Ucraina, Putin potrebbe scatenare l’inferno mondiale?
Servizio fotografico di Terry W. Sanders
Articolo tratto da La voce di New York
La Russia di Putin ha invaso l’Ucraina, oltrepassando il confine in vari punti da nord a est e bombardando le grandi città. In tutto il mondo si parla di quella che potrebbe diventare la più grande guerra europea dalla fine del secondo conflitto mondiale. A New York, melting pot e meta turistica, la paura ha preso il sopravvento per molti, anche quelli che non si sentono abbastanza preparati da condividere la loro opinione.
Vicino a Columbus Circle, nella parte sud di Central Park, incontro Rudy e Denise: una coppia brasiliana, proveniente da San Paolo, ma residente da molti anni a Orlando, Florida. Lui è un medico, lei una rappresentante commerciale. Sono a New York per una breve vacanza ed è probabile che abbiano preferito una passeggiata turistica per la città, piuttosto che seguire alla tv gli angoscianti eventi di queste ore. Appena cito il conflitto cominciato oggi in Ucraina, la loro espressione diventa tesa. “Naturalmente siamo preoccupati – dice Denise – potrebbe toccarci personalmente”. Dal modo in cui commentano l’operato di Joe Biden, è chiaro che i due supportino il governo del paese che li ospita da decenni. Sono d’accordo nel dire che il presidente sia stato, giustamente, cauto, ma che abbia fatto un buon lavoro nel cercare di fermare l’intensificazione del conflitto. Rudy commenta con sdegno le azioni di Vladimir Putin. “È crudele, quello che sta facendo è sbagliato. Putin è un vero e proprio dittatore”.
Anche Kody, un trentatreenne del Midwest che da qualche anno a New York si occupa di servizi sociali per i più giovani, è immerso nel parco. “Se ho paura della guerra? Beh, lo vedo più come un conflitto regionale che come l’inizio di una Terza Guerra mondiale – commenta – è comunque preoccupante vedere come la Russia abbia ambizioni territoriali per l’intera area che, una volta, faceva parte dell’Unione Sovietica”. Anche Kody supporta in parte l’operato di Biden, in particolare la decisione di non mettere in pericolo le truppe Americane mandandole sul suolo ucraino.
Non gli sembra, però, che la scelta di dirlo apertamente sia stata vincente: “Buona politica interna, cattiva politica estera. Capisco la posizione della Russia e il motivo per cui sono ansiosi, ma avrebbero potuto ottenere di più, e più facilmente, con un approccio diplomatico, mostrandosi come la grande potenza che sono senza invadere i loro vicini più deboli”. Il giovane cita la scarsità di risorse come una delle temibili e inevitabili conseguenze del conflitto russo-ucraino.
Nei pressi delle Nazioni Unite Adrien, un ragazzo francese che vive a New York ci dà la sua opinione circa la decisione del presidente russo Vladimir Putin di invadere l’Ucraina (Foto di Terry W. Sanders)
Lo segue a ruota il francese Adrien. L’uomo, incontrato nei pressi delle Nazioni Unite, vive e lavora come ingegnere meccanico in Francia, ed è a New York per turismo. Operando a stretto contatto con aziende ucraine, Adrien riconosce che la guerra creerà ritardi, mancanza di materie prime indispensabili e causerà il drastico aumento dei prezzi della benzina. La Francia, infatti, ottiene il 25% del suo gasolio dalla Russia. “Questa guerra era inevitabile. Si tratta di Putin, dopotutto: un dittatore. Però non durerà molto. Giusto il tempo di mostrare il suo potere, poi farà un passo indietro”.
Poche strade più in là, nella Grand Central Station, incontro un gruppo di quattro giovani che indossano bandiere ucraine sulle spalle. Sono venuti dal Connecticut, dove vivono con le loro famiglie, per partecipare alla protesta tenutasi nella giornata di oggi tra Times Square e l’ambasciata russa. Le due ragazze del gruppo, 18 e 21 anni, si chiamano entrambe Khrystyna e mi raccontano i motivi che le hanno spinte a partecipare alla protesta e il dolore che provano pensando ai membri lontani delle loro famiglie.
“Mia mamma è lì in visita in questo momento, ed anche suo papà” dice la più giovane. “Sarebbe dovuta tornare domenica, ma tutti i voli sono stati cancellati. Forse proverà ad attraversare il confine con la Polonia e partire da lì. Non ho idea di quando la rivedrò”. Nessuna delle due, seppur conoscendo l’operato tipico di Putin, si aspettava l’invasione.
“Ci ha lasciato scosse e terrorizzate” dicono. “Non so cosa abbia in mente”, aggiunge la maggiore, “ma posso dirti che quando ha un piano in testa, lo porta a termine”. In piazza, le due ragazze insieme a tutti i partecipanti alla protesta chiedono alla Russia un passo indietro e a Biden di fare di più. Secondo loro, infatti, le sanzioni possono servire, ma da sole non bastano. Le due giovani di origine ucraina hanno anche commentato le proteste che stanno avendo luogo in queste ore sul suolo russo, dove i cittadini locali chiedono che il Cremlino ponga fine alla guerra. “I poliziotti li stanno uccidendo”, mi racconta Khrystyna. I due ragazzi che le accompagnano, anche loro provenienti dalla nazione occupata, sembrano più tranquilli. Le loro famiglie, infatti, vivono nella parte ovest del paese, che dicono non essere ancora stata toccata dal conflitto.
Nick, 60 anni, un avvocato newyorkese doc residente ad Harlem, crede che questo conflitto sia tutta una questione di soldi. Quando gli viene chiesto del futuro, risponde che pensa che Putin morirà nel prossimo anno per mano degli oligarchi russi. Avendo letto dell’incontro che il presidente russo ha organizzato con loro, per questa sera, pensa che lui stesso sia preoccupato.
Nonostante la governatrice Kathy Hochul abbia avvertito i newyorkesi del pericolo di hackeraggio, affermando che “i nemici degli Stati Uniti sanno che attaccare New York significa attaccare lo stile di vita americano”, Nick non pensa che questo stato sia più a rischio degli altri. Sono con lui anche il resto degli intervistati.