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Obbligo vaccinale: CEDU Potter e la sentenza filosofale - Parte II

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Obbligo vaccinale: CEDU Potter e la sentenza filosofale - Parte II

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OBLIVION
 

Nella Parte I sono stati illustrati gli argomenti complessivamente presentati alla Corte EDU a fondamento della contestazione dell’obbligo così come imposto dal governo ceco[1], i quali si possono così sintetizzare (non senza una certa approssimazione):

  • carenza di trasparenza nelle procedure seguite per l’approvazione dei calendari vaccinali;
  • sussistenza di comprovati conflitti di interessi in capo alle autorità sanitarie e negli organismi, pubblici e privati, nazionali e sovranazionali (in primis, OMS);
  • insufficienza di informazioni generali da parte delle autorità sanitarie su efficacia e sicurezza delle vaccinazioni[2], accompagnata da generale incapacità dei pediatri di comunicare adeguatamente con i genitori dubbiosi;
  • strutturale e pervasivo conflitto di interessi in capo ai medesimi pediatri, imputabile alla sponsorizzazione della loro formazione continua dovuta in larga misura alle società farmaceutiche;
  • riconoscimento delle controindicazioni vaccinali solamente sul piano di principio, essendo praticamente nulla la relativa applicazione pratica per interpretazione pregiudizialmente restrittiva dei casi di esenzione adottata dai pediatri;
  • impossibilità pratica per i pazienti di ottenere una valutazione personalizzata e individualizzata in merito all’opportunità concreta di essere sottoposti a vaccinazione, anche per strutturale indisponibilità del sistema sanitario a considerare effettivamente precedenti episodi di reazioni avverse capitate al paziente stesso e/o a suoi parenti prossimi;
  • conseguenti fondati dubbi sulla reale rappresentazione “ufficiale” dei rapporti rischi/benefici delle vaccinazioni, anche imputabili alla strutturale incapacità del sistema sanitario di rilevare in misura statisticamente sufficiente gli eventi avversi gravi (dovuto alla predisposizione di un’attività di farmacovigilanza meramente passiva e carente);
  • possibilità per i pazienti/genitori di contestare ragionevolezza e scientificità di un’imposizione vaccinale così congegnata, praticamente nulla in sede amministrativa, solo teorica e formale in quella giurisdizionale.

Come già accennato sono tutte problematiche note da molto tempo e ovviamente non confinate alla sola Repubblica Ceca essendo comuni, in misura più o meno elevata, a tutti i sistemi di vaccinazione pubblica del mondo occidentale.

Per stare, ad esempio, al significativo e apicale caso dell’O.M.S., è ormai fatto noto che la sua strutturazione sia organizzativa che operativa è agganciata all’afflusso costante e “fisiologico” di capitali in larga parte privati tramite i meccanismi dei finanziamenti c.d. earmarked, il che comporta naturalmente un ineluttabile stato di conflitto di interessi.

Le questioni poste dai sei ricorsi riuniti, pertanto, avrebbero offerto un’eccezionale occasione per affrontare finalmente funditus e nel merito le svariate e annose problematiche, sia scientifiche che giuridiche, che in materia vaccinale si trascinano da almeno trent’anni trovando come uniche risposte i frusti slogan ininterrottamente ripetuti a livello “ufficiale”.

Anche perché la questione politico-costituzionale sottesa alla controversia nel suo insieme è riassumibile nella seguente domanda:

può il governo di un Paese aderente alla Convenzione adottare provvedimenti manifestamente pregiudizievoli per uno o più dei diritti e libertà fondamentali sanciti dalla Convenzione medesima, sulla base di mere dichiarazioni di necessità e proporzionalità per la tutela di altri valori essenziali (in questo caso, sanità pubblica), non fornendo tuttavia la rigorosa prova della fondatezza di quelle stesse dichiarazioni?

In altre parole:

nel caso un cittadino contesti tali misure sulla base di dubbi “consistenti”, ossia basati su plurimi elementi caratterizzati da serietà, precisione, gravità e concordanza, a quale parte spetta l’onere di provarne la fondatezza/infondatezza logico-scientifica?

Al cittadino medesimo, in linea di principio tutelato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e sul piano pratico certamente soggetto “debole” rispetto allo Stato impositore?

O al governo, che ha sancito gli obblighi restrittivi dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione?

Governo che, peraltro, gode di una sproporzionata asimmetria informativa rispetto al singolo cittadino, di talché in base a semplice e naturale buon senso essa dovrebbe trovare equo bilanciamento grazie al corretto utilizzo del principio processuale di vicinanza della prova.

Domande sembrerebbe dalle risposte scontate, considerato anche che sono quesiti a carattere, per così dire, universale, comuni non solo agli obblighi vaccinali pediatrici ma anche a quelli successivi anti-Covid (e infatti sono stati riproposti anche per questi).

E invece bisogna amaramente prendere atto delle decisioni opposte assunte dalla Corte, la quale ha così infine stabilito che queste vaccinazioni pediatriche, così come vengono imposte, vanno considerate "necessarie in una società democratica".

E quindi, in che modo la Corte ha giustificato siffatto modo di ripartire l’onere della prova?

Con motivazioni che solo per rimanere moderati si possono definire estremamente deludenti.

I ragionevoli dubbi posti dai ricorrenti sono stati risolti con:

1- l’accorpamento arbitrario delle questioni giuridiche, attraverso la sostanziale rimozione de plano di alcune di esse,

2- l’elusione argomentativa dei punti critici sollevati sul piano fattuale dai ricorrenti.

Quanto all’accorpamento arbitrario, in relazione al duplice profilo di violazione dell’art. 8 della Convenzione lamentato dai ricorrenti (ovvero violazione della “vita privata” dell’individuo e rispetto della vita familiare), si può constatare come ai paragrafi 261 – 262 la sentenza dichiari sufficiente decidere la causa solamente con riferimento al primo, senza peraltro dare alcuna spiegazione circa l’esclusione del secondo.[3]

Il che significa: non ha nessuna importanza che i ricorrenti critichino l’obbligo vaccinale oltre che nei termini di ingerenza nella sfera privata della persona, anche per i conseguenti risvolti nella vita della famiglia di cui quella persona è membro.

Nella visione della Corte, quindi, la pratica vaccinale è mera questione del singolo, tradendo una concezione atomistica dell’individuo di fronte al potere dello Stato.

Con buona pace del fatto che i bambini non sono esseri astratti che cadono nei centri vaccinali direttamente da Marte o Venere, e in totale spregio alla famiglia quale Società naturale per ciò dotata di prerogative e diritti propri (pur riconosciuti dalla Convenzione).

Analogamente ai paragrafi 339 – 345 si apprende che la Corte ha parimenti ritenuto irrilevante (in quanto assorbita nella decisione sull’art. 8 Conv.) la questione posta dai ricorrenti in merito alla rilevata violazione dell’art. 2 del Prot. aggiuntivo n. 1, conseguente all’esclusione dei minori non vaccinati da asilo nido e scuola materna.

Per inciso, l’art. 2 Prot. 1 sancisce ben due diritti fondamentali: quello di ogni persona a non vedersi negato il diritto all’istruzione[4] (nel cui ambito ormai pacificamente rientra anche la frequentazione di asili e materne) e il diritto originario dei genitori a educare e istruire i figli “…secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”, rispetto al quale l’attività dello Stato assume natura ancillare e pertanto recessiva[5].

È clamorosamente evidente che ci troviamo di fronte a due veri e propri pilastri del diritto europeo classico, strutturanti la società stessa, per cui appare drammaticamente inadeguata la laconica dichiarazione con cui la Corte ha espunto la questione dall’oggetto del giudizio, anche in questo caso senza fornire motivazione di sorta al riguardo[6].

Ma, come si è detto, la parte della Convenzione che tutela i diritti naturali della famiglia in questo caso sembra non aver affatto attirato l’interesse della Corte e, ora si deve aggiungere, anche quella relativa ai diritti dei bambini a ricevere una piena e completa educazione e istruzione conformemente alle scelte, potremmo dire in “scienza e coscienza”, dei genitori[7].

Veniamo quindi alla sezione della sentenza dedicata alla decisione nel merito dell’unica questione processuale così fatta sopravvivere: la lamentata violazione dell’art. 8 Conv. (sotto il solo profilo, però, della vita privata individuale, come sopra precisato)[8].

Qui l’argomentazione della Corte si è fatta se possibile ancor più insoddisfacente, essendo sostanzialmente strutturata, come anticipato, sulla sistematica elusione delle numerose questioni sia giuridiche che scientifiche poste dai ricorrenti, malcelata attraverso il continuo ricorso ad affermazioni di mero principio.

Potendo procedere solamente per sommi capi, anzitutto si nota come nella sezione preliminare della sentenza dedicata all’elencazione degli atti del Diritto e della Pratica internazionale ed europea rilevanti nella materia trattata, la Corte al par. 141 citi la c.d. Convenzione di Oviedo.

Tuttavia, andando al cuore della sentenza, ossia la successiva parte motiva, con stupore si nota la totale assenza di qualsiasi richiamo a tale Convenzione.

E si tratta di un’omissione dal punto di vista giuridico veramente stupefacente, trattandosi quella firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997 della «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano in relazione all’applicazione della biologia e della medicina». Stiamo parlando in effetti della pietra miliare nello sviluppo del diritto internazionale e convenzionale relativo alla biomedicina, positiva di principi generali integrativi e rafforzativi dei fondamentali diritti sanciti in materia medico-sanitaria dalle convenzioni internazionali riguardanti i c.d. diritti umani, Convenzione EDU in primis.

Questa della Corte più che una “dimenticanza” appare come una vera e propria voragine, considerando che con tale omissione essa si è arbitrariamente autoconsentita di superare senza colpo ferire le giuridiche colonne d’Ercole rappresentate dalla Convenzione di Oviedo (sebbene letteralmente trascritta in sentenza al menzionato par. 141)[9].

In aggiunta, ai paragrafi immediatamente seguenti (parr. 142 e 143) la Corte evoca due atti dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa per obliarne un terzo.

Quello più importante, molto probabilmente.

Vengono infatti citate, rispettivamente, la Raccomandazione 1317 (1997) dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE), intitolata “Vaccinazione in Europa e la Risoluzione 1845 (2011) della PACE, intitolata “Diritti e responsabilità fondamentali”.

PACE è l’acronimo inglese per Assemblea Parlamentare Consiglio d’Europa, organo per l’appunto parlamentare, parte integrante del sistema della C.E.D.U. di cui è componente giudiziaria la Corte di Strasburgo.

Enti che, pertanto, sarebbero chiamati a operare, nell’àmbito delle rispettive competenze, tenendo l’uno in debito conto le decisioni dell’altro.

Ebbene, anzitutto la citata Risoluzione 1845 stabilisce, tra i passaggi citati proprio dalla Corte, che “Vivere come membri della società comporta inevitabilmente doveri e responsabilità oltre che diritti” e che “ogni individuo ha specifiche responsabilità fondamentali per rispettare e proteggere la vita umana, ... mostrare solidarietà, agire responsabilmente verso i bambini”.

E, purtuttavia, continua “queste responsabilità fondamentali non possono mai[10] essere interpretate come un pregiudizio, una restrizione o una deroga ai diritti e alle libertà contenuti nella [Convenzione], nella Carta sociale europea rivista ... e in altri strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani”.[11]

Mai vuol dire MAI, l’avverbio è piuttosto categorico.

E nondimeno a riguardo di tale limitazione generale e assoluta alle restrizioni ai diritti fondamentali indicata dalla PACE, la Corte nelle motivazioni non ha espresso mezza riflessione.

Ma, come si diceva, ciò che maggiormente impressiona di tali citazioni è quella omessa.

Si tratta della Risoluzione 2361 (2021) della PACE: “Vaccini Covid-19: considerazioni etiche, legali e pratiche”.

Colpisce anzitutto che essendo stata approvata in data 27 gennaio 2021, vale a dire neanche tre mesi prima della nostra sentenza che è del 8 aprile 2021, la Risoluzione e i suoi contenuti non potevano non essere ben conosciuti e presenti al Collegio giudicante.

Nel merito, poi, la Risoluzione, sebbene si esprima sul vaccino anti Covid-19, affronta specificamente la problematica dell’obbligo della vaccinazione in rapporto ai diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione, e lo fa con argomenti assiologici e giuridici di portata generale evidentemente applicabili a tutti i casi di imposizione vaccinale.

Come più ampiamente esposto in un precedente scritto, in tale occasione la PACE ha preso chiaramente e senza riserve posizione a favore della vaccinazione anti-Covid, quale ritenuto strumento efficace di contrasto alla malattia, anche incoraggiando gli Stati aderenti a perseguire politiche di equa distribuzione dei vaccini. Nondimeno, dimostrando grande onestà intellettuale, nella Risoluzione la questione del vaccino quale strumento sanitario viene giustamente tenuta distinta da quella della sua eventuale imposizione obbligatoria, per la quale la PACE si esprime nel senso di una sua decisa incompatibilità con i diritti fondamentali della persona.

Il paradosso è che la PACE motiva l’avversione all’obbligo richiamando i requisiti giuridici che la medesima Corte EDU aveva stabilito in proprie precedenti decisioni, vale a dire la soddisfazione concorrenti dei criteri di necessità[12] e proporzionalità[13].

La cosa poi è resa ancor più curiosa dal fatto che la PACE richiami uno specifico atto normativo a fondamento della propria contrarietà all’obbligo[14].

Quale?

La già ricordata Convenzione di Oviedo, of course![15]

E così con una sola “mossa” la Corte ha di fatto estromesso dal giudizio ben due importanti ostacoli giuridici alla legittimità degli obblighi vaccinali: Oviedo e Risoluzione 2361 della PACE (o meglio i princìpi in essa richiamati).

Il che ci porta direttamente a quello che figurativamente può quasi apparire come una trasmutazione giuridica della Corte. Avviene al par. 272 della decisione, che si colloca nella parte di sentenza dedicata ai motivi per i quali la Corte ha ritenuto che lo scopo dichiarato dal Governo a giustificazione dell’imposizione vaccinale configuri un obiettivo legittimo ai sensi della Convenzione EDU.

Ebbene in questo passaggio i giudici indicano come obiettivo legittimo dell’obbligo, peraltro quasi certamente travalicando la stessa materia del giudizio, non solamente le ragioni di salute pubblica (classico “cavallo di battaglia” delle politiche vacciniste), ma anche la tutela della salute individuale!

Per la verità il paragrafo in questione pare espressivo di un c.d. obiter dictum ed è molto sintetico (e perciò un po’ oscuro nel significato), ma proprio per questo la sottesa dichiarazione di principio risulta addirittura ancora più insidiosa e pericolosa.

«Ciò [l’obiettivo di tutela contro malattie che possono rappresentare un grave rischio per la salute] si riferisce sia a coloro che ricevono le vaccinazioni in questione sia a coloro che non possono essere vaccinati e si trovano quindi in uno stato di vulnerabilità» [sott. mia].

E, di conseguenza: «Tale obiettivo corrisponde alle finalità della tutela della salute e della tutela dei diritti altrui, sancite dall’articolo 8» [sott. mia].[16]

Quindi, in poche parole che svelino l’arcano, la Corte quasi en passant pone le basi per un’eventuale futura rivoluzione in materia di trattamenti sanitari obbligatori.

Fino a oggi, infatti, è sempre stato fuori discussione che l’imposizione potesse essere astrattamente giustificabile, almeno in uno Stato di diritto fondato, tra l’altro, sulle Convenzioni internazionali dichiarative dei c.d. diritti umani, esclusivamente per tutelare un vitale interesse pubblico, e peraltro nei soli casi di accertata extrema ratio e previa verifica di necessità e proporzionalità della compressione dei diritti individuali nei limiti strettamente indispensabili richiesti dalla situazione.

E, non a caso, lo stesso Governo Ceco si era limitato in giudizio a difendere in tali termini pubblicistici gli obblighi vaccinali imposti.

La sentenza, invece, ha allargato a dismisura questi limiti, ricomprendendo almeno in via di principio nella nozione di obiettivo legittimo, anche la tutela della salute del singolo individuo.

Se la cosa non fosse ancora chiara, è bene anzitutto ricordare che la stessa Convenzione EDU, firmata subito all’indomani del secondo conflitto mondiale, ha la sua fondamentale ragione storica nel porre un’invalicabile (si pensava!) diga al futuro ripetersi di veri e propri crimini lesivi della dignità umana compiuti da medici (allora sotto il regime nazista) in nome della salute personale.

Sul piano concreto se le premesse di principio così poste dalla Corte dovessero in un futuro più o meno vicino tradursi in applicazioni pratiche (anche considerati gli abusi che i Governi europei e nord americani stanno già ora facendo della tutela della salute pubblica), cosa potrebbe impedire (facendo un esempio di assoluta fantasia), nel caso in cui “La Scienza” (quella recepita dal ministero) dimostrasse che gli alimenti a base di farine di insetti sono preferibili in termini di salute umana, la totale messa al bando di cibo ottenuto in modo differente da questo?

O ancora, e sempre rimanendo nella pura fantasia, posto che l’eugenetica e l’eutanasia sono “questioni mediche”[17], che ostacoli rimarrebbero alla promulgazione di leggi (democraticamente votate, naturalmente), che impongano la soppressione di vite “indegne di essere vissute” (feti malformati, bambini handicappati, inabili al lavoro, vecchi, malati, etc.) per le quali gli “studi scientifici” (quelli selezionati dai governi) dimostrassero chiaramente trattarsi di “morti pietose”[18], rispondenti al best interest del morituro stesso?

Già così mi pare ce ne sia abbastanza per riflettere sul contenuto rivoluzionario (qualcuno potrebbe forse dire “eversivo”) riversato in sentenza.

Nella successiva Parte III vedremo come è stata motivata in sentenza la decisione di dichiarare le imposizioni vaccinali pediatriche conformi alla CEDU.

 

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Note:

[1] Secondo motivazioni e criteri essenzialmente identici a quelli alla base anche dell’obbligo in Italia.

[2] La richiesta di dati scientifici specifici e concreti su efficacia e sicurezza dei vaccini, che diano dimostrazione degli slogan ossessivamente ripetuti a tal proposito dal c.d. mainstream, è forse fra tutte quella più importante e da sempre rimasta clamorosamente inevasa.

Addirittura quando capita che in qualche modo le autorità sanitare siano indotte in sede ufficiale a dover specificare ed esibire i dati che corroborino le relative pubbliche dichiarazioni di sicurezza&efficacia, succede siano clamorosamente costrette ad ammettere di non esserne in possesso.

In questo senso l’ultimo recente caso si è avuto nel giudizio in corso avanti al TAR Lazio, nel cui àmbito l’AIFA ha ammesso di non essere in possesso dei rapporti mensili dell’EMA per il mantenimento dei requisiti di sicurezza ed efficacia dei vaccini anti-Covid.

Vale la pena anche ricordare, quale altro esempio, che la dott.ssa Loredana Frasca, Ricercatrice dell'ISS, insieme ad altri due colleghi ha recentemente pubblicato un importante lavoro sulla sicurezza dei vaccini mRNA, il quale tuttavia è stato con grande sollecitudine “sconfessato" dallo stesso ISS.

Sulla vicenda è utile anche leggere il comunicato della CMSi (Commissione Medico-Scientifica indipendente) diretto a esprimere solidarietà ai Ricercatori e a difendere la loro libertà e autonomia.

[3]«261. It is common ground among the parties that the complaint raised under Article 8 of the Convention relates to the right to respect for the applicants’ private life. The Court agrees, it being well established that a person’s physical integrity forms part of their “private life” within the meaning of this provision of the Convention, which also encompasses, to a certain degree, the right to establish and develop relationships with other human beings … .

262. While some of the applicants also referred to the right to respect for family life, the Court does not consider it necessary to examine their Article 8 complaints from this additional perspective»

[4] ARTICOLO 2

Diritto all’istruzione

Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno…

[5] …Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.

[6] «345. In light of the scope of its examination and findings as regards the child applicants’ complaints under Article 8 of the Convention, the Court finds that there is no need to examine their applications separately under Article 2 of Protocol No. 1».

[7] Peraltro, tale ingiustificato modus operandi della Corte non è stato condiviso da tutto il Collegio giudicante, avendo due giudici con separate opinioni discordanti, riportate in appendice alla Sentenza, disapprovato le dichiarate inammissibilità (in modo per così dire blando il giudice Lemmens; con parere ben articolato e pregnante il giudice Wojtyczek, sulla cui opinione peraltro si tornerà nella Parte IV).

[8] ARTICOLO 8

Diritto al rispetto della vita privata e familiare

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

[9] «141. The Oviedo Convention was opened for signature on 4 April 1997 and entered into force in respect of the Czech Republic on 1 October 2001 (Notice of the Ministry of Foreign Affairs no. 96/2001 Collection of international treaties). It forms part of the legal order of the Czech Republic and has precedence over statute in case of conflict (Article 10 of the Constitution). The relevant parts read as follows:

Article 5 – General Rule

“An intervention in the health field may only be carried out after the person concerned has given free and informed consent to it.

This person shall beforehand be given appropriate information as to the purpose and nature of the intervention as well as on its consequences and risks.

The person concerned may freely withdraw consent at any time.”

Article 6 – Protection of persons not able to consent

“...

2. Where, according to law, a minor does not have the capacity to consent to an intervention, the intervention may only be carried out with the authorisation of his or her representative or an authority or a person or body provided for by law.

The opinion of the minor shall be taken into consideration as an increasingly determining factor in proportion to his or her age and degree of maturity.

...”

Article 24 – Compensation for undue damage

“The person who has suffered undue damage resulting from an intervention is entitled to fair compensation according to the conditions and procedures prescribed by law.”

Article 26 – Restrictions on the exercise of the rights

“1. No restrictions shall be placed on the exercise of the rights and protective provisions contained in this Convention other than such as are prescribed by law and are necessary in a democratic society in the interest of public safety, for the prevention of crime, for the protection of public health or for the protection of the rights and freedoms of others.

...”»

[10] Sottolineatura mia

[11]«143. …:

“1. Rights, duties and responsibilities cannot be dissociated from each other. Living as members of society inevitably entails duties and responsibilities as well as rights.

8.1.2. furthermore, all individuals have specific fundamental responsibilities to respect and protect human life, ... to show solidarity, to act responsibly towards children, ...;”

8.2. emphasises that these fundamental responsibilities can never be construed as impairing, restricting or derogating from the rights and freedoms contained in the [Convention], the revised European Social Charter ... and other international and regional human rights instruments»

[12] Il criterio di necessità, in primo luogo, impone che l’obbligo sia considerato come extrema e ultima ratio, attuabile solo quando l’obiettivo prefissato non sia perseguibile in nessun altro modo.

[13] La proporzionalità richiede la stretta adeguatezza dei mezzi impiegati al fine voluto, sì che l’obbligo di vaccinazione non potrebbe essere stabilito oltre ciò che è necessariamente strumentale all’obiettivo precostituito ufficialmente dichiarato.

[14] Per la precisione lo si riscontra nel Memorandum allegato alla Risoluzione 2361 (il documento nel quale vengono analiticamente espresse le motivazioni alla base della Risoluzione stessa).

[15] “Measures must however not violate the right and liberty of an individual to bodily autonomy and informed consent, as guaranteed by articles 2 and 5 of the Oviedo Convention. The Convention protects the dignity and identity of all human beings and guarantees everyone, without discrimination, respect for their integrity and other rights and fundamental freedoms with regard to the application of biology and medicine. Article 2 sets out that the interest and welfare of the human being shall prevail over the sole interest of society or science. Moreover, article 5 states that an intervention in the health field may only be carried out after the person concerned has given free and informed consent to it. In the case of vaccine hesitancy, this implies that vaccines cannot be forced upon an individual [evidenziazioni mie].

[16] Il testo dell’originale inglese:

«272. With regard to the aims pursued by the vaccination duty, as argued by the Government and as recognised by the domestic courts, the objective of the relevant legislation is to protect against diseases which may pose a serious risk to health. This refers both to those who receive the vaccinations concerned as well as those who cannot be vaccinated and are thus in a state of vulnerability, relying on the attainment of a high level of vaccination within society at large for protection against the contagious diseases in question. This objective corresponds to the aims of the protection of health and the protection of the rights of others, recognised by Article 8»

In view of the above, there is no need to decide whether other aims recognised as legitimate under Article 8 § 2 may be of relevance where a State takes measures to guard against major disruptions to society caused by serious disease, namely the interests of public safety, the economic well-being of the country, or the prevention of disorder»

[17] Come i nazisti concepivano le uccisioni mediante gas degli internanti nei campi di sterminio (vd. Hannah Arendt, “La banalità del male”).

[18] Sempre i nazisti, secondo Hannah Arendt, ibidem.