definita dalla giurisprudenza penale dell’“Integrità delle intenzioni”, ben sintetizzata dal GUP del Tribunale militare di Napoli nella già citata Sentenza del 27 aprile (pg. 16, sottolineature mie): “…occorre rimarcare come la ricerca scientifica legata alla verifica dell’esistenza di un fondamento epidemiologico all’obbligatorietà dell’utilizzo delle mascherina in comunità da parte di soggetti sani – e lo stesso vale per la correlata tematica delle vaccinazioni obbligatorie – sconta in modo emblematico i pericoli di cui la Cassazione, nella citata giurisprudenza, ha fatto cenno “gli interessi che talvolta stanno dietro le opinioni degli esperti, le negoziazioni informali o occulte tra i membri di una comunità scientifica”, “la complessità e la drammaticità di alcuni grandi eventi e la difficoltà di esaminare i fatti con uno sguardo neutro dal punto di vista dei valori; la provvisorietà e mutabilità delle opinioni scientifiche; addirittura, in qualche caso, la manipolazione dei dati; la presenza di pseudoscienza in realtà priva dei necessari connotati di rigore; gli interessi dei committenti delle ricerche.

Anzi, sotto questo aspetto, va aggiunto che maggiori sono i potenziali interessi economici e politici coinvolti – e l’introduzione di un obbligo in capo a tutti i consociati, a livello nazionale e mondiale, di indossare mascherine o di sottoporsi ai vaccini rientra certamente in tale casistica – e più attento, rigoroso e stringente deve essere il controllo giudiziale sui risultati della ricerca scientifica…”.

Il punto d’arrivo in cui si ricade, insomma, è sempre quello dei conflitti di interessi nell’àmbito della ricerca scientifica, in generale, e della medicina in particolare. Ed è questo, in definitiva, l’enorme, e per certi versi apocalittico (per la vita civile e sociale), “elefante nella stanza” che non a caso esperti “ufficiali”, governi e giornalisti (e ora anche una parte dei magistrati) sono intenzionati a continuare a ignorare, e che in realtà falsa sin dal principio la genuinità e affidabilità di qualsiasi discorso scientifico.

Ciononostante a tutt’oggi rimane ancora questo enorme vuoto normativo, dato che mai il legislatore si è interessato all’introduzione di una regolamentazione del fenomeno. La Consulta da parte sua, che in ben altre situazioni ricorre alla discutibilissima prassi delle ordinanze di preavviso di dichiarazione di incostituzionalità con contestuale monito al Parlamento affinché medio tempore provveda conformemente a quanto da essa disposto (peraltro in materie per le quali a molti appare tutt’altro che certo abbia competenza a pronunciarsi), anche nella presente circostanza ha evidentemente ritenuto di continuare a ignorare il problema.

Come se anche su questo non avesse da tempo ampiamente già relazionato sempre il CNB, con un documento ormai datato ma non per questo meno attuale (anzi, rischia oggi di dover essere rivisto casomai per carenze in difetto) e che quindi non ci si deve stancare di ricordare e riproporre nel pubblico dibattito: «Conflitti d’interessi nella ricerca biomedica e nella pratica clinica»_Approvato nella Seduta Plenaria dell’8 giugno 2006.

Come noto, poi, l’emblema per eccellenza di questo disastroso stato del “mondo scientifico”, è proprio la tanto citata Organizzazione Mondiale della Sanità, i cui pervasivi conflitti di interessi, ormai strutturali e coessenziali alla sua stessa sopravvivenza e di cui personalmente più volte ho già parlato in precedenti scritti, sono oramai divenuti di dominio pubblico.

A chiusura merita nuovamente citare il Prof. Mamone Capria (vd. ut supra, pgg. 19 – 21), che a proposito del problema degli “esperti” proprio in riferimento alla complessiva esperienza legata al Covid-19, dopo aver ricordato l’elementare distinzione tra dati e loro interpretazione (G.K. Chesterton: “Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”) e che, di conseguenza, “…per criticare un ragionamento in quanto logicamente o statisticamente scorretto non è richiesta l’appartenenza a nessun comitato o a un’istituzione”, rileva limpidamente come (sott. mie) “…la Consulta commette un salto logico, identificando le «autorità di settore» con le «autorità istituzionali». È un salto logico dalle gravi conseguenze, in quanto con esso la Consulta esautora la comunità scientifica, espropriandola della facoltà di riconoscimento degli «"esperti"» e la surroga con il concetto di «autorità istituzionali» che si sostituirebbero all’opinione scientifica come determinata dallo stato del dibattito”.

 

Epilogo

O’Brien riassunse un atteggiamento severo. Pose la mano sul quadrante.

«Niente affatto» disse. «tu non l’hai avuto. Per questo sei finito qui. Ti trovi qui perché non sei stato umile, non hai saputo disciplinarti. Hai rifiutato l’atto di sottomissione che è il prezzo della salute mentale. Hai preferito essere un pazzo, costituire una tua minoranza. Solo una mente disciplinata riesce a vedere la realtà, Winston. Tu credi che la realtà sia oggettiva, esterna, che esista di per sé. Credi anche che la natura della realtà si riveli da sé. Quando ti convinci di vedere cose che non esistono, pensi che le vedano anche gli altri. Ma, Winston, ti assicuro che quella realtà non è esterna. La realtà abita nella mente, da nessun’altra parte. Non nella mente individuale, che può commettere errori e ha vita breve: soltanto nella mente del Partito, che è collettiva e immortale. Ciò che il Partito considera la verità è la verità. Non si può vedere la realtà se non si guarda con gli occhi del Partito. Tu, Winston, devi reimparare questo. Occorre un atto di autodistruzione, una prova di volontà. Devi umiliarti se vuoi ritrovare la ragione.»

Si fermò per qualche istante, come per permettere a Winston di afferrare le parole.

«Ricordi» riprese «di aver scritto nel tuo diario “Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro?”»

«Sì» disse Winston.

O’Brien alzò la mano sinistra, mostrando il dorso a Winston. Nascondeva il pollice, tenendo sollevate le altre quattro dita.

«Quante dita sono queste, Winston?»

«Quattro.»

«E se il Partito dice che non sono quattro ma cinque – allora quante sono?»

«Quattro.»

La parola terminò in un rantolo.

 

[…]

 

O’Brien mostrò le dita della sinistra, lasciando nascosto il pollice.

«Ecco cinque dita. Le vedi?»

«Sì.»

E per un fuggevole attimo, prima che nella sua mente la scena cambiasse, le vide davvero. Vide cinque dita, nessuna deformità. Poi tutto tornò normale, e la vecchia paura, l’odio e lo sgomento tornarono a riempirgli la testa. Ma in un momento di limpida certezza – forse trenta secondi, non sapeva dire quanti – i suggerimenti di O’Brien avevano colmato parte della lacuna diventando una verità assoluta, e due più due poteva fare tre o, altrettanto facilmente, cinque, secondo la necessità.

[G. Orwell_1984]

 

Quid est veritas?

[Ev. sec. Ioannem, 18:38]

 

Note:

[1]Che cosa si intende oggi per “potere terapeutico”?

Si intende il nuovo potere nato da quando la medicina ha esteso la propria influenza a tutta la società, occupandola in tutte le sue dimensioni, e da quando il potere economico e il potere politico saldati insieme la adoperano per il controllo sociale e addirittura per ripianificare la vita sociale nel suo complesso”.

S. Fontana_La Dottrina politica cattolica, Fede & Cultura, Verona 2023]

[2] Questi, si ricorda, sono:

a) il trattamento deve essere diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare quello degli altri;

b) il trattamento non deve incidere negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;

c) nell’ipotesi di danno comunque derivante dal vaccino, deve comunque essere prevista la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria.

[3] Per brevità si omette qui di commentare le niente affatto condivisibili considerazioni per cui la CGA ritiene invece rispettato il primo requisito, anche perché saranno riprese in relazione alle identiche motivazioni espresse in decisione dalla stessa Corte Costituzionale.

[4] L’Avv. Di Lorenzo, presidente di Avvocati Liberi, si è costituito insieme al Prof. Avv. Augusto Sinagra, per alcuni medici sanitari nell’ambito proprio di uno dei sopra menzionati giudizi di legittimità costituzionale. 

[5] Che cos’è il bene comune?

È il bene di tutti gli uomini e di ciascun uomo e consiste nella realizzazione delle finalità implicate e richieste dalla loro natura. Esso è correlato ai fini della natura umana e all’ordine finalistico della società umana”.

[…]

Si può dare un bene comune superiore al bene delle singole persone?

No, il bene comune non è qualcosa di diverso dal bene delle singole persone in quanto appartenenti a una comunità. Non è accettabile sacrificare il bene delle singole persone in vista di un presunto bene comune. La persona e la comunità sono infatti un tutto davanti a un altro tutto”.

[S. Fontana, op. cit., sottolineature nostre].

[6] Il brano completo in lingua originale: «In paragraphs 279 and 306 the majority refers to “social solidarity” (“solidarité sociale”). It is not clear what this concept (bringing to mind the work of Émile Durkheim) means here. The New Oxford Dictionary of English (Oxford 1998, p. 1772), provides the following definition of solidarity tout court: unity or agreement of feeling or action, especially among individuals with a common interest; mutual support within a group. The Dictionnaire Larousse 2019 (Paris 2018, p. 1081) gives the following meanings of the word “solidarité” in French: 1) dépendance mutuelle entre des personnes liées par des intérêts communs, esprit de corps ; 2) sentiment qui pousse les hommes à s’accorder une aide mutuelle (the meanings in legal language have been omitted here; see also E. Littré, Dictionnaire de la langue française, Paris, Hachette 1874, t. 4, p. 1968). Although the French word solidarité may also have a different meaning (le fait de faire contribuer certains membres d’une collectivité nationale à l’assistance (financière, matérielle) d’autres personnes (Le Petit Robert, Paris, Le Robert 2013, p. 2390)), the very idea of solidarity, as initially understood in ordinary language (stemming from legal language), presupposes spontaneous self-organisation, not sacrifices imposed by State power».

[7] «La dignità dell’uomo quale principio costituzionale_Quaderno predisposto in occasione dell’incontro trilaterale delle Corti costituzionali italiana, spagnola e portoghese_Roma, Palazzo della Consulta, 30 settembre – 1° ottobre 2007»

[8] La definizione kantiana è certamente importante nel contesto dell’attuale ordinamento statuale di matrice moderna o post-moderna.

Tuttavia essa è razionalmente insufficiente, in quanto tenta di fondare la dignità della persona sulla nozione di persona stessa, ponendosi così come mero postulato a cui corrisponde un dogma giuridico privo di reale consistenza. Da ciò deriva quella problematicità definitoria lamentata proprio nell’incipit del Quaderno sopra richiamato.

Meglio, allora, sarebbe far riferimento al principio della morale classica/tradizionale in base al quale è comandato all’uomo (sia uti singuli, che nelle articolazioni sociali): “«comportati, agisci, in modo consono, proporzionale, adeguato alla dignità della persona» e la dignità della persona, la sua preziosità, deriva dalla sostanza di cui è fatta, ossia dalla sua razionalità [i.e. l’anima razionale] [cfr. Tommaso Scandroglio, Scuola Nazionale di DSC, Lezione del 14.04.2023, min 34:10 ss].

[9] Sulle conseguenze “pratiche” del ruolo di garanzia del giudice quale peritus peritorum, si invita alla lettura integrale dei relativi passaggi motivi presenti nella già citata Sentenza del GUP presso il Tribunale Militare di Napoli del 27.04.23, alle pagine da 14 a 18.

[10] Nell’articolo è riportata la chat tra Nicola Magrini, D.G. di AIFA, e Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto di Speranza.

In essa si legge, tra le altre cose, questo scambio del 22.11.20 tra i due a proposito dei contratti di fornitura dei vaccini:

Magrini: Ritieni sia normale che i contratti che abbiamo firmato per farmaci e vaccini nessuno li abbia letti? O tu li hai letti?

Zaccardi: No, il ministro ha voluto fare da solo. Mandami in sintesi le condizioni ordinarie di questa tipologia di contratti

Magrini: No non vi sono tipologie tipo contratti ma manco sto capestro che sembra scritto come una presa in giro per analfabeti con l’anello al naso…E sapere chi se ne occupa e come sarebbe il minimo tra di noi del gabinetto ristretto.

[11] Sottotitolo: Nelle carte dell’inchiesta di Bergamo la guerra per bande nell’organismo che, in combutta con Speranza, ha gestito le nostre vite per due anni. I veleni di Rezza e di Brusaferro (che incredibilmente è ancora capo dell’Iss).

[12] A settembre 2021 il Sottosegretario Pierpaolo Sileri riferendo in Parlamento assicura che chi si vaccina non si contagia. Replica così quanto due mesi prima affermato in conferenza stampa dallo stesso Presidente del Consiglio, Mario Draghi.

Come risulta da documenti interni dell’AIFA, però, all’interno delle istituzioni governative si sa perfettamente che le cose non stanno così: sono 9 mesi che dalle Regioni vengono segnalati casi di vaccinati che continuano a contagiarsi. Ma l’Agenzia mette tutto a tacere, arrivando a intervenire sulla stessa definizione tecnica di fallimento vaccinale.

[13] Sottotitolo: Dalle Regioni piovevano segnalazioni, però venne alzato il muro: «Non si parli di fallimento». Secco no anche ai dirigenti che volevano avviare la vigilanza attiva: «Per sopravvivere, bisogna imparare a non rispondere».

[14] Sottotitolo: L’agghiacciante risposta di Magrini al dirigente che nel marzo 2021 gli segnalava «un evidente eccesso di mortalità cardiovascolare per Astrazeneca nella fascia d’età intorno ai 50 anni». Insabbiati pure i dati sugli effetti avversi del siero sui guariti, noti da gennaio.

[15] Viene riferito della richiesta di sequestro dei lotti del vaccino Astrazeneca disposta dalla Procura della Repubblica di Siracusa, in seguito alla morte del militare Stefano Paternò e delle pressioni di Nicola Magrini (D.G. AIFA) e del Ministro Speranza esercitate sulla stessa Procura per sospendere (a quanto pare sine die) la medesima richiesta di sequestro. Procura che, peraltro, parla di altri due sopravvenuti casi di decesso post vaccinazione in persone di giovane età, e di “un tasso di mortalità anomalo”.

In aggiunta il servizio riferisce anche della richiesta di un’altra Procura della Repubblica, questa volta quella di Napoli, alla stessa AIFA, diretta a ottenere i dati su decessi in seguito a vaccinazione anti-Covid di qualsiasi tipo e la mancata ottemperanza di AIFA a tale richiesta.

Da nota interna dell’Agenzia, poi, emerge addirittura la volontaria omessa valutazione di correlabilità tra decessi segnalati e vaccinazione, nonostante essa sia ipotizzata come probabile.

[16] Da note interne dell’AIFA emerge che la responsabile della farmacovigilanza dell’Agenzia per tutto il periodo Covid, Dott.ssa Annarosa Marra: 1] si è opposta alla divulgazione dei dati sui decessi postvaccinali in persone anziane, questi ultimi a gennaio 2021 valutati dagli stessi esperti dell’Agenzia in questi termini “La probabilità di osservare un decesso in un anziano vaccinato da poco è elevata”; 2] ha approvato la proposta di una collaboratrice di omettere nel rapporto periodico di farmacovigilanza vaccinale i dati relativi alle reazioni avverse al vaccino Astrazeneca nel maggio ‘21, perché in numero troppo elevato; 3] ha approvato analoga proposta di un collaboratore in merito al segnale relativo a paralisi facciali e parestesie postvaccinali; 4] a richiesta ufficiale del CODACONS risponde che l’AIFA non dispone di dati in merito all’efficacia dei vaccini per le varianti del virus. Siamo a gennaio 2021, con campagna di vaccinazione di massa avviata da un mese.

[17] “Dopo il Wall Street Journal, ora tocca a Newsweek. Una a una, le maggiori testate americane stanno picconando a colpi di editoriali e commenti la gestione mondiale della pandemia, della quale sono stati proprio gli Stati Uniti a tirare le fila […] «Il Cdc, l’Oms e la Fda hanno ripetutamente enfatizzato le evidenze e ingannato la popolazione, è ora che la comunità scientifica ammetta tutti gli errori sul Covid, perché sono costati vite umane […] L’immunità da vaccino rispetto a quella naturale, la chiusura delle scuole, le modalità di trasmissione della malattia, la diffusione via aerosol, l’obbligo di mascherina…l’efficacia e la sicurezza dei vaccini» […] ha citato tutti gli studi che hanno smentito le decisioni delle autorità…”.

[18] Si tratta dello studio della Dott.ssa Loredana Frasca ed altri due colleghi, tutti ricercatori dell’ISS, con cui è stato sollevato il problema «…il vaccino Covid-19 può portare pericarditi e miocarditi. E danneggiare il sistema immunitario».

Com’è noto, tale pubblicazione è stata con grande sollecitudine “sconfessata" dallo stesso ISS, per il quale la ricercatrice parla solo a titolo personale.

Sulla vicenda è utile anche leggere il comunicato della CMSi (Commissione Medico-Scientifica indipendente) diretto a esprimere solidarietà ai Ricercatori e a difendere la loro libertà e autonomia.

[19] Di particolare interesse le seguenti dichiarazioni riportate nell’articolo:

Valerio Petterle, medico necroscopo all’ULSS 2 del Veneto: «Non ho mai accertato tanti decessi inaspettati come adesso»;

Giuseppe Barbaro, responsabile di reparto di Cardiologia a Roma: «Non si erano mai viste tante morti improvvise, soprattutto tra i ragazzi […] Prima ne avevamo una, due al mese. Ora, confrontandomi anche con altri colleghi, se ne registrano fino a un paio ogni settimana […] [riguardo alle autopsie, ndrAnche quando vengono effettuate, sono superficiali. Eppure basterebbe cercare la Spike negli organi per capire se c’è una correlazione tra morti improvvise e vaccino. Ora sappiamo che gli effetti avversi del Covid, così come della proteina Spike dei vaccini a mRna, sono pericarditi e miocarditi. E danni alle piccole fibre, che lasciano cicatrici nel cuore e possono dare aritmie importanti. Fino all’arresto cardiaco».

Maurizio Federico, dirigente di ricerca dell’ISS: «C’è in particolare uno studio su Cell dove si chiarisce che la proteina codificata da questi vaccini resta in circolo anche oltre 60 giorni. Ecco perché parlare di effetti avversi entro i 14 giorni è sbagliato […] Piacerebbe anche a me essere sicuro che non c’entrino nulla con i vaccini a mRNA…ma per ora non si sa. Stanno succedendo cose che andrebbero indagate».

[20] Ecco il link al commento sullo studio del Dott. Eugenio Serravalle della Commissione Medico Scientifica Indipendente (CMSi).

[21] Abstract dello studio (libera traduzione, sottolineature mie): “Meno di un anno dopo l’emergenza globale del coronavirus SARS-CoV-2, è stata introdotta sul mercato una nuova piattaforma di vaccini basata sulla tecnologia mRNA. A livello globale, sono state somministrate circa 13,38 miliardi di dosi di vaccino COVID-19 di diverse piattaforme. Ad oggi, il 72,3% della popolazione totale è stato iniettato almeno una volta con un vaccino COVID-19. Poiché l’immunità fornita da questi vaccini diminuisce rapidamente, la loro capacità di prevenire l’ospedalizzazione e malattie gravi in soggetti con comorbidità è stata recentemente messa in discussione e prove crescenti hanno dimostrato che, come con molti altri vaccini, non producono un’immunità sterilizzante, consentendo alle persone di subire frequenti reinfezioni. Inoltre, recenti indagini hanno rilevato livelli anormalmente elevati di IgG4 nelle persone a cui sono state somministrate due o più iniezioni di vaccini a mRNA. È stato riportato che anche i vaccini contro l’HIV, la malaria e la pertosse inducono una sintesi di IgG4 superiore al normale. Nel complesso, ci sono tre fattori critici che determinano il passaggio di classe agli anticorpi IgG4: concentrazione eccessiva di antigene, vaccinazione ripetuta e tipo di vaccino utilizzato. È stato suggerito che un aumento dei livelli di IgG4 potrebbe avere un ruolo protettivo prevenendo l’eccessiva attivazione immunitaria, simile a quella che si verifica durante l’immunoterapia specifica per allergeni di successo inibendo gli effetti indotti dalle IgE. Tuttavia, prove emergenti suggeriscono che l’aumento riportato dei livelli di IgG4 rilevato dopo ripetute vaccinazioni con i vaccini a mRNA potrebbe non essere un meccanismo protettivo; Piuttosto, costituisce un meccanismo di tolleranza immunitaria alla proteina spike che potrebbe promuovere l’infezione e la replica incontrastate di SARS-CoV2 sopprimendo le risposte antivirali naturali. L’aumento della sintesi di IgG4 dovuto alla vaccinazione ripetuta dell’mRNA con alte concentrazioni di antigene può anche causare malattie autoimmuni e promuovere la crescita del cancro e la miocardite autoimmune in individui suscettibili.

[22] Sottotitolo: La scrittrice, premiata alla festa di «Tempi» per il suo libro sulla pandemia: «Conosco tre persone vittime di effetti avversi pesanti ma invece di studiarne le cause si cerca di fingere che tutto sia andato nel migliore dei modi. L’Italia ha vissuto una guerra civile»

[23] Intervista a Ciro Isidoro, biologo e medico, Professore ordinario di Patologia generale e Immunologia presso il Dipartimento di Scienze della salute dell’Università del Piemonte Orientale.

Alcuni estratti: «La Spike vaccinale non si comporta sempre come si comporta la Spike del virus […] possiamo ritrovare la Spike [vaccinale, ndrin qualsiasi organo. Questo non era stato preso in considerazione, ma ciò perché non sono stati fatti studi e perché non si è tenuto conto degli studi già fatti sul comportamento delle nanoparticelle di grasso […] Alcuni studi su topolini erano stati fatti, che mostravano proprio questo, che le nanoparticelle di grasso non rimanevano nel luogo dell’iniezione ma venivano poi ridistribuite anche in altri distretti dell’organismo…Studi sugli uomini invece non sono stati fatti […] questo non è un vaccino nel senso classico bensì un profarmaco genico immuno-modulatore che, specie con le ripetute inoculazioni, stimola continuamente la produzione di anticorpi che vanno a perturbare la nostra regione di controllo dei nostri auto-anticorpi. Questo può spiegare perché alcuni vaccinati sviluppano malattie auto-immunitarie. Anche il fatto che la Spike si possa produrre in qualsiasi cellula può ingannare il sistema immunitario che poi aggredisce la cellula come fosse estranea […] Ciò che è accaduto durante la pandemia è quello che ha ben sottolineato Ioannidis, tra gli scienziati più citati al modo per il suo rigore scientifico: “Abbiamo assistito ad uno scontro duro tra le politiche autoritarie di sanità pubblica e la scienza, e la scienza ha perso!”».

[24] Riferisce del report di circa 400 pagine pubblicato dalla Pfizer negli scorsi giorni, in cui ha elencato gli effetti avversi della vaccinazione anti covid-19 registrati sulla base delle segnalazioni spontanee dei danneggiati e dei medici nel periodo di osservazione di sei mesi, dal 19 dicembre 2021 al 18 giugno 2022.

Particolarmente suggestivi i seguenti passaggi:

“Scorrere il Report Pfizer, per chi avesse la pazienza di farlo, è come percorrere una vera e propria Via Dolorosa. Pagina dopo pagina scorrono i numeri con le decine di migliaia di eventi avversi, che riguardano praticamente tutti gli organi e gli apparati del corpo umano. Migliaia di patologie infiammatorie, tra cui le miocarditi e le pericarditi di cui ormai tra gli addetti agli lavori si parla apertamente di “epidemia”, ovviamente di origine misteriosa e inspiegabile”.

L’elenco del report, infine, ci conduce ad una cifra che non può non fermare l’attenzione in modo drammatico: i morti. Il report Pfizer parla di 3000 decessi. Non dai complottisti, non dai negazionisti viene questa cifra terribile, ma dal produttore stesso del vaccino. Tremila persone che erano sane, che facevano la loro vita normale, e che non ci sono più, che hanno lasciato nelle loro famiglie un vuoto doloroso, e come facilmente immaginabile, inspiegabile.”

[25] A pgg. 17 – 19 vengono confutate, sulla base dei dati ufficiali, le considerazioni contenute nella Sentenza n. 14 a favore dell’efficacia delle campagne vaccinali.

[26] In cui vengono illustrati i dati, tratti da fonti ufficiali, per cui “La controversa “emergenza sanitaria” da Covid, che ha fermato il mondo e cambiato radicalmente il nostro modo di vivere, è alle spalle, da tempo, eppure le persone continuano a morire. E a morire in misura di gran lunga maggiore rispetto al biennio 2020-2021, allorché si era in piena pandemia. È una tendenza comune in tutta Europa”.

[27] Corte Cost., sent. n. 14/2023, si vedano in particolare parr. 7 – 8 del “Considerato in diritto”. 

[28] Corte Cost., sent. n. 15/2023, si vedano in particolare parr. 10.3.1 – 10.3.4 del “Ritenuto in fatto”. 

[29] Adnkronos 05.03.2023_Inchiesta covid, Bassetti: “Scelte sempre in buona fede”_’’In quel momento le scelte le facevamo al buio, io credo che il processo per quei giorni andrebbe fatto al virus’’.

[30] Post twitter sul profilo @RobertoBurioni apparso in data 09.03.2023:“Qualunque affermazione scientifica si basa sui dati disponibili. Se i dati sono incompleti o addirittura falsi è ovvio che l’affermazione stessa può risultare scorretta o falsa, ma la colpa è di chi ha omesso o falsificato i dati, non di chi ha fatto l’affermazione”.

[31] “…il diritto nelle sue espressioni giurisprudenziali tradizionalmente basato su una visione della “scienza certa””

[32] “Questa comportava, per il diritto, la mediazione delle cosiddette “norme tecniche”: norme in cui il diritto si limitava a rivestire di efficacia giuridica contenuti (sostanzialmente tecnici e scientifici) estranei alle sue competenze”.

[33] Interessanti anche i seguenti passaggi (sottolineature sempre mie) “Mentre alcune Scuole difendono accanitamente le caratteristiche “scientifiche” delle expertise, secondo un metodo razionale non influenzato dalle opinioni sociopolitiche e ritengono che un’eventuale “inversione della prova” – ove introdotta per legge – verrebbe ad impedire la possibilità di stabilire una differenza fra una ipotesi ed una semplice supposizione, a destabilizzare la attuale cultura tecnico-scientifica e creare una confusione concettuale regressiva per la società, altre Scuole sostengono i vantaggi di una partecipazione alle procedure dell’expertise di quel “sapere comune” che matura più di quanto non si pensi nella pubblica opinione, e consente di arricchire la comunicazione, chiarire le incertezze ed i sospetti verso una scienza altezzosa e paternalistica, restaurare il difetto di affidabilità. Così è andato incontro il decisore politico alle richieste dell’opinione pubblica e – fatto giudicato non di poco interesse – sperimenta nuove forme di governare e di mondi possibili

[…]

Infine, la percezione che l’opinione pubblica ha del rischio è, in generale, più estesa di quella degli esperti, e copre ipotesi che talvolta vengono trascurate dagli esperti, ma sulle quali desidera risposte. Tutto ciò si muove ancora nella sfera della ragionevolezza e non ha nulla a che vedere con stati d’animo di “timor panico”, né soprattutto con motivi (ad es. per difendersi dalla concorrenza economica) che vengono contrabbandati per “rischi””.

[34] Pg. 32, sottolineature mie: “Anche la riflessione effettuata in ambito europeo sulla applicazione della scienza in condizione di incertezza ha messo in luce una duplice esigenza: la prima riguarda la democratizzazione dell’expertise scientifico (che deve mostrarsi sempre più aperto, in grado di includere le opinioni scientifiche minoritarie o dissenzienti); la seconda concerne, invece, la necessità di una corretta e trasparente informazione volta ad includere, se possibile, la partecipazione della società civile alle decisioni che la concernono. Gli scienziati e gli esperti non dovrebbero essere qualificati i soli legittimati ad assumere decisioni etiche che sono alla base delle trasformazioni civili e sociali e che possano coinvolgere rischi in grado di ledere i diritti fondamentali dell’uomo quali il diritto alla salute ed all’ambiente salubre. 

Già il Consiglio Europeo di Nizza nel dicembre 2000 ha affermato la necessità che l’autorità pubblica si faccia carico della organizzazione e valutazione del rischio garantendo pluralità di prospettive, indipendenza e trasparenza: inoltre devono essere riportati nei documenti di “expertise” i pareri minoritari, ove essi sottolineano la mancanza di adeguata ricerca scientifica (pp. 9 e 10) in quanto è necessario ... “che la società civile debba essere coinvolta e che occorra prestare attenzione alla consultazione di tutte le parti interessate, in una fase quanto più precoce (Consiglio Europeo 2000 p.n.15.)”. 

Di particolare interesse il Piano di Azione sulla Scienza e Società (European Commission 2001) dove si sottolineano le forti interazioni fra scienza, innovazione tecnologica e cambiamento sociale e dove si indicano gli obbiettivi e le azioni per la promozione della cultura scientifica europea e per lo sviluppo di una ricerca più vicina ai cittadini. Il documento, parlando di una scienza responsabile alla base del processo politico sottolinea che “la scienza è spesso percepita come qualcosa che si occupa di certezze e fatti incontestabili; in realtà la situazione è ben diversa, in particolare nei settori di punta della ricerca “(Azione 35, punto 3.3). Ciò renderebbe necessario un approccio più aperto, sistematico a livello nazionale ed europeo, per individuare le competenze più adeguate, al momento giusto aprendo ai processi di consultazione al pubblico e alle parti interessate, fornendo loro occasioni e gli strumenti che consentano di contribuire al dibattito e di contestare gli esperti o i loro pareri. Peraltro, desta una certa meraviglia il fatto che i governi continuano a promettere “sicurezze”, quando l’universo simbolico della società contemporanea è sempre più impregnato di “rischi” e “incertezze”.

[35] Si veda, ad esempio, C. Cost., sentenza n. 5/2018, par. 3.5 della sezione “Motivi della decisione”.