Vigile attesa: era solo un consiglio?
Vigile attesa: era solo un consiglio?
Vigile attesa: il Consiglio di Stato ribadisce la libertà prescrittiva dei medici sulle cure domiciliari di paracetamolo e attesa. Respinto il ricorso, erano solo raccomandazioni
Vigile Attesa: arriva la decisione del Consiglio di stato
Il Consiglio di Stato, sul tema della vigile attesa e della prescrizione di paracetamolo ai malati di Covid nell’ambito delle cure domiciliari, si è espresso.
Infatti, dopo aver sospeso lo scorso 19 gennaio la sentenza del Tar del Lazio che aveva annullato la circolare ministeriale, ha pubblicato ieri la sentenza con la quale viene definitivamente respinto il ricorso presentato da alcuni medici promotori di cure domiciliari contro il Covid e fa finalmente chiarezza sulla libertà prescrittiva del medico e sulle evidenze scientifiche ad oggi disponibili e condivise a livello internazionale.
Secondo l’autorità amministrativa, in tema di vigile attesa e paracetamolo, si trattava di mere raccomandazioni.
Infatti, riportando il testo della decisione, “Ben è libero il singolo medico, nell’esercizio della propria autonomia professionale, ma anche nella consapevolezza della propria responsabilità, di prescrivere i farmaci che ritenga più appropriati alla specificità del caso, in rapporto al singolo paziente, sulla base delle evidenze scientifiche acquisite”.
Vigile attesa: cosa dice la decisione?
“Ed è appena il caso di ricordare, come già sottolineato nella già citata ordinanza n. 7097 del 2020 di questo Consiglio, che la Corte costituzionale, in numerose pronunce anche recenti, ha chiaramente affermato questo principio con l’osservazione che la regola di fondo di uno Stato democratico, in questa materia, è costituita dall’autonomia e dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso informato del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione, sicché «autonomia del medico nelle sue scelte professionali e obbligo di tener conto dello stato delle evidenze scientifiche e sperimentali, sotto la propria responsabilità, configurano dunque un altro punto di incontro dei principi in questa materia»”.
E ancora: “La codificazione del sapere scientifico in regole tecniche scritte che, come taluno ha detto, costituisce un punto di non ritorno, il processo di standardizzazione delle cure, l’impiego sempre più frequente di protocolli medici, le raccomandazioni contenute nelle Linee guida in ambito sanitario – si pensi, per tutti, all’art. 5 della l. n. 24 del 2017 – rispondono a livello internazionale e nazionale, come è ovvio, all’esigenza di individuare una strategia terapeutica comune e condivisa, che consenta al medico di fare proprie le acquisizioni scientifiche e le esperienze cliniche diffuse e condivise, che hanno dimostrato un profilo di efficacia e sicurezza largamente acclarato a livello scientifico nella cura di una patologia, e sono cresciuti di pari passo, come bene è stato osservato, con l’affermarsi della medicina basata sull’evidenza (c.d. evidence based medicine), ma non esimono il medico, anzitutto, dal dovere di costruire una terapia condivisa e ritagliata sulle esigenze del singolo paziente, anche adottando terapie non indicate nelle linee guida o nei protocolli, purché – lo si dirà tra breve – sicure ed efficaci”.