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Obbligo vaccinale: CEDU Potter e la sentenza filosofale - Parte I

Obbligo vaccinale
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Obbligo vaccinale: CEDU Potter e la sentenza filosofale - Parte I

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INTRODUZIONE

 

Considerata la lunghezza e al fine di agevolarne la lettura, il presente contributo è stato suddiviso nelle seguenti 4 parti:

 

Parte I: Alohomora:    dedicata alla contestualizzazione del giudizio alla base della sentenza CEDU del 8 aprile 2021;

 

Parte II: Oblivion:      in cui si illustra in che termini la Corte ha deciso di impostare processualmente la controversia;

 

Parte III: Expelliarumus:   presenta il cuore decisionale della sentenza;

 

Parte IV: Lumos:        una luce nel buio.

 

ALOHOMORA

Mentre scrivevo queste riflessioni sono state depositate le illuminanti motivazioni con cui la Consulta ha confermato la costituzionalità delle imposizioni vaccinali anti-Covid del duo Draghi – Speranza (sentenze 14 – 15 e 16 /2023), la cui decisione era stata anticipata con proclama al popolo comunicato il primo dicembre scorso.

Riservandomi in futuro e a Dio piacendo, un commento al riguardo, mi permetto intanto di dilettare i miei tre lettori dell’analisi di un altro caposaldo giurisprudenziale di matrice vaccinista.

Probabilmente ben pochi sanno che l’8 aprile 2021 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ci ha deliziati decidendo sui ricorsi proposti da genitori della Repubblica Ceca avverso le vaccinazioni pediatriche obbligatorie imposte da quello Stato.

Se n’è parlato poco o nulla, a parte i consueti titoli trionfalistici nei giorni immediatamente a seguire: Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, i vaccini obbligatori ai bambini non violano diritti umani. Solita superficialità poi nelle spiegazioni, espressione dell’interesse a far capire ben poco alla massa lettrice del perché e del per come la Corte abbia deciso di proclamare i provvedimenti impositivi dell’obbligo “necessari in una società democratica.

Tutto ridotto a slogan.

Che poi a onor del vero, fatte le debite distinzioni e proporzioni, è stata la stessa sentenza ad aver affrontato, come si vedrà, varie questioni in modo eccessivamente sommario, per cui forse non è nemmeno il caso di essere eccessivamente severi nei confronti di tali sintesi giornalistiche.

Certo, date l’essenzialità dei diritti in gioco e la gravità della materia, ci si sarebbe aspettati uno fioccare di commenti e critiche da parte di giuristi e accademici costituzionalisti e di diritto internazionale, ma ormai da tempo è chiaro che l’argomento è stato circondato con grande cura da un tale e ampio reticolato di letale filo spinato elettrizzato, per cui dai più è preferito un salutare silenzio.

Da parte mia, ben consapevole che importanza e complessità dei numerosi princìpi attinti (di fatto cancellandoli) dalla sentenza avrebbero meritato, anche per la mera funzione divulgativa, un commentatore ben più competente e di chiarissima scientia iuris, avverto che mi limiterò a una lettura quasi più pubblicistica che propriamente tecnico-giuridica della sciagurata decisione della CEDU.

E limitandomi, ovviamente, alle sole problematiche giuridiche, pur apparendo doveroso ricordare che il vaccinismo prima di tutto ha stravolto, come sostenuto da molti medici ed esperti scientifici (a cui però intenzionalmente sono negate le luci della ribalta), consolidate nozioni medico-biologiche, a partire da quella di sistema immunitario e conseguente rappresentazione dei suoi princìpi di funzionamento.

Addolora ma non sorprende affatto, quindi, che la sentenza purtroppo confermi e anzi avvalori il mito irrazionale del vaccinismo imperante, quale sistema fondato su meri slogan[1] ripetuti in forma di mantra ossessivi, indiscussi e indiscutibili, e che lo faccia con una decisione aberrante (etimologicamente e quindi in senso traslato) nella distorsione di fondamentali e consolidati princìpi giuridici, sia processuali che di merito, che perciò solo dovrebbe attrarre con gravitazionale preoccupazione l’attenzione di chiunque abbia la pretesa di dichiararsi giurista.

Ma anche di quelli che si professino filosofi, storici, sociologi, scienziati della politica, viste le tragiche motivazioni alla base dell’adozione nel 1950 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.

Ebbene il caso deciso dalla Corte[2] riguarda la riunione di sei ricorsi proposti nel periodo 23 luglio 2013 – 31 agosto 2015 da altrettanti cittadini cechi, i quali avevano impugnato la normativa con cui la Repubblica Ceca aveva reso obbligatori 9 vaccini (in forma generalizzata, più un decimo per “…bambini con specifiche indicazioni sanitarie”).[3]

Le sanzioni previste e applicate in concreto dallo Stato ceco agli inadempienti sono di due tipi:

1) sanzione pecuniaria di natura amministrativa per i genitori;

2) esclusione dalla frequentazione di asilo e scuola dell’infanzia per i bambini.

Si tratta, quindi, di una normativa coincidente, nella sua essenza, con quella introdotta in Italia nel 2017 dalla cosiddetta legislazione “Lorenzin” e poi confermata dalla Corte Costituzionale italiana con la sconcertante sentenza n. 5 del 2018 (quest’ultima non a caso ripetutamente citata e presa a valido paradigma giurisprudenziale proprio nella sentenza CEDU in commento).[4]

Per i “non addetti ai lavori” si consiglia la lettura preliminare di questa “pillola” che fornisce un’estrema sintesi su CEDU e giudizio in questione.

Venendo ai contenuti della controversia, con esposizione schematica si può dire che i diversi ricorrenti hanno impugnato gli obblighi della Repubblica Ceca sulla considerazione che, sebbene la normativa non preveda la vaccinazione fisicamente coartata, il sistema delle sopra indicate sanzioni indirette sia tale da violare, a vario titolo, i seguenti diritti e libertà fondamentali previsti dalla Convenzione:

  • Art. 8 “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”, per ingiustificate interferenze dello Stato nella vita privata dei ricorrenti e dei loro figli, sia uti singuli, che in quanto famiglia;
  • Art. 9 “Libertà di pensiero, di coscienza e di religione”;
  • Art. 2 del Protocollo addizionale del 20.03.1952 (c.d. Prot. 1) “Diritto all’istruzione”.

Le argomentazioni che i ricorrenti hanno rispettivamente prospettato alla Corte sono riportate nei paragrafi da 172 a 186 della sentenza, e possono così essere sintetizzate:

  1. l’art. 8 della Convenzione sancisce il fondamentale diritto della persona di poter decidere dei trattamenti sanitari riguardanti la propria salute [right to personal autonomy in making decisions concerning their health].
  2. Si aggiunge la fondamentale prerogativa dei genitori di prendersi cura dei propri figli in conformità con le proprie opinioni, convinzioni e coscienza e in armonia con l’interesse superiore dei figli [right of parents to care for their children in accordance with their opinions, convictions and conscience and in keeping with the children’s best interests].

Come corollario l’interesse superiore di un bambino deve essere valutato e tutelato principalmente dai genitori, essendo consentito qualsiasi intervento dello Stato solo come ultima risorsa nelle circostanze più estreme (ovvero in caso di abbandono del minore o di comprovata, generale e persistente inidoneità genitoriale, frutto di ripetute e sistematiche negligenze gravi [ndr]).

  1. Rileva inoltre la mancanza di trasparenza e di un’adeguata analisi nel processo di definizione del calendario vaccinale.

In particolare, basandosi su una risposta del Ministero ceco datata 7 febbraio 2020 a loro richiesta, i ricorrenti hanno sostenuto che le autorità pubbliche non avevano fornito informazioni sufficienti a dimostrare che le vaccinazioni obbligatorie esistenti erano, dal punto di vista sanitario, effettivamente necessarie e giustificate.

  1. I sistemi basati sulla vaccinazione volontaria hanno prodotto dati statistici più affidabili sulla diffusione delle vaccinazioni i quali, a loro volta, sono funzionali a modellare un sistema più appropriato ed efficiente.
  2. Le associazioni scientifiche specializzate in vaccinologia operanti nella Repubblica ceca e la stessa O.M.S., sulla cui (nominale) autorevolezza il governo ha basato l’imposizione vaccinale, risultano ampiamente sponsorizzate da società dell’industria farmaceutica e quindi soggette a un pervasivo e permanente stato di conflitti d’interessi.
  3. Nel merito scientifico, i ricorrenti hanno sollevato una serie di contestazioni, quali:
    1. reale impatto della vaccinazione sulla riduzione della mortalità;
    2. effettiva suscettibilità dei bambini alle infezioni;
    3. concreta efficacia di alcuni dei vaccini prescritti;
    4. reale impatto negativo della mancata vaccinazione;
    5. inadeguatezza applicativa del criterio della controindicazione permanente alla vaccinazione adottato dal sistema sanitario della Repubblica Ceca;
    6. strutturale carenza del sistema di farmacovigilanza, il quale include tra gli effetti collaterali solamente quelli immediati, ignorando gli eventi a lungo termine, così falsando l’effettivo rapporto rischi/benefici nella concreta valutazione circa necessità e giustificazione delle somministrazioni vaccinali;
    7. infondatezza scientifica del generale e astratto divieto di frequentazione scolastica (per asilo e scuola materna) dei bambini non vaccinati, il quale pertanto risulta privo di effettiva funzione preventiva socio-sanitaria assumendo in realtà natura di mera sanzione.

A corollario i ricorrenti hanno osservato come l’obiettivo di tutelare la salute di altri bambini ben potrebbe essere raggiunto con mezzi meno invasivi, come l’esclusione dei bambini non vaccinati dagli istituti di istruzione solo in caso di insorgenza minacciata o effettiva di una delle malattie in questione.

  1. I ricorrenti hanno sollevato anche altre obiezioni che però, pur pertinenti e interessanti, esulano a mio parere dal cuore sostanziale del problema, e pertanto per economia di spazio non cito.

Fa eccezione la doglianza relativa al fatto che qualsiasi pregresso controllo giurisdizionale interno allo Stato si era rivelato meramente formale, difettando di un reale controllo sostanziale su razionalità e proporzionalità dell’obbligo di vaccinazione.

In quest’àmbito possiamo anche far rientrare la specifica eccezione del ricorrente Vavřička di mero riconoscimento astratto da parte della Corte Costituzionale ceca (che in precedenza si era proprio espressa sul suo caso) del diritto all’obiezione di coscienza, sia religioso che secolare, il quale tuttavia non aveva mai trovato applicazione pratica.

Quest’ultima è questione estremamente interessante sulla quale tornerò, seppur brevemente, in una delle prossime parti.

Non proprio degli sprovveduti questi genitori, dunque, né degli improvvidi e fanatici no vax, considerato che giuridicamente non hanno fatto altro che riaffermare dei consolidati e fondamentali principi di civiltà giuridica e che, dal punto di vista sanitario, hanno portato in giudizio (in ciò di certo debitamente supportati), diversi profili di irragionevolezza dell’obbligo vaccinale, gli stessi peraltro che ormai da troppi anni vengono reiteratamente prospettati a vario titolo da autorevoli esponenti sia del mondo medico che del pensiero giuridico (e non solo).

Si tratta in altre parole di quei ragionevoli dubbi, pienamente articolati e sviluppati nel corso dell’ultimo trentennio (ma in realtà prospettati in nuce da ancora prima), che tuttavia rimangono non solo senza risposta, ma ancor più completamente estranei a qualsiasi serio e documentato dibattito scientifico e sociale, schiacciati a suoni di slogan propagandistici e confinati nel lebbrosario concettuale della disinformazionenovax, con i relativi autori spesso personalmente perseguiti e perseguitati.

Peraltro sono gli stessi dubbi il cui contenuto logico-concettuale e fattuale è comune non solo alle vaccinazioni pediatriche, essendosi puntualmente ripresentati per la vaccinazione anti-Covid, dato che contenuti e modalità della comunicazione da marketing alla base dei relativi obblighi, fatta appunto di slogan e frasi tanto più a effetto quanto minore ne è il reale contenuto logico-scientifico, sono esattamente le stesse.

Ma non è finita qui.

Nel corso del giudizio per sostenere le ragioni rispettivamente pro e contra obbligo sono intervenuti anche altri soggetti, e sembra importante richiamare le questioni più significative poste dai secondi[5].

Ora, posto che (è bene si sappia) sull’obbligo non sussiste affatto il c.d. consenso paneuropeo dato che tra i Paesi aderenti alla Convenzione addirittura la maggioranza non ha adottato legislazioni impositive (15 contro 14 Stati, come si legge al par. 157),[6] anche le argomentazioni introdotte dai restanti terzi intervenuti rientrano in larga misura nei ragionevoli dubbi “classici” avverso l’obbligo (parr. 231 – 257).

Andando per meri richiami:

  1. La Společnost pacientů s následky po očkování, z.s. (Associazione di pazienti danneggiati da vaccini):

in qualità di associazione rappresentante pazienti incorsi in problemi di salute conseguenti a vaccinazioni, rileva la sostanziale incapacità del sistema sanitario nel suo complesso a considerare la specificità dei casi individuali quali, ad esempio, relativi precedenti effetti negativi sul bambino o su suoi familiari.

Le cause di tale carenza vengono indicate in:

  • insufficiente livello di conoscenze indipendenti dei rischi ed effetti negativi delle vaccinazioni tra i pediatri;
  • formazione continua di questi ultimi spesso sponsorizzata da industria farmaceutica;
  • mancanza di trasparenza su criteri e modalità di definizione del calendario delle vaccinazioni obbligatorie.
  1. ECLJ (Centro europeo per il diritto e la giustizia):

ha sviluppato interessanti considerazioni giuridiche, in particolare

  • ha osservato che in paesi come Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito, la vaccinazione non era obbligatoria.

Altri paesi hanno imposto la vaccinazione per una (Belgio) e dodici (Lettonia) malattie.

In tale variegato e frastagliato quadro l’utilità e la necessità della vaccinazione obbligatoria non erano state stabilite;

  • l’enfasi su informazioni e raccomandazioni, unitamente a procedure più flessibili, costituiva un’alternativa alla coercizione ed era più rispettosa dell’integrità morale e fisica degli individui garantita, tra l’altro, dall’articolo 8 della Convenzione.
  1. ROZALIO – Rodiče za lepší informovanost a svobodnou volbu v očkování, z.s.:

tra le varie cose ha rilevato,

  • statisticamente la maggior parte dei genitori renitenti erano motivati dalla volontà di prendere decisioni informate su tutte le questioni riguardanti i loro figli e in materia vaccinale non si opponeva alla vaccinazione dei propri figli in blocco, ma desiderava piuttosto un approccio individualizzato.

Ritenevano non ci fosse la possibilità di avere una vera comunicazione su queste questioni con medici e autorità pubbliche, e che lo Stato non forniva adeguate e pertinenti fonti di informazioni;

  • gli strumenti repressivi per promuovere il tasso di vaccinazione erano inadeguati perché suscitavano sfiducia. Dati verificabili hanno mostrato che un livello di repressione crescente corrispondeva a un tasso di vaccinazione decrescente. Un approccio migliore è stato quello di promuovere il dialogo con i genitori su un piano di parità;
  • l’eccezione legale all’obbligo per motivi di salute richiedeva una controindicazione permanente che i medici generalmente interpretavano in modo restrittivo;
  • nel 2017/18 la frequenza alla scuola materna è diventata obbligatoria per i bambini di cinque anni per i quali, pertanto, era cessato l’obbligo vaccinale. Tuttavia, non si sono verificati effetti drammatici sulla salute pubblica, sebbene tali bambini sarebbero stati generalmente tenuti insieme ai bambini più piccoli la cui vaccinazione rimaneva obbligatoria;
  • gli eventuali processi consultivi a livello del Ministero in relazione alla definizione del calendario vaccinale sono stati inadeguati: una commissione di lavoro specializzata costituita nel 2015 si era riunita solo cinque volte, non era giunta a conclusioni ed era inattiva dal 2018.
  1. Forum europeo per la vigilanza sui vaccini:
  • totale assenza, nell’àmbito medico e della salute pubblica, di uno spazio istituzionale di effettivo confronto tra le ragioni sanitarie sociali e quelle di tutela della salute dell’individuo, difettando anche un’istituzione rappresentativa dei pazienti;
  • potenziale limitato, per varie ragioni, della ricerca di base, preclinica e clinica, in relazione ai vaccini;
  • impiego di composti a base di alluminio nella produzione di vaccini, attribuibile a mere esigenze economiche da parte dell’industria farmaceutica;
  • le dichiarazioni pubbliche delle autorità sanitarie sugli effetti collaterali dei vaccini erano generalmente prevenute e gli studi ufficiali nell’area della vaccinazione di solito non citavano i loro autori e le loro fonti;
  • così come in materia di responsabilità medica sussiste il tradizionale principio generale in dubio pro reo, i dubbi in materia di vaccinazione dovrebbero essere interpretati a favore di una libera scelta da parte del singolo secondo i principi del primum non nocere e in dubiis abstinere;
  • scarsa formazione dei medici nel trasmettere ai pazienti informazioni scientifiche e mediche;
  • con riferimento agli approcci terapeutici, assenza di chiarezza sullo stato della scienza nel tenere adeguatamente conto delle risposte fisiologiche del singolo individuo (trattamenti troppo standardizzati, dunque, e troppo poco oggetto di adeguata personalizzazione e individualizzazione, ndr);
  • numerose sono state le segnalazioni di gravi patologie emerse a seguito di una vaccinazione, come autismo, sclerosi multipla, sindrome di Guillain-Barré, miofascite da macrofagi, ecc.. Alcune erano state dimostrate dinanzi ai tribunali in casi individuali contro aziende farmaceutiche.

È necessario, e una questione di responsabilità scientifica e medica in una società democratica, escludere potenziali rischi dimostrando che non esiste un nesso di causalità tra le patologie osservate dopo la vaccinazione e la somministrazione del vaccino.

La mancata osservanza non potrebbe essere giustificata da considerazioni economiche;

  • molte delle malattie contro le quali la vaccinazione è obbligatoria non producono gravi conseguenze e, di contro, la vaccinazione può comportare l’effetto di una loro mutazione, aumentandone la pericolosità.
     

Nelle prossime parti andremo a illustrare come, a partire da queste basi, si sia mossa e abbia deciso la Corte.


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[1] Slogan

[slò-gan]

SIGNIFICATO Frase a effetto usata a fini propagandistici o pubblicitari

ETIMOLOGIA dallo scozzese: slaugh guerra ghairm urlo.

PAROLA DELLE ORIGINI

Inizialmente lo slaughghairm era l’urlo di battaglia di un clan. Poi è passato a indicare la parola d’ordine dei partiti inglesi e infine al significato attuale di motto, agli inizi del secolo scorso, in ambito pubblicitario.

Lo slogan è estremamente comodo ed efficace: sintetizza in una massima acuta un pensiero, una considerazione, un’idea. Eppure, proprio per il suo essere conciso e orecchiabile si presta a vaste degenerazioni, che lo rendono strumento favorito di voraci commercializzazioni e berci politicanti.

Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/slogan

[2] Qui il link alla sentenza: https://hudoc.echr.coe.int/fre#{%22itemid%22:[%22001-209039%22]}

[3] Si tratta delle vaccinazioni contro: difterite, tetano, pertosse, infezioni da Haemophilus influenzae di tipo b, poliomielite, epatite B, morbillo, parotite, rosolia, oltre a quella per specifiche situazioni sanitarie contro infezioni da pneumococco.

[4] Il D.L. 7 giugno 2017 n. 73, poi convertito con Legge conversione 31 luglio n. 119, ha portato a 10 il numero di vaccinazioni pediatriche obbligatorie in Italia (per minori fino a 16 anni), vale a dire: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella.

Le sanzioni per i genitori trasgressori consistono, allo stesso modo della normativa ceca, in sanzioni pecuniarie amministrative (multa da 100 a 500 euro) e, soprattutto, nell’esclusione dei bambini da asili e scuole dell’infanzia.

[5] I primi, ovvero gli Stati di Francia, Germania, Polonia e Slovacchia, sostengono invece in misura più o meno convinta l’obbligo, con ragionamenti non dissimili dai triti mantra che vengono fatti rimbalzare dai maggiori mass-media, così come fatto del resto dalla stessa difesa della Repubblica Ceca [per chi si voglia dilettare nella lettura veda i parr. 187 – 209 per il Governo Ceco e 193 – 230 per gli altri Stati intervenuti].

[6] Sia detto per inciso, sfugge la ragione per cui nessuno dei governi “liberali” abbia ritenuto di intervenire nel processo.